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Gli studi epidemiologici indicano un’alta prevalenza di MetS sia negli Stati Uniti che in Europa. Circa il 20-25% della popolazione adulta soddisfa i criteri diagnostici della MetS. In linea generale, la prevalenza è più alta nei maschi adulti che nelle donne in premenopausa1, ma dopo la menopausa la prevalenza di MetS aumenta e diventa più

alta nelle donne che negli uomini di pari età2. Secondo il Korean National Health and

Nutrition Examination Survey (KNHANES), la prevalenza di MetS è significativamente

maggiore nelle donne piuttosto che negli uomini sopra i 50 anni di età37. Lo studio del

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MetS aumenti progressivamente da 6 anni prima a 6 anni dopo l’ultimo ciclo mestrulae, indipendentemente dall’invecchiamento e da fattori rischio cardiovascolare noti38. Lo studio polacco WOBASZ (the Polish National Multicentre Health Survey) ha dimostrato che la prevalenza di MetS era 3.3 volte più alta tra le donne in postmenopausa che nelle donne in premenopausa39.

Inoltre è stato osservato che dall’inizio della menopausa aumenta anche la prevalenza dei singoli componenti della MetS. Le donne in menopausa da meno di 5 anni hanno un aumentato rischio di obesità addominale e iperglicemia, le donne in menopausa da 5-9 anni hanno un aumentato rischio di ipertensione arteriosa mentre le donne in menopausa da 10-14 anni hanno un aumentato rischio di ipertrigliceridemia40.

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BIOMARKERS DELLA SINDROME METABOLICA

La diagnosi di MetS è basata sulla presenza di parametri clinici e di laboratorio, tra cui obesità addominale, ipertensione arteriosa, iperglicemia e dislipidemia. Ciò nonostante questi elementi sono solo sintomi e non la causa della sindrome. La valutazione dell’aumentato rischio di MetS nella popolazione generale e la diagnosi precoce nei gruppi ad alto rischio sono difficili e richiedono la ricerca di nuovi elementi e di biomarker specifici di patologie metaboliche correlate all’obesità. Studi recenti hanno concentrato l’attenzione sul ruolo del tessuto adiposo, di fattori proinfiammatori e dello stress ossidativo nella patogenesi dell’IR e delle complicanze cardiovascolari come potenziali fattori di rischio della MetS.

Il tessuto adiposo è composto da masse cellulari diffuse con localizzazione sottocutanea e viscerale, fornite di capsula connettivale, vascolarizzazione e innervazione proprie. Oltre agli adipociti, il tessuto adiposo è composto anche da una

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matrice connettivale, da tessuto nervoso, cellule stromali, cellule vascolari e del sistema infiammatorio, costituendo così un vero e proprio organo integrato. Le principali funzioni del tessuto adiposo includono l’accumulo di TG in presenza di calorie in eccesso e il rilascio degli stessi in condizioni di digiuno, la termoregolazione e la protezione meccanica degli organi interni41. Il tessuto adiposo è stato riconosciuto

anche come organo endocrino: adipociti, cellule del sistema immunitario, cellule endoteliali e fibroblasti rilasciano metaboliti, lipidi e peptidi bioattivi, chiamati “adipochine”, con azione locale (autocrina/paracrina) sul tessuto adiposo stesso, ma anche sistemica su diversi organi e tessuti bersaglio, tra cui ipotalamo, pancreas, fegato, muscolo scheletrico, rene, endotelio e sistema immunitario42 (figura 7).

Figura 7: fattori rilasciati o secreti dal tessuto adiposo.

