• Non ci sono risultati.

Misura del decadimento tau -> pi nu gamma in BaBar

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Misura del decadimento tau -> pi nu gamma in BaBar"

Copied!
82
0
0

Testo completo

(1)

Universit`

a degli Studi di Pisa

FACOLT `A DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI Corso di Laurea Magistrale in Scienze Fisiche

Tesi di Laurea Magistrale

Studio del decadimento τ

→ πνγ in BaBar

Candidato:

Antonio De Maria

Relatore:

Prof. Marcello Giorgi

(2)

Indice

Introduzione 3

1 La fisica del τ alle B-Factories 5

2 Il decadimento τ → πνγ 10

2.1 La larghezza di decadimento . . . 10

2.2 L’elemento di matrice . . . 12

2.2.1 Parametrizzazione di FA(t) e FV(t) . . . 14

2.3 Valori attesi per la frazione di decadimento . . . 15

3 L’esperimento BaBar 17 3.1 La B Factory PEP-II . . . 19

3.1.1 Parametri di macchina . . . 19

3.1.2 Eventi di fondo dall’acceleratore . . . 21

3.2 Il sistema di tracciatura . . . 21

3.2.1 Il tracciatore di vertice al silicio (SVT ) . . . 22

3.2.2 La camera a deriva (DCH ) . . . 23

3.3 Il rivelatore di luce Cherenkov (DIRC ) . . . 24

3.4 Il calorimetro elettromagnetico (EMC ) . . . 26

3.5 L’instrumented flux return (IFR) . . . 27

3.6 Il sistema di trigger . . . 29

4 L’analisi multivariata 30 4.1 L’algoritmo di classificazione . . . 30

4.2 Boosted Decision Tree (BDT ) . . . 32

5 Identificazione e ricostruzione delle particelle nel rivelatore 35 5.1 Tracciatura . . . 35

5.2 Cluster neutri . . . 37

5.3 Identificazione delle particelle (PID) . . . 38

5.3.1 Perdita di energia per ionizzazione . . . 39

(3)

Indice 2

5.3.2 Angolo Cherenkov . . . 39

5.3.3 Energia depositata nel calorimetro . . . 40

5.3.4 Forma dello sciame . . . 40

5.3.5 Energia depositata nell’ IFR . . . 41

5.4 Algoritmi di identificazione . . . 41

6 Preselezione degli eventi 47 6.1 Caratteristiche degli eventi e+e− → τ+τ. . . . 47

6.1.1 Topologia dell’evento . . . 48

6.1.2 Conservazione della carica . . . 48

6.1.3 Massa Mancante . . . 49

6.1.4 Acoplanaritá . . . 50

6.1.5 Reiezione degli eventi e+e→ e+ef+f. . . . 50

6.2 Simulazione dei fondi . . . 51

6.3 Selezione degli eventi e+e→ τ+τ. . . . 51

6.3.1 Skim . . . 51

6.3.2 Tagli sulla topologia e sulla cinematica dell’evento . . . 54

6.4 Selezione degli eventi τ → πνγ, τ → lν ¯ν . . . 55

6.4.1 Sequenza di riconoscimento delle tracce . . . 55

6.4.2 Tag del leptone . . . 57

6.4.3 Risultati . . . 57

6.5 Tagli cinematici sul campione selezionato . . . 58

6.6 Analisi dei fondi . . . 59

7 Applicazione dell’analisi multivariata 63 7.1 Variabili utilizzate nell’analisi . . . 63

7.2 Risultati sul campione di controllo . . . 65

7.3 Risultati sul campione MC e dati . . . 67

8 Errore sistematico 71 8.1 Efficienza di selezione del segnale . . . 71

8.2 Valutazione del fondo . . . 73

8.3 Luminosità e sezione d’urto . . . 75

8.4 Calcolo dell’errore sistematico . . . 75

9 Conclusione 77

(4)

Introduzione

Questa tesi presenta la misura della frazione di decadimento del leptone τ nel canale τ → πνγ, ottenuta dall’analisi dei dati dell’esperimento BaBar. I risultati sono stati ricavati da un campione di eventi raccolti con una lumi-nositá integrata di 431.07 fb−1 all’energia nel centro di massa delle collisioni e+edi10.58 GeV, corrispondente alla massa della risonanza Υ(4S).

L’esperimento BaBar ha preso dati presso lo Stanford Linear Accelerator Center (SLAC) dall’Ottobre 1999 all’Aprile 2008. Obiettivo principale del-l’esperimento era lo studio della violazione della simmetria CP nel decadi-mento dei mesoni B; altri obiettivi erano costituiti dalle misure di precisione dei decadimenti dei mesoni bottom e charm e del leptone τ .

L’alta statistica di dati disponibile, prodotta con 531.43 fb−1 (che corrispon-de a circa 488 milioni di eventi τ+τe circa lo stesso numero di coppie b¯b,

c¯c), ha consentito lo studio approfondito di osservabili nell’ambito del Model-lo Standard, la teoria che descrive tre delle quattro interazioni fondamentali (l’interazione forte, debole ed elettromagnetica). In particolare uno dei cam-pi di ricerca della fisica del τ riguarda lo studio dei decadimenti adronici, che si sono rivelati un ottimo laboratorio per capire gli effetti dell’interazione forte a basse energie.

Questa tesi è divisa in due parti.

La prima parte si concentra su un’introduzione generale alla fisica del τ (cap. 1) e sul decadimento oggetto della misura (cap. 2). Il cap. 3 descrive il col-lisore PEP II ed i vari sotto-rivelatori che compongono il rivelatore BaBar e le loro prestazioni. Infine, nel cap. 4, è stata fatta una trattazione generale di alcuni metodi implementati nella Toolkit for MultiVariate Data Analysis (TMVA), il framework basato su ROOT che consente di utilizzare diversi metodi di analisi-multivariata per la separazione segnale/rumore.

Nella seconda parte sono presentate le varie fasi dell’analisi. Nel cap. 5 ven-gono trattate la ricostruzione e gli algoritmi di identificazione delle particelle nel rivelatore utilizzando le tracce cariche, i cluster calorimetrici e le infor-mazioni fornite dal sistema di rivelazione di muoni (instrumented flux return, IFR). Nei capitoli successivi (cap. 6-7), dopo aver riassunto le caratteristiche

(5)

Indice 4

generali degli eventi e+e

→ τ+τ, sono presentati i campioni MonteCarlo

e i dati utilizzati nell’analisi; inoltre vengono descritte le varie procedure di selezione dei campioni ed i fondi principali da discriminare rispetto al segna-le. Infine, nel cap. 8, sono state discusse le varie fonti di errore sistematico sulla misura.

Nel capitolo conclusivo sono stati riassunti i risultati principali dei capitoli precedenti ed è stato calcolato il rapporto di decadimento B(τ → πνγ).

(6)

Capitolo 1

La fisica del

τ alle B-Factories

Il leptone τ fa parte della terza generazione dei leptoni; ha una massa mτ ' 1.8 GeV, ovvero circa 2 volte la massa del protone, ed una vita

me-dia ττ ' 0.29 ps. È, quindi, una particella fortemente instabile e decade

principalmente in due modi:

• decadimento con una sola traccia di particella carica nello stato finale (1-prong), in cui ilτ decade in un leptone differente, producendo inoltre un neutrino tauonico (ντ) ed un neutrino corrispondente al leptone in

cui decade (νl), oppure in cui il decadimento include unντ ed un sistema

adronico con una sola particella carica: B(τ−

→ h−

ντ) +B(τ− → l−ν¯lντ)' 85%

• decadimento con tre tracce di particelle cariche nello stato finale, tipi-camente tre pioni carichi π± ed un numero variabile di pioni neutri π0

(3-prong):

B(τ−

→ h−h+h

ντ)' 9.8%

La scoperta del leptoneτ è avvenuta nel 1974 utilizzando il rivelatore Mark I al collisore elettrone-positrone SPEAR allo Stanford Linear Accelerator Cen-ter (SLAC). Gli eventi analizzati erano e+e→ e±µ+ energia mancante,

ad un’energia nel centro di massa nell’intervallo 3 GeV√s ≤ 7.8 GeV. Dalla sua scoperta, le proprietà di questo leptone sono state studiate utiliz-zando principalmente il processo e+e→ τ+τcome sorgente di τ .

BaBar e Belle sono due esperimenti che studiano i prodotti dovuti alla colli-sione di e+ead un’energia del centro di massas = 10.58 GeV, uguale alla

massa della risonanza Υ(4S).

Nonostante siano comunemente associati alla fisica del mesone B, data l’al-ta produzione di mesoni B dal decadimento della Υ(4S), i due esperimenti

(7)

6

hanno anche collezionato grandi campioni di τ . Infatti la sezione d’urto di produzione di una coppia di τ , στ τ = 0.919± 0.003 nb, è di poco inferiore a

quella di produzione di coppie b¯b, σb¯b ' 1.05 nb.

Gli eventi τ+τ

prodotti all’energia dellaΥ(4S) hanno una topologia carat-teristica: i prodotti di decadimento dei due τ sono spazialmente ben separati fra loro e dividendo lo spazio in due emisferi rispetto all’asse di thrust dell’e-vento, i prodotti di decadimento di un τ sono contenuti in un unico emisfero. Gli eventi di fondo sono principalmente dovuti alla diffuzione Bhabha, alla produzione di coppie di µ e agli eventi con produzione di q ¯q.

