Capitolo 3: L’universo di Murakami prende forma
3.5 Sobrietà, ritmo e humor: la base di uno stile personale
Siamo ormai giunti al termine dell’analisi, iniziata con il secondo capitolo. Tuttavia, prima, di chiudere il discorso, non si può tralasciare un aspetto di fondamentale importanza quando si parla di Murakami: quello del buntai, lo stile.
Lo scrittore, sin dal suo primo lavoro, ne ha voluto delineare uno del tutto personale e non senza successo: sono molti i critici che individuano proprio in questo aspetto la parte più interessante di Ascolta la canzone del vento, come ad esempio Rubin o Miura, menzionato nel capitolo precedente.
Murakami, nella conferenza L’uomo-pecora e la fine del mondo (tenuta presso Berkeley, l’Università della California il 17 novembre 1992),74 parla delle influenze che gli scrittori americani e britannici hanno avuto su di lui. Di questi autori, Murakami ammira lo stile e le storie, che, a sua detta, hanno un che di magico; per contro, egli non è riuscito ad essere “affascinato allo stesso modo dai romanzi giapponesi contemporanei”, motivo per cui, si è chiesto: “perché non è possibile ricreare quella magia e quell’incanto nella lingua giapponese?”.75 Questo, dunque, è il suo punto di partenza. In seguito, nello stesso discorso, Murakami individua le tre caratteristiche fondamentali su cui egli ha voluto plasmare il proprio stile: sobrietà, ritmo e humor, tutti elementi sviluppati a partire dall’esordio.
Per quanto riguarda il primo punto, lo scrittore spiega come egli non renda le frasi eccessivamente pregne di significato, ma come, invece, ve ne infonda giusto il necessario, per non appesantirle troppo e avere allo stesso tempo delle frasi semplici,
74 Il testo di questa conferenza non è stato pubblicato, ma se ne trovano alcuni passi nell’opera di
Rubin, che ha ottenuto la trascrizione direttamente da Murakami. RUBIN, Haruki Murakami and the
Music of Words, cfr., p. 426, nota n. 3.
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ma non “vuote”. Come ottenere questo risultato? Nella stesura del manoscritto di Ascolta la canzone del vento, Murakami fa una sorta di esperimento: si costringe a scrivere le prime pagine in inglese; in questo modo, a causa delle limitazioni lessicali causate dal fatto di scrivere in una lingua straniera, le frasi che ne risultano sono ridotte all’osso, costituite da poche parole e da una sintassi semplice. Così, si viene a creare anche una sorta di ritmo veloce, che, tuttavia, sembra dovere molto anche all’influenza — e all’amore — che Murakami prova per la musica, jazz in particolare. A contribuire alla sinfonia creata da Murakami concorrono vari elementi: congiunzioni, quali, ad esempio soshite (“e poi”, “così”, ecc.) e sorekara (“quindi”, “dopo di ciò”, “in seguito”, ecc.); l’ utilizzo della forma -te kara nella descrizione di azioni consequenziali, cui lo scrittore pone particolare accento, spesso lasciando raccontare alla voce narrante, in maniera minuziosa, tutti quei gesti quotidiani che, di solito, vengono tralasciati e dati per scontato; ancora, l’uso basilare, nella coordinazione di due o più periodi, della forma in renyōkei dei verbi, che pure contribuisce a dare una cadenza incalzante alla narrazione. Il risultato è una prosa costituita da periodi brevi, dalla sintassi semplice, facilmente traducibili, ma dal forte potere evocativo. Come Tsuge evidenzia, nella scrittura di Murakami si denota, infatti, il ricorso a “metafore sferzanti e il gusto per espressioni inusuali”,76 di cui si è già fatta menzione, in grado di solleticare la fantasia del lettore e che, secondo il critico, lo scrittore riprende da Raymond Chandler. A volte le analogie e le similitudini sono di difficile comprensione, ma comunque in grado di affascinare; altre, invece, capita che le parole espresse siano tanto azzeccate (quanto poco banali) da far sfiorare la commozione al lettore.
A sobrietà e ritmo, in maniera altrettanto importante, si aggiunge lo humor, l’ironia, altro fattore che, secondo Tsuge, accomuna Murakami e Chandler: “voglio far ridere la gente di gusto”,77 confessa lo scrittore nipponico nella stessa conferenza citata poco fa. In Ascolta la canzone del vento il narratore è senza dubbio dotato di questa qualità, che emerge sia nelle sue riflessioni che nei dialoghi. Per quanto riguarda questi ultimi, hanno anch’essi un ritmo molto veloce, spesso costituiti da brevi domande e rapide risposte, con battute anche di una sola parola (anche se non mancano monologhi): tali dialoghi, che rispecchiano l’immediatezza del parlato, potrebbero essere usati, così come sono, in un film o in una recita a teatro, (qualità che, forse, riflette l’influenza degli studi di drammaturgia e della passione per il cinema dello scrittore).
76TSUGE, I segreti di Murakami, cit., p. 83.
