• Non ci sono risultati.

SEZIONE I Principi in tema di riparto di competenze in materia di diritto penale europeo

2. PRIMA PARTE Effettività e Procura europea

2.1. TITOLO PRIMO Significato e portata dell'effettività̀ nel diritto penale europeo

2.1.2. CAPITOLO SECONDO Il riparto di competenze tra l'Unione e gli Stati Membri in ambito penale

2.1.2.1. SEZIONE I Principi in tema di riparto di competenze in materia di diritto penale europeo

155 La forma che la Procura europea assumerà dipende dal livello di integrazione che gli Stati sono disposti a raggiungere in materia penale.

Al fine di esaminare, a livello strutturale e operativo, come potrebbe essere organizzata la Procura europea, è opportuno preliminarmente soffermarsi sullo studio del rapporto che sussiste tra la dimensione sovranazionale e quella interna agli Stati membri, al fine di comprendere fino a che punto sia possibile un'armonizzazione della disciplina penale sostanziale e processuale in materia penale.

L'analisi del riparto di competenze, a livello legislativo, tra Unione e Stati membri, è di cruciale importanza per comprendere il motivo per cui con questa ricerca si intende affermare che il Procura europea costituisce un importante strumento di integrazione europea.

A nostro avviso risulta necessario prevedere un sistema di regole processuali comuni a livello europeo e si ritiene non auspicabile limitare la competenza del Procura europea all'avvio delle indagini nei confronti degli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione perché, come è stato sottolineato456, le frodi al bilancio dell'Unione non possono essere astratte da un contesto criminale considerato in un'ottica globale. Tali frodi saranno, infatti, nella maggior parte dei casi connesse alla commissione di reati di diversa natura457.

Si vuole, quindi, dimostrare con il presente lavoro che l'istituzione di una Procura europea competente a condurre le indagini e a rinviare a giudizio gli autori di reati gravi con ripercussioni in più Stati membri presuppone l'adozione di regole procedurali comuni a livello europeo e di regole comuni a livello sostanziale per quanto riguarda i reati di competenza della Procura europea.

Al fine di valutare se tale obiettivo sia raggiungibile, occorre preliminarmente esaminare se vi sono i presupposti giuridico legali per una simile armonizzazione a livello europeo in ambito penale; tali presupposti vanno inevitabilmente ricercati nei Trattati e desunti dai principi generali che vigono nel diritto europeo e, per tale ragione, occorre, in primo luogo, analizzare di che tipo di competenza goda l'Unione europea in materia penale.

Principio di attribuzione e diritto penale europeo

La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione458.

456D. FLORE, Droit pénal européen, Les enjeux d'une justice pénal européenne, Larcier, 2014, p. 789. 457Tale eventualità era stata presa in considerazione dal Corpus Juris, art. 17, 2 versione, cit..

458Il termine è stato utilizzato per la prima volta dalla Corte di giustizia nei Algera e al. v Common Assembly, casi

riunti n. 7/56, 3/57- 7/57, del 12 luglio 1957, in Racc. p. 81, p. 57. Il principio di attribuzione, prima non espressamente codificato nei Trattati istitutivi, era stato delineato nei suoi contenuti dalla Corte di giustizia ed

156 L'Unione, come ogni altra organizzazione internazionale459, gode dei soli poteri riconosciutele dagli Stati membri, che godono di una competenza generale e residuale460.

In base al principio di attribuzione461, gli Stati membri rimangono i “padroni dei Trattati”,

potendo in tal modo decidere se ampliare le competenze attribuite all'Unione, o se, invece, non attribuirne di ulteriori462. La Corte Costituzionale tedesca nella decisione sul Trattato di Lisbona463 ha sottolineato che il principio di attribuzione non rappresenta solo un principio di diritto europeo ma costituisce anche un riflesso dell'obbligo dell'Unione di rispettare l'identità nazionale degli Stati membri, espressamente sancito dall'art. 4, par. 2 TUE464.

In particolare, il Giudice delle leggi tedesco ha stabilito che: “la Legge fondamentale non autorizza gli organi statali tedeschi a conferire diritti di supremazia tali che nel loro esercizio

era riconosciuto in modo incontestato, seppur implicitamente, quale principio in base al quale erano ripartite le competenza tra Unione e Stati membri. Il principio è ora espressamente codificato nel Trattato di Lisbona. Si vedano, al riguardo, l'art. 1, par. 1 TUE, l'art. 3, par. 6 TUE, l'art. 4, 1 TUE e l'art. 5, par. 1 e 2 TUE in cui si afferma che “la delimitazione delle competenze si fonda sul principio di attribuzione”, nonché la Dichiarazione n. 18 sulla delimitazione delle competenze e la Dichiarazione n. 24 sulla personalità giuridica dell’Unione europea.