Attualmente la statistica disponibile, considerando entrambi gli esperimenti, è prodotta con circa 1550 fb−1, dei quali 531.43 fb−1 (corrispondenti a circa 488 milioni di eventi τ+τ) sono forniti da BaBar.

La grande statistica disponibile consente uno studio approfondito di osserva-bili nell’ambito del Modello Standard, la teoria che descrive tre delle quattro interazioni fondamentali (l’interazione forte, debole ed elettromagnetica). Di seguito sono riportati alcuni dei campi di ricerca sulla fisica del τ e relativi risultati:

• misura della massa del τ (mτ). Misure di alta precisione di mτ sono

necessarie per il confronto tra esperimento e teoria delle misure del-le frazioni di decadimento (branching ratios, B) del τ in vari canali; inoltre le misure di mτ+ e mτ− consentono di verificare la validità del

teorema CPT. L’invarianza di CPT è una simmetria fondamentale di una teoria quantistica relativistica locale come il Modello Standard e la sua violazione sarebbe un’evidenza della non validitá di almeno una delle ipotesi fondamentali di tale teoria, come l’invarianza per trasfor-mazioni di Lorentz.

Attualmente la media mondiale delle misure della massa del τ è mτ =

1776.77± 0.15 MeV [1]; per la differenza di massa, combinando i ri-sultati di Belle e BaBar, si ha |mτ+ − mτ−|/mAV G

τ < 3· 10

−4 [2], che

migliora di un ordine di grandezza il risultato precedente di OPAL [3]; • universalità dell’accoppiamento debole carico tra τ −µ. L’universalitá si studia calcolando la quantitá(gτ/gµ), dove gτ,gµsono, rispettivamente,

il momento magnetico del τ e del muone.

Considerando il settore adronico ed utilizzando i dati del HFAG-Tau e del PDG si ha [4]:  gτ gµ  π = 0.9956± 0.0031  gτ gµ  K = 0.9853± 0.0072

(8)

7

Mediando questi valori con quello ricavato considerando solo i decadi-menti leptonici  gτ gµ  τ = 1.0006± 0.0021 si ricava  gτ gµ  τ +π+K = 0.9996± 0.0020

che è un valore consistente con le predizioni del Modello Standard; • ricerca di decadimenti LFV (Lepton Flavour Violation). Questi

de-cadimenti possono essere classificati in τ±

→ l±γ, τ± → l± 1l + 2l − 3 e τ±

→ l±h0, dove l è un leptone e h0 rappresenta un sistema

adro-nico neutro. I limiti superiori per i decadimenti puramente leptonici sono riportati nella tab. 1.1; i risultati per i decadimenti semileptonici sono riportati in tab. 1.2.

canale Belle BaBar

B (10−8) B (10−8) τ → µγ 4.5 4.4 τ → eγ 12 3.3 τ±→ µ±e+e1.8 2.2 τ± → µ±µ+µ− 2.1 3.3 τ± → e±µ+µ2.7 3.2 τ±→ e±e+e2.7 2.9 τ± → e±µ+e− 1.5 1.8 τ± → µ±e+µ1.7 2.6

Tabella 1.1: Limiti superiore al 90% di C.L. per B(τ → lγ) e B(τ → l1l2l3). I

risultati ottenuti da Belle sono stati ricavati con un campione Nτ τ = 492· 106 per

τ → lγ e Nτ τ = 719· 106 per τ → l1l2l3 ([8], [9]). I risultati ottenuti da Babar sono

stati ricavati con un campione Nτ τ = 482· 106 per τ → lγ e N

τ τ = 431· 106 per

τ → l1l2l3 ([10], [11]).

• studio dei decadimenti adronici del τ. I decadimenti adronici del τ si sono rivelati un ottimo laboratorio per capire gli effetti dell’interazione forte a basse energie [16]. Il τ è l’unico leptone con massa sufficiente a decadere in adroni; l’ampiezza di decadimento per il processo τ−

→ ντh− M (τ− → ντh−) = GF √ 2H µ h ¯ντγµ(1− γ5)τ 

(9)

8

canale l = e B (10−8) l = µ B (10−8)

Belle BaBar Belle BaBar

τ → lπ0 2.2 13 2.7 11 τ → lη 4.4 16 2.3 15 τ → lη3.6 24 3.8 14 τ → lK0 S 2.6 3.3 2.3 4.0 τ → lφ 3.1 3.1 8.4 19 τ → lρ0 1.8 4.6 1.2 2.6 τ → lω 4.8 11 4.7 10 τ → lK∗0 3.2 5.9 7.2 17.0 τ → l ¯K∗0 3.4 4.6 7.0 7.3

Tabella 1.2: Limiti superiore al 90% di C.L. per B(τ → lh0) dove l = µ, e e h0

può essere un mesone pseudoscalare (metà superiore) o un mesone vettoriale (metà inferiore). ([12] -[15]).

consente di studiare l’elemento di matrice della corrente carica left-handed tra il vuoto e lo stato finale adronico h−

Hhµ ≡ hh− |V∗ uddγ¯ µ (1− γ5)u + Vus∗sγ¯ µ (1− γ5)u|0i

Considerando i decadimenti a bassa molteplicità come τ−

→ ντπ− e

τ−→ ν

τK−, gli elementi di matrice adronici sono noti dai decadimenti

misurati π− → µ−ν¯ µ eK−→ µ−ν¯µ: hπ−| ¯dγµu |0i = −ifπpµπ hK − |¯sγµu |0i = −ifKpµK

dove fπ = (130.4± 0.2) MeV e fK = (156.1± 0.8) MeV sono dette

costanti di decadimento pionica e kaonica [17]. Le ampiezze di decadi-mento corrispondenti possono essere calcolate con buona accuratezza, grazie a simulazioni numeriche di QCD su lattice, e le predizioni sono in buon accordo con i valori misurati.

I modi di decadimento ad alta molteplicità invece hanno una dinamica più complessa e sono utili per studiare l’adronizzazione non-perturbativa delle correnti di QCD. In tab. 1.3 sono riportate alcune frazioni di decadimento misurate da BaBar e Belle.

(10)

9 canale B τ− → π−π0ν τ (25.24± 0.01 ± 0.39)% τ−→ Kπ0ν τ (0.416± 0.003 ± 0.18)% τ− → π−K0π0ν τ (0.342± 0.006 ± 0.015)% τ− → K−K0π0ν τ (0.148± 0.002 ± 0.008)% τ− → πφν τ (3.42± 0.55 ± 0.25) · 10−5 τ− → K−φν τ (3.39± 0.20 ± 0.28) · 10−5 τ− → K−ην τ (1.42± 0.11 ± 0.07) · 10−4 τ− → πK SKSντ (2.31± 0.04 ± 0.08) · 10−4

Tabella 1.3: frazioni di decadimento di alcuni decadimenti adronici del τ misurati da Babar e Belle [18]-[22].

(11)

Capitolo 2

Il decadimento

τ

→ πνγ

Il decadimento τ → πνγ può essere legato per simmetria di scambio al decadimento radiativo del pione, π → lνγ dove l = e, µ [23]. Il momento quadrato trasferito tra il leptone ed il sistema fotone-pione, t, può assumere qualunque valore nell’intervallom2

π < t < m2τ. Diverse risonanze, che possono

contribuire solo come piccole correzioni virtuali nel decadimento del pione, possono essere prodotte come particelle reali e quindi bisogna considerare il loro contributo.

L’elemento di matrice per il processoτ → πνγ può essere diviso nella parte di internal bremsstrahlung, nella quale si considera il pione come una particella puntiforme ed è completamente descritta dalla QED, e la parte structure dependent, che è governata dagli effetti dell’interazione forte ed è descritta da due fattori di forma, FV(t) e FA(t).

2.1

La larghezza di decadimento

Consideriamo il decadimento di unτ−:

τ−(sµ)→ π−

(pµ)γ(kµ)ντ(qµ)

dovesµ,pµ,kµ, qµ sono i quadrimpulsi delle particelle. La larghezza di

deca-dimento differenziale per un τ non polarizzato può essere scritta in funzione di due scalari di Lorentz, x e y:

x = 2s µ· k µ m2 τ y = 2s µ· p µ m2 τ

Nel riferimento in cui ilτ è fermo, x e y sono le energie del fotone e del pione, Eγ e Eπ, espresse in unità di mτ/2: Eγ = mτ 2 x Eπ = mτ 2 y 10

(12)

2.1 La larghezza di decadimento 11

I limiti cinematici per x e y sono dati da: 0≤ x ≤ 1 − r2 1− x + r 2 1− x ≤ y ≤ 1 + r 2 dove r2 = (m

π/mτ)2. La larghezza di decadimento per un τ non polarizzato

che decade in |πνγ > è dato dall’eq. 2.1: dΓ(τ → πνγ) = 1 512π5E τ δ4(k + p + q − s)|M|2d 3p d3q d3k EγEπEν (2.1) dove la barra sull’elemento di matrice indica la somma sulla polarizzazione del fotone e sullo spin del neutrino e la media sullo spin del τ . Scegliendo il riferimento in cui il τ è fermo, integrando sullo spin del neutrino e sugli angoli rimanenti e introducendo le variabili adimensionali x e y si arriva a:

d2Γ

dxdy = mτ

256π3|M|

2 (2.2)

Integrando l’eq. 2.2 su y si può ricavare lo spettro di energia del fotone: dΓ dx = Z 1+r2 1−x+1−xr2 d2Γ dxdy dy

A causa della divergenza infrarossa nella parte di internal bremsstrahlung, è necessario introdurre un taglio sull’energia minima del fotone, imponendo la condizione x≥ x0. Quindi la larghezza di decadimento sarà data da:

Γ(x0) =

Z 1−r2

x0

dΓ dxdx

e dipende dal taglio imposto sull’energia del fotone (E0 = (mτ/2)x0).

