Capitolo 4 La grande esclusa: la visione
4.3 Non solo guida, ma anche parte costituente L‟integrazione multisensoriale
Il mantenimento dell‟equilibrio, seppur fondamentale per la realizzazione di ogni nostra azione, non è l‟unico compito il cui controllo viene attribuito allo schema corporeo. Spesso si ritiene35, infatti, che questa rappresentazione strutturale abbia anche la funzione di fornire una mappa spaziale del corpo, utile a controllare in tempo reale ciò che succede a livello epidermico. Ovviamente, al fine di garantire la massima velocità di risposta è necessario che una simile codifica sia diretta e immediata, e che non poggi sulla sovrapposizione di dati qualitativamente diversi fra loro. Considerando l‟organizzazione somatotopica del sistema somatosensoriale, è facile pensare che una simile operazione di controllo abbia una matrice esclusivamente tattile, relegando di conseguenza ogni altro contributo sensoriale a un ruolo di semplice supporto, eventualmente anche importante, ma in definitiva non necessario.
Abbiamo già iniziato a incrinare il valore di una simile clausola di esclusività quando abbiamo enfatizzato il ruolo della visione all‟interno dei processi che regolano il fenomeno dell‟autopercezione, e ora ci accingeremo a perfezionare ulteriormente queste critica corroborandole con alcune evidenze sperimentali particolarmente significative. L‟idea, in breve, è che si debba rilevare la necessità di sostituire una vecchia nozione di schema corporeo basata sul principio della monosensorialità tattile con una nuova concezione fondata sulla capacità di sintetizzare fra loro informazioni provenienti da
35
Vedi Paillard, J. “Vectorial versus configural encoding of body space. A neural basis for a distinction between body schema and body image”, in Knockaert, V., De Preester, H. (a cura di), Body
Image and Body Schema: Interdisciplinary perspectives, John Benjamins Publishing CO, Amsterdam,
110 diversi domini sensoriali. In particolare, ci concentreremo sulla necessità di integrare le informazioni tattili con quelle visive36.
Il modo migliore, almeno a parere di chi scrive, per comprendere l‟urgenza di un simile passaggio è abbandonare momentaneamente l‟analisi del corpo considerato di per sé per spostare la nostra attenzione sullo spazio che lo circonda. Così facendo, facciamo il nostro ingresso in una dimensione animata dalla “potenza delle connessioni”37
delle cose che lo abitano, dove però queste connessioni non legano solo i vari oggetti fra di loro, ma anche a noi, soggetti vivi, attivi e dotati di un corpo. Incontriamo insomma uno spazio fondamentalmente egocentrico in cui tutto viene misurato in relazione alla nostra posizione e al cui interno si verifica una frattura insanabile fra una dimensione che esperiamo come vicina e una seconda dimensione che esperiamo invece come lontana.
È facile constatare, infatti, che non tutti i nostri sensi hanno lo stesso raggio di azione38: alcuni oggetti sono abbastanza lontani da poter essere raggiunti soltanto da un limitato numero di sensi – vista, olfatto e udito – mentre altri sono abbastanza vicini da poter essere bersagliati anche dal tatto39 e, in casi estremi, anche dal gusto. Lo spazio vicino, in altre parole, risulta qualitativamente più complesso di quello lontano, in quanto poggia su un meccanismo elaborativo capace di integrare le informazioni tattili – proprie della dimensione corporea – con le informazioni provenienti da tutti gli altri canali sensoriali.
Decisiva, in questo senso, è stata poi la scoperta – all‟interno del cervello dei primati inferiori – dei cosiddetti neuroni visuo-tattili40, capaci di rispondere tanto a stimoli somatici quanto a stimoli visivi in quanto dotati di entrambi i campi recettoriali. Registrando l‟attività di alcune popolazioni di neuroni parietali, Rizzolatti e collaboratori scoprirono che una buona parte dei neuroni testati rispondeva sia quando il corpo dell‟animale veniva effettivamente toccato sia di fronte alla presentazione di uno stimolo visivo in semplice avvicinamento. Questo stimolo visivo, in altre parole, veniva
36
A rigore, un discorso analogo dovrebbe essere condotto anche a proposito dell‟integrazione, a questa classe di informazioni, dei segnali uditivi. Tuttavia, per coerenza con il resto del discorso, tale questione non sarà argomento di questo lavoro. Basti però, per spirito di completezza, che dati sperimentali analoghi a quelli che discuteremo fra poco relativamente all‟integrazione visuo-tattile riscontrata in presenza dei neuroni bimodali visuo-tattili sono stati raccolti anche relativamente all‟integrazione delle informazioni somatosensoriali, visive e uditive, grazie alla scoperta dei neuroni “trimodali”.