459La chiara enunciazione del principio nell'art. 5, par. 1 TUE chiarisce l'intenzione di sottolineare che l'Unione, a

differenza di uno Stato-Nazione non gode della ccdd. Kompetenz-Kompetenz, che rappresenta una forma di espressione della sovranità dello Stato. Si veda sul punto quanto già affermato da PACHE E., RÖSCH F., Der

Vertrag von Lissabon. Neue Zeitschrift fu ̈r Verwaltungsrecht, 2008, pp. 473–480.

460R. ADAM, A. TIZZANO, Manuale di diritto dell'Unione europea, Giappichelli Editore, 2014, p. 427 e ss.; S.

AMADEI, Il principio di sussidiarietà nel processo di integrazione comunitario, in SAULLE M.R. (a cura di), Il Trattato di Maastricht, Editoriale Scientifica, 1995, pp. 13 e ss.; MENGOZZI P., Il diritto comunitario

e dell'Unione europea, CEDAM, 1997, p. 73; RIDEAU J., Droit institutionnel de l'Union et des Communautés Européennes, LGDJ, 2006, p. 593; S. WEATHERILL, Legality and Concealed Mechanisms behind the extension of EU Powers, conference presentation, Utrecht, 5 novembre 2009, il quale dichiara che “Any slippage in EU activityvbeyond the terms of the mandate that is found in the Treaties is illegitimate in the sense that is devoid of the authorisation rooted in national ratification of the original Treaties and the subsequent amending texts... The principle of conferral, then is tied to legality”. In giurisprudenza si vedano il parere n.

2/94 della Corte di Giustizia, del 28 marzo 1996, in Racc., p- I-1759 e il parere n. 2/13 del 18 dicembre 2014, pubblicato nella Roccolta digitale (Raccolta generale).

461La necessità di prevedere espressamente il principio di attribuzione è stata anche sottolineata dalla Corte

Costituzionale della Repubblica Ceca in una decisione del 26 novembre 2008, Pl U ́ S 19/80, par. 132 and 184, confermata dalla decisione del 3 novembre 2009, Pl. U ́ S 29/09 par. 224. Anche la Corte Costituzionale polacca si è espressa in termini simili nella decisione del 24 novembre 2010, No. K32/09 (pubblicata in Dz.U. No. 229, it 1506). Quest'ultima si esprime nei seguenti termini: “the states have renounced their powers to

take autonomous legislative actions in internal and foreign relations which however do not lead to permanent limitation of sovereign rights of these states as the conferral of competences is not irrevocable [. . .]. However, [the MS] remain the subjects of the integration process, maintain “the competence of competences”, and the model of European integration retains the form of an international organisation”.

462Usando le parole della Corte Costituzionale tedesca “agli Stati membri non può essere sottratto il diritto di

controllare il rispetto del programma di integrazione”. In tal senso, Bundesverfassungsgericht, 2 BvE 2, 5/08,

2 BvR 1010, 1022, 1259/08, 182/09, decisione del 30 giugno 2009 sul Trattato di Lisbona, par. 334.

463Bundesverfassungsgericht, 2 BvE 2, 5/08, 2 BvR 1010, 1022, 1259/08, 182/09, decisione del 30 giugno 2009

sul Trattato di Lisbona.

464L'art. 4, par. 2 TUE si esprime in questi termini: “L'Unione rispetta l'uguaglianza degli Stati membri davanti ai

trattati e la loro identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali. Rispetta le funzioni essenziali dello Stato, in particolare le funzioni di salvaguardia dell'integrità territoriale, di mantenimento dell'ordine pubblico e di tutela della sicurezza nazionale. In particolare, la sicurezza nazionale resta di esclusiva competenza di ciascuno Stato membro”.

157 si possano creare autonomamente ulteriori competenze per l’Unione europea. È vietato il trasferimento della competenza sulla competenza”465; infatti, “in quanto organizzazione

sovranazionale, l’Unione europea deve attuare nella dotazione e nell’esercizio delle proprie competenze il principio dell’attribuzione specifica limitata e a esercizio controllato. Dopo il fallimento del progetto di costituzione europea, il Trattato di Lisbona ha messo in evidenza che questo principio di collegamento continua ad essere vincolante. Gli Stati membri restano i signori dei trattati. Nonostante un’ulteriore estensione delle competenze, viene conservato il principio dell’attribuzione specifica limitata. Le disposizioni dei trattati possono essere interpretate in modo tale da salvaguardare tanto l’identità̀ politica degli Stati membri organizzati in forme pienamente democratiche, quanto la loro responsabilità̀ per l’indirizzo politico di fondo e per le scelte che danno forma alla politica dell’Unione466”.