Oltre alla coppia di invarianti (x, y), possiamo considerare anche la coppia di invarianti (x, z) dove z = t/m2

τ = x + y− 1.

I limiti cinematici per la coppia (x, z) sono dati da: z− r2

≤ x ≤ 1 − r2

/z r2 ≤ z ≤ 1

Integrando l’eq. 2.2 su x, possiamo ricavare lo spettro in z, cioè lo spettro di massa invariante del sistema pione-fotone:

dΓ dz(z) = Z 1−r2z z−r2 dx d 2Γ dxdy(x, y = z− x + 1)

(13)

2.2 L’elemento di matrice 12

La larghezza di decadimento nell’intervallo tmin < t < tmax (→ zmin ≤ z ≤

zmax) sarà data da

Γ(zmin < z < zmax) =

Z zmax

zmin

dzdΓ dz(z)

dove il taglio in t agisce sia da taglio sulla divergenza infrarossa che da taglio sui fotoni collineari al pione.

2.2

L’elemento di matrice

In analogia con il decadimento radiativo del pione, l’elemento di matri-ce per il decadimento τ → πνγ può essere scritto come somma di quattro contributi:

M [τ (sµ)→ π(pµ

)ν(qµ)γ(kµ)] = MIBτ + MIBπ+ MV+ MA

I quattro termini corrispondono a:

• MIBτ è il bremsstrahlung dal τ , fig. 2.1(a):

MIBτ =−GFcos θCefπpµν(k)L

µν

• MIBπ è la somma del bremsstrahlung dal π e del seagull, fig. 2.1(b,c):

MIBπ = GFcos θCefπ ν(k) 2pν(k + p)µ m2 π − t − gµν  Lµ

• MVè il contributo vettoriale della parte structure dependent, fig. 2.1(d):

MV= GFcos θCe √ 2 FV(t) mπ iµνρσν(k)kρpσLµ

• MA è il contributo assiale della parte structure dependent, fig. 2.1(e):

MA=− GFcos θCe √ 2 FA(t) mπ ν(k)[pνkµ− (p · k)gµν]Lµ

dove GF è la costante di Fermi, θC è l’angolo di Cabibbo, e è la carica

dell’elettone ed ν è il vettore di polarizzazione del fotone. Infine Lµ ed Lµν

sono la corrente ed il tensore leptonico, definiti come: Lµ= ¯u(q)γµγ

(14)

2.2 L’elemento di matrice 13 Lµν = ¯u(q)γµγ − k/− s/ − mτ (k− s)2− m2 τ γνu(s)

dove γ± = γ1± iγ2 con

γ1 =     0 0 0 −1 0 0 −1 0 0 1 0 0 1 0 0 0     γ2 =     0 0 0 i 0 0 −i 0 0 −i 0 0 i 0 0 0     matrici di Dirac.

Figura 2.1: diagrammi di Feymann per τ → πνγ. Immagine presa da [23].

I due contributi MIBτ e MIBπ non sono invarianti di gauge se considerati

(15)

2.2 L’elemento di matrice 14 gauge MIB = GFcos θCefπmτu(q)γ¯ +  p·  p· k + k// 2s· k − s·  s· k  u(s)

così come MVeMA. Inoltre si può definire l’elemento di matrice per la parte

structure dependent MSD= MV+ MA: MSD = GFcos θCe √ 2  iµνρσLµνkρpσ FV(t) mπ + ¯u(q)γ+[(p·k)/−(·p)k/]u(s) FA(t) mπ 

Quest’ultima contiene i due fattori di formaFV(t) e FA(t). I fattori di forma

assiale e vettoriale corrispondono, rispettivamente, alle proiezioni JP = 1+ e

JP = 1

del bosone W ; dunque per calcolare la larghezza di decadimento, dobbiamo parametrizzare i fattori di forma FV(t) e FA(t) [24].

2.2.1

Parametrizzazione di

F

A

(t) e F

V

(t)

Si assumono i seguenti valori dei fattori di forma pert = 0: FV(0) =

4√2π2f π

= 0.0270 FA(0) = 0.0161± 0.0016

dove il valore di FV(0) si ottiene dall’anomalia assiale [25], mentre FA(0) è

stato misurato nel decadimento radiativo del pione π → eνeγ. Ricordiamo

che nel decadimento studiato m2

π < t < m2τ. Dunque bisogna parametrizzare

la dipendenza da t dei fattori di forma; per far questo si assume la meson dominance sia per la parte assiale che per la parte vettoriale.

Nel caso del fattore di forma assiale, si ha una sola risonanza con i numeri quantici corretti, la a1(1260). Quindi si assume che:

FA(t) = FA(0)· BWa1(t)

dove nel termine di risonanza Breit-Wigner normalizzato: BWa1(t) =

m2 a1

m2

a1 − t − ima1Γa1(t)

si utilizza un’ampiezza Γa1(t) dipendente dall’energia, come calcolato dallo

spazio delle fasi nei decadimenti a1 → 3π e a1 → ρπ.

Nel caso del fattore di forma vettoriale, si hanno tre risonanze con i numeri quantici corretti nell’intervallo di massa consentito dal τ , ρ = ρ(770), ρ0 = ρ(1450) e ρ00 = ρ(1700); quindi in questo caso si ha:

FV(t) =

FV(0)

1 + λ + µ BWρ(t) + λBWρ0(t) + µBWρ00(t) 

(16)

2.3 Valori attesi per la frazione di decadimento 15

dove i due parametriλ e µ determinano il peso dei contributi delle risonanze a massa maggiore.

Sapendo che FV(t) è legato al fattore di forma Fπγγ∗(t), che determina

l’ac-coppiamento π0γγ

, tramite la CVC (conserved vector current ), è possibile determinare quattro condizioni per i due parametri:

• il limite di Fπγγ∗ per grandi t negativi è predetto dalla QCD

perturba-tiva:

lim

t→−∞tFπγγ

∗(t) = 2fπ

• l’andamento di Fπγγ∗(t) a t = 0 è stato misurato nel processo π0 →

e+eγ;

• il valore FV(m2ρ) è legato all’ampiezza di decadimento Γ(ρ→ πγ), che

è stato misurata;

• il valore FV(m2ρ0) è legato a Γ(ρ 0

→ πγ), che non è stata misurata ma che è a sua volta legata dalla meson dominance all’ampiezza misurata Γ(ρ0 → πw).

I valori dei parametri

λ = 0.136 µ =−0.051

soddisfano le quattro condizioni precedentemente elencate.

2.3

Valori attesi per la frazione di decadimento

Dopo aver parametrizzato i fattori di forma, è possibile calcolare la lar-ghezza di decadimento [26]. Il modulo quadro dell’elemento di matrice sarà dato da:

|M|2 =|M

IB|2 + 2Re(MIBMSD∗ ) +|MSD|2

Avendo scomposto il modulo quadro dell’elemento di matrice nella somma di vari contributi, possiamo scrivere la larghezza totale di decadimento come:

ΓTotal = ΓIB+ Γint+ ΓSD

dove:

• ΓIB si calcola da |MIB|2;

• Γint = ΓIB−V + ΓIB−A, dove ΓIB−V ( ΓIB−A) si calcola dal termine di

interferenza tra la parte di internal bremsstrahlung e la parte structure dependent vettoriale (assiale);

(17)

2.3 Valori attesi per la frazione di decadimento 16

• ΓSD = ΓAA+ ΓVA+ ΓVV, dove ΓAA si calcola da |MA|2, ΓVV si calcola

da |MV|2, e ΓVA deriva dal termine di interfenza tra la parte assiale e

la parte vettoriale.

L’integrazione sulla parte di internal bremsstrahung necessita di un cut-off per la divergenza infrarossa, mentre integrando la parte structure dependent sull’intero spazio delle fasi, si ricava (in unità di larghezza del decadimento non radiativo, Γτ →πν ' 2.4 · 10−10 MeV):

ΓVV = 0.99· 10−3 ΓVA ' 0 ΓAA = 0.15· 10−3 ⇒ ΓSD= 1.14· 10−3

Le corrispondenti frazioni di decadimento sono:

BVV(τ → πντγ) = 1.05· 10−4 BAA(τ → πντγ) = 0.15· 10−4

Nella tab. 2.1 sono riportati i contributi della varie parti alla larghezza di decadimento totale, per diversi valori del cut-off sull’energia del fotone. Si nota che per un cut-off a bassa energia il maggior contributo alla larghezza di decadimento viene principalmente dall’internal bremsstrahlung, mentre per un cut-off ad energia più alta il contributo della parte structure dependent diventa relativamente non trascurabile.

x0 = 0.0565 x0 = 0.45 (Eγ = 50 MeV) (Eγ = 400 MeV) IB 13.09· 10−3 1.48 · 10−3 IB− V 0.02· 10−3 0.04 · 10−3 IB− A 0.34· 10−3 0.29· 10−3 V V 0.99· 10−3 0.73 · 10−3 V A ' 0 0.02· 10−3 AA 0.15· 10−3 0.14· 10−3 ALL 14.59· 10−3 2.70· 10−3

