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Nella letteratura scientifica che studia le trasformazioni recenti della famiglia nei paesi occidentali da qualche anno si individua come una delle conseguenze più importanti della crisi dell’istituzione del matrimonio il fatto che la paternità stia diventando sempre meno una condizione stabile nella vita degli uomini. Rispetto al privilegiato rapporto madre-figlio, sarebbe soprattutto la natura e la forza della paternità a risentire della minore solidità che caratterizza le forme di unione non coniugale. Per quando riguarda l’Italia, vari studi hanno sottolineato come, più che attraverso la diffusione delle unioni informali, la minore propensione, da un lato, nell’assunzione di impegni troppo formalizzati e, dall’altro, della precarietà occupazionale, si siano tradotte soprattutto in una posticipazione dei tempi di entrata in unione.

Tale posticipazione consentirebbe di rispondere ai rilevanti cambiamenti culturali, economici ed istituzionali nella vita dei giovani, mantenendo la tradizionale accentuata sincronizzazione tra uscita dalla casa dei genitori e matrimonio nel processo di transizione allo stato adulto. Tutto ciò ha portato però i giovani maschi italiani ad essere tra i più tardivi in Europa nell’uscire dalla casa dei genitori e nel formare una propria famiglia. Se tale fenomeno non è completamente nuovo nella realtà italiana, assume nelle generazioni più recenti connotati ed implicazioni diverse rispetto a quanto avveniva in passato. Abbiamo ad esempio visto come nelle generazioni più anziane del centro-nord (dove dominava storicamente la famiglia-ceppo) una quota rilevante di uomini rimaneva nella casa dei genitori nella condizione di coniugato mentre nelle generazioni più recenti i giovani che rimangono con i genitori sono in larga maggioranza celibi. Inoltre il passaggio, in larga misura simultaneo, dalle cure della madre a quelle della moglie, senza fasi

intermedie di vita da single o condivisione con coetanei di un appartamento non favorisce negli uomini italiani la maturazione di un atteggiamento collaborativo nei riguardi degli impegni domestici. Il permanere di una forte asimmetria dei ruoli di genere anche nelle più giovani generazioni ha poi implicazioni negative sulla possibilità di conciliazione dell’investimento professionale femminile con la

fecondità e l’accudimento dei figli8.

Se a differenza di molti altri paesi occidentali la resistenza dell’istituto del matrimonio e dell’importanza assegnata alla famiglia ed ai legami familiari (Dalla Zuanna, Micheli 2004), sembra poter consentire agli uomini italiani di mantenere solidi e duraturi rapporti con i figli, il numero dei figli si pone però a livelli tra i più bassi nel mondo, riducendosi in molti casi ad un unico discendente.

Questo scenario sembra non poter essere intaccato in modo rilevante nel prossimo futuro dalla diffusione delle convivenze come forma di prima unione. In Italia le convivenze sembrano infatti continuare ad essere limitate ad una prima fase della vita di coppia. Pertanto non ci sarebbe da aspettarsi, quantomeno nel breve periodo, una convergenza delle nascite fuori dal matrimonio sugli elevati livelli sperimentati nei paesi Nord-europei. E’ verosimile invece attendersi, come accaduto nel resto d’Europa, che anche in Italia le convivenze pre-matrimoniali possano consentire ai giovani di uscire in età meno tardiva dalla famiglia di origine e favorire nei giovani uomini uno stile più collaborativo negli impegni domestici.

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2.1 - Il processo di selezione del partner

La formazione di nuove unioni da sempre rappresenta un terreno di studio molto fertile tra i ricercatori delle discipline socio-economiche e demografiche che hanno messo in evidenza la tendenza a scegliere partner socialmente prossimi, cioè omogami (Bozon 1991). Il livello di omogamia rappresenta il risultato d’insieme di un processo secondo il quale i simili si associano più frequentemente tra di loro. Infatti, all’interno del processo di formazione delle coppie esistono delle correnti di scambio privilegiato, tra gruppi diversi ma prossimi all’interno dello spazio sociale, e delle correnti di repulsione che fanno sì che alcune traiettorie dei percorsi di mobilità sociale non si incontrino mai.

Da precedenti studi sembrerebbe che il modello di libera scelta del partner sia una conquista relativamente recente. Per molto tempo infatti, e in maniera diversificata per i vari ceti sociali, è stata forte l’intromissione e il controllo sui nubendi da parte di altre persone su chi potesse accedere a nozze, con chi si dovesse sposare, a che età e con quali modalità (Barbagli 1984). In questo ambito, il ruolo femminile è risultato costantemente minoritario e condizionato a quello dell’uomo e del resto della famiglia. Solo con un lento processo di modificazioni, iniziato con la rivoluzione industriale e le sue conseguenze sul mondo rurale e

Il capitolo è a cura di Romina Fraboni