Occorre evidenziare che precedentemente all'introduzione dell'art. 5, par. 1 TUE, l'attribuzione di determinati poteri a livello sovranazionale non era determinato in base alle materie ma agli obiettivi assegnati alla Comunità dal Trattato; l'ampliamento delle competenze della Comunità era stato, quindi, favorito da un'interpretazione funzionale dell'art. 2 CE ad opera della Corte di Giustizia.

Il ricorso alle cosiddette basi giuridiche universali (art. 100 A, poi art. 95 CE ed ora art. 114 TFUE e l'art. 235, poi art. 308 CE, ed ora art. 352 TFUE) e la mancanza di un elenco che determinasse in via definitiva le competenze attribuite alla Comunità hanno portato ad accentuare le preoccupazioni degli Stati membri in merito ad un eccessivo ampliamento della sfera di influenza sovranazionale e hanno fatto sì che con il Trattato di Lisbona venisse inserita una norma ad hoc che elencasse espressamente le competenze attribuite all'Unione europea. Nonostante l'espressa positivizzazione del principio di attribuzione nel Trattato sull'Unione europea, tuttavia la tendenza ad estendere l'ambito applicativo delle competenze attribuite all'Unione non si è arrestata, fondamentalmente, per due ordini di ragioni.

In primo luogo, perché dall'elencazione contenuta negli articoli da 3 a 6 del TFUE si ricava un panorama comunque generico delle competenze conferite all'Unione e, in secondo luogo, perché, seppur ridimensionata nella sua portata a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di

465Bundesverfassungsgericht, 2 BvE 2, 5/08, 2 BvR 1010, 1022, 1259/08, 182/09, decisione del 30 giugno 2009

sul Trattato di Lisbona, par. 233 che continua: “Anche qualora si rendesse largamente indipendente il potere

politico dell’Unione europea, conferendo competenze costantemente incrementate e superando gradualmente i requisiti di unanimità residui o le regole che finora hanno caratterizzato la parità degli Stati, dal punto di vista del diritto costituzionale tedesco questo potrebbe avvenire solo nel momento in cui si esercita la libertà d’azione del popolo che si autodetermina. Simili passi di integrazione, per volontà della costituzione, devono essere materialmente circoscritti e in linea di principio revocabili”.

466Bundesverfassungsgericht, 2 BvE 2, 5/08, 2 BvR 1010, 1022, 1259/08, 182/09, decisione del 30 giugno 2009

158 Lisbona, la clausola di flessibilità consente, a determinate condizioni, un'azione dell'Unione anche al di fuori di un'attribuzione specifica di competenza.

Per quanto riguarda il primo aspetto sopra menzionato, è sufficiente sottolineare, in primo luogo, che lo stesso art. 4, par. 2 TFUE nella sua formulazione letterale si limita ad enumerare i “principali” (nella versione inglese del Trattato si legge “principal”, e in quella francese “principaux”) settori di competenza concorrente, dando adito a dubbi.

Autorevole dottrina467 ha, infatti, interpretato tale disposizione nel senso che l'elenco di materie concorrenti ivi contenuto non è tassativo ma solo esemplificativo, dal momento che l'articolo enumera solo i “principali” settori di competenza concorrente e non tutti.

È, invero, possibile interpretare l'aggettivo “principali” anche nel senso che la competenza concorrente è esercitabile esclusivamente nei settori elencati che sono “principali”, ossia “di maggior rilievo”. In tal caso l'aggettivo svolgerebbe la funzione di specificare che, oltre ai settori elencati, la competenza concorrente potrebbe ravvisarsi solo in settori “secondari” o “accessori” ai primi, nel senso di settori che si trovino in posizione subordinata rispetto al primo. Questa interpretazione privilegerebbe, quindi, l'ipotesi che si tratti di un catalogo tassativo a cui possono aggiungersi solo settori subordinati, ossia ricompresi nella stessa nozione dei primi.