Tabella 2.1: contributo delle diverse parti alla larghezza totale (in unità diΓτ →πν)

considerando due diversi cut-off per l’energia del fotone: Eγ = 50 MeV (x0 =

0.0565) e Eγ = 400 MeV (x0 = 0.45). Tabella presa da [26]

Considerando la frazione del decadimento non radiativo riportata dal PDG B(τ → πν) = 10.91 · 10−2, ed i dati della tab. 2.1, la frazione di decadimento

attesa per il canale τ → πνγ è:

B(τ → πνγ) = 0.159 · 10−2

(18)

Capitolo 3

L’esperimento BaBar

L’esperimento BaBar ha preso dati a SLAC dall’Ottobre 1999 fino ad Aprile 2008. Obiettivo principale dell’esperimento era lo studio della vio-lazione della simmetria CP nel decadimento dei mesoni B. Altri obiettivi erano costituiti dalle misure di precisione dei decadimenti dei mesoni bottom e charm e del leptone τ , data l’alta luminosità della B Factory PEP II. PEP II è un collisore e+e

con un’energia nel centro di massa di 10.58 GeV, corrispondente alla massa della risonanza Υ(4S). Il fascio di elettroni nell’anello di accumulazione di alta energia (High Energy Ring, HER) ha un’energia di 9.0 GeV ed il fascio di positroni nell’anello di accumulazione di bassa energia (Low Energy Ring LER) ha un’energia di 3.1 GeV. Quindi la Υ(4S) viene prodotta con un boost di Lorentz βγ = 0.56, consentendo di ricostruire i vertici di decadimento dei due mesoni B.

Il rivelatore [27] è stato ottimizzato in modo da avere una buona risoluzio-ne risoluzio-nella misura dei vertici, sia in direziorisoluzio-ne parallela che ortogonale ai fasci, un’alta efficienza di ricostruzione per le particelle cariche, un’ottima risolu-zione in impulso ed un’efficiente identificarisolu-zione di elettroni e muoni, con una bassa probabilità di falsa identificazione per gli adroni.

Nella parte più interna del rivelatore si trovano il tracciatore di vertice al silicio (SVT ), seguito dalla camera a deriva (DCH ), il rivelatore di luce Cerenkov (DIRC ) ed il calorimetro elettromagnetico (EMC ). Tutti questi rivelatori sono circondati da un solenoide superconduttore che produce un campo magnetico di 1.5 T. Il ferro usato per il ritorno delle linee del campo magnetico è stato equipaggiato con dei rivelatori per i muoni e degli adroni neutri (IFR). In fig. 3.1 è riportato lo schema del rivelatore.

La simmetria del rivelatore è cilindrica nella zona interna ed esagonale nella zona più esterna: la parte centrale del rivelatore è detta barrel ed è chiusa sia nella arte anteriore che posteriore dagli end cap. L’intervallo di angolo polare coperto dal rivelatore va da 350 mrad, nella parte in avanti, a 400 mrad nella

(19)

18

Figura 3.1: schema della sezione longitudinale del rivelatore BaBar. Gli elettroni (9.0 GeV) entrano nel rivelatore dalla parte sinistra, i positroni (3.1 GeV) entrano dalla parte destra. I.P. indica il punto di interazione e CLindica il centro geometrico del rivelatore. I componenti più importanti sono dall’interno verso l’esterno -il tracciatore di vertice al s-ilicio, la camera a deriva, -il rivelatore Cherenkov, -il calorimetro elettromagnetico e l’instrumented flux return. I simboli Q1/2/4 e B1 indicano, rispettivamente, i quadrupoli ed i dipoli magnetici. Tutte le dimensioni sono riportate in mm. Immagine presa da [27]

zona posteriore (definite rispetto alla direzione del fascio di elettroni). Il sistema di coordinate di BaBar ha l’assez in direzione del boost (direzioneˆ del fascio di elettroni), l’asse y è in direzione verticale e ˆˆ x è l’asse orizzontale che punta verso la parte esterna degli anelli contenenti i fasci. Per mas-simizzare l’accettanza geometrica per il decadimento della Υ(4S), tutto il rivelatore è spostato, rispetto al punto di interazione dei fasci (IP ), di 37 cm nella direzione del fascio di energia più bassa (fascio di e+).

La selezione degli eventi interessanti rispetto agli eventi di rumore, come l’in-terazione dei fasci con il gas residuo nell’anello, viene fatta da un sistema di trigger. Questo sistema è diviso in due livelli sequenziali: il trigger hardware di primo livello (L1 ), disegnato in modo da avere un rate massimo in uscita

(20)

3.1 La B Factory PEP-II 19

di 2 kHz ed un tempo massimo di ritardo di 12 µs; il livello successivo (L3 ), basato su software, ha un rate di uscita limitato a 120 Hz, in modo da con-sentire di accumulare e processare i dati selezionati.

3.1

La

B Factory PEP-II

I collisori e+eoffrono un ambiente ideale per lo studio delle proprietà

dei mesoni B, data la grande produzione di mesoni Υ(4S).

Nella tab. 3.1 sono riportate le sezioni d’urto per i vari processi accessibili dalla collisione di fasci di e+ead un’energia pari alla massa della Υ(4S).

e+e− → Sezione d’urto (nb) b¯b 1.05 c¯c 1.30 s¯s 0.35 u¯u 1.39 d ¯d 0.35 τ+τ0.919 µ+µ1.16 e+e− ' 40

Tabella 3.1: sezione d’urto per vari processi a√s= MΥ(4S). La sezione d’urto del

Bhabha è una sezione d’urto effettiva all’interno dell’accettanza sperimentale.

Essendo la massa della Υ(4S) di poco superiore al doppio della massa di un mesone B, la coppia BB è emessa con un impulso di circa 335 MeV/c nel riferimento del centro di massa; considerando che la vita media del B è τ ' 1.5 ps, la distanza media dei due vertici di decadimento sarebbe di circa 60 µm. Con i rivelatori al silicio disponibili, questo valore è troppo piccolo per consentire un’analisi accurata del sistema BB. Questo fattore ha portato alla costruzione di un collisore e+easimmetrico dove i mesoni B

sono accelerati nel riferimento del laboratorio, in modo che la separazione tra i due vertici di decadimento dei mesoni B aumenti fino ad una quantità misurabile.

3.1.1

Parametri di macchina

Nella B-factory PEP II un fascio di elettroni da 9.0 GeV collide frontal-mente con un fascio di positroni da 3.1 GeV.

(21)

3.1 La B Factory PEP-II 20

I fasci sono contenuti in due anelli differenti: il HER per gli elettroni, ed il LER per i positroni. In fig. 3.2 è riportato uno schema del sistema di accelerazione e degli anelli di collisione.

Figura 3.2: schema dell’acceleratore e degli anelli di accumulazione di PEP-II. L’acceleratore lineare (Linac) fa parte dello Stanford Linear Collider (SLC). Il rivelatore BaBar si trova intorno al punto di interazione nella parte in alto a destra dell’esagono. Immagine presa da [28]

La regione di interazione, che si trova nella regione del campo magnetico pro-dotto dal solenoide di BaBar, comprende una serie di magneti permanenti (di samario-cobalto) che separano i pacchetti nel piano orizzontale.

Nella tab. 3.2 sono riportati i parametri principali della macchina, mettendo a confronto i valori di progetto con quelli raggiunti nell’ultimo periodo di presa dati nel 2008.

Parametri Valori di progetto Valori 2008

Energia HER/LER (GeV) 9.0/3.1 9.0/3.1

Corrente HER/LER (A) 0.75/2.15 1.875/2.900

Numero di pacchetti 1658 1722

Luminosità (1033 cm−2s−1) 3.0 12.1

Luminosità giornaliera (pb−1/d) 135 840

Tabella 3.2: parametri di macchina di PEP II

La luminosità di progetto è stata raggiunta dopo un anno di presa dati e negli anni successivi i valori registrati hanno superato quelli attesi di circa un fattore quattro in termini di luminosità instantanea e di circa un fattore sei in luminosità integrata. La luminosità istantanea è monitorata dagli ope-ratori di PEP-II misurando la frequenza di eventi di diffuzione Bhabha; un

(22)

3.2 Il sistema di tracciatura 21

valore più preciso viene calcolato nell’analisi offline, studiando altri processi di QED (principalmente e+e

→ µ+µ). La dispersione quadratica media

dell’energia dei fasci è 5.5 MeV nel HER e 2.3 MeV nel LER; l’incertezza sistematica nell’energia assoluta dei fasci è dell’ordine di 5-10 MeV.

La direzione dei fasci, la posizione e la dimensione della regione di inte-razione sono monitorate continuamente nei diversi periodi di acquisizione dati. Questi parametri sono misurati utilizzando eventi ben ricostruiti, co-me e+e

→ e+e, µ+µ. L’incertezza della posizione media del fascio è

dell’ordine di pochi µm nel piano trasverso, e di circa 100 µm in direzione longitudinale.

