Il primo problema che si presenta a chi vuole intraprendere uno studio su una specie rara e/o elusiva è quello di trovare un opportuno sistema per rilevarla. Le tecniche potenzialmente impiegabili sono molteplici, la scelta pertanto deve essere fatta in funzione di un’ottima conoscenza della biologia della specie e degli obiettivi che si vogliono perseguire, oltreché sulla base della disponibilità economica e di forza lavoro di cui si dispone.
Diverse tecniche sono, usualmente, impiegate per rilevare la presenza e l’abbondanza dei canidi selvatici quali ad esempio: il fototrappolaggio, la ricerca di segni di presenza su transetti, passando per il rilevamento delle fatte, il campionamento della mortalità su strada, la radiotelemetria, i questionari somministrati a cacciatori, agricoltori e/o altri portatori d’interesse. Il monitoraggio mediante la registrazione di risposte a stimolazioni bioacustiche (ululato indotto) è una delle tecniche più comuni (Gese, 2004). La tecnica è stata sviluppata, inizialmente, per monitorare la presenza del lupo, Wolf-Howling, secondo le linee guida tracciate sperimentalmente da Harrington e Mech (1982) ed in seguito è stata stato utilizzato ampiamente in molti studi condotti su tale specie (Fuller e Sampson, 1988; Llaneza et al, 2005; Marucco et al, 2009). Questo tipo di monitoraggio è stato in seguito adattato e applicato anche su altre specie di canidi, come i coyote (Gese e Ruff, 1998) e gli sciacalli (Giannatos, 2004; 2005; Krofel, 2007; 2008; 2009). Sebbene ad oggi non esistano lavori sperimentali che quantifichino l’efficienza del Jackal Howlinig ( equivalente al Wolf Howling, ma applicato al monitoraggio dello sciacallo) nel rilevare la presenza della nostra specie target, l’utilizzo di stimolazioni bioacustici è comunemente accettata come una delle tecniche più efficienti per stimare l’abbondanza relativa dei canidi che utilizzano gli ululati per comunicare (Gese, 2004).
Nello specifico, la tecnica prevede la riproduzione mediante playback di ululati specie specifici pre-registrati, attraverso appositi emettitori, al fine di stimolare una risposta della specie oggetto del monitoraggio e registrarne gli eventuali ululati di risposta indicativi della presenza. In alcuni protocolli utilizzati per il lupo è previsto che sia lo stesso operatore a imitare con la propria voce l'ululato (Gese, 2004). Questo metodo di monitoraggio si basa sull'assunto che i canidi in generale, e gli sciacalli nel nostro caso specifico, siano predisposti a rispondere ad emissioni con frequenza analoga a quelle del loro ululato, poiché per queste specie le vocalizzazioni hanno funzioni, oltre che sociali, anche di difesa del territorio e/o delle risorse (cuccioli, prede, tane etc.), come già riportato in precedenza (paragrafo 1.10.1).
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Inoltre, il corretto utilizzo di questa tecnica richiede la capacità dell’operatore di discriminare le risposte di specie diverse di canidi, ad esempio degli sciacalli da quelle di cani o lupi, oltreché quella di distinguere gli ululati dei cuccioli da quelli degli adulti.
Questa tecnica consente, pertanto, di verificare la presenza della specie target, stimare il numero minimo di gruppi familiari, accertare eventi riproduttivi e localizzare i randez-vouz presenti nell'area di studio. E' necessario tuttavia precisare che, se una risposta attribuibile con certezza alla specie target è una indicazione inequivocabile della sua presenza, l’assenza di risposte non implica automaticamente l'assenza della specie target. È possibile, infatti, che gli animali possano non rispondere alla stimolazione, a causa di svariati motivi, come ad esempio: la lontananza dalla core area, la paura, il periodo di stimolazione errato; oppure la loro eventuale risposta potrebbe non essere udibile dall’operatore perché proveniente da una distanza troppo elevata o perché le condizioni d’ascolto non sono ottimali (ad es. con vento contrario). Il Jackal-Howling è una tecnica d’indagine che non permette, pertanto, di effettuare stime precise del numero di individui e/o di branchi della specie di interesse in una determinata area, tuttavia risulta essere un efficace metodo per determinare il numero minimo di individui, di branchi e di eventi riproduttivi.
Si tratta comunque di una tecnica che, pur nella sua semplicità, risulta influenzata da diverse variabili, quali la tipologia dello stimolo, l'etologia della specie oggetto di studio, la formazione degli operatori, le condizioni ambientali e quelle operative. Analizzeremo adesso più nel dettaglio le diverse variabili menzionate al fine di capire in che modo esse possono influenzare l'efficacia di un piano di monitoraggio basato sul Jackal-Howling:
1. Tipologia dello stimolo. L’emissione può essere corale o singola, la qual cosa può indurre tipi di risposte diverse da parte di gruppi e/o individui solitari. Anche il volume di emissione può essere una variabile determinante in quanto, ad esempio, gli animali potrebbero essere inibiti in caso di emissioni
effettuate a volumi troppo alti.
2. Etologia della specie. Gli individui solitari tendono a rispondere meno rispetto ai gruppi familiari, soprattutto quando vengono stimolati con registrazioni di ululati corali. Come già descritto nell'introduzione (paragrafo1.10.1), secondo alcuni autori la frequenza di risposta alle stimolazioni è densità dipendente (Macdonald, 1979; Jhala e Moehlman, 2004; Giannatos, 2005; Krofel, 2008), ciò implica che i gruppi che occupano le zone più marginali dell’areale di distribuzione di una popolazione hanno un tasso di risposta inferiore rispetto ai gruppi che vivono al centro delle stesse. Un altro
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fattore che influenza la frequenza delle risposte è sicuramente legato all’età degli individui, è infatti dimostrato come i cuccioli e i giovani siano tendenzialmente più inclini a vocalizzare rispetto agli adulti. Infine, anche la stagionalità influenza in maniera significativa il tasso di risposta: durante il periodo riproduttivo (gennaio-marzo) e nel periodo in cui i cuccioli escono dalla tana (giugno-agosto) il tasso di risposta è più elevato rispetto ad altri periodi dell'anno.
3. Formazione dell'operatore. Si tratta della capacità della persona di udire e discriminare gli ululati e di attribuirli correttamente alla specie. E’ stato stimato che la massima distanza a cui è possibile udire una risposta di sciacallo è di 2-2,5 km in ambiente aperto mentre si riduce in bosco e in ambiente montuoso (Giannatos et al., 2005). Risulta, pertanto, fondamentale calibrare il piano sperimentale in modo che gli operatori possano operare in condizioni ideali.
4. Condizioni ambientali. Le condizioni climatiche (vento, pioggia, nebbia, etc.) possono influenzare la diffusione del suono oltre che la capacità dell’operatore di percepire le eventuali risposte. La morfologia e l'orografia dell'area di studio possono avere una forte influenza sulla dispersione del suono, fungendo da canali o da barriere per la diffusione delle vocalizzazioni.
5. Variabili operative. L'orario in cui si eseguono le emissione è un fattore fondamentale per la riuscita dei piani di monitoraggio: i tassi di risposta generalmente sono massimi durante le ore notturne, periodo in cui diminuiscono le fonti di disturbo antropico e si ha una minor probabilità di interazioni con la popolazione umana.
Anche l’eventuale presenza e/o vicinanza di fonti di disturbo, quali strade, torrenti, fiumi, ferrovie, etc, può condizionare significativamente sia l’emissione che la registrazione dei suoni.
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