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SOCIALITA’

Ogni popolazione di lupo è suddivisa in unità sociali stabili, dette branchi, solitamente composti da una coppia dominante di riproduttori (coppia alfa), dai cuccioli nati nell’anno e da eventuali individui sub-adulti (di età inferiore ai 22 mesi) o di rango gerarchico inferiore, quasi sempre imparentati con la coppia dominante (Randi et al., 2013).

Secondo Mech (1970) esistono quattro fattori principali che influenzano la dimensione del gruppo:

(1) il numero minimo di lupi richiesto per localizzare e uccidere la preda (2) il numero massimo di lupi che la preda cacciata può sfamare

(3) il numero di altri membri del branco con cui ogni individuo può stabilire legami sociali

(4) il grado di competizione sociale che ogni individuo può sopportare. La disponibilità di prede è un ulteriore fattore che interviene nella regolazione delle dimensioni del branco, in quanto influenza direttamente il tasso di sopravvivenza e produttività e, indirettamente, l'intensità della competizione tra i membri del gruppo (Zimen, 1976).

In Italia i branchi (Fig. 1.8) sono composti in media da 2 – 8 individui in tarda estate (Boitani e Ciucci, 1996 ) mentre in America settentrionale ogni branco può essere costituito da 2 a 15 individui, con un caso eccezionale di 36 individui in Alaska (Rausch, 1967).

Fig.1.8 Lupa italiana. Si può notare la caratteristica colorazione del mantello estivo (da www.antonioiannibelli.it, 2018)

Come in altri Paesi fortemente antropizzati, anche nei nostri territori il fattore che condiziona di più la dimensione dei branchi è la persecuzione da parte dell'uomo (Capitani, 2006). Le dimensioni del branco possono variare, in funzione di vari fattori, ad esempio la densità di popolazione e la disponibilità di prede. Esistono quindi situazioni in cui per il lupo è più conveniente organizzarsi in branchi numerosi e strutturati, soprattutto se le prede sono abbondanti e di grosse dimensioni, e altre in cui la minor disponibilità di prede rende poco conveniente la sopravvivenza di branchi numerosi a causa delle maggiori difficoltà a reperire cibo per tutti i suoi componenti: in questo caso all’interno della popolazione è possibile trovare individui solitari o associati in piccoli gruppi. Spesso si tratta di giovani maturi sessualmente che si sono distaccati volontariamente dall’unità familiare alla ricerca di un nuovo territorio e di un compagno per riprodursi (Mech e Boitani, 2003), oppure di vecchi individui che hanno perso il compagno o di lupi cacciati dal branco. I lupi

abbandonate dal branco stesso (Harrington e Mech, 1979).

La dimensione del branco, insieme alla densità di popolazione ed al comportamento spaziale delle prede (migrazioni, spostamenti, erratismi), determina l’ampiezza del territorio utilizzato e difeso dal branco: in America settentrionale l’estensione delle aree vitali può variare da circa 60 Km2 a oltre 3000 Km2 (Ballard et al., 1987), mentre per l’Italia i valori noti sono compresi tra i 150 e 250 Km2 (Apollonio et al., 2004). Ciascun branco occupa un

territorio, che viene difeso e delimitato nei confronti dei branchi confinanti attraverso la marcatura con escrementi in siti strategici ed emissioni vocali (ululati) che coinvolgono tutti i componenti. Possono esserci parziali sovrapposizioni territoriali. Gli individui solitari ed i piccoli gruppi non sono impegnati nella difesa attiva di alcun territorio e si spostano tra quelli dei branchi stabili, con cui evitano i contatti (Mech, 1974).

Nel branco è presente una struttura gerarchica che riguarda entrambi i sessi e che viene mantenuta attraverso vari meccanismi di controllo sociale. I ruoli, le posizioni di ciascun individuo nel branco, si traducono in un differente accesso alle risorse alimentari, nella possibilità di accoppiarsi e riprodursi e nel potere decisionale assunto durante le attività principali quali gli spostamenti, la caccia e la difesa del territorio (Mech, 1970; Carbyn, 1987).

In genere, in un branco c’è solo una coppia di riproduttori, mentre gli altri membri del gruppo non possono accoppiarsi, se non in situazioni particolari; raramente gravidanze esterne alla coppia alfa vengono portate a termine, in quanto i due individui dominanti inibiscono la riproduzione dei loro subordinati in vari modi, come ad esempio, attraverso ingerenze durante la fase di corteggiamento e interruzione fisica della copula (Mech, 1970). Inoltre,

il costante stato di sottomissione ed il basso rango dei subordinati, possono ridurre la fertilità delle femmine e la predisposizione alla copula dei maschi (Randi et al., 2013).