3.1.2

Eventi di fondo dall’acceleratore

Diverse componenti contribuiscono al fondo dovuto all’acceleratore [29]: • radiazione di sincrotrone in prossimità della regione di interazione,

cau-sata dalla curvatura dei fasci in prossimità dei magneti permanenti; per limitare gli effetti di questo fondo, è stato studiato un disegno accurato della regione di interazione;

• diffusione fascio-gas, causato dall’interazione dei fasci con il gas residuo nella beam pipe. Nonostante la qualità del vuoto abbia superato il valore atteso, questa è la fonte maggiore di fondo per tutti i sotto-rivelatori (escluso il DIRC ) ed è causa di danni da radiazione per il SVT ; • fondo dovuto alla luminosità, causato da elettroni di bassa energia

dotti negli eventi Bhabha radiativi; questi entrano nel rivelatore pro-ducendo sciami elettromagnetici. Questa fonte di fondo è direttamente proporzionale alla luminosità ed è la più importante fonte di fondo per il DIRC.

Altre fonti di fondo sono dovute alle perdite nel fascio durante l’iniezione negli anelli e alle code non-gaussiane nell’interazione dei fasci.

3.2

Il sistema di tracciatura

Il sistema di tracciatura delle particelle cariche è costituito da due com-ponenti: il tracciatore di vertice al silicio (SVT ) e la camera a deriva (DCH ); obiettivo principale di questo sistema è la rivelazione delle particelle cariche e la misura del loro impulso e direzione con alta precisione. Entrambi i rivela-tori forniscono anche la misura della perdita di energia per unitá di lunghezza.

(23)

3.2 Il sistema di tracciatura 22

Queste misure sono utili per l’estrapolazione della traccia nel DIRC, nell’EMC e nell’IFR.

3.2.1

Il tracciatore di vertice al silicio (SVT )

Il rivelatore di vertice è costituito da cinque strati di strisce di silicio a doppia faccia che forniscono misure di posizione per tutte le particelle cariche con un angolo polare nella regione 20.1◦ < θ < 150. In fig. 3.3 è riportato

lo schema della sezione longitudinale (a) e trasversa (b) del SVT.

Figura 3.3: sezione (a) longitudinale e (b) trasversa del SVT. I tre strati più interni si trovano il più vicino possibile (r1 ' 32 mm) alla beam pipe (r ' 27.8 mm). I

due strati più esterni si trovano ad una distanza maggiore (r5 ' 144 mm) e sono

utilizzati per collegare le tracce della DCH e del SVT. Immagini prese da [27]

SVT è vicino al punto di interazione tra i fasci, in modo da ottenere misure precise sia in direzione longitudinale che in direzione trasversa sulla posizione delle tracce delle particelle cariche. L’informazione sulla coordinata longitu-dinale è necessaria per misurare la distanza tra i vertici di decadimento dei due mesoni B, mentre l’informazione sulla coordinata trasversa consente una migliore sepazione tra i vertici secondari prodotti nei decadimenti in cascata. L’uso di rivelatori al silicio a doppia faccia (strisce attive su entrambi i lati) riduce lo spessore del materiale che le particelle devono attraversare, limi-tando cosí gli effetti dovuti alla diffusione multipla.

Le strisce montate nel barrel sono orientate parallelamente o perpendicolar-mente rispetto alla linea dei fasci: nella parte interna dei rivelatori le strisce sono orientate perpendicolarmente alla direzione dei fasci, in modo da mi-surare la coordinata z; le strisce in direzione longitudinale poste nella parte esterna consentono, invece, la misura diφ. I sensori per la lettura delle strisce sono raggruppati in moduli e l’elettronica di lettura è montata interamente

(24)

3.2 Il sistema di tracciatura 23

fuori dalla parte attiva del rivelatore.

La risoluzione spaziale di un hit nel SVT è calcolata confrontando la distanza (nel piano del sensore) tra la traiettoria della traccia e l’hit nel rivelatore, uti-lizzando tracce ad alto impulso negli eventi a due tracce cariche; l’incertezza dovuta alla traiettoria della traccia è sottratta dalla larghezza della distribu-zione dei residui in modo da ottenere la risoludistribu-zione sul singolo hit. I residui sono definiti come la distanza tra la traccia e l’hit, proiettata sul piano del rivelatore e in entrambe le direzioni φ e z. La larghezza della distribuzione dei residui indica, quindi, la risoluzione del rivelatore.

Considerando l’intero SVT, le risoluzioni variano da 10-15 µm (strati interni) a 30-40 µm (strati esterni) per le tracce ad incidenza normale.

I sensori a doppia faccia forniscono, oltre alle misure di posizione, fino a 10 misure dell’energia persa per unità di lunghezza per ionizzazione (dE/dx) per traccia: con i segnali forniti da almeno 4 sensori, è possibile calcolare la media troncata al 60% di dE/dx. Considerando una particella che perde la minima energia per ionizzazione (minimum ioniziong particle, m.i.p.), la risoluzione sulla media troncata dE/dx è circa del 14%: una separazione di 2σ tra kaoni e pioni può essere raggiunta per impulsi fino a 500 MeV/c e tra kaoni e protoni per impulsi superiori a 1 GeV/c.

3.2.2

La camera a deriva (DCH )

La camera a deriva è il secondo componente del sistema di tracciatura di BaBar. Essa ha una forma cilindrica di lunghezza 280 cm, con un raggio interno di 23.6 cm ed un raggio esterno di 80.9 cm. Gli end plate (tappi che chiudono il cilindro) sono fatti di alluminio e sono ottimizzati in modo da ridurre il materiale utilizzato e quindi la diffuzione multipla. A causa del boost di Lorentz, gli eventi sono accelerati nella parte anteriore del rivelatore; dunque, per minimizzare la diffusione multipla, l’end plate nella regione in avanti ha uno spessore inferiore (12 mm) rispetto a quello nella parte poste-riore (24 mm). In fig. 3.4 (a) è mostrata la sezione longitudinale della DCH. Il cilindro più interno (quello di raggio 23.6 cm) è fatto di berillio con uno spessore di 1 mm, mentre il cilindro più esterno è fatto di due strati di fibra di carbonio. Lo spessore del cilindro interno è stato scelto in modo da facilitare l’accoppiamento tra le tracce misurate nella DCH e nel SVT ; questo migliora la risoluzione per le tracce di alto impulso e minimizza il fondo dovuto alla conversione di fotoni e alle interazioni con il materiale del rivelatore.

La regione tra i due cilindri è riempita con una mistura di gas di elio-isobutano (80% : 20%). 40 strati di fili riempiono il volume della DCH e formano 7104 celle esagonali; ogni cella è costituita da un filo per l’amplificazione e la ri-velazione della ionizzazione circondato da sei fili di campo. L’uso dei fili di

(25)

3.3 Il rivelatore di luce Cherenkov (DIRC ) 24

Figura 3.4: sezione (a) longitudinale della camera a deriva e (b) sezione trasversa di uno dei suoi segmenti. Il punto di interazione - che è spostato di 37 cm rispetto al centro geometrico della camera - è indicato con I.P. La sequenza alternata di layer assiali (A) e stereo (U,V) è rappresentata in (b). Immagini prese da [27] [28].

campo di alluminio e della mistura di gas basata sull’elio riduce la diffusione multipla all’interno della camera. Le celle formano dieci super-layer, ognuno dei quali è costituito da quattro strati cilindrici: sei super-layer sono stereo layer (con un angolo rispetto alla direzione dei fasci), per permettere di mi-surare la proiezione lungo la linea del fascio (coordinataz) della ionizzazione rilasciata; i layer rimanenti sono paralleli all’asse z, in modo da misurareˆ l’angolo φ. I diversi tipi di super-layer sono montati in modo alternato, in modo da avere una buona risoluzione spaziale. Nella fig. 3.4(b) è riportato un segmento della DCH in cui è possibile notare la disposizione alternata dei super-layer.

La risoluzione attesa per la DCH è inferiore a 100 µm nel piano trasverso e circa un 1 mm nella direzione z. La soglia minima per l’impulso trasversoˆ misurato è circa 100 MeV/c ed è limitata dal raggio interno della DCH. La perdita di energia per ionizzazione (dE/dx) nella DCH è stimata calco-lando la media troncata delle misure della carica totale collezionata in ogni cella. La risoluzione in dE/dx ottenuta per eventi di Bhabha è tipicamente del7.5%, con delle limitazioni dovute al numero di campioni e alle fluttuazioni di Landau, ed è vicina alla risoluzione attesa del 7%.

3.3

Il rivelatore di luce Cherenkov (DIRC )

La necessità di un’alta efficienza nell’identificazione del sapore del mesone B utilizzando i kaoni carichi ha motivato lo sviluppo di uno strumento con

(26)

3.3 Il rivelatore di luce Cherenkov (DIRC ) 25

alte prestazioni, capace di separare nettamente kaoni e pioni nell’intervallo di impulso 0.7-4.2 GeV/c. Questo ha portato alla realizzazione del Detector of internally reflected Cherenkov light (DIRC ) [30], un rivelatore sottile e uniforme in modo da non degradare le prestazioni del calorimetro elettroma-gnetico.

Attraverso la misura dell’angolo dei fotoni emessi rispetto alla traccia carica, il DIRC misura la velocità delle particelle (fig. 3.5(b)). Le particelle sono identificate misurandone la massa usando le misure di velocità nel DIRC e le misure di impulso nel rivelatore di vertice e nella camera a deriva.

I fotoni Cherenkov sono prodotti dal passaggio della particella attraverso del-le barre di quarzo; ogni barra ha uno di spessore di 17 mm, una larghezza di 35 mm, una lunghezza di 4.9 m ed un indice di rifrazione n = 1.473. In totale sono state utilizzate 144 barre divise in 12 sezioni, ognuna delle quali è contenuta in una scatola chiusa ermeticamente contenente 12 barre. In fig. 3.5(a) è riportato uno schema del DIRC.