37 Merleau-Ponty, M. op. cit., p. 327.
38 Holmes, N.P., Spence, C. “The body schema and multisensory represetation(s) of peripersonal
space”, in Cognitive process, 5, 2004, pp. 94-105.
39 Solitamente si pensa alla sensibilità tattile come una sensibilità di contatto. Questa convinzione
è in linea di massima corretta, ma esistono delle eccezioni che non possono essere trascurate. Al di là della tatto esplorativo, di quello propriocettivo e della nocicezione, il tatto è in grado di sintetizzare informazioni legate a fonti di calore presenti vicine al corpo. Inoltre il tatto è sensibile alle informazioni che provengono dalla stimolazione dovuta alla variazione di pressione causata dalla presenza di un oggetto mobile esternamente al corpo. Considerato però che queste modalità tattili hanno un limitato raggio di azione, possiamo sostenere che il tatto in qualche modo possa funzionare anche nello spazio vicino, ma dobbiamo comunque escludere una sua recettività in dipendenza da stimoli extrapersonali.
40 Vedi Rizzolatti, G., Scandolara, C., Matelli, M., Gentilucci M. “Afferent properties of
periarcuate neurons in macaque monkeys. II: Visual responses”, in Behavioral Brain Research, 2, 1981, pp. 147-163.
111 recepito da questi neuroni come se fosse un evento tattile riguardante una porzione di spazio che però, in quanto extracorporeo, era di fatto privo di recettori tattili. Una proprietà del genere, però, si manifestava soltanto quando uno stimolo visivo invadeva lo spazio di cattura del primate, ossia quello delimitato dalla misura del suo unico segmento mobile libero: il suo braccio. La presentazione di stimoli visivi, anche interessanti, al di là di questa linea critica non provocava infatti alcuna relazione nei neuroni testati.
Appare allora sensato considerare lo spazio vicino come una sorta di proiezione “gelatinosa”41
centrifuga del corpo e, viceversa, lo spazio della corporeità come una riduzione centripeta della dimensione esterna. Senza dimenticare, poi, che il nostro corpo è un‟entità di per se stessa estesa, che in quanto tale occupa una ben precisa porzione volumetrica di spazio. L‟ipotesi per cui possa esistere una qualche forma di continuità fra lo spazio corporeo e l‟orizzonte spaziale attribuito al mondo esterno appare allora ben più che sensata e si dimostra addirittura convincente.
Il fatto, poi, che i neuroni visuo–tattili reagiscano allo stesso modo di fronte a due stimoli diversi presentati nel settore vicino non fa altro che confermare una simile commensurabilità di fondo42. I neuroni servono – in un qualche modo che non sarebbe pertinente trattare qui – per pensare e per sviluppare intelligenza, ma non sono essi stessi pensanti, né tantomeno sono capaci di esibire un comportamento intelligente. Sono semplicemente cellule che si limitano a rispondere a determinati stimoli indipendentemente dalla nostra volontà e, peraltro, in maniera necessariamente stereotipata. Non accade mai, infatti, che essi rispondano a due stimoli diversi se posti nelle medesime condizioni. Ne segue che se un neurone si attiva di fronte a due stimoli che a noi appaiono diversi, questa diversità è una questione che riguarda noi e non le nostre cellule neurali. I nostri neuroni, insomma, trattano43 questi due eventi come se fossero lo stesso evento ripetuto due volte. Ciò significa che per queste popolazioni neurali – e per il sistema da esse costituito – l‟evento visivo è già un evento tattile e che, di converso, l‟evento tattile è anche un evento visivo.
Se la visione è veramente una forma di palpazione con gli occhi, e le evidenza a carico di questa idea sono abbastanza forti da lasciare ben pochi dubbi a riguardo, allora è inevitabile trovarsi nuovamente a fronteggiare la necessità di modificare lo statuto
41
Vedi Làdavas, E., Farné, A. “Dynamic size-change of hand peripersonal space following tool use”, in Neuroreport, 11, pp. 1645-1649.