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Nel complesso, la prosa che Murakami crea è basata su una lingua che, secondo molti, si discosta dalla lingua giapponese vera e propria e, anzi, alcuni la criticano asserendo che sia un insulto all’idioma nipponico. Alcuni ne denotano la semplicità, definendola yomiyasui 読 み や す い (“facile da leggere”) e, allo stesso tempo sottolineano la “leggerezza”, karusa 軽 さ, dei contenuti, anche se, per alcuni, queste due caratteristiche sono frutto di superficialità, piuttosto che di una scelta ponderata. Inoltre, Murakami sarebbe arrivato tanto lontano con il suo esperimento iniziale di scrittura in inglese e successiva traduzione in giapponese che il suo è stato in seguito definito “uno stile senza nazionalità” (mukokuseki na sutairu 無国籍なスタイル), basato su una lingua che non è inglese, ma che non è nemmeno del tutto giapponese, come, ad esempio, afferma Ōe: “Murakami scrive in giapponese, ma la sua scrittura non è davvero giapponese. Se lo si traduce in inglese-americano, potrebbe essere letto in maniera del tutto naturale a New York”78 dice l’autorevole scrittore in una discussione con Ishiguro Kazuo 石黒一雄. Il concetto di uno stile privo di un’identità nazionale è, ad esempio, ripreso da Strecher il quale identifica tale caratteristica come un “efficace passaporto” per l’autore “ad avere accesso alle culture di ogni parte del mondo” ed essa avrebbe addirittura “aiutato ad ammorbidire le relazioni culturali con le altre parti dell’Asia Orientale dove il recente passato coloniale del Giappone era rimasto un punto dolente”.79 A contribuire in maniera cospicua a questo gusto cosmopolita, oltre alla sintassi facilmente trasponibile in inglese (ma non solo) è senza dubbio anche la presenza della cultura americana ed europea, con canzoni, romanzi e film, di cui si è parlato in precedenza, a discapito della tradizione giapponese. Questa tuttavia, non è assente: essa è rintracciabile soprattutto nella liricità che caratterizza alcuni passi, sottolineata in relazione ad Ascolta la canzone del vento, ad esempio, da uno dei giudici della giuria del premio Gunzō, Maruya Saichi, il quale prevede il futuro sviluppo dello stile di Murakami commentando che “lo stile del romanzo all’americana tinteggiato dalla liricità alla giapponese diventerà forse, un giorno, la caratteristica più originale di questo scrittore”.80
Infine, un aspetto che non emerge in maniera distinta nell’opera d’esordio è la tendenza dell’autore a fondere sapientemente formule di diversi generi, dalla fiaba ai romanzi d’avventura, dall’hard-boiled al thriller, dal mistery all’horror, dal romanzo
78STRECHER, The Forbidden Worlds of Haruki Murakami, cit., p. 11. 79STRECHER, “At the Critical Stage”, cit., p. 857.
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storico alla science fiction, dalla parodia alla satira:81 quest’aspetto di commistione inizierà a delinearsi con più chiarezza a partire dal più complesso Nel segno della pecora.
In questo capitolo abbiamo attraversato numerosi aspetti di Ascolta la canzone del vento, partendo dai suoi personaggi e chiudendo il cerchio con lo stile: in ogni singola sezione, si è visto quali siano le caratteristiche che si sarebbero ripresentate con costanza nella narrativa di Murakami, cosa sarebbe stato sviluppato e cosa, invece, avrebbe subito un cambio di direzione.
Probabilmente ogni singolo elemento che costituisce l’universo dello scrittore meriterebbe una monografia e si potrebbe scrivere ancora molto senza per questo andare a ripetere quanto è già stato espresso, la cui mole, peraltro, dire che sia enorme sarebbe un eufemismo: in questa tesi, invece, tramite un’analisi completa dell’opera d’esordio, si è voluto offrire una panoramica generale dei suoi aspetti fondamentali, la bozza a matita su cui poi Murakami avrebbe disegnato la propria carriera.
81 Tuttavia, sembra essere Heartfield con le sue opere a rappresentare, in parte, queste
caratteristiche, stando alla descrizione che fornisce Boku nei frammenti trentadue e quaranta: da esse, in generale, emerge che il fittizio scrittore statunitense scrivesse opere in parte auto-biografiche, d’avventura e ricche di elementi sovrannaturali, ma anche di sarcasmo e ironia. Seats, invece,
sostiene che, in Ascolta la Canzone del Vento, Murakami giochi già con le canoniche formule letterarie, in particolare con quella dello shi shōsetsu 私小説 (“romanzo dell’Io”, forma di romanzo- confessionale giapponese della tradizione del jun bungaku), facendo della novella una parodia di tale genere letterario: il primo e più chiaro indizio, secondo il critico, è l’utilizzo del pronome di prima persona singolare maschile boku contrapposto al watashi dello shi shōsetsu, insieme alla tendenza del narratore a non essere del tutto sincero; quest’ultima caratteristica sarebbe una netta rottura col presupposto di veridicità alla base del moderno romanzo confessionale dell’Io della tradizione
giapponese. Di conseguenza, Ascolta la Canzone del Vento non sarebbe altro che una parodia atta a criticare le convenzioni e istituzioni letterarie. Cfr. SEATS, Murakami Haruki: The Simulacrum in Contemporary Japanese Culture.
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