Figura 3.5: (a) schema e (b) principio di funzionamento del rivelatore Cherenkov. Lo schema in (a) riporta le 12 sezioni, ciascuna contenente 12 barre di quarzo; viene mostrato anche il box riempito di acqua, che è circondato da 10572 fotomol-tiplicatori. Il principio di funzionamento in (b) è illustrato per una singola barra di quarzo (blu): una particella carica (rosso) che attraversa la barra di quarzo pro-voca l’emissione di luce Cherenkov (verde); la luce viene riflessa e poi rivelata dai fotomoltiplicatori. Immagini prese da [28].

Le barre di quarzo funzionano sia da radiatore che da guida di luce per tra-sportare i fotoni in una vasca riempita di acqua posta nella parte posteriore del rivelatore; sulla superficie toroidale della vasca sono stati montati 10572 fotomoltiplicatori per rivelare i fotoni Cherenkov.

(27)

3.4 Il calorimetro elettromagnetico (EMC ) 26

da riflettere i fotoni e convogliarli nella parte posteriore.

Considerando le proprietà ottiche e geometriche del sistema, la risoluzione angolare totale per un singolo fotone corrisponde a 10 mrad. I fotomoltipli-catori forniscono anche la misura del tempo dei vari hit, in modo da evitare potenziali ambiguità e ridurre il fondo; questo è costituito principalmente da fotoni di bassa energia che vengono dagli anelli di PEP-II e che arrivano nella vasca. Per limitare questo fondo è stata montata una schermatura di piombo intorno alla beam pipe.

3.4

Il calorimetro elettromagnetico (EMC )

Il calorimetro elettromagnetico è stato progettato per la misura degli sciami elettromagnetici con una buona risoluzione angolare e di energia nel-l’intervallo da 20 MeV a 9 GeV. Esso è costituito da due sezioni: una regione di barrel cilindrica, contenente 5670 cristalli disposti in 48 anelli, ed un end cap conico, composto da 820 cristalli, disposti in 8 anelli. In fig. 3.6 è ripor-tata un schema della sezione longitudinale dell’EMC.

Figura 3.6: sezione longitudinale della metà superiore del calorimetro elettroma-gnetico. A causa del boost nel riferimento del centro di massa, i cristalli sono disposti in modo asimmetrico. Ognuno dei 56 cristalli disegnati corrisponde ad un anello di cristalli simmetrico rispetto all’asse dei fasci. Tutte le dimensioni sono riportate in mm. Immagine presa da [27].

Il materiale scelto per i cristalli è lo ioduro di cesio drogato al tallio (CsI(Tl)), che offre elevata risoluzione in energia e veloci tempi di risposta. La granu-laritá del rivelatore consente di misurare il baricentro degli sciami elettroma-gnetici, che si dividono in piú cristalli. A seconda della posizione, i cristalli

(28)

3.5 L’instrumented flux return (IFR) 27

hanno una lunghezza che varia da 29.6 cm a 32.4 cm ed una base a forma trapezoidale. Il materiale di fronte al calorimetro ha uno spessore che varia nell’intervallo 0.3− 0.6 X0 per il barrel e per i cinque anelli più esterni

nel-l’end cap, mentre per gli anelli più interni nelnel-l’end cap si ha uno spessore che raggiunge 3 X0, principalmente a causa della struttura di supporto del SVT,

dell’elettronica e dei magneti permanenti.

La luce di scintillazione prodotta da ogni cristallo è rivelata grazie a due fotodiodi al silicio posti dietro al cristallo. Per evitare stress meccanici sulle giunzioni dei fotodiodi e per avere una calibrazione stabile, è necessario che i cristalli siano mantenuti ad una temperatura costante; questo si ottiene utilizzando due sistemi di raffreddamento separati per il barrel e per l’end cap.

La risoluzione in energia, misurata in un ampio intervallo studiando diversi processi fisici (diffusione Bhabha, χc1 → J/Ψγ, fotoni dal decadimento di η

e π0), è data dalla relazione:

σE

E =

(2.32± 0.30)%

E1/4(GeV1/4) ⊕ (1.85 ± 0.12)%

La risoluzione angolare, che si misura utilizzando i decadimenti di π0 edη in

coppie di fotoni di uguale energia, è data da: σθ = σφ =

 3.87± 0.07

pE(GeV ) ± 0.04 

mrad

3.5

L’instrumented flux return (IFR)

L’instrumented flux return è un rivelatore dedicato all’identificazione dei muoni e degli adroni neutri (principalmenteK0

L) in un ampio intervallo

ango-lare e di impulso. L’IFR, come tutti gli altri sotto-rivelatori di BaBar, ha una struttura asimmetrica con una copertura in angolo polare17◦ ≤ θ

lab ≤ 150◦.

Esso è composto da 19 strati di resistive plate chambers (RPC ) nella regione del barrel e 18 strati nella parte anteriore e posteriore. Gli RPC sono posti all’interno degli strati di ferro utilizzati per il ritorno delle linee del campo magnetico solenoidale.

Nella regione anteriore e posteriore si trovano i due end cap (fig 3.7) che hanno una forma esagonale e sono divisi in due metà in direzione verticale, in modo da avere un accesso ai sotto-rivelatori più interni.

Le piastre di ferro hanno uno spessore che varia da 2 cm, per gli strati più vicini alla regione di interazione, fino a 10 cm, per quelli più esterni; quindi si ha uno spessore di circa 65 cm (corrispondenti a 4 lunghezze di interazione)

(29)

3.5 L’instrumented flux return (IFR) 28

Figura 3.7: schema dell’instumented flux return (IFR). L’IFR è diviso nel barrel centrale (sinistra) e nei due end cap (destra), composti rispettivamente da 19 e 18 strati di ferro fra cui sono inseriti gli RPC. Tutte le dimensioni sono riportate in mm. Immagine presa da [27].

nel barrel e circa 60 cm negli end cap.

La maggiore granularità negli strati più interni rispetto a quelli esterni è do-vuta al fatto che la maggior parte delle particelle rivelate all’interno dell’IFR interagiscono nei primi strati di materiale; la segmentazione scelta, inoltre, è il risultato di un compromesso tra il costo del rivelatore e la necessità di una buona efficienza per la rivelazione di muoni a basso impulso.

A causa di imperfezioni costruttive l’efficienza di una larga parte di RPC, inizialmente superiore al 90%, ha iniziato a diminuire di 0.5-1% ogni mese. Per ovviare a questo problema, inizialmente le RPC nell’end cap anteriore sono state sostituite con nuove RPC e dall’estate 2004 le RPC nel barrel sono state gradualmente sostituite con tubi a streamer limitato (LST ). L’efficienza di selezione dei muoni è stata misurata su campioni di muoni da stati finali del tipo µµee e µµγ, da pioni da decadimenti in tre tracce del τ e decadimenti K0

s → π+π

; nell’intervallo di impulso 1.5 GeV/c

≤ p ≤ 3 GeV/c si raggiunge un’efficienza di rivelazione vicina al 90%, mentre per impulsi superiori ad 1 GeV/c si ha una probabilitá di errata identificazione dei pioni tra il 5% ed il 10%.

(30)

3.6 Il sistema di trigger 29

3.6

Il sistema di trigger

La scopo principale del trigger è la selezione di eventi interessanti con una buona efficienza e la reiezione di eventi di fondo, mantenendo la frequenza totale degli eventi ad un livello gestibile.

Il trigger è implementato con una gerarchia a due livelli: il Livello 1 (L1 ), di tipo hardware, seguito dal Livello 3 (L3 ), di tipo software.

Il trigger L1 è stato progettato in modo da avere una frequenza in uscita di circa 1 KHz. I segnali di trigger sono prodotti con un tempo di latenza fisso di 11-12 µs dopo le collisioni e+e

e sono inviati al Fast Control and Timing System (FCTS ).

Il trigger L1 si basa sulle tracce cariche nella DCH aventi un impulso tra-sverso sopra una certa soglia, sugli sciami nell’EMC e sulle tracce rivelate nell’IFR. I dati sono elaborati da tre processori hardware specializzati. Il trigger della camera a deriva (DCT ) ed il trigger del calorimetro elettroma-gnetico (EMT ) hanno entrambi alta efficienza, fornendo delle informazioni ridondanti che consentono di poter fare degli studi di efficienza.

Il trigger dell’IFR (IFT ) è usato per identificare gli eventi µ+µed i raggi

cosmici, ed è utilizzato principalmente per la diagnostica.

Il livello L3 prende in ingresso l’uscita di L1, esegue una seconda fase di riduzione della frequenza per gli eventi fisici interessanti ed identifica delle categorie speciali di eventi utilizzati per determinare la luminosità e per la diagnostica e la calibrazione. La frequenza in uscita da L3 è di circa 250 Hz. Molti eventi che passano la selezione L1 e sono rigettati nella selezione L3, sono dovuti a particelle cariche di fondo che sono prodotte nell’interazione col materiale vicino al punto di interazione (IP ).

Il trigger L3 combina le tracce che passano il DCT ed i cluster che passano l’EMT con tutte le informazioni disponibili nel DCH e nell’EMC. L’algo-ritmo L3 DCH ricostruisce le tracce ed i depositi di energia a partire dai segnali sui rivelatori e fa il fit delle tracce che passano L1 utilizzando una funzione ad elica; inoltre determina la coordinataz di massimo avvicinamen-to dell’elica alla linea dei fasci, consentendo di rigettare il fondo menzionaavvicinamen-to precedentemente.