42 Ragionare in questi termini sembrerebbe, a prima vista, portare a conclusioni non vantaggiose,
in quanto porterebbe alla perdita del valore di immediatezza che tanto abbiamo enfatizzato quando discutevamo dell‟importanza di possedere una rappresentazione corporea strutturale capace di sdoganarsi dal contributo della visione. Sostenere la possibilità da parte di una simile rappresentazione sintetica di operare anche in assenza di riscontri visivi è però profondamente diverso dal sostenere che la visione sia costitutivamente impossibilitata a contribuire alla realizzazione – o per lo meno alla fruizione – dello schema corporeo.
43 Ovviamente, possiamo ragionare in questi termini solo assumendo metaforicamente che un
neurone possa avere una prospettiva a proposito di qualcosa. Si tratta però, è il caso di ripeterlo, di un‟assunzione molto forzata, che può valere solo se concepita come metafora.
112 dello schema corporeo, così da aprirlo anche a altri contributi sensoriali e in particolare alla visione.
Tuttavia, a causa del particolare tipo di dati che abbiamo appena descritto, possiamo dirci convinti della validità di un simile modello teorico solo nel momento in cui ci limitiamo a applicarlo al contesto dei primati inferiori. Motivi etici impongono infatti alla sperimentazione in ambito umano di non essere invasiva, e questo fa si che i relativi risultati siano decisamente meno precisi di quelli ottenuti in ambito animale. Di conseguenza, non potendo portare la corroborazione di evidenze dirette, gli studi condotti sull‟essere umano non sono in grado di rendere altrettanto difficile da attaccare criticamente le conclusioni che suggeriscono. Questo non significa, però, che una simile generalizzazione sia insensata e del tutto priva di fondamento.
Proviamo, per esempio, a ragionare per assurdo e ipotizziamo che la nostra conclusione sia falsa, ossia che codifichiamo effettivamente la spazialità personale in termini puramente tattili. Cosa succederebbe, in casi come questi? Ovviamente, siccome la nostra intenzione è quella di pesare l‟impatto di eventuali contributi visivi, al nostro piccolo esperimento mentale dobbiamo aggiungere un‟ulteriore clausola che preveda il possesso di una visione normalmente funzionante. Proviamo a immaginare, di essere toccati in diverse parti del nostro corpo da un oggetto esterno e di dover indicare i siti di questi contatti ricorrendo soltanto alle informazioni tattili. Immaginiamo adesso che, contemporaneamente agli stimoli tattili, facciano la loro comparsa anche alcuni eventi visivi, come rapidi movimenti di un‟altra persona o altrettanto rapidi flash luminosi. Se le informazioni aptiche fossero veramente sufficienti, le nostre risposte dovrebbero dipendere solo dalla nostra sensibilità cutanea, e non dovrebbero essere in alcun modo influenzate dall‟entrata in scena di eventi visivi. Sappiamo, però, che non è così, e che una simile influenza può essere anche significativa. Si tratta di un fenomeno molto noto e indagato in letteratura,che gli psicologi chiamano effetto di congruenza – o interferenza – crossmodale.
Tipicamente, questo effetto viene testato facendo tenere in mano a un soggetto44 due scatolette sui sono disposti due congegni vibranti e due LED luminosi45 e
44 Solitamente, questi test vengono condotti su individui neurologicamente sani, e questo fa si
che non si verifichino dei veri e propri errori, ma solo un allungamento o una contrazione dei tempi di reazione. Tuttavia, esistono alcuni lavori in cui il paradigma dell‟interferenza crossmodale è stato indagato anche in pazienti cerebrolesi, in particolare i soggetti da split-brain, e in cui si sono potuti riscontrare degli errori anche molto marcati. Per rendere quantitativamente conto di queste omissioni, è stato introdotta la nozione di Efficienza Inversa (Inverse Efficiency), che equivale alla misura del tempo di reazione medio misurato in una condizione diviso la proporzione di risposte corrette ottenute dal soggetto in quella stessa condizione. Per una descrizione del test e dei suoi risultati nel caso di soggetti afflitti da split-brain, vedi Spence, C., Kingstone, A., Shore, D.I., Gazzaniga, M.S. ”Representation of visuotactile space in the split brain”, in Psychological Science, 2001, 12, pp. 90-93. Vedi anche Townsend, J.T., Ashby, F.G. Stochastic Modelling of Elementary Psychological Processes, Cambridge University Press, New York, 1983.
