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Cassazione penale sez. I, 12/12/2019 (dep. 27/02/2020), n.7898

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa l'08/09/2017 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catanzaro, procedendo con rito abbreviato - previa riqualificazione del delitto di cui all'art.

270-quinquies, c.p., per la parte introdotta dal D.L. 18 febbraio 2015, n. 7, art. 1, comma 3, lett. a), convertito, con modificazioni, dalla L. 17 aprile 2015, n. 43 -, giudicava l'imputato H.M. colpevole del reato ascrittogli, condannandolo alla pena di quattro anni e sei mesi di reclusione.

L'imputato H.M., inoltre, veniva condannato alle pene accessorie di legge, all'interdizione dai pubblici uffici per la durata di cinque anni e alle spese di mantenimento durante la custodia cautelare in carcere.

2. Con sentenza emessa il 27/09/2018 la Corte di assise di appello di Catanzaro, pronunciandosi sull'impugnazione dell'imputato, confermava la decisione appellata e condannava l'appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali.

3. Da entrambe le sentenze di merito, che risultano pienamente convergenti, emergeva che H.M., nell'arco temporale in contestazione, compreso tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS), poneva in essere - mediante contatti con ambienti del terrorismo islamico e attraverso l'utilizzo della rete telematica - un'attività finalizzata ad acquisire un addestramento militare e a compiere atti di terrorismo nel contesto della sfera di operatività dell'organizzazione internazionale denominata Isis, che, com'è noto, è l'acronimo con il quale viene chiamato l'autoproclamatosi Islamic State of Iraq and Syria.

Occorre premettere che il presente procedimento traeva origine dagli accertamenti svolti nei confronti di H., effettuati sulla base di una nota trasmessa dalla D.I.G.OS. della Questura di Roma, con cui si segnalava che l'imputato il (OMISSIS) era stato controllato presso l'Aeroporto di Roma Fiumicino, in cui era atterrato, provenendo dalla Turchia, dove era stato respinto per "motivi di sicurezza pubblica". A seguito di tale segnalazione si accertava che il ricorrente il (OMISSIS), alle ore 6.15, era partito in autobus da Cosenza per raggiungere l'Aeroporto di Roma Fiumicino, dove alle ore 19.20 si era imbarcato su un volo diretto a Istanbul, raggiunto il cui aeroporto la polizia di frontiera rifiutava all'imputato - che era un cittadino di nazionalità marocchina - l'ingresso in Turchia e lo respingeva verso

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l'Italia, con un altro volo che giungeva a destinazione il (OMISSIS).

Si procedeva, pertanto, a eseguire un controllo dei due cellulari di cui il ricorrente disponeva ed essendo tali apparecchi telefonici abilitati alla navigazione su internet si procedeva a controllare le modalità di utilizzazione della rete telematica del ricorrente.

Nello stesso contesto, le forze dell'ordine procedevano a una perquisizione domiciliare presso l'abitazione dell'imputato, ubicata a (OMISSIS), nel corso della quale venivano esaminati i genitori del ricorrente - H.B. e K.E.F. che confermavano che il figlio si era allontanato da casa la mattina del (OMISSIS).

Sulla base di questa piattaforma indiziaria, si procedeva al controllo del traffico telefonico delle utenze cellulari di cui l'imputato disponeva e contestualmente si sottoponeva il ricorrente a un'attività di intercettazione telefonica e ambientale, che consentiva di documentare il crescente interesse di H. verso gli ambienti dell'estremismo islamico contigui che si concretizzava nell'acquisizione di un consistente materiale audiovisivo relativo alla sfera di operatività di tali frange terroristiche.

In questo contesto, i Giudici di merito sottoponevano a un vaglio analitico la documentazione audiovisiva riconducibile agli ambienti del radicalismo islamico e all'attività bellica svolta dall'Isis nell'area siro-irachena, evidenziando che il materiale visionato dall'imputato dimostrava la sua contiguità con il terrorismo di matrice jihadista.

Le ulteriori verifiche investigative consentivano di accertare l'esistenza di collegamenti tra il ricorrente ed esponenti di settori contigui con il radicalismo islamico, che corroboravano l'ipotesi accusatoria, anche alla luce delle note informative trasmesse dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, che evidenziavano l'adesione ai principi dell'integralismo jihadista manifestata dall'imputato durante la sua detenzione. Si evidenziava, in proposito, che alcuni soggetti che erano stati detenuti con H. nella Casa circondariale di Rossano tra cui M.M. - ne avevano segnalato la vicinanza agli ambienti dell'estremismo jihadista, manifestata dal ricorrente all'interno di tale struttura penitenziaria.

L'esistenza di collegamenti tra H. e gli ambienti dell'estremismo islamico si riteneva ulteriormente corroborata dalle attività di intercettazione svolte nei confronti dell'imputato e dei suoi familiari, nel cui contesto si richiamavano le captazioni registrate nelle date del 24/07/2015, del 28/07/2015, del 03/08/2015 e del 29/04/2016, da cui emergevano i contatti tra il ricorrente e i contesti terroristici in esame. Gli esiti di tali captazioni confermavano la vicinanza del ricorrente agli ambienti jihadisti, resa evidente dai riferimenti, contenuti in tali colloqui, all'attività di sostegno all'Islamic State of Iraq and Syria, che i Giudici di

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merito correlavano al materiale audiovisivo destinato all'addestramento bellico di cui si è già detto.

