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Le sfide competitive perse

Capitolo 3 – Il caso FIAT

3.2 La storia dell’impresa simbolo italiana

3.3.3 Le sfide competitive perse

Nei primi anni ottanta, in Europa occidentale, si verifica il passaggio dal mercato del venditore, in cui prevale l’acquisto di prima dotazione, ovvero gli automobilisti acquistano per la prima volta una auto, ad un mercato dell’acquirente, nel quale prevale l’acquisto di sostituzione, dato che la maggioranza dei consumatori dispone già di un’autovettura. Tale passaggio prelude al mutamento qualitativo nella composizione sociale della domanda automobilistica che porta ad un aumento dei ceti acquirenti, ossia gli acquirenti meno abbienti, localizzati in aree rurali, di sesso femminile e di giovane età, e ad una multimotorizzazione dei nuclei familiari, dove le famiglie procedono ad acquisire la seconda/terza vettura, che comporta la nascita dell’acquisto specializzato (piccola vettura da città, vettura per il tempo libero ecc.)226.

Di fronte a questo cambiamento quali-quantitativo della domanda, le case automobilistiche concorrenti a Fiat, mettono a punto nuove strategie:

- Innovazione più intensa del prodotto. Le case concorrenti, per soddisfare la

domanda di sostituzione, attuano sempre più intensi processi di innovazione, sia dal punto di vista del miglioramento delle prestazioni del prodotto esistente, sia dal punto di vista dell’introduzione di nuovi prodotti; tale strategia comporta sia un accorciamento del ciclo di vita dei prodotti, i quali verranno rinnovati ogni 4-5 anni, sia un investimento maggiore, rispetto al passato, in R&S, affinché la strategia abbia successo.

225 Si veda a riguardo: R. NEBIOLO, “Fiat, una storia difficile. 20 anni da buttare?”, in Piemonte

Lavoro Magazine, periodico della UIL Piemonte.

226 G. VOLPATO, “Una crisi che viene da lontano. Il marketing strategico di Fiat Auto”, in

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- Ampliamento della gamma. Le case automobilistiche, specializzate in

settori “alti”, progressivamente ampliano verso il basso la gamma dei prodotti offerti, con l’obbiettivo di aumentare i volumi d’affari per far fronte ai crescenti costi in R&S, legati all’innovazione dei prodotti e dei processi. Inoltre, si aggiunga l’ingresso di nuovi concorrenti nel mercato automobilistico, tra cui le case coreane, quali, ad esempio, Daewoo e Hyundai, che, cercando di conquistare fette di domanda con politiche aggressive di prezzo, si collocano nei segmenti di mercato più bassi dove Fiat detiene quote e posizioni di mercato di maggior rilievo; la società torinese, quindi, si trova sottoposta ad un attacco dall’alto da parte dei costruttori specialisti, intenti ad allargare la loro gamma, e, contestualmente, ad un attacco dal basso da parte di costruttori di secondo livello che sono alla ricerca delle necessarie economie di scala per sopravvivere in un mercato globalizzato227.

A questo riguardo, per far fronte all’aumento della concorrenza nel settore automobilistico, Fiat Auto elabora e persegue un complesso di strategie radicalmente errate, quali la strategia di gamma/prodotto, della R&S e della commercializzazione, riconducibili al mancato rinnovamento dell’identità d’impresa, che la portano, nell’arena competitiva, ad inanellare una serie di sconfitte.

Per quanto concerne la strategia di gamma/prodotto, Fiat Auto avrebbe dovuto promuovere un sistematico aggiornamento di gamma dei marchi Lancia e Alfa Romeo, come risposta alla sfida competitiva lanciata dalle case specialiste di gamma alta; l’ingegner Ghidella, invece, annuncia l’intenzione di voler costituire la società Alfa-Lancia Industriale attraverso la quale sferrare un attacco frontale ai marchi come Mercedes e BMW. Questa azione, anziché valorizzare questi marchi, molto apprezzati all’estero, appiattisce la loro immagine su quello del Gruppo, depauperando il valore.

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Alla prima metà degli anni novanta, Fiat, invece di concepire tre precisi profili di marchi, procede, difatti, sulla via dello sviluppo stilistico totalmente interno dei tre, sminuendo l’importanza del confronto con le proposte stilistiche dei carrozzieri esterni; ciò comporta un rallentamento del rinnovo nei tre marchi, con l’aggravante che lo stile dei nuovi modelli, ormai orfano dell’apporto degli stilisti esterni più qualificati, delude profondamente le aspettative, trasformando quello che era un punto di forza dei marchi del gruppo italiano in un fattore di debolezza228.

Tutto questo ovviamente non tarda ad essere messo a fuoco dagli indicatori aziendali, dove, per esempio, la quota complessiva delle vendite di Fiat Auto nel mercato domestico passa dal 51,92% del 1990 al 45,27% del 1995 e al 35,20% del 2000.

Per quanto concerne la strategia di R&S, mentre le case concorrenti investono massicciamente in R&S per rinnovare i modelli, come già detto in precedenza, Fiat opta per una soluzione diametralmente opposta, concentrandosi su una strategia di diversificazione extra-industriale messa in opera sia all’interno del Gruppo, sia all’esterno, per mano di IFIL, l’investitore finanziario controllato dalla famiglia Agnelli; ciò ha contribuito a dirottare in altre direzioni delle risorse economiche che sarebbero state preziose per Fiat Auto229.

Negli anni novanta, di conseguenza, quando Fiat-Alfa-Lancia giunse ad investire 100 in R&S, le dirette concorrenti, come il Gruppo PSA (con i due marchi Peugeot e Citroen) e Renault investirono, rispettivamente, 131 e 151230.

Per quanto concerne, in conclusione, la strategia di commercializzazione, nonostante la perdita di competitività, evidenziata precedentemente con la continua erosione di quote di mercato, il top management continua a disdegnare gli studi circa la percezione dei marchi del Gruppo da parte della domanda, in quanto ritenuti privi di utilità ed onerosi; ad aggravare la situazione, sul finire degli anni novanta, sarà poi la riorganizzazione della rete commerciale, attraverso la quale, Fiat Auto

228 G. VOLPATO, “Il rilancio di Fiat: lo scenario possibile”, in Economia e politica industriale, n. 119, 2003, p. 29.

229 L. GALLINO, La scomparsa dell’Italia industriale, Giulio Einaudi editore, Torino, 2003, pp. 82-89.

230 G. VOLPATO, “Una crisi che viene da lontano. Il marketing strategico di Fiat Auto”, in

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chiude le succursali (punti di vendita al consumo direttamente controllate dalla casa automobilistica) e riduce il numero di concessionarie lasciando zone scoperte e prestando il fianco ad un’ulteriore aggressione commerciale da parte degli altri competitor.

Anche questa strategia non tarda a manifestare le sue conseguenze con un ridimensionamento del 19% della rete commerciale, con il presidio territoriale seriamente compromesso e con la quota di mercato che continua a manifestare una tendenza negativa231.

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