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Queste molecole hanno diverse funzioni, tra cui il controllo dell’omeostasi energetica, nella regolazione del metabolismo lipidico e glucidico, nel controllo dello stress ossidativo, nel mantenimento dell’integrità della struttura e funzione della parete vascolare e posseggono importanti effetti pro- e anti-infiammatori43,44. Con l’aumento del peso corporeo, il tessuto adiposo modifica le sue dimensioni, la sua distribuzione, la composizione cellulare e le sue funzioni. Gli adipociti vanno incontro ad ipertrofia e questo determina una riduzione della sensibilità all’insulina, un’alterata secrezione di adipochine e un maggior rilascio di fattori proinfiammatori41,45. L’alterata secrezione di adipochine non riflette soltanto una disfunzione del tessuto adiposo, ma contribuisce anche allo sviluppo di patologie cardiovascolari, metaboliche e infiammatorie46.

3.1 ADIPOCHINE E METABOLISMO

Il tessuto adiposo è in grado di sintetizzare numerose sostanze biologicamente attive, tra cui un tipo di citochine chiamate adipochine, che hanno numerose funzioni: alcune agiscono come fattori proinfiammatori che alterano il metabolismo glucidico e lipidico portando a IR e aterogenesi, altre invece hanno proprietà anti-infiammatorie e insulino- sensibilizzanti. Negli ultimi anni, la ricerca scientifica è stata concentrata sulla ricerca di nuove sostanze secrete dagli adipociti e che potrebbero diventare potenziali biomarkers precoci di disordini cardiometabolici. Nelle donne in menopausa, l’alterata attività ormonale e la distribuzione del grasso corporeo determinano un’alterata secrezione delle adipochine, aumentando il rischio di MetS.

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L’Adiponectina è una proteina prodotta principalmente dagli adipociti ma anche dalle cellule muscolari, endoteliali e cardiache47. Ha proprietà anti-infiammatorie, anti-

aterogeniche e insulino- sensibilizzanti. Le sue concentrazioni plasmatiche aumentano con la perdita di peso e con l’uso di farmaci insulino-sensibilizzanti, quindi è inversamente correlata all’IR, all’obesità e al rischio di T2DM, MetS e patologie cardiovascolari. L’adiponectina sopprime l’adesione dei monociti sull’endotelio vascolare, promuove l’angiogenesi e stimola la vasodilatazione mediante la sintesi di ossido nitrico (NO). Nelle donne sane, i livelli di adiponectina aumentano con l’età, ma sono inferiori nelle donne obese e in quelle con MetS di pari età48,49.

L’Adipsina è una proteasi prodotta da adipociti, monociti e macrofagi che presenta le stesse attività del fattore D del complemento, attivando la via alternativa del complemento50. Le concentrazioni di adipsina sono aumentate negli individui obesi e nelle donne in menopausa con MetS49,51.

La Leptina è una proteina sintetizzata principalmente dal tessuto adiposo bianco che ha un ruolo cruciale nell’omeostasi energetica e nella regolazione del senso di fame- sazietà attraverso un’azione a livello ipotalamico che inibisce la secrezione del neuropeptide Y, che invece stimola l’appetito52. La leptina partecipa alla regolazione del metabolismo glucidico influenzando la secrezione insulinica e la sua sensibilità a livello periferico. Inoltre presenta attività anti-infiammatoria interferendo con la produzione di citochine, l’attivazione dei monociti-macrofagi e la proliferazione di diversi progenitori delle cellule del sistema immunitario ed emopoietico53. Le

concentrazioni ematiche di leptina sono direttamente proporzionali all’entità della massa adiposa, con valori elevati nei soggetti obesi nonostante le proprietà

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anoressizzanti di questa citochina, ipotizzando una condizione di leptino-resistenza nell’obesità54,55. Elevati livelli di leptina nella popolazione generale si associano a

sviluppo di IR e infiammazione vascolare, che porterebbero ad un aumento rischio di sviluppo di aterosclerosi, ipertensione e MetS56. I livelli di leptina risultano aumentati

nelle donne in postmenopausa rispetto alle donne in età fertile e sembrano essere superiori nelle donne in postmenopausa con MetS rispetto alle donne in premenopausa con MetS49,57,58.