45 Nella versione standard di questo test il soggetto partecipante doveva mantenere le proprie
braccia diritte davanti a sé, e impugnare con una presa di precisione le due scatolette tenendole verticali. In questo modo i meccanismi vibranti potevano stimolare il dito indice o il dito pollice. In senso analogo, gli stimoli visivi – essendo i LED posizionati di fianco ai meccanismi vibranti – potevano presentarsi in posizione superiore o inferiore.
113 chiedendogli di indicare – nel minor tempo possibile – la posizione in cui ha avvertito la scarica vibrante cercando al tempo stesso di ignorare il segnale luminoso. Registrando i tempi di reazione è facile notare come le prestazioni del soggetto siano più rapide quando i due stimoli sono disposti in maniera congruente, e decisamente rallentate nel momento in cui i due stimoli finiscono per occupare posizioni non congruenti46, in un modo che peraltro dipende significativamente dalla loro lateralità. I soggetti, infatti, tendono a essere più lenti nelle risposte quando i due stimoli provengono da emispazi opposti e più rapidi quando invece sussiste un rapporto di ipsilateralità47.
Infine – esattamente come avveniva per le proprietà dei neuroni visuotattili – è interessante notare che il fenomeno della congruenza crossmodale si verifica solo nel momento in cui lo stimolo visivo viene presentato vicino alla mano stimolata tattilmente. È sufficiente spostare in profondità l‟evento visivo per inibire del tutto qualsiasi effetto di crossmodalità, indipendentemente dalla eventuale congruenza delle posizioni degli stimoli. A essere codificati secondo lo stesso registro sensoriale sarebbero di nuovo, dunque, soltanto lo spazio personale e quello peripersonale, mentre lo spazio lontano risulterebbe generato secondo parametri diversi e incommensurabili rispetto a questi.
Come solitamente accade nel caso di effetti psicologici artificialmente indotti, anche la congruenza crossmodale ha un‟efficacia che varia in maniera inversamente proporzionale al numero delle sue reiterazioni. Tuttavia, una peculiarità di questo effetto è dato dal fatto che esso può mantenersi significativamente presente anche dopo un centinaio di ripetizioni. Molto probabilmente, questa resistenza è da ricondurre al fatto che gli individui sani non riescono a trascurare del tutto ciò che vedono, anche quando il compito specifico assegnato al paziente è esattamente quello di ignorare dei distrattori visivi. In fondo, una simile tenacia non fa altro che corroborare ulteriormente l‟idea che la rappresentazione del proprio corpo passi necessariamente anche attraverso una codifica visiva.
Se lo schema corporeo avesse una natura esclusivamente aptica, un compito come la detezione – e la relativa localizzazione – di stimoli tattili provenienti da agenti esterni non dovrebbe essere modulabile dalla presentazione di uno stimolo visivo, ma il fatto che i tempi di reazione varino in dipendenza della presenza – e della posizione – di uno stimolo visivo indica con chiarezza l‟esistenza di un‟interferenza fra queste due classi di informazioni e, dunque, la capacità di elaborarle in maniera integrata48.
46 Due stimoli hanno una posizione congruente quando vengono presentati entrambi nello stesso
emispazio orizzontale, ossia se sono entrambi collocati in alto o entrambi collocati in basso. In caso contrario, le loro posizioni sono dette incongruenti.
47
Vedi Spence, C., Pavani, F., Driver, J. “The spatial modulation of the crossmodal congruency task”, in Behavioral Cognitive Affective Neuroscience. Vedi anche Spence, C., Pavani, P., Maravita, A., Holmes, N. “Multisensory contributions to the 3-D representation of visuotactile peripersonal space in humans: evidence from the crossmodal congruency task”, in Journal of Physiology, 98, 2004, pp. 171- 189.
48 Per amore di completezza è necessario qui sottolineare che un effetto simile, anche se minore
per quanto riguarda l‟intensità, si verifica quando il test di congruenza cross modale viene eseguito invertendo i parametri e chiedendo al paziente di riconoscere soltanto gli stimoli visivi cercando di
114 Ma le evidenze sperimentali indirette che possiamo addurre a favore della natura multisensoriale dello schema corporeo umano non si limitano soltanto a quelle relative al fenomeno dell‟interferenza crossmodale. Strettamente legata a questo effetto psicologico è infatti la condizione patologica – dovuta a lesioni emisferiche destre – nota con il nome di estinzione, per cui un soggetto tende a ignorare gli stimoli controlesionali quando presentati simultaneamente a stimoli ipsilesionali. Tipicamente, la presenza e l‟eventuale severità dell‟estinzione vengono valutate posizionando il paziente di fronte a uno sperimentatore, chiedendogli di fissare il suo naso mentre quest‟ultimo muove le proprie dita. Se lo sperimentatore muove una sola mano per volta – indipendentemente dalla lateralità – le risposte del paziente sono molto accurate, ma basta chiedere allo sperimentatore di muovere entrambe le mani contemporaneamente per vedere crescere in maniera drastica il numero di risposte errate.
