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PARTE I. Politiche di genere e trasformazione: dal dominio tecnico-politico a quello

1.9 Sintesi del capitolo

L’analisi del campo di pratiche della formazione di genere in Europa ha mostrato una riduzione tecnocratica della formazione di genere, al quale il mondo degli studi di genere più avanzato risponde con un’operazione di riduzione alla dimensione teorica e riposizionando la formazione come strumento per il trasferimento della conoscenza teorica ed empirica guadagnata dagli studi di genere. L’esito di questa esplorazione rafforza l’argomento della necessità di un cambio di prospettiva, dalla formazione di genere alla formatività

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delle politiche di genere: tentare una lettura interdisciplinare tra studi politici di genere e teorie dell’apprendimento adulto può essere utile per riformulare i dilemmi che attraversano al presente le relazioni tra teorie e pratiche.

Tipicamente le politiche di genere sono identificate con tre modelli discorsivi e pratici prevalenti: politiche delle pari opportunità o del pari trattamento; enfasi su differenze-identità—azioni positive; mainstreaming di genere.

Gli studi politici sulle politiche di genere, influenzati dalla svolta discorsiva e che ha pervaso le scienze sociali e umane nell’ultimo trentennio, tendano a fornire un’interpretazione delle dinamiche in atto entro le politiche di genere come esiti di strategie di aggiustamento-adattamento strumentale (mirato al consenso o a ottenere risorse)-negoziazione, da alcune studiose definito come ripiegamento, di frames discorsivi originati dai movimenti delle donne e dagli studi di genere: aggiustamento adattamento strumentale-negoziazione o cooptazione verso i paradigmi discorsivi dominanti, con effetti ambivalenti di attivazione di agency ma anche di allontanamento dai propri obiettivi primari, in quello che finisce con l’apparire una sorta di tradimento dei potenziali, di nuovo, trasformativi in essi impliciti.

La questione della trasformatività delle politiche di genere è molto presente nel dibattito, e s’invoca spesso un recupero della dimensione trasformativa del gender mainstreaming a fronte di tendenze alla burocratizzazione da una parte e a fenomeni di adattamento –ripiegamento delle questioni di genere ad altre agende politiche, con particolare riferimento all’inglobamento entro agende neoliberiste e conservatrici. In realtà i tre modelli di cui sopra (pari trattamento; differenza/identità, mainstreaming) possono tutti essere letti/agiti con una chiave di lettura politica più orientata al liberalismo – neoliberismo in ambito economico o, al contrario di matrice post-marxista e post strutturalista. Prende forma l’ipotesi che possa essere necessario, per restituire al dibattito su genere e femminismi la sua valenza politica, di guardare alla

77 dimensione della trasformatività non solo come radicalità della promessa di trasformazione sociale e dunque come elemento caratterizzante esclusivamente le interpretazioni e gli approcci post marxisti e post strutturalisti, ma come potenzialità di trasformazione che ognuna delle letture di genere a prescindere porta con sé come capacità di rimettere in discussione in profondità, dalle premesse alle conclusioni analitiche e operative, i propri paradigmi discorsivi e teorici e le policies di riferimento e di contrastare la pratica diffusa dell’includere il genere come ‘scelta aggiuntiva’ (add on) o al mero livello di operazione formale/di facciata. Questo spostamento di asse del discorso dischiude la possibilità di ritornare a riempire di contenuti specifici il tema della trasformatività, che a oggi rischia di ridursi a una sorta d’indicatore del gradiente di radicalismo delle politiche. L’indefinitezza della dimensione ‘trasformatività’, tende a far diventare opaco il concetto entro il dibattito, e a evocare una connotazione genericamente anti-neoliberista o, in negativo, la riduzione delle politiche di genere alla dimensione tecnico-burocratica, limitando la riflessione su modalità, strumenti concettuali e pratici, strategie di azione specifiche.

Come esito della tensione verso la trasformatività, le dimensioni della riflessività e della formatività stanno diventando sempre più centrali nel dibattito sulle politiche di genere, soprattutto come una delle modalità proposte per sventare (assieme alla dimensione partecipativa-deliberativa) il fenomeno di burocratizzazione e riduzione tecnocratica o depoliticizzazione delle stesse. Nelle pratiche prevalenti di formazione di genere si opera per semplificazione e oggettivazione delle questioni, dei nodi teorici e delle relative possibili scelte operative, finendo con il prevalere una versione funzionale e tecno-centrica della formazione di genere, entro la quale è trasmessa una specifica visione delle questioni di genere, mirata a diffondere buone pratiche, e trasferire competenze tecniche relative all’utilizzo di strumenti d’implementazione di policies definiti. La logica delle ‘best practices’ è ampiamente prevalente, mirando a fornire spunti e stimoli all’azione in conformità a esempi positivi, ma finendo con occultare le criticità e i limiti dell’implementazione, a discapito di un guadagno in riflessività.

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Ho messo tuttavia in luce il fatto che anche le proposte formative che emergono dagli studi politici di genere più attenti alle dimensioni della riflessività, non riesca paradossalmente a trovare uno spazio la questione della complessità, della molteplicità di frames interpretativi sulle questioni di genere e delle tensioni tra gli stessi. Da questi fenomeni ho tratto elementi per rafforzare la mia ipotesi sulla rilevanza della dimensione formativa delle politiche di genere e sulla necessità di una lettura interdisciplinare che integri strumenti concettuali degli studi politici e della sociologia di genere con le teorie dell’apprendimento.

Prendendo sul serio la necessità di contestualizzare sia le pratiche politiche sia quelle formative e per testare questa ipotesi ermeneutica, scelgo di guardare nel prossimo capitolo a un ambito di policy relativamente nuovo, e ancora poco esplorato dalle politiche di genere. In quello successivo offro una lettura più in profondità delle aperture teoriche che sono generabili guardando alle teorie dell’apprendimento adulto, che implicherà anche una riformulazione del discorso sulle competenze.

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PARTE II. Il caso Smart Cities: verso un’integrazione di genere. Intelligenza,