La Resistina è un peptide espresso dagli adipociti, dai monociti e dai macrofagi. Alti livelli di resistina appaiono associati all’obesità, alla dislipidemia e all’IR e correlano con markers di flogosi, MetS e patologia cardiovascolare59. Alti livelli di resistina sono stati

riscontrati nelle donne in postmenopausa con MetS49,60.

La Visfatina è una proteina prodotta principalmente dal tessuto adiposo. Le sue concentrazioni sono correlate con il grasso viscerale e aumentano nell’obesità. La visfatina è stata descritta inizialmente come adipochina con proprietà anti-diabetiche grazie all’attivazione di IRS-1 e alla fosforilazione di IRS-2 e all’aumento dell’espressione genica dell’adiponectina; ma diversi studi evidenziano le sue proprietà pro-infiammatorie attivando i leucociti e la secrezione di IL-6 e TNF-α61. Gli effetti cardiovascolari della visfatina appaiono controversi, ma probabilmente contribuisce più al loro sviluppo che alla loro prevenzione. Nelle donne in menopausa con e senza MetS sembrano non esserci differenze statisticamente significative nei livelli di visfatina49.

La Vaspina è un’adipochina membro della famiglia degli inibitori delle serin-proteasi e viene espressa dagli adipociti maturi. Svolge un’azione insulino-sensibilizzante e le sue

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concentrazioni sono basse nei soggetti sani e magri, sono maggiori nel sesso femminile rispetto a quello maschile (gli androgeni tendono a ridurne i livelli, contrariamente agli estrogeni) mentre tendono and aumentare con l’età, con l’obesità, con l’alterata sensibilità insulinica e con l’alterato metabolismo glucidico62. Non è ancora chiaro se gli

alti livelli di vaspina siano la causa di patoologie cardiometaboliche o se in realtà esercitino un effetto protettivo in queste condizioni. In una recente meta-analisi è stato dimostrato come i livelli di vaspina siano elevati nei soggetti obesi e con T2DM, enfatizzando il ruolo di questa adipochina nella progressione di patologie cardiometaboliche63. La somministrazione di vaspina ricombinante a ratti obesi

migliorava la sensibilità insulinica e la tolleranza glucidica62,64; inoltre, la

somministrazione sia periferica che intracerebroventricolare in diversi tipi di ratti abbassava i livelli glicemici e riduceva l’introito di cibo. Questi effetti probabilmente sono mediati dall’inibizione della kallikreina 7, enzima responsabile in vitro della degradazione dell’insulina nelle catene A e B65.

L’Omentina-1 è un’adipochina che viene espressa prevalentemente dalle cellule vascolari dello stroma del tessuto adiposo viscerale e che stimola l’uptake glucidico indotto dall’insulina agendo sul segnale intracellulare mediato da Akt, regolando il metabolismo glucidico66. La disregolazione della sua secrezione pare giocare un ruolo

importante nello sviluppo di IR, disfunzione endoteliale e patologie cardiovascolari. L’omentina-1 svolge un importante ruolo anti-infiammatorio negli stati pro- infiammatori, riducendo l’attivazione della proteina C reattiva (PCR) e del fattore di necrosi tumorale α (TNF-α) a livello endoteliale67. Le concentrazioni di omentina-1 sono ridotte nei pazienti con obesità, diabete e sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), con aumento del rischio cardiovascolare e contribuendo alla patogenesi della

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MetS68,69.

La Grelina è un ormone peptidico di origine intestinale che svolge numerose funzioni di natura ormonale, metabolica e cardiovascolare. In particolare, stimola l’intake di cibo, l’adipogenesi e regola il metabolismo insulinico e glucidico: la grelina acetilata riduce la sensibilità insulinica, contrariamente alla grelina non acetilata. Ad ogni modo, la grelina sembra avere effetti diabetogenici. I pazienti obesi, ed in particolare quelli con obesità viscerale, presentano livelli più bassi di grelina, così come i pazienti diabetici. La grelina sembra coinvolta anche nella patogenesi della MetS: basse concentrazioni di grelina sono associate, oltre all’obesità, all’ipertensione, all’IR, all’aumento della circonferenza addominale e allo sviluppo di aterosclerosi carotidea70.

