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Sistema consonantico del pre-proto-athabaska

Nel documento Lingue senza consonanti bilabiali (pagine 179-183)

5.5.2 Il sistema delle bilabiali nel distacco dal proto-athabaska

Per quanto riguarda più nello specifico la presenza di bilabiali, come è possibile dedurre dagli inventari fonemici presentati, l’assenza delle occlusive è considerato all’unanimità un fenomeno primario. La loro presenza nelle lingue discendenti è da attribuire principalmente alla trasformazione dell’approssimante labio-velare. Nella maggior parte delle lingue athabaska moderne infatti entrambi i fonemi /m/ e /b/ derivano da /w/, che, come descrivono Krauss & Leer (cfr. Krauss & Leer 1981, pp. 5-9), è la sonorante del proto-athabaska andata incontro con maggior frequenza alla trasformazione in occlusiva. Questo fonema ha dato origine in posizione iniziale di radice alla bilabiale nasale nell’holikachuk, nel koyukon, nel kuskokwim, nel tuchtone

Anteriori Centrali Posteriori

Chiuse Semichiuse Semiaperte Aperte i e ʊ ɑ

settentrionale, nel sarsi, nell’hupa, nel tolowa-chetco e nel tututni. Il suo riflesso è stato invece l’occlusiva labiale nasalizzata nelle sue varianti, eventualmente anche come cluster consonantico /mb/ nel tanacross, nel tuchtone meridionale e in una variante di quello settentrionale, nel tagish, nello slave e nel dogrib. In tutti i rimanenti casi il riflesso del fonema in questione è l’occlusiva bilabiale generalmente sorda. Per quanto alcune lingue abbiano preservato l’approssimante in posizione iniziale, la sua presenza piuttosto ampia nelle moderne lingue athabaska è imputabile soprattutto a prestiti o altre mutazioni consonantiche. Occorre precisare che, nel caso in cui la vocale della radice era seguita da una consonante nasale nella proto-lingua, la bilabiale nasale si rivela il riflesso più frequente anche in quelle lingue in cui si ha generalmente l’occlusiva o l’approssimante. Per quanto riguarda le altre posizioni, meno significative dal punto di vista del contrasto, i riflessi di /w/ sono stati completamente differenti. In posizione post-vocalica vi è stata una caduta del fonema, così come è peraltro accaduto per altre sonoranti, mentre nei prefissi esso è rimasto in taluni casi invariato, mentre in altri ha dato origine a /m/ anche nelle lingue discendenti caratterizzate dall’occlusiva bilabiale come riflesso.

Estremamente più complessa è la questione riguardante la bilabiale nasale. Sebbene la sua presenza nelle lingue athabaska moderne non sia solo decisamente limitata ma anche risultante principalmente da una serie di fattori estranei al suo stesso riflesso, come sopra descritto, nel corso del tempo gli autori sono giunti ad una convinzione sempre maggiore di una sua esistenza all’interno di questa proto-lingua. Questa probabilità era stata già segnalata da Sapir nel suo primo tentativo di ricostruzione (Sapir 1915, 1931) mentre non trovava conferma nelle successive proposte di Krauss & Leer fino a quando questi stessi autori non la inseriscono, pur con alcune riserve, nel sistema consonantico (Krauss & Leer 1981). Inizialmente venne postulato da essi (Krauss & Leer 1979) l’esistenza dell’approssimante labio-velare nasalizzata in luogo della bilabiale nasale, parallelamente all’esistenza dell’approssimante palatale nasalizzata, riducendo alla sola alveolare il sistema delle nasali del proto-athabaska rispetto a quello proposto da Sapir che comprendeva /m/, /n/, /ɲ/. Quest’ipotesi venne messa in discussione da Cook (cfr. Cook 1981, pp. 259-63), che, pur ritenendo possibile la presenza di /ȷ̃/, non vede allo stesso modo verosimile l’altra parte della proposta di Krauss & Leer.

Una delle ragioni che porta l’autore a tale conclusione deriva dall’analisi condotta dello stesso sul carrier. Cook ritiene anzitutto improbabile che in una lingua esista opposizione fra /w/ e /w̃/ e non quella fra /w/ e /m/ già di per sé. Inoltre, considera alquanto insolito il fatto che il tratto di nasalità sia distintivo nelle sonoranti non sillabiche e non lo sia in quelle sillabiche, non essendo stata dimostrata un’opposizione fra vocali orali e nasali nel proto-athabaska. Secondo l’autore, tutto ciò sarebbe anche supportato dal fatto che gli stessi Krauss & Leer considerino probabile l’esistenza di

/ɲ/ e /m/ al posto di /ȷ̃/ e /w̃/ anche se non a livello del proto-eyak-athabaska-tlingit, quantomeno a livello del proto-athabaska, e che in ogni caso reputino solo marginale la contrastività delle due approssimanti nasalizzate con le rispettive versioni neutre.