L’algoritmo L3 EMC identifica i cluster energetici con una sensibilità mag-giore di L1 e filtra gli eventi con grandi depositi energetici ed alta molteplicità di cluster.

La selezione in uscita dai filtri DCH L3 e EMC L3 è dominata dagli eventi Bhabha, che sono per la maggior parte scartati, acquisendone peró una pic-cola frazione per la calibrazione, per la misura immediata della luminosità e per altre misure e controlli dopo la ricostruzione.

(31)

Capitolo 4

L’analisi multivariata

L’analisi multivariata (MVA) consente di sfruttare le correlazioni tra di-verse variabili per separare didi-verse popolazioni o classi (denominate come segnale (S) e fondo (B)) in un dato campione di eventi [31].

L’ingresso della MVA è costituito da un campione per l’addestramento e da un insieme di variabili discriminanti. Il campione per l’addestramento è un campione di eventi in cui il segnale (S) ed il fondo (B) sono già separati; questo campione viene usato dalla MVA, nella fase di addestramento, per imparare a discriminare tra le due popolazioni.

Dopo aver terminato l’addestramento, la MVA divide lo spazio n-dimensionale delle variabili tramite una decision boundary in una regione S e in una B, in modo da massimizzare la separazione tra queste due classi.

Un limite di questo tipo di analisi è l’eccesso di addestramento: il tasso di errore di classificazione può essere molto basso sul campione di addestramen-to, ma potrebbe essere molto più alto su un campione di dati indipendente. Questo succede se la decision boundary tende a conformarsi troppo ai dati dell’addestramento; è importante, dunque, calcolare il tasso di errore e il ren-dimento della classificazione su un campione statisticamente indipendente, detto campione di verifica.

4.1

L’algoritmo di classificazione

Nel caso in cui il segnale cercato sia sovrastato da processi di fondo con delle caratteristiche simili al segnale, le tecniche usate comunemente per clas-sificare gli eventi di segnale e di fondo sono fortemente limitate. In questi casi la MVA offre la possibilità di sfruttare le informazioni ricavate dalle os-servabili in modo efficiente.

L’algoritmo di classificazione effettua una trasformazione da uno spazio

(32)

4.1 L’algoritmo di classificazione 31

le fasi n-dimensionale delle n variabili in ingresso ad uno spazio unidimen-sionale; in seguito viene effettuata un’ulteriore trasformazione dallo spazio unidimensionale alle classi di segnale S e fondo B:

Rn

→ R →Csegn, Cfondo



L’algoritmo di classificazione ricava dalle variabili di ingresso un classifica-tore (y), che assume valori all’interno di in intervallo chiuso nello spazio unidimensionale: y è vicino all’estremo destro dell’intervallo per eventi che corrispondono al segnale, mentre è vicino all’estremo sinistro per eventi che corrispondono al fondo. La divisione in classi tra segnale e rumore viene effettuata definendo tutti gli eventi che hanno un classificatorey > ycut come

segnale, gli altri come fondo. Inoltre, per ogni valore di ycut viene calcolata

l’efficienza di segnale (segn), la purezza e la reiezione di fondo (1− fondo).

Figura 4.1: la ROC curve mostra la relazione tra l’efficienza di segnale (segn) e la reiezione del fondo (1− fondo). Immagine presa da [31]

Per valutare il rendimento della MVA si considera la Receiver Operating Cha-racteristics (ROC) curve: tanto maggiore è l’area sotto la curva, tanto miglio-re è la separazione tra segnale e fondo raggiunta dal metodo corrispondente alla curva (fig. 4.1).

Il punto della ROC curve che viene scelto come punto di lavoro dipende dal tipo di analisi svolta. Per una selezione a livello di trigger deve essere scelta un’alta efficienza per evitare che gli eventi di segnale vengano scartati trop-po presto nell’analisi. Se lo studio riguarda la ricerca di segnale, il punto

(33)

4.2 Boosted Decision Tree (BDT ) 32

migliore è dove la quantità S/√S + B ha un massimo: l’obiettivo è di mas-simizzare il numero di eventi rispetto all’errore commesso nella misura degli eventi totali.

L’algoritmo di classificazione utilizzato in questo lavoro di tesi é il Boosted Decision Tree ( BDT), descritto nel paragrafo successivo.

4.2

Boosted Decision Tree (BDT )

Un decision tree (BDT ) è una struttura ad albero in cui vengono effet-tuate ripetute scelte di tipo booleano fino a quando non viene soddistatto un criterio di arresto [32].

Figura 4.2: schema di un decision tree. Partendo da un nodo sorgente, viene applicata una sequenza di tagli sulle variabili discriminanti xi. Il taglio viene fatto sulla variabile che fornisce la migliore separazione tra segnale e fondo. I nodi terminali (foglie) si definiscono B (fondo) o S (segnale) in base alla prevalenza di eventi di fondo o segnale dopo la selezione. Immagine presa da [32].

Dato un insieme di variabili discriminanti, il BDT esamina la prima variabile e studia cosa si ottiene se il campione di addestramento viene diviso in due parti, destra e sinistra, in base al valore della variabile; quindi viene scelto come valore di taglio quello che fornisce da una parte una prevalenza di se-gnale e dall’altra una prevalenza di fondo. Questa operazione viene ripetuta

(34)

4.2 Boosted Decision Tree (BDT ) 33

per ciascuna variabile, in modo da poter scegliere la variabile ed il taglio che offrono la migliore separazione tra segnale e fondo.

Partendo dunque da una situazione in cui l’insieme di eventi è contenuto in un nodo, si ottengono due rami. Per ogni ramo viene ripetuto l’algoritmo descritto in precedenza: il BDT esamina ogni variabile rimasta per gli even-ti contenueven-ti nel ramo, in modo da trovare la variabile ed il valore di taglio ottimali. La procedura di separazione continua fino ad ottenere un numero di insiemi finali, detti foglie; l’algoritmo si arresta quando un ramo contiene eventi di solo segnale o di solo fondo, oppure quando gli eventi contenuti in una foglia sono insufficienti per continuare la selezione (fig. 4.2).

All’interno del BDT è possibile configurare diversi criteri per stabilire la qua-lità della separazione tra il segnale ed il fondo. Ogni criterio è funzione della purezza (P ) del campione esaminato; la purezza di un campione è definita come P = P sWs P sWs+ P bWb

doveWi è il peso che viene attribuito a ciascun evento,

P

s è la somma sugli

eventi di segnale e P

b è la somma sugli eventi di fondo.

Il criterio di separazione più diffuso è il Gini Index. Si costruisce la quantità G =

n

X

i=1

WiP (1 − P ) (4.1)

dove n è il numero di eventi in un ramo; l’obiettivo di questo criterio è di minimizzare, per ogni nodo, la quantità

Gson left+ Gson right

doveGson left (Gson right) è la quantità 4.1 calcolata nel ramo sinistro (destro)

generato dal nodo considerato. Per determinare l’aumento della qualità nella separazione di deve massimizzare la quantità

C = Gfather− Gson left− Gson right

Al termine della procedura, se una foglia ha una purezza del segnale maggio-re di 0.5 (o di un valomaggio-re di stabilito), allora viene chiamata segnale (S); se la purezza del segnale è inferiore al valore stabilito la foglia viene chiamata di fondo (B).

Il metodo BDT presenta alcune instabilità, perché una piccola modifica nel campione di addestramento può produrre grandi cambiamenti all’interno del-l’intero albero. Per ovviare a questo problema si ricorre alla tecnica del boo-sting: per migliorare le prestazioni di classificazione, il BDT viene applicato

(35)

4.2 Boosted Decision Tree (BDT ) 34

ripetutamente usando ad ogni iterazione lo stesso campione di addestramen-to, che è costituito di volta in volta da eventi ripesati. In questo modo vengono generati diversi alberi, che vanno a formare una foresta.

L’algoritmo di boosting più comune è l’Ada Boost, basato su una modifica dei pesi degli eventi classificati in modo sbagliato. Partendo dai pesi originali con cui vengono analizzati gli eventi nel primo albero, gli alberi successivi utilizzano un insieme di eventi modificato, in cui gli eventi classificati in modo sbagliato nel precedente albero vengono moltiplicati per un fattore corretti-vo, il boost weight ; per l’i-esimo albero il boost weight è definito nel seguente modo:

αi=

1− erri

erri

dove la quantità erri è

erri= P jw misc j,i P jwj,i dove wmisc

j,i è il peso del j-esimo evento classificato nel modo sbagliato

all’in-terno dell’i-esimo albero.

Il classificatore dell’algoritmo di boosting per un dato evento è:

yboost(~x) = β N

X

i

ln(αi)· hi(~x) (4.2)

dove ~x è il vettore costituito dalla variabili di ingresso, β è una costante di normalizzazione; la somma viene effettuata sugliN alberi e hi(~x) rappresenta

il risultato dell’i-esimo albero: hi(~x) =



1 per gli eventi classificati come segnale −1 per gli eventi classificati come fondo

Un valore piccolo di yboost indica che l’evento è di tipo fondo, mentre un

(36)

Capitolo 5

Identificazione e ricostruzione

delle particelle nel rivelatore

5.1

Tracciatura

Il sistema di tracciatura di BaBar si basa sulla DCH e sul SVT ; la trac-ciatura delle particelle cariche è stata studiata utilizzando dei campioni di muoni da raggi cosmici, eventi e+e, µ+µ, τ+τed eventi multi-adronici.