In secondo luogo, occorre evidenziare, che, al di pari di quanto avveniva con l'art. 3, par. 1 TCE, i settori in cui le istituzioni sono chiamate ad esercitare la propria competenza sono spesso individuati in modo troppo ampio per poter fornire un'indicazione precisa circa l'ambito di applicazione delle competenze dell'Unione. Tra le materie che sono indicate in modo generico e non circoscritto possono annoverarsi la competenza in materia di “mercato interno” e quella, che a tali fini interessa, di “spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.

Tali espressioni si riferiscono, infatti, più ad ambiti di cooperazione o obiettivi da perseguire che a materie determinate.

L'attribuzione di una competenza concorrente in materia penale tra Unione e Stati membri, pur se nella formulazione generica che abbiamo ora rilevato, rappresenta la conclusione del processo di “comunitarizzazione” delle materie ricomprese nello “spazio di libertà, sicurezza e giustizia” che con il Trattato di Maastricht erano state inserite nell'allora Terzo Pilastro dell'Unione.

In forza di tale collocazione la Comunità non godeva, pertanto, di alcuna competenza in materia fino alla revisione dei Trattati attuata con il Trattato di Lisbona.

159

Il riparto delle competenze in materia penale prima del Trattato di Lisbona

L'evoluzione della competenza dal Terzo al Primo pilastro e la conseguente “comunitarizzazione” della materia penale rappresenta uno dei maggiori obiettivi raggiunti dall'Unione con il processo d'integrazione europea. Il rilievo attribuito dal Trattato dell'Unione europea alla realizzazione di uno spazio giudiziario unico, ora espressamente contenuto tra gli obiettivi che l'Unione si prefigge di raggiungere, è una riprova di quanto affermato468.

Fino alle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona, come detto, la competenza dell'Unione in materia penale era stata relegata nell'ambito dell'allora Terzo pilastro469.

Nell'architettura in pilastri che si era scelto di conferire all'allora Unione e Comunità europea470, il Terzo pilastro rappresentava, al momento dell'adozione del Trattato di Maastricht, un settore largamente intergovernativo, più che sovranazionale, in cui si intendeva privilegiare la cooperazione giudiziaria più che l'armonizzazione della disciplina penale e processuale.

468L'art. 3, par. 2 TUE così recita: “L'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza

frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima”. Occorre sottolineare che, come stabilito dallo stesso art. 3, par. 6 TUE “l'Unione persegue i suoi obiettivi con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che le sono attribuite nei trattati”.

Ciò significa che l'Unione può raggiungere gli obiettivi ivi stabiliti solo nei casi in cui le sia attribuita una specifica competenza in materia. Per un approfondimento sul punto si legga H.-J. BLANKE, S. MANGIAMELI (a cura di), The Treaty on European Union (TEU), a Commentary, Springer, 2013, p. 164 e ss..

469La cooperazione in materia penale aveva come predecessore il cosiddetto gruppo di TREVI (Terrorism,

Radicalism, Extremism, Political violence), ossia una riunione di ministri, alti funzionari ed esperti in campo

di cooperazione giudiziaria in ambito penale, che fu costituito dal Consiglio europeo nel 1975. Si veda sul punto E. BAKER, C. HARDING, From Past Imperfect to Future Imperfect? A Longitudinal Study of the Third

Pillar, in European Law Review, 2009, p. 28; L. DE MOOR, Maastricht: The Third Pillar – Cooperation in the Fields of Justice and Home Affairs in the European Union, in European Commission (eds.), The Legal Protection of the Financial Interests of the Community: Progress and Prospects since the Brussels Seminar of 1989, Dublino, Oak Tree Press, 1993, p. 258; G. RENAULT, Schengen, Un Modèle Pour L'Europe Pénale?,

Bruxelles, 1995, p. 28.

470È rilevante sul punto menzionare quanto sostenuto da Weiler circa le ragioni che hanno spinto gli Stati a

prevedere una simile architettura in pilastri. Weiler utilizzava la “consociational theory” per spiegare l'architettura in pilastri dell'Unione europea. La teoria ora menzionata, usando le parole dell'autore, si fonda sul fatto che le “elites would share a commitment to the maintenance of the system and to the improvement of

its cohesion, functionality and stability”. Secondo l'opinione di Weiler sarebbe stata, infatti, proprio l'assenza

di una comunanza di interessi tra gli Stati membri a spingere gli stessi a prevedere una tale forma di governo in questi specifici settori. Weiler considera altresì un'altra possibile spiegazione della suddetta architettura in pilastri. Secondo questa ricostruzione alternativa e, al tempo stesso, complementare alla prima, gli Stati membri avrebbero scelto di regolare determinate materie reputate particolarmente connaturate alla sovranità statale con gli strumenti del Secondo e del Terzo pilastro perché, pur rendendosi conto che era necessario un certo grado di cooperazione internazionale in tali settori, non volevano assoggettare gli atti emessi in tali ambiti ad un controllo di tipo sovranazionale. Si veda, in proposito, J. WEILER, U. HALTERN and F. MAYER,