I rapporti sociali all’interno di ciascun branco sono regolati da una gerarchia di comportamenti e di funzioni, sono fondamentali per la coesione del branco e si creano e rafforzano durante il corteggiamento e l'accoppiamento della coppia dominante, durante l'allevamento dei piccoli da parte degli adulti e tra i cuccioli nelle prime settimane di vita.

Fig.1.9 Il gioco è fondamentale per creare e rafforzare i legami sociali tra i cuccioli (foto di Antonio Iannibelli)

RIPRODUZIONE E ALLEVAMENTO DEI CUCCIOLI

Il lupo è una specie monogama e territoriale, ogni coppia può restare unita per molti anni ed utilizza il proprio territorio per la caccia e la riproduzione; quest’ultima è preceduta da una fase di corteggiamento di durata variabile e le potenzialità riproduttive dipendono dallo stato nutrizionale degli animali. L’estro delle femmine dura circa 5 – 7 giorni e avviene un’unica volta durante l’anno in un periodo che, secondo la latitudine, può variare tra i mesi di gennaio e marzo (in Italia tra gennaio e febbraio). La gestazione ha una durata di 58 – 63 giorni, al termine dei quali nascono in media 6 cuccioli, con variazioni tra 1 e 11 cuccioli (Mech 1974), che alla nascita sono ciechi e sordi, pesano circa 500 g ed hanno scarse capacità di termoregolazione.

La nascita avviene in una tana, situata in una zona poco accessibile all’uomo, scavata appositamente o ottenuta adattando quella di altre specie o in rifugi naturali come anfratti rocciosi (Fig. 1.11), in uno dei siti di rendez-vous (punti di incontro), spesso in piccole radure all’interno di boschi, dislocati all’interno del territorio del branco; attorno alla tana si concentra l’attività dell’intero branco e i membri del gruppo vi fanno ritorno portando il cibo alla femmina ed ai piccoli (Randi et al., 2013).

Fig.1.10 In caso di pericolo, la madre utilizza la bocca per trasportare i cuccioli da una tana all’altra (foto da

Ciucci e Mech (1992) hanno osservato una correlazione positiva tra la posizione della tana e la dimensione del territorio: solo in territori vasti essa tende ad essere centrale, in modo da minimizzare le distanze da e per la tana, mentre in territori relativamente piccoli la sua localizzazione rispetto al centro è casuale. Spesso, inoltre, la tana è situata in zone isolate e prossime ai corsi d’acqua.

L’allattamento, che dura fino al ventesimo giorno di vita, viene in seguito associato a cibo predigerito rigurgitato ai piccoli da parte degli adulti del branco e che sostituirà progressivamente il latte nel giro di 20 – 30 giorni (Randi et al., 2013).

Dopo 40 giorni i cuccioli cominciano a nutrirsi del cibo solido portato dagli adulti dopo la caccia (Fig. 1.12), mentre dopo 7-8 settimane dalla nascita, i cuccioli si allontanano definitivamente dalla tana e l’intera attività del branco

Fig.1.11 Un lupo nei pressi della tana con i suoi due cuccioli nello Juraparc vicino Vallorbe in Svizzera (www.chantouvivelavie.c.h.pic.centerblog.net).

si sposta in una successione di aree (rendez-vous sites), dove avviene la fase finale dello sviluppo dei nuovi nati. In assenza di elementi di disturbo, gli home-

sites ( tane e rendez-vous sites) possono essere utilizzati anche per più anni di

seguito (Ciucci et al., 1997).

Dal 4°–5° mese di vita i giovani assumono un mantello più folto, molto simile a quello degli adulti, e sono in grado di seguirli negli spostamenti. Il cibo in questo caso viene portato ai cuccioli in diversi punti d’incontro (rendez-

vous sites), stabiliti dagli adulti all’interno del proprio territorio. Dal 7° mese il

giovane ha definitivamente assunto l’aspetto tipico della specie, ma il completamento dello sviluppo dell’apparato scheletrico e il raggiungimento delle dimensioni definitive avviene ad un anno di età, mentre la maturità sessuale giunge dal secondo anno di età (Mech, 1970; Randi et al., 2013).

