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Prima sintesi: realismo e riduzionismo

Di fronte alla pluralità di voci – che da Aristotele ai contemporanei collocano la ‘relazione’ in posizioni molto diverse all’interno del proprio sistema di categorie – può sorgere spontanea una domanda: quella di relazione è una ‘categoria’? La domanda è legittima poiché, in effetti, in alcuni sistemi la relazione sembra coincidere con una delle sue realizzazioni (es. la causa, se la causalità e una relazione) o essere qualcos’altro (es. una sostanza o una proprietà). Quel che sembra mancare, alla relazione, è un’identità capace di distinguerla da altre categorie ontologiche. Se è vero, dunque, che qualsiasi concezione possiamo avere delle ‘categorie ontologiche’,

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una caratteristica che sicuramente devono possedere è di essere distinguibili da altre, nel caso della relazione, non abbiamo buoni criteri che ci consentano di dire cosa sia. Il sospetto è che questo valga, parimenti, per la sostanza, la quale non può essere definita se non per opposizione alla relazione, ma che sembra mostrare caratteristiche disposizionali che la fanno essere simile a una relazione sussistente. La questione è fondamentale, ci ricorda Chisholm (1996, 8): la distinzione delle categorie – quindi la definizione della realtà di certe entità – è il discrimine tra una metafisica della sostanza e una metafisica processuale (su questo torneremo al cap. 5). Si rischia cioè di scambiare la sostanza per la relazione, o viceversa.

Cerchiamo ora di elencare alcuni punti acquisiti, cercando di individuare alcune posizioni che ciascuno degli autori affrontati potrebbe in qualche misura incarnare. A livello del tutto generale, sono emerse alcune posizioni ontologiche sulle relazioni che in forme differenti si sono manifestate nel corso della storia. Richiamando la classificazione di Heil (2009)60, le più significative ontologie delle relazioni sono (Heil, 2009): (1) anti-realismo: non esistono relazioni, le quali sono proiezioni della ragione; (2) riduzionismo: le relazioni si identificano con aspetti non-relazionali degli oggetti. Esistono, ma sono in qualche modo dipendenti dai relata; (3) realismo moderato (non-riduzionista): le relazioni sono reali, ma non c’è un’aggiunta di essere; (4) iper-realismo: le relazioni sono ontologicamente fondamentali, sono entità con uno statuto ontologico proprio (qui potrebbero rientrare le ‘proprietà relazionali’).

Nel corso dei precedenti paragrafi abbiamo visto emergere anche un altro punto interessante. La discussione sulle relazioni può vertere su vari tipi di relazione, molti dei quali li approfondiremo nel prossimo capitolo. Ma ve n’è uno, in particolare, che sembra essere quello più problematico e affrontato dagli autori nel modo più disparato: la relazione di causa. Melisso (con il regresso del ri- arrangiamento), gli stoici (con il pneuma), Platone (con la partecipazione) riconducono parte del problema delle relazioni al problema della causalità. Posto cioè che esistano degli oggetti separati, si deve riuscire a spiegare secondo quale principio essi interagiscono, come comunichino e con che grado di libertà (e contingenza): ci sono varie relazioni reali, riducibili agli oggetti, ma ce n’è una in particolare, quella di causa, la quale implica che un oggetto abbia un effetto – e quindi modifichi – l’oggetto con cui entra in relazione (ed anche se stesso). Nei prossimi capitoli articoleremo una posizione simile, ritenendo che siano riducibili tutte le relazioni tranne quella di causalità. Quest’ultima indica un’interconnessione tra individui ed è una delle possibili espressioni della categoria della relazione. Vedremo che vi sono varie ipotesi ontologiche che cercano di eliminare il concetto di causa, o slegarlo dalla categoria di relazione. Un modello in cui le sostanze prime

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abbiano una disposizionalità intrinseca sembra del resto corrispondere alla visione aristotelica (e di molti altri autori, come si è visto; altri li affronteremo nei prossimi capitoli). In qualche modo le sostanze, una volta poste come unità fondamentali del mondo, sembrano essere per loro nature volte all’interazione con altre sostanze. Questo è sufficiente per definire una loro intrinseca relazionalità, o per affermare che le sostanze sono relazione? Come è possibile tale comunicazione, tale azione causale? Ci costringe a ipotizzare oggetti che siano sostanza e relazione? I modi di Spinoza, le monadi di Leibniz, le occasioni attuali di Whitehead, sono forse oggetti di questo tipo? Sono tutte domande che si aprono dopo questi paragrafi inziali, e che ci riserviamo di affrontar nei capitoli 3 e 5.

Altri nodi che sono emersi dalla panoramica storica sono: (a) il rapporto tra il ‘problema di Parmenide’ e il problema dello statuto ontologico delle relazioni; il dilemma che soggiace è quello di definire una ‘connessione’ tra le sostanze che non conduca al monismo e un ‘ordine’ (senso\direzione delle relazioni) che non diventi determinismo assoluto (logico, ontologico o teologico); sarà oggetto del cap. 3; (b) il rapporto tra logica e ontologia delle relazioni: «la logica della relazione non risolve il problema del loro status ontologico» (Henninger, 1989), ma è altresì vero che la logica tende a proiettare le sue assunzioni sulla realtà; sarà oggetto del cap. 2; (c) è già emerso, anche se in modo embrionale, il rapporto che sussiste tra ontologia delle relazioni e filosofia della religione (o teologia): per poter dire qualcosa della relazione Dio-mondo o della relazionalità intratrinitaria è indispensabile avere un concetto non contraddittorio di relazione e – lo abbiamo accennato – di relazione trascendentale reale; sarà l’oggetto dei cap. 4 e 5; (d) più lateralmente, abbiamo accennato al fatto che non solo l’ontologia delle relazioni è problematica: anche la nozione di sostanza porta con sé delle difficoltà. Se sostanza e relazioni sono categorie che rimandano una all’altra – come è emerso in Aristotele, ma anche in Kant – allora è possibile immaginare che dove si trovi una buona ontologia per l’una, possa trovarsi una soluzione ai problemi della seconda, e viceversa.

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Capitolo 2

Ontologia delle relazioni: una possibile classificazione

Dall’incursione ‘storica’ del capitolo precedente è emersa la necessità – per la formulazione di una teoria delle relazioni – di crearne una tassonomia. Questo consente di riferirsi, nelle argomentazioni, a tipi di relazioni e caratteristiche dei diversi tipi di relazioni. A non tutti i tipi di relazione, infatti, corrispondono delle entità aggiuntive del catalogo ontologico. Non è tuttavia un’impresa facile fornire tale classificazione, perché vi è una certa circolarità tra la descrizione che forniamo delle relazioni e le intuizioni ontologiche (o metafisiche) che – volenti o nolenti – precedono tale lavoro, rendendolo in parte soggettivo. Tuttavia, è un’operazione che va almeno tentata, se non altro per fornire un elenco sinottico delle varie relazioni. Qui cercheremo intanto di descrivere di quali relazioni normalmente parliamo nelle discussioni filosofiche. Distinguiamo in prima battuta tra caratteristiche delle relazioni e tipi di relazioni.

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