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CIRROSI EPATICA E TUMORE DEL FEGATO: CENNI MEDIC

3.2. Sintomatologia e diagnos

Qualsiasi sia l’eziologia, Ginès et al. (1987) affermano che la storia naturale della cirrosi epatica si può sintetizzare nelle seguenti fasi: (a) danno epatico acuto; (b) danno epatico cronico; (c) instaurazione della cirrosi; (d) cirrosi epatica compensata; (e) cirrosi epatica scompensata; (f) epatocarcinoma. Nella grande maggioranza dei casi le fasi del danno epatico acuto, del danno epatico cronico fino all’instaurarsi della cirrosi e la stessa fase di cirrosi compensata decorrono in assenza di qualsiasi sintomo: nel corso di tutte queste fasi il soggetto (di regola per molti anni) sta apparentemente bene e soltanto occasionali esami di laboratorio, o una comune visita medica e/o il riscontro di un aumento di volume del fegato e della milza possono far sorgere il sospetto di una malattia epatica in progressione.

Pertanto, la diagnosi viene posta in queste fasi in uno dei seguenti casi: quando il danno acuto si presenta con ittero, quando si riscontra un’infezione da virus epatitici, nel corso di donazioni di sangue visite medico-legali, nel corso dello studio di una persona con problemi alcol correlati.

Nell’ambito di indagini di laboratorio, le principali alterazioni dei test che permettono di rilevare la presenza di cirrosi sono le modificazioni dell’emocromo, in particolare la riduzione del numero delle piastrine associata o meno ad una riduzione dei globuli bianchi e dei globuli rossi; altre alterazioni delle indagini (aumento delle -globuline, aumento della bilirubinemia, incremento dei valori delle transaminasi, della fosfatasi alcalina) sono da valutare globalmente e da affidare al giudizio del medico curante. In particolare, è importante segnalare che l’aumento delle transaminasi non è segno di gravità della malattia epatica, essendo, anzi, prevalentemente normale anche in pazienti con danno epatico molto avanzato.

Nelle fasi di compenso della cirrosi queste ultime prove che verificano il buon funzionamento del fegato possono essere perfettamente normali, ma la diagnosi può essere sospettata dall'ecografia, la quale può documentare una lieve dilatazione della vena porta e un ingrandimento della milza; una gastroscopia può mettere in evidenza la presenza di varici esofagee che, comunque, per lo più compaiono più tardivamente. A

volte solo una biopsia (che non sempre è necessaria) fa porre la diagnosi di cirrosi evidenziando la presenza di avanzata fibrosi e di noduli di rigenerazione.

Nella fase di cirrosi compensata la diagnosi può essere avanzata a causa della presenza di due o più di questi fattori: (a) epatomegalia e/o splenomegalia; (b) presenza di varici esofagee; (c) riduzione dei globuli bianchi e delle piastrine; (d) aumento di transaminasi; (e) aumento delle -globuline.

Nella maggioranza dei pazienti è solo la comparsa dello scompenso epatico (ittero franco, ascite, edemi, encefalopatia epatica, emorragia digestiva da rottura di varici esofagee) che fa porre diagnosi di cirrosi epatica. Il primo episodio di scompenso costituisce pertanto l’unico punto fisso della storia naturale di questi pazienti, mentre non si può mai determinare quale sia il momento nel quale la cirrosi si è instaurata. Peraltro, in molti soggetti con cirrosi epatica compensata la malattia non giunge mai alla diagnosi nel corso della vita (cosiddetta cirrosi “lantanica”), potendo costituire un occasionale riscontro nel corso di un’autopsia.

In presenza di cirrosi epatica scompensata, l’assommarsi dei dati clinici e di laboratorio visti prima e dell’evidenza sintomatologica dello scompenso rende molto elevata l’accuratezza della definizione diagnostica su base clinica, del resto la diagnosi è raramente basata su esami istologici del fegato. Alla cirrosi di vecchia data può associarsi la comparsa dell’epatocarcinoma.

Come è già stato evidenziato per il consumo di bevande alcoliche, Sherlock, Dooley (1993) sostengono che è sicuramente in gioco una predisposizione individuale allo sviluppo di cirrosi, geneticamente determinata. Ciò risulta intuitivo se si considera che, di fronte ad un’eguale esposizione quale un’infezione virale epatitica o l’assunzione di rilevanti quantità di alcol, solo una parte dei soggetti esposti sviluppa la malattia in questione. Esistono portatori cronici di virus dell’epatite B o dell’epatite C con fegato persistentemente sano, ed esistono forti bevitori con fegato sano per tutta la vita. Alcuni soggetti esposti a questi fattori di rischio, inoltre, presentano nella loro vita un danno epatico cronico che non evolve verso la cirrosi epatica. Purtroppo, non sono ancora stati univocamente identificati i fattori che determinano questa predisposizione individuale. Quando viene posta una diagnosi di cirrosi i principali virus epatitici vengono immancabilmente determinati con semplici esami sierologici; tuttavia il loro riscontro non

comporta necessariamente l’attribuzione ad essi della responsabilità eziologica della malattia.

L’epidemiologia delle infezioni virali e dei fattori di rischio correlati nella popolazione generale e nei pazienti infettati hanno subito notevoli cambiamenti negli ultimi decenni. Aricò et al. (1997) espongono i principali motivi che hanno favorito questo cambiamento del trend: la diffusione di misure preventive igienico-sanitarie; l’introduzione delle pratiche vaccinali obbligatorie per l’epatite da virus B, facoltative per i virus dell’epatite A e dell’epatite C; le modificazioni dei comportamenti promiscui, soprattutto quelli più a rischio, come quelli sessuali, a seguito della paura di contrarre l’AIDS e delle misure sanitarie per la prevenzione di questa infezione; il miglioramento dei test diagnostici virologici sul sangue ed emoderivati.

In particolare, con l’identificazione del virus dell’epatite B prima e del virus dell’epatite C poi, è stato possibile ridurre nettamente il numero di cirrosi epatiche di causa non determinata, ed è pertanto ora possibile tentare di comprendere meglio il ruolo degli altri fattori epatotossici, come ad esempio l’alcol. Peraltro, nonostante la cirrosi epatica costituisca, da un lato, la più importante malattia cronica del fegato e, dall’altro lato, rappresenti la più importante patologia organica alcol-correlata, nella letteratura medica internazionale è scarso il numero degli studi sul rapporto fra cirrosi ed alcol.