European Democracy and its Critique, in J. HAYWARD (ed), The crisis of Representation in Europe, Frank

Cass, 1995. Si vedano sul punto anche i richiami fatti alle teorie di Weiler da P. CRAIG, G. DE BÚRCA, EU

160 Gli Stati membri in tale settore godevano di larga autonomia, mentre alla Comunità erano lasciati pochi spazi per regolamentare le materie in esso comprese, soprattutto perché gli atti emanati nell'ambito del Terzo pilastro erano soggetti ad un controllo giurisdizionale limitato e non era possibile per la Commissione avviare la procedura d'infrazione nei confronti degli Stati che non adempievano agli obblighi loro imposti a livello europeo.

Gli atti del Terzo pilastro, il cui regime transitorio quinquennale di applicazione471 non è più operativo dal 1 dicembre 2014, erano, sotto la vigenza del Trattato di Maastricht, le convenzioni, le azioni comuni e le posizioni comuni472. La procedura per l'adozione di questi atti era sostanzialmente concentrata nelle mani del Consiglio, cui era affidato il compito di adottare posizioni congiunte ed azioni comuni, nonché di elaborare convenzioni, su iniziativa degli Stati membri o della Commissione. Il Consiglio doveva deliberare all'unanimità̀, salvo che per le questioni di procedura e tranne nei casi in cui fosse espressamente prevista una regola di voto diversa473.

Nel Trattato si precisava che nell'ambito di tale procedura la Commissione era “pienamente associata” ai lavori474 e il Parlamento doveva essere informato regolarmente dei lavori; le opinioni espresse dal Parlamento europeo in tali materie dovevano essere “tenute in debito conto” e lo stesso aveva il diritto di rivolgere interrogazioni o raccomandazioni al Consiglio475. Come si può capire da una prima rapida lettura, quindi, era una procedura prevalentemente intergovernativa in cui assumevano un ruolo preponderante il Consiglio e gli Stati membri; il ruolo della Commissione era molto limitato e quello del Parlamento europeo era pressoché solo formale.

Con il Trattato di Amsterdam il Titolo VI è stato interamente dedicato alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale e, per la prima volta, è stato espressamente stabilito che l'Unione avesse come obiettivo quello di “fornire ai cittadini un livello elevato di sicurezza in

471 Per gli atti del Terzo pilastro adottati prima dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona è stato previsto dal

protocollo n. 36, allegato al TUE e al TFUE, relativo ai meccanismi di tutela giurisdizionale per gli atti del c.d. (ex) terzo pilastro dell’Unione europea un regime transitorio di cinque anni a decorrere dall'entrata in vigore del trattato di Lisbona.

472L'adozione di questi strumenti era espressamente prevista dagli articoli da K a K9 nel titolo VI sulle

“Disposizioni relative alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni”. Si veda, in particolare, l'art. K3, par. 2.

473Si veda, in tal senso, l'art. K.4, par. 3 e l'art. K.3, sopra menzionato.

474Si veda, in tal senso, l'art. K.4, par. 2, che così recitava: “La Commissione è pienamente associata ai lavori nei

settori di cui al presente titolo”.

475Il ruolo del Parlamento europeo era regolato dall'art. K.6, il quale così disponeva: “La Presidenza e la

Commissione informano regolarmente il Parlamento europeo dei lavori svolti nei settori che rientrano nel presente Titolo. La Presidenza consulta il Parlamento europeo sui principali aspetti dell'attività nei settori di cui al presente Titolo e si adopera affinché le opinioni del Parlamento europeo siano tenute in debito conto. Il Parlamento europeo può rivolgere al Consiglio interrogazioni o raccomandazioni. Esso procede ogni anno ad un dibattito sui progressi compiuti nell'attuazione delle disposizioni di cui al presente Titolo”.

161 uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, sviluppando tra gli Stati membri un'azione in comune nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale”476.

Per la prima è stata, inoltre, prevista, al fine di perseguire questo obiettivo, la possibilità di operare, ove necessario, il ravvicinamento delle normative degli Stati membri in materia penale477. Ciò nonostante, la materia penale restava comunque confinata nell'ambito del Terzo

Documenti correlati