Fig.1.12 Un lupo adulto del branco viene accolto festosamente dai cuccioli dopo una battuta di caccia (www.all4animals.it)

IL FENOMENO DELLA DISPERSIONE

Normalmente i giovani rimangono all’interno del branco sino al raggiungimento del secondo anno di vita, quando raggiungono la maturità sessuale; a questo punto, se le risorse trofiche sono abbondanti, possono continuare la vita col branco, oppure, in alternativa, possono disperdersi, alla ricerca di un territorio idoneo alla formazione di un nuovo branco. Tale processo, che in genere si verifica tra l’autunno e la primavera, aumenta, da un lato, le probabilità riproduttive dei singoli individui e il potenziale riproduttivo della popolazione, e riduce, dall’altro, il rischio di incroci tra consanguinei (inbreeding) e la possibilità di sovrautilizzo delle risorse trofiche dell’area, favorendo, nello stesso tempo, la continua espansione dell’areale di distribuzione (Randi et al., 2013).

Durante l’anno sono stati evidenziati due picchi di dispersione: uno tra febbraio e aprile e l’altro tra ottobre e novembre (Geese e Mech, 1991). Il successo della dispersione può dipendere da numerosi fattori, quali (1) la disponibilità di prede, (2) la disponibilità di aree vacanti, (3) l’incontro con un compagno (Fuller, 1989), (4) l’esperienza e (5) la maturità sessuale. I lupi in dispersione possono coprire grandi distanze, anche di diverse centinaia di chilometri (Kojola et al., 2004). I fenomeni di dispersione individuale sono più frequenti in popolazioni in fase di espansione o sottoposte a elevata mortalità, oppure in situazioni di carenza di prede: in questi casi l’unità sociale fondamentale è la coppia di riproduttori, che alleva i cuccioli fino al momento della successiva riproduzione (Randi et al., 2013). La dispersione degli individui fa sì che molte popolazioni locali in realtà non siano isolate, ma vivano in territori di caccia parzialmente sovrapposti, oppure possano essere connesse

da individui in dispersione. Ne consegue che gli ambiti territoriali occupati dal lupo non possono essere confinati all’interno delle sole aree protette, che hanno dimensioni insufficienti, ma possono includere anche ampie aree non protette. Questo implica che la conservazione del lupo dipende dalla sua capacità di sopravvivenza anche in aree non protette dove normalmente la presenza e l’attività umana è più intensa. Per gli stessi motivi la gestione delle popolazioni di lupo ha quasi sempre una dimensione transfrontaliera: ad esempio, in Appennino settentrionale, la gestione del carnivoro assume una dimensione interregionale, poiché gli stessi individui e branchi sono condivisi fra più regioni ai due lati del crinale appenninico tosco-emiliano, mentre nelle Alpi, la dimensione è addirittura internazionale, poiché gli stessi individui e branchi sono condivisi fra Italia, Francia e talvolta anche Svizzera (Randi et al., 2013).

Oltre alla popolazione di individui che vivono in branchi territoriali, esiste quindi, una discreta proporzione di lupi solitari e transienti, i quali si muovono preferibilmente lungo i margini di territori già occupati (Peter e Mech, 1975), ma con incursioni occasionali nei territori adiacenti (Messier, 1985).

In Italia non disponiamo di dati al riguardo, se non per rari casi. Negli anni ‘70 in Abruzzo è stato osservato il caso di un maschio dotato di radiocollare, che in circa una settimana ha percorso 90 km (Boitani, 1986). Inoltre, nella primavera-estate 2004, il lupo Ligabue, rinvenuto ferito in prossimità di Parma, a seguito del rilascio sull’Appennino parmense ha percorso più di 1000 Km, giungendo fino in Francia, per poi stabilirsi nelle Alpi Marittime italiane, in prossimità del territorio di un branco di lupi: proprio

questi ultimi potrebbero essere stati responsabili della sua morte (Ciucci et al., 2009).

Nonostante, per vari motivi, possa esserci un rapido turnover di individui all’interno dei branchi, oppure se i branchi vengono disturbati ed i singoli individui vengono uccisi, le aree occupate tradizionalmente tendono ad essere mantenute in modo stabile e continuo nel tempo. Ciò indica che il bracconaggio non rappresenta una “soluzione” che possa limitare stabilmente la presenza del lupo e che possa efficacemente controllare l’impatto delle predazioni sul bestiame domestico (Randi et al., 2013).

