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Il sistema di trigger

3.6

Il sistema di trigger

La scopo principale del trigger è la selezione di eventi interessanti con una buona efficienza e la reiezione di eventi di fondo, mantenendo la frequenza totale degli eventi ad un livello gestibile.

Il trigger è implementato con una gerarchia a due livelli: il Livello 1 (L1 ), di tipo hardware, seguito dal Livello 3 (L3 ), di tipo software.

Il trigger L1 è stato progettato in modo da avere una frequenza in uscita di circa 1 KHz. I segnali di trigger sono prodotti con un tempo di latenza fisso di 11-12 µs dopo le collisioni e+e

e sono inviati al Fast Control and Timing System (FCTS ).

Il trigger L1 si basa sulle tracce cariche nella DCH aventi un impulso tra- sverso sopra una certa soglia, sugli sciami nell’EMC e sulle tracce rivelate nell’IFR. I dati sono elaborati da tre processori hardware specializzati. Il trigger della camera a deriva (DCT ) ed il trigger del calorimetro elettroma- gnetico (EMT ) hanno entrambi alta efficienza, fornendo delle informazioni ridondanti che consentono di poter fare degli studi di efficienza.

Il trigger dell’IFR (IFT ) è usato per identificare gli eventi µ+µed i raggi

cosmici, ed è utilizzato principalmente per la diagnostica.

Il livello L3 prende in ingresso l’uscita di L1, esegue una seconda fase di riduzione della frequenza per gli eventi fisici interessanti ed identifica delle categorie speciali di eventi utilizzati per determinare la luminosità e per la diagnostica e la calibrazione. La frequenza in uscita da L3 è di circa 250 Hz. Molti eventi che passano la selezione L1 e sono rigettati nella selezione L3, sono dovuti a particelle cariche di fondo che sono prodotte nell’interazione col materiale vicino al punto di interazione (IP ).

Il trigger L3 combina le tracce che passano il DCT ed i cluster che passano l’EMT con tutte le informazioni disponibili nel DCH e nell’EMC. L’algo- ritmo L3 DCH ricostruisce le tracce ed i depositi di energia a partire dai segnali sui rivelatori e fa il fit delle tracce che passano L1 utilizzando una funzione ad elica; inoltre determina la coordinataz di massimo avvicinamen- to dell’elica alla linea dei fasci, consentendo di rigettare il fondo menzionato precedentemente.

L’algoritmo L3 EMC identifica i cluster energetici con una sensibilità mag- giore di L1 e filtra gli eventi con grandi depositi energetici ed alta molteplicità di cluster.

La selezione in uscita dai filtri DCH L3 e EMC L3 è dominata dagli eventi Bhabha, che sono per la maggior parte scartati, acquisendone peró una pic- cola frazione per la calibrazione, per la misura immediata della luminosità e per altre misure e controlli dopo la ricostruzione.

Capitolo 4

L’analisi multivariata

L’analisi multivariata (MVA) consente di sfruttare le correlazioni tra di- verse variabili per separare diverse popolazioni o classi (denominate come segnale (S) e fondo (B)) in un dato campione di eventi [31].

L’ingresso della MVA è costituito da un campione per l’addestramento e da un insieme di variabili discriminanti. Il campione per l’addestramento è un campione di eventi in cui il segnale (S) ed il fondo (B) sono già separati; questo campione viene usato dalla MVA, nella fase di addestramento, per imparare a discriminare tra le due popolazioni.

Dopo aver terminato l’addestramento, la MVA divide lo spazio n-dimensionale delle variabili tramite una decision boundary in una regione S e in una B, in modo da massimizzare la separazione tra queste due classi.

Un limite di questo tipo di analisi è l’eccesso di addestramento: il tasso di errore di classificazione può essere molto basso sul campione di addestramen- to, ma potrebbe essere molto più alto su un campione di dati indipendente. Questo succede se la decision boundary tende a conformarsi troppo ai dati dell’addestramento; è importante, dunque, calcolare il tasso di errore e il ren- dimento della classificazione su un campione statisticamente indipendente, detto campione di verifica.

4.1

L’algoritmo di classificazione

Nel caso in cui il segnale cercato sia sovrastato da processi di fondo con delle caratteristiche simili al segnale, le tecniche usate comunemente per clas- sificare gli eventi di segnale e di fondo sono fortemente limitate. In questi casi la MVA offre la possibilità di sfruttare le informazioni ricavate dalle os- servabili in modo efficiente.

L’algoritmo di classificazione effettua una trasformazione da uno spazio del-

4.1 L’algoritmo di classificazione 31

le fasi n-dimensionale delle n variabili in ingresso ad uno spazio unidimen- sionale; in seguito viene effettuata un’ulteriore trasformazione dallo spazio unidimensionale alle classi di segnale S e fondo B:

Rn

→ R →Csegn, Cfondo



L’algoritmo di classificazione ricava dalle variabili di ingresso un classifica- tore (y), che assume valori all’interno di in intervallo chiuso nello spazio unidimensionale: y è vicino all’estremo destro dell’intervallo per eventi che corrispondono al segnale, mentre è vicino all’estremo sinistro per eventi che corrispondono al fondo. La divisione in classi tra segnale e rumore viene effettuata definendo tutti gli eventi che hanno un classificatorey > ycut come

segnale, gli altri come fondo. Inoltre, per ogni valore di ycut viene calcolata

l’efficienza di segnale (segn), la purezza e la reiezione di fondo (1− fondo).

Figura 4.1: la ROC curve mostra la relazione tra l’efficienza di segnale (segn) e la reiezione del fondo (1− fondo). Immagine presa da [31]

Per valutare il rendimento della MVA si considera la Receiver Operating Cha- racteristics (ROC) curve: tanto maggiore è l’area sotto la curva, tanto miglio- re è la separazione tra segnale e fondo raggiunta dal metodo corrispondente alla curva (fig. 4.1).

Il punto della ROC curve che viene scelto come punto di lavoro dipende dal tipo di analisi svolta. Per una selezione a livello di trigger deve essere scelta un’alta efficienza per evitare che gli eventi di segnale vengano scartati trop- po presto nell’analisi. Se lo studio riguarda la ricerca di segnale, il punto

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