In accordo con la prima ricostruzione dei due autori sopracitati è invece Nater (cfr. Nater 1989, pp. 35-7), che considera la /m/ del tahltan ora come riflesso di /w/, ora come riflesso di /w̃/. Ecco alcuni esempi: *-wa:n- 'ɣə ‘bordo’ diventato -má:ʔe nel tahltan, -bà:- nell’apache, -bán-ɛ nel Chipewyan e

həban nel carrier meridionale; qəwə ‘casa’, divenuto kəme nel tahltan.

La ricostruzione proposta da Krauss e Leer (1981) affronta dettagliatamente il tema della presenza di /m/ nel proto-athabaska, esaminando la possibile presenza del fonema in posizione iniziale e finale di radice. Per quel che riguarda la posizione iniziale (cfr. Krauss & Leer 1981, pp. 59-64), gli autori affermano che non è stata riscontata prova di una contrastività fra /w/ e /w̃ - m/, tanto più che il suono in questione appare spesso come allofono di /p/ in quelle lingue discendenti in cui tale occlusiva è il riflesso di /w/. Ciononostante essi trovano una diversa ragione per postulare l’esistenza del fonema, ossia l’alternanza presente nella quasi totalità delle lingue athabaska e nell’eyak di /w/ (e dei suoi riflessi) nelle sillabe in cui esso è seguito da vocale più una qualsiasi consonante con /m/ in quelle in cui esso è seguito da vocale più consonante nasale. Inoltre il parallelo con /ɲ/ e /ȷ̃/ interverrebbe ulteriormente a sostegno dell’ipotesi. Tuttavia essa sembra venire smentita dalla presenza di /l/ nelle relative radici esaminate dell’eyak, più facilmente interpretabile come riflesso di /n/, e dal fatto che /m/ nell’ingalik può essere considerato con maggiore probabilità un riflesso del cluster /nw/ piuttosto che quello diretto di /m/. In posizione iniziale, pertanto, la possibile esistenza del fonema si può unicamente riallacciare alla ricostruzione della nasale palatale, punto chiave di questo tema. Krauss & Leer (cfr. ibidem 1981, pp. 14-5) riscontano due diverse serie di riflessi di tale fonema nelle lingue discendenti. Se da un canto i suoi riflessi regolari sono /j/ nel babine e nel carrier, /ŋ/ nell’ingalik e /n/ in tutte le restanti lingue athabaska, da un altro esiste una distinta serie di riflessi identici a questi tranne che nell’estinto kwalhioqua-tlatskanai e nelle lingue athabaska della costa del pacifico, in particolar modo quelle californiane, dove il riflesso è labiale. Il fonema alla base della seconda serie di riflessi, che risulta chiaramente contrastare con /w/, viene indicato dagli autori come /ɲ2 /e nella ricostruzione essi ne

propongono due possibili interpretazioni. La prima è che esso potesse essere identificato con /m/, ipotesi che tuttavia non troverebbe conferma principalmente per il fatto che nella maggior parte delle lingue il fonema si sia fuso con /ɲ/ e ulteriormente poi con /n/. Proprio per tale ragione appare di maggior fondamento la seconda interpretazione del fonema /ɲ2/ come /ɲʷ/. Esso si sarebbe quindi

fuso con /ɲ/ nella maggior parte delle lingue athabaska, trasformandosi poi solo successivamente in /n/.

Per quanto riguarda la posizione finale, gli autori (cfr. Krauss & Leer 1981, pp. 65-73) individuano una serie di radici costituite da consonante + schwa + sonorante nasale, in cui è possibile ritenere che la sonorante in questione sia proprio /m/. Le due forme per cui si trovano le maggiori attestazioni sono səm ‘stella’ e dəm ‘mosca’. Interessante è che nei riflessi nelle varie lingue athabaska, un fenomeno di labializzazione si presenta con notevole alternanza in uno solo alla volta dei tre fonemi da cui sono composte, quando non è addirittura del tutto assente. Significativo risulta anche il fatto che quando essi sono contemporaneamente presenti in una stessa lingua, il fenomeno non si presenti mai nella medesima posizione. Gli autori propongono pertanto due diverse ipotesi. La prima sarebbe la presenza anche in tal caso di /ɲʷ/, almeno in uno dei due nomi, sebbene la considerino essi stessi meno probabile. La seconda sarebbe invece l’attribuzione del fenomeno di labializzazione unicamente alla vocale, eliminando così la presenza di una nasale labiale in entrambi i casi. Il fonema in questione verrebbe a tal punto sostituito nelle due forme da /n/ e /ɲ/. Esistono poi altre forme attestate, costituite da consonante + schwa + bilabiale nasale in molte lingue discendenti che Krauss & Leer reputano con maggiore probabilità risultanti da un processo di produzione proprio del ceppo athabaska, dato che esse sono costituite prevalentemente da onomatopee, diminutivi, vezzeggiativi o espressioni simili. Tuttavia è possibile riscontrare un fenomeno di labializzazione anche in radici la cui vocale non sia necessariamente schwa, a proposito delle quali gli autori ritengono plausibile una ricostruzione del fonema /ɲ2/. Se tali casi