TERRITORIALITA’

Il territorio occupato da un branco comprende le aree di caccia e di spostamento (Mech, 1970) e viene difeso tramite segnali di presenza acustici come l’ululato (Harrington e Mech, 1982), che agiscono a favore della distanza, e olfattivi, come la marcatura odorosa, che agiscono per un tempo prolungato: tutto ciò consente di ridurre al minimo l’incontro diretto con individui estranei, che possono essere causa di scontri anche mortali (Peters e Mech, 1975; Rothman e Mech, 1979).

Spesso i territori di branchi vicini possono sovrapporsi e si creano aree a cuscinetto (buffer zones) frequentate da entrambi i branchi in momenti diversi: in queste zone le marcature odorose diventano più frequenti e sono indicative dell’intervallo temporale trascorso dall’ultimo passaggio di ogni branco (Mech, 1970 e Mech et al., 1995).

La distanza degli spostamenti dipende dalla distribuzione delle prede; i lupi che vivono in aree con bassa densità di prede si spingono in aree

extraterritoriali e presentano una dimensione del territorio ampia e instabile nel corso dell’anno (Messier, 1985). In alcune aree caratterizzate da una forte antropizzazione e scarsità di prede selvatiche, i lupi hanno sfruttato in modo opportunistico le risorse di origine antropica (i rifiuti) (Meriggi et al., 1991): ciò ha modificato le attività svolte nel loro territorio, divenuto estremamente ridotto e stabile nel corso dell’anno, a causa della continua disponibilità e della ridotta localizzazione spaziale della fonte di cibo. In tali circostanze, nell’Appennino centrale (Abruzzo) i valori medi dell’areale occupato oscillavano tra i 120-200 Kmq (Ciucci et al., 1997).

I lupi sono attivi sempre, sia di giorno sia di notte (Mech, 1970; Merrill

et al., 2000; Theuerkauf et al., 2007). Nelle aree con maggior disturbo

antropico, l’attività si concentra nelle ore notturne (Ciucci et al., 1997, Hefner e Geffen, 1999; Kusak et al., 2005), in modo da ridurre la possibilità di incontri con l’uomo per lupi che basano la propria dieta su rifiuti recuperati in discariche di origine antropica (Ciucci et al., 1997) o su carogne e bestiame domestico. Al contrario, in Canada (Kolenosky e Johnston, 1967), nelle foreste del Minnesota (Mech, et al 1995), in Alaska (Peterson et al.,1984) e nella Foresta di Bielowieza (Theuerkauf et al., 2003), è stato evidenziato che i lupi possono adattarsi alla presenza umana mantenendo invariato nel corso delle ventiquattro ore il proprio stile di vita (Fig. 1.13). La segregazione spazio- temporale fra uomo e lupo dipende dall’attività di caccia di quest’ultimo. Nelle aree più naturali, prive di insediamenti urbani e con maggior densità di prede selvatiche, il branco è attivo durante la notte, in rapporto agli spostamenti e al foraggiamento principalmente notturno delle specie preda (Theuerkauf et al., 2003).

I lupi si spostano frequentemente lungo sentieri, strade, forestali, linee spartifuoco e lungo le piste di altri animali, sono spesso abitudinari e utilizzano potenzialmente determinati sentieri anche per anni. Studi effettuati con l’ausilio della telemetria nell’Appennino centrale, hanno evidenziato che le distanze minime percorse all’interno di un territorio nell’arco delle 24 ore possono variare da 1-10 km a 17-38 km (Boitani, 1986; Ciucci et al.,1997). Tali distanze vengono coperte prevalentemente nelle ore notturne; infatti, gli spostamenti iniziano al tramonto e continuano durante la notte per terminare il mattino successivo, probabilmente in relazione all’attività di foraggiamento delle specie-preda e alle temperature più calde del giorno (Mech et al, 1995). La velocità media di spostamento notturno è di circa 2,5 km/ora, oltrepassando a volte i 7 km/ora (Ciucci e Boitani, 1998). L’attività di branco è caratterizzata da movimenti radiali di individui singoli o in coppia che si dipartono dall’homesite e che generalmente vi fanno ritorno dopo un giorno (Joslin, 1967; Fritts e Mech, 1981; Messier, 1985; Okarma, 1995; Ciucci et al., 1997; Okarma

et al., 1998).

Fig.1.13 Branco di lupi cammina in fila nella neve in pieno giorno (foto da www.abruzzolive.it).

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