Quella che abbiamo appena descritto è la forma di estinzione unimodalmente visiva, ossia quella per cui uno stimolo visivo estingue la capacità di riconoscere un altro stimolo visivo. Altrettanto frequente, e altrettanto interessante per il nostro discorso, è però anche la sua variante tattile, per cui insorgono difficoltà nella discriminazione di due stimoli aptici reciprocamente conflittuali.
Anche in questo caso, la procedura di valutazione standard consiste in un test semplicissimo che non richiede il supporto di una strumentazione particolare e che può quindi essere eseguita senza ricorrere a spese ingenti di denaro: il paziente viene fatto sedere di fronte allo sperimentatore – questa volta con gli occhi rigorosamente chiusi per evitare qualsiasi interferenza visiva – con le mani distese orizzontalmente e deve solo riportare quale delle due mani viene di volta in volta toccata dall‟esaminatore. Di nuovo, ciò che diventa impossibile per l‟estinguente non è il riconoscimento di stimoli singoli, ma il riconoscimento di uno stimolo proveniente dall‟emispazio controlesionale messo in competizione con un altro stimolo tattile ipsilesionale.
Le forme di estinzione che abbiamo appena visto riguardare la vista e il tatto si limitano a coinvolgere una singola modalità sensoriale alla volta, e vengono per questo classificate come unimodali o monosensoriali. Esiste però la possibilità che l‟estinzione si verifichi anche in maniera crossmodale anche se, a dire il vero una simile possibilità è stata a lungo al centro di un acceso dibattito. Mentre l‟esistenza di un‟estinzione monosensoriale ha potuto godere di un immediato e intuitivo riscontro empirico, la sua variante multimodale è stata infatti inizialmente considerata come una semplice costruzione ipotetica ben lontana dall‟essere realmente esistente.
Non che questo clima teorico, però, fosse imputabile alla mancanza di lavori sperimentali. Piuttosto, va segnalato che i tentativi sperimentali condotti nei primi anni
ignorare i distruttori tattili. Il fatto che anche in questo caso si verifichi una certa interferenza fra i due formati indica che esiste una cross modalità di fondo, ma a questa considerazione possiamo aggiungere anche una valutazione che può essere ricavata dalla stima dei risultati ottenuti in queste condizioni sperimentali. Il fatto, infatti, che questa condizione generi un effetto minore di quello riscontrato nel caso opposto, suggerisce chiaramente come uno stimolo tattile sia più facilmente ignorabile di uno stimolo visivo. Questa considerazione, corrobora ulteriormente l‟ipotesi secondo cui le informazioni visive contribuirebbero alla generazione dello schema corporeo.
115 Novanta del secolo scorso diedero degli esiti radicalmente negativi, a cui sembrava molto difficile riuscire a replicare. Per esempio, Inhoff e collaboratori49 proposero di combinare i due test che noi abbiamo descritto poco fa in un nuovo paradigma sperimentale in cui fosse possibile porre in conflitto non solo la lateralità dello stimolo, ma anche la sua origine sensoriale. In questo nuovo set sperimentale il compito del paziente era semplicemente quello di riportare le volta in cui la sua mano sinistra veniva toccata da quella destra dello sperimentatore. Questa volta però il segnale distrattore non era un secondo contatto, ma un evento visivo coincidente con una rapida flessione del dito indice della mano sinistra dello sperimentatore. Come detto, furono proprio i risultati negativi di questa prima variante sperimentale a spingere l‟opinione scientifica a negare l‟esistenza di una forma multimodale di estinzione. Posti in un contesto sperimentale come quello appena descritto, infatti, gli estinguenti non mostravano alcuna differenza significativa fra la condizione di semplice stimolazione tattile e quella di doppia stimolazione simultanea. È facile capire, allora, come mai all‟epoca si fosse diffusa l‟idea per cui le informazioni visive non sarebbero capaci di interferire sul decorso delle valutazioni basate su criteri tattili.
Tuttavia, questi risultati sono falsati da una premessa metodologica che sarà