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CIRROSI EPATICA E TUMORE DEL FEGATO: CENNI MEDIC

3.3. Tumore del fegato

Una qualsiasi forma di epatopatia può essere provocata da cause che possono perdurare nel tempo (epatiti croniche) ed evolvere con percentuali variabili verso la cirrosi epatica: si pensi che l'infiammazione e la necrosi epatiche favoriscono la genesi di cicatrici e di noduli rigenerativi di cellule epatiche malfunzionanti e ogni anno nel 3 - 4% delle cirrosi può comparire un tumore epatico, denominato carcinoma epatocellulare, o epatocarcinoma.

Il tumore di un organo può essere classificato in due categorie. Il tumore può essere di tipo primitivo se nasce e si sviluppa nell’organo interessato, oppure può rivelarsi di tipo secondario (o metastatico), nel caso esso venga localizzato in un organo dopo che abbia colpito altre parti del corpo.

Il più frequente tra i tumori maligni che interessano il fegato è il carcinoma epatocellulare: si registrano mediamente nel mondo almeno 1.000.000 di nuovi casi all'anno. La maggior parte di questi tumori insorge in pazienti con cirrosi epatica. Il secondo più frequente tumore maligno primitivo del fegato è il colangiocarcinoma: esso non compare in pazienti cirrotici, ma più frequentemente in soggetti che presentano una infiammazione delle vie biliari. Il colangiocarcinoma non verrà trattato nel seguito.

L'epatocarcinoma rappresenta un problema sanitario di grande importanza anche in Italia. La mortalità per tale patologia è in continuo aumento (si veda il capitolo 8), e i vari studi effettuati definiscono l'incidenza del cancro del fegato nei soggetti affetti da cirrosi epatica pari al 3% per anno.

E' oramai assodato che l'infezione cronica da virus dell'epatite B e soprattutto dell'epatite C è fortemente correlata con lo sviluppo di un tumore primitivo del fegato in quanto rappresenta un importante fattore di rischio, sia perché induce cirrosi epatica, sia perché raddoppia il rischio di sviluppare il tumore nei soggetti affetti da cirrosi epatica.

In Italia il carcinoma epatico non raggiunge le percentuali che caratterizzano i Paesi africani e asiatici, ma nel mondo occidentale l’Italia è il Paese con il più alto numero di carcinomi epatocellulari. Ciò è dovuto all'alto numero di soggetti cirrotici (di origine virale o alcolica).

3.4. Diagnosi

Il tumore del fegato rappresenta lo stadio più avanzato di una qualsiasi forma patologica riguardante il fegato.

I principali fattori di rischio di insorgenza dell’epatocarcinoma cellulare sono rappresentati dall’epatite da virus B, dall’epatite da virus C, dalla cirrosi epatica e dall’abuso di sostanze alcoliche. Perciò, le metodiche diagnostiche viste precedentemente per queste forme di epatopatie vengono utilizzate per riconoscere anche il tumore del fegato.

Ad un soggetto a cui è stata diagnostica una epatopatia sono stati necessariamente somministrati dei test per verificare il suo stato di salute: dal punto di vista clinico, l’esame del sangue è sicuramente lo strumento più comune con il quale è possibile sospettare un malfunzionamento del fegato. I metodi di cui il personale medico fa uso al fine di individuare più precisamente la malattia consistono nell'esecuzione di un'ecografia e/o di una TAC e/o di una risonanza magnetica. La certezza diagnostica si raggiunge con la

biopsia epatica guidata dall'ecografia, attraverso l’analisi di un campione di tessuto prelevato dalle pareti del fegato.

Oggi le diagnosi vengono compiute abbastanza frequentemente e le attuali metodiche consentono, fortunatamente, di porre la diagnosi quando ancora il tumore è di piccole dimensioni; in particolare, quando il soggetto è cirrotico, egli viene seguito con attenzione per mezzo dello svolgimento di periodici esami clinici e procedendo, quando necessario, all'ecografia epatica.

3.5. Terapia

Come detto prima, mediante le tecniche oggi disponibili è possibile localizzare un tumore del fegato anche quando è in fase iniziale di sviluppo. Ciò permette la scelta tra numerose opzioni terapeutiche: due di queste, il trapianto di fegato e la resezione chirurgica epatica, sono considerate trattamenti curativi.

In casi molto selezionati, il trapianto di fegato può curare radicalmente il tumore (e anche la cirrosi epatica) con una sopravvivenza del 70% a 5 anni dall’intervento; quando si decide di eseguire la resezione epatica nel paziente epatopatico bisogna tenere in debita considerazione che questa è gravata da alti rischi di ricomparsa di altri tumori nel fegato rimanente (con una percentuale che si aggira intorno al 70 - 80% a 5 anni dall'intervento), oltre che dai rischi di mortalità o di comparsa di complicazioni della cirrosi stessa.

Esistono diverse tecniche con cui si cerca di combattere il tumore al fegato; tali metodiche dipendono fondamentalmente dalla dimensione del tumore.

Nei tumori di piccola grandezza sono andate sviluppandosi metodiche alternative alla chirurgia; queste sono capaci di causare la completa distruzione del tumore nel 70 - 80% dei casi e con risultati sovrapponibili a quelli della chirurgia per quanto riguarda i rischi di ricomparsa di una forma epatitica, ma con il vantaggio di non generare complicazioni importanti. Negli ultimi anni, con lo scopo di curare il carcinoma epatico è stato possibile utilizzare il calore prodotto da onde di radiofrequenza (tecnica della termoablazione) o dalla luce laser (tecnica dell’ipertemia interstiziale), e questo calore è stato portato direttamente all'interno del tumore mediante l’utilizzo di aghi. Tali moderne tecniche hanno l’importante caratteristica che sono applicabili anche nei casi in cui il nodulo nel fegato sia una metastasi di un tumore di tipo secondario, ossia che ha avuto origine da un altro organo del corpo umano.

Nel caso di epatocarcinoma cellulari di maggiori dimensioni o con molteplici noduli può essere utilizzata una tecnica (la chemioembolizzazione), che consiste nell'introduzione nell’organismo di una sostanza chemioterapica attraverso un sottile catetere; tale sostanza ha il compito di interrompere per breve tempo il flusso di sangue nell'arteria epatica, togliendo ossigeno al tumore ed evitando che i farmaci vengano subito dispersi nell'intero organismo.

L’EVOLUZIONE NEL TEMPO DEI FATTORI DI RISCHIO PER