risultano molto limitati all’interno del ceppo athabaska, diversa è la situazione per quanto riguarda il proto-eyak-athabaska, essendo riscontrabili corrispondenze anche con radici dell’eyak.

Ad ogni modo, riferendosi alla contrastività riscontrata in principio di sillaba fra /w̃/ e /ɲ2/, nonché

a quella fra /ȷ̃/ e /ɲ/, gli autori concludono inserendo /m/ e /ɲ/ nell’inventario fonemico della proto- lingua a discapito di /w̃/ e /ȷ̃/, considerati a questo punto soltanto allofoni di /w/ e /j/ in posizione iniziale e di /m/ e /ɲ/ in posizione finale (cfr. Krauss & Leer 1981, pp. 119-22) La problematica riguardante la fusione di /m/ con /ɲ/ diverrebbe relativa se si caratterizza il primo fonema con i tratti nasale, occlusivo, non coronale e arrotondato ed il secondo con i tratti nasale, occlusivo, non coronale e non arrotondato. Tanto l’interpretazione di /ɲ2/ come /ɲʷ/ quanto come /m/

prevederebbero solamente l’eliminazione di un tratto perché avvenga la fusione dei due fonemi sopracitati.

Degna di essere citata si rivela la proposta di Story (cfr. Story 1984, pp. 8-10), che nella sua analisi sul carrier postula altre origini per la presenza delle bilabiali in questa lingua. Secondo l’autore infatti l’occlusiva bilabiale sorda, oltre a costituire il regolare riflesso di /w/, lo è probabilmente anche di /g/ quando essa si trova dopo una vocale derivata da /ʊ/. Questa stessa mutazione consonantica, passata prima attraverso il cluster occlusiva glottidale + bilabiale nasale, sarebbe invece una delle ipotesi suggerite riguardo alla presenza della bilabiale nasale, che risulta comunque

più rara dell’occlusiva. Il processo in questione sarebbe quindi g > ?m > m. Una seconda ipotesi è che /m/ sia il riflesso dell’approssimante labio-velare nasalizzata, reputata quindi anche da questo autore un probabile fonema della proto-lingua. Una terza ipotesi,infine, è che il riflesso di /w/ non sia limitato a /p/ ma che vi sia un’alternanza con /w̃/ e /m/, considerata probabile, vista anche la minor presenza di tale bilabiale.

Due ipotesi alternative alla presenza di /w̃/ o /m/ nella proto-lingua sono state formulate da Sapir e Hoijer, come descritto da Krauss & Leer (cfr. Krauss & Leer 1981, p. 11), ma non hanno trovato seguito nelle opere degli altri autori. Sapir (1936) postula l’esistenza della fricativa bilabiale mentre Hoijer (1938, 1960) ipotizza la presenza dell’occlusiva bilabiale.

Riassumendo, se da un lato la presenza delle bilabiali nelle lingue athabaska odierne è da attribuire principalmente alla trasformazione dell’approssimante labio-velare, una loro assenza come fenomeno primario sembra essere smentita dalla presenza della bilabiale nasale, andata incontro, così come la palatale, alla fusione con l’alveolare nella maggioranza dei casi. In talune lingue si è ulteriormente verificata una perdita della nasalizzazione, dando quindi come riflesso un’occlusiva alveolare. Soltanto nell’hupa la presenza della /m/ potrebbe essere anche interpretata come un riflesso diretto, oltre naturalmente a quello di /w/ (cfr. Krauss & Leer 1981, p. 77).

5.5.3 Proto-eyak-athabaska-tlingit

5.5.3.1 Ricostruzione del sistema fonologico

Riporto infine l’inventario fonemico dell’antecedente comune dell’intera famiglia, il proto-eyak- athabaska-tlingit secondo Leer (cfr. Leer 2008 in Nikolaev 2014, p. 106 e Leer 2008, pp.1-2)

Nel documento Lingue senza consonanti bilabiali (pagine 179-183)

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