Il Polipeptide Inibitorio Gastrico (GIP) è un ormone insulinotropico, secreto dalle cellule enteroendocrine K del duodeno in risposta all’assorbimento di cibo e nutrienti, modulando la secrezione insulinica in risposta ai livelli glicemici71,72. Inoltre, il GIP ha un

ruolo anabolizzante in quanto stimola stimola la sintesi di grasso negli adipociti e l’utilizzo di glucosio nel muscolo73,74. GIP aumenta il trasporto glucidico in questi tessuti e stimola l’attività della lipoprotein lipasi e la conversione di FFAs in TG in presenza di insulina nelle cellule adipose73,75. Nel T2DM vengono meno gli effetti insulinotropici del GIP, la cui secrezione non è ridotta, anzi, i suoi livelli postprandiali risultano aumentati, promuovendo l’adipogenesi76–78. Nelle donne obese non diabetiche in postmenopausa assistiamo ad un decremento dell’espressione genica del recettore del GIP (GIPR) nel tessuto adiposo sottocutaneo dovuto probabilmente all’ipersinulinemia basale79.

40 La famiglia dei Fattori di Crescita dei Fibroblasti (FGF) è composta da 22 membri con un’ampia gamma di funzioni biologiche, tra cui la crescita cellulare, l’angiogenesi e la guarigione delle ferite80,81. Recentemente è stato osservato che i fattori FGF-21 e FGF- 23 hanno proprietà endocrine e sono coinvolti nella regolazione metabolica82,83.

FGF-21 è prodotto principalmente dal fegato, al tessuto adiposo e muscolare e presenta proprietà antidiabetiche, stimolando l’uptake glucidico attraverso l’aumentata espressione di GLUT1 indipendentemente dall’insulina. Topi transgenici con iperespressione di FGF-21 risultavano essere resistenti all’obesità e alle alterazioni metaboliche indotte dalla dieta, con riduzione dei livelli plasmatici di glucosio e TG83.

Effetti simili sono stati ottenuti anche su scimmie rhesus diabetiche trattate per 6 settimane con FGF-21 ricombinante84. In uno studio su umani, pazienti diabetici e obesi trattati per 28 giorni con FGF-21 ricombinante mostravano miglioramento del peso corporeo dell’insulina basale e della dislipidemia, portando a un miglioramento del profilo aterogenico85.

FGF-23 è secreto principalmente dall’osso e agisce a livello renale inibendo la fosforilazione, il riassorbimento e la sintesi di vitamina D86-88. Studi su topi hanno mostrato che una carenza di FGF-23 determina ipoglicemia e aumento della sensibilità insulinica89. Inoltre è stata riscontrata un’associazione tra i livelli di FGF-23, la dislipidemia e la massa grassa con alti livelli di questo fattore nei soggetti con MetS90.

La Paraoxonasi-1 (PON1) è una glicoproteina calcio-dipendente, che circola nelle HDL, in grado di prevenire la perossidazione delle LDL e di contrastare così il processo ateromasico. Deve il suo nome alla capacità di neutralizzare e idrolizzare il paraoxon (principale costituente del pesticida paration) e altri composti organofosforici. Agisce anche da lattonasi idrolizzando i lattoni, previene l’ossidazione delle lipoproteine,

41 protegge le membrane cellulari dallo stress ossidativo, inibisce la sintesi di colesterolo e regola il metabolismo lipidico nel tessuto adiposo. L’attività di questo enzima, quindi, riduce il rischio cardiovascolare, l’ipercolesterolemia e il diabete91–96. Numerosi studi hanno dimostrato bassi livelli di PON1 e una ridotta attività perossidasica nei pazienti con MetS, contribuendo così allo stress ossidativo e all’alterazione del metabolismo lipoproteico che si osservano in questa sindrome97–101.

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