Le tracce cariche sono definite attraverso cinque parametri (d0, φ0, ω, z0 e

tan λ) e la matrice degli errori associati; questi parametri sono misurati nel punto di massimo avvicinamento all’asse z. dˆ 0 e z0 sono le distanze di

que-sto punto dall’origine del sistema di coordinate (nel piano xy e sull’asse ˆˆ z, rispettivamente), l’angolo φ0 è l’azimuth della traccia, λ è l’angolo rispetto

al piano trasverso e ω è la curvatura.

La procedura che identica e fa il fit della traccia utilizza un algoritmo basato sul filtro di Kalman, considerando la descrizione dettagliata del materiale nel rivelatore e la mappa completa del campo magnetico. Inizialmente le tracce sono ricostruite con gli hit nella DCH utilizzando l’algoritmo di ricostruzione stand-alone e le tracce risultanti sono poi estrapolate nel SVT, aggiungendo le informazioni sulla traccia fornite da quest’ultimo; quindi viene fatto un fit di Kalman sugli hit combinati della DCH e del SVT. Gli altri hit rimanen-ti nel SVT vengono urimanen-tilizzarimanen-ti nell’algoritmo di riconoscimento delle tracce stand-alone del SVT.

Infine viene fatto un tentativo di combinare le tracce che sono trovate da un solo sistema di tracciatura e quindi di recuperare le tracce diffuse nel mate-riale del tubo di supporto.

L’efficienza per la ricostruzione delle traccia nella DCH è stata misurata, in eventi con molte tracce, in funzione dell’impulso trasverso e degli angoli

(37)

5.1 Tracciatura 36

polare ed azimutale. L’efficienza di tracciatura assoluta nella DCH è stima-ta dal rapporto tra il numero di tracce ricostruite nella DCH ed il numero di tracce rivelate nel SVT, con la richiesta che queste si trovino all’interno dell’accettanza della DCH.

Nel grafico a sinistra di fig. 5.1 è riportata l’efficienza nella DCH in funzione dell’impulso trasverso, determinata in eventi multi-adronici.

Figura 5.1: Plot a sinistra: studio MC di tracce a basso impulso nel SVT in eventi D∗+ → D0π+ a) confronto con dati in eventi B ¯B e b) efficienza di rivelazione per

pioni lenti presi da eventi simulati. Plot a destra: risoluzione per i parametri d0 e

z0 in funzione dell’impulso trasverso in eventi multi-adronici. Immagini prese da

[27].

Gli algoritmi di tracciatura stand-alone del SVT hanno un’alta efficienza per le tracce con basso impulso trasverso, estendendo la capacità di ricostruzione delle particelle cariche fino ad impulso trasverso di circa 50 MeV/c, come mostrato nel grafico a sinistra della fig. 5.1.

La risoluzione per i cinque parametri della traccia è monitorata utilizzando eventi con stato finale e+e

e µ+µ

: la risoluzione è stimata dalla differenza dei parametri misurati per le tracce prodotte dai raggi cosmici che attra-versano la DCH ed il SVT. Per determinare la dipendenza della risoluzione dall’impulso trasverso, si utilizza un campione di eventi multi-adronici; la risoluzione è determinata dall’ampiezza della distribuzione della differenza tra i parametri misurati (d0 e z0) e le coordinate dei vertici ricostruiti dalle

(38)

5.2 Cluster neutri 37

tracce rimanenti nell’evento. Nel grafico a destra in fig. 5.1 è riportata la dipendenza della risoluzione di d0 ez0 in funzione dell’impulso trasverso, pt.

Le risoluzioni misurate sono circa di 25 µm in d0 e 40 µm in z0 per pt di

3 GeV/c; questi valori sono in buon accordo con gli studi fatti con il Mon-teCarlo ed in ragionevole accordo anche con i risultati ottenuti dai raggi cosmici.

5.2

Cluster neutri

Il calorimetro elettromagnetico (EMC ) ha come scopo principale la rive-lazione e le misure relative ai fotoni, che sono utilizzati sia per la ricostruzione dei mesoni π0 ed η che per lo studio di processi dove i fotoni sono prodotti

direttamente.

I fotoni interagiscono producendo uno sciame elettromagnetico che general-mente si estende su parecchi cristalli; il software di ricostruzione combina i segnali provenienti dai cristalli per ricostruire l’intero rilascio di energia di una particella (cluster ).

I cluster devono contenere almeno un cristallo con un energia superiore a 10 MeV, ed i cristalli che lo circondano sono considerati parte del cluster se la loro energia supera 1 MeV, e se sono adiacenti ad un cristallo con un’energia di almeno 5 MeV. Ogni traccia ricostruita è proiettata all’interno del calo-rimetro e viene calcolata la distanza tra il punto in cui la traccia colpisce il calorimetro ed il centroide del cluster; se questi due punti sono coincidenti entro le incertezze di misura allora il cluster è associato alla traccia carica, altrimenti si assume che il cluster sia dovuto ad una particella neutra. I cluster possono essere prodotti anche da altre sorgenti, principalmente pro-cessi di splitoff dove un’interazione adronica produce un neutrone o un fo-tone che interagiscono successivamente col calorimetro elettromagnetico ad una certa distanza. Molti cluster calorimetrici non sono, dunque, fotoni veri ; questo è un problema principalmente a basse energie.

I fotoni veri tendono ad avere una forma compatta dello sciame, mentre i clu-ster dovuti agli splitoff tendono ad avere energie più basse, una forma dello sciame estesa e si trovano vicino ai cluster associati alle tracce. Il software di ricostruzione di BaBar calcola diverse variabili che possono essere utilizzate per differenziare fotoni veri e fotoni falsi. Le variabili considerate sono:

• s1s9, il rapporto tra l’energia depositata nel cristallo centrale del cluster rispetto ai 9 cristalli intorno al centroide del cluster;

(39)

5.3 Identificazione delle particelle (PID) 38

• T P 2, il secondo momento angolare definito come: T P 2 = P iEi· ((θi− θ0)2+ (φi− φ0)2) P iEi (5.1) dove la somma è su tutti i cristalli che compongono il cluster; Ei è

l’energia depositata nell’i-esimo cristallo, ed i cristalli sono ordinati in modo cheE1 > E2 > ... > En. θi,φisono gli angoli polare ed azimutale

dell’i-esimo cristallo, φ0 eθ0 sono gli angoli del centroide del cluster;

• LAT , il momento laterale della forma dello sciame [33], definito come: LAT = PN i=3Eir 2 i PN i=3Eir2i + E1r20+ E2r02  [0, 1) (5.2)

dove riè la coordinata radiale nel piano perpendicolare alla linea che va

dal punto di interazione al centro dello sciame, ed r0 è la distanza media

tra due cristalli, che è approssimativamente 5 cm per il calorimetro di BaBar. Iniziando la somma da i=3 vengono omessi i due cristalli con i depositi di energia maggiore;

• |Z(2,0)|, il modulo del momento di Zernike complesso (2,0), che è definito in generale come [34]:

Z(m, n) = n X ri≤R0 Ei E · fnm  ri R0  e−imφi (5.3) dove R0 = 15 cm e fnm  ρi ≡ ri R0  = (n−m)/2 X s=0 (−1)s(n− s)!ρ(n−2s) i s! n+m 2 − s! (n−m) 2 − s!

con m, n≥ 0 interi, m ≤ n ed n − m pari;

• |Z(4,2)|, il modulo del momento di Zernike complesso (4,2).

5.3

Identificazione delle particelle (PID)

Le particelle cariche sono identificate studiando i loro tratti caratteristici nei diversi rivelatori di BaBar e combinando le informazioni ottenute. I sistemi di tracciatura utilizzano la misura dell’impulso e della perdita di energia (dE/dx) delle particelle che li attraversano. Il rivelatore Cherenkov

Figura

Tabella 1.3: frazioni di decadimento di alcuni decadimenti adronici del τ misurati da Babar e Belle [18]-[22].
Figura 2.1: diagrammi di Feymann per τ → πνγ. Immagine presa da [23].
Figura 3.1: schema della sezione longitudinale del rivelatore BaBar. Gli elettroni (9.0 GeV) entrano nel rivelatore dalla parte sinistra, i positroni (3.1 GeV) entrano dalla parte destra
Figura 3.2: schema dell’acceleratore e degli anelli di accumulazione di PEP-II.
+7

Riferimenti

Documenti correlati

In this section, we focus on the evaluation of our approach to the computation of kernel-stable payments for SR. The main goals of the empirical analysis are i) to test the

Quando non è espressamente indicato il contrario, per la soluzione degli esercizi è possibile usare tutti i risultati visti a lezione (compresi quelli di cui non è stata fornita

In questo lavoro si è affrontato il tema generale della modellistica dei sistemi biologici, con una attenzione particolare ai sistemi che sono di

Topological properties defined by diagonalizations of open or Borel covers have a rich history in various areas of general topology and analysis, and they are closely related to

In rosa sono riportati gli eventi di QCD, in rosso quelli dovuti alle interazioni elettrodeboli (EWK: WW,ZZ,WZ), in viola il fondo da t¯ t, in giallo infine il contributo dovuto

This article analyses the recent case of an ECJ ruling concerning Member States’ possibility to require third county nationals (TCNs) to pass a civic integration examination prior