Si riteneva, pertanto, dimostrata la contiguità di H. con gli ambienti dell'integralismo islamico e l'attività di acquisizione telematica di materiale audiovisivo funzionale all'addestramento bellico svolta dal ricorrente, in conseguenza della quale l'imputato mirava ad aderire alle fazioni terroristiche operanti sul territorio mediorientale in collegamento con l'Islamic State of Iraq and Syria.

Sulla base di tali premesse, si riteneva che H. non si fosse limitato a una mera acquisizione di informazioni di contenuto bellico, procedendo a un vero e proprio addestramento militare, ponendo in essere comportamenti - tra cui si richiamavano la programmazione di un viaggio in Belgio e il tentativo di raggiungere la Turchia, che non si concretizzava per il suo respingimento alla frontiera da parte delle autorità aeroportuali - che apparivano espressivi dell'univoca volontà del ricorrente di orientare in chiave terroristica le sue scelte di vita, aderendo al radicalismo religioso posto a fondamento dell'Isis.

Sulla scorta di questa ricostruzione degli accadimenti criminosi l'imputato H.M. veniva condannato alle pene di cui in premessa.

4. Avverso la sentenza di appello H.M. a mezzo dell'avv. Francesco Iacopino, ricorreva per cassazione, deducendo quattro motivi di ricorso.

Con il primo motivo di ricorso si deduceva la violazione di legge della sentenza impugnata, in riferimento agli artt. 270-quinquies e 270-sexies c.p., conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di ritenere sussistenti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata all'imputato, senza considerare che le sue condotte erano finalizzate alla commissione di comportamenti privi di rilevanza penale, rivelatori di un'adesione esclusivamente ideologica ai principi che ispirano gli ambienti del terrorismo islamico collegati all'Islamic State of Iraq and Syria.

Si deduceva, in proposito, che non poteva rilevare nella direzione recepita dalla Corte di assise di appello di Catanzaro la mera adesione morale di H. agli ambienti dell'integralismo islamico, ai quali era vicino solo ideologicamente, atteso che i suoi comportamenti erano sprovvisti di quelle connotazioni materiali indispensabili alla configurazione della fattispecie di cui all'art. 270-quinquies c.p.. Infatti, anche a volere ritenere dimostrate le condotte di sostegno ideologico dell'imputato alle fazioni mediorientali del terrorismo islamico, tali comportamenti risultavano privi di rilevanza penale ai fini della configurazione dell'ipotesi delittuosa contestata, non sussistendo alcuna norma che, nel

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nostro ordinamento, punisce l'adesione morale al radicalismo religioso e, per converso, non risultando che H. avesse acquisito le informazioni belliche di cui si controverte per dare sfogo alla sua, indimostrata, vocazione jihadista.

In questo modo, si era configurato il reato contestato al ricorrente ex art. 270-quinquies c.p. quale reato di pericolo presunto connotato da dolo generico, trascurando che la fattispecie in esame andava ricostruita, in termini differenti, quale reato di pericolo concreto connotato da dolo specifico. Tali conclusioni, peraltro, oltre a essere smentite dalle emergenze probatorie, non tenevano conto della problematicità della nozione di

"finalità di terrorismo" prefigurata 270-sexies c.p., alla quale rinvia la fattispecie in esame, che non può essere interpretata in termini distonici con il principio di offensività.

Con il secondo motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli artt. 125 e 533 c.p.p., art. 546 c.p.p., lett. e), conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto degli elementi probatori legittimanti il giudizio di responsabilità nei confronti di H., che era stato formulato senza tenere conto del fatto che le sue condotte erano ispirate da intenti esclusivamente ideologici, rispetto ai quali privi di univocità dovevano ritenersi gli elementi indiziari richiamati dalla Corte territoriale, dai quali non emergevano collegamenti tra il ricorrente e le fazioni terroristiche oggetto di vaglio.

Si deduceva, in proposito, che non assumeva rilievo decisivo la visione di video di ispirazione terroristica su internet, che dimostrava esclusivamente l'adesione ideologica di H. ai principi dell'estremismo islamico. I video in questione, peraltro, non possedevano alcun contenuto didattico o istruttivo, riguardando scene di violenza da cui non era possibile desumere il perseguimento delle finalità terroristiche prefigurate dall'art. 270-sexies c.p., così come richiamate dall'art. 270-quinquies c.p..

Si deduceva, al contempo, che priva di rilievo era la programmazione di due viaggi in Belgio e in Turchia, dai quali non era possibile ricavare alcuna indicazione utile a confermare la contiguità di H. con gli ambienti dell'estremismo islamico posta a fondamento del giudizio di responsabilità censurato.

Quanto, in particolare, al viaggio in Turchia, la difesa del ricorrente evidenziava che tale trasferta era esclusivamente funzionale a consentire all'imputato di andare a visitare una moschea per effettuare un pellegrinaggio, che il suo respingimento alla frontiera, verificatosi il (OMISSIS), impediva di realizzare.

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Quanto, invece, al viaggio in Belgio, si trattava di un progetto che rimaneva a uno stadio ancora "più sfumato", tanto è vero che l'imputato non arrivava nemmeno a programmare tale trasferta, essendosi limitato ad alcuni sporadici contatti telefonici con un cugino, che abitava in quel paese, attraverso il quale sperava di trovare un lavoro.

Parimenti privi di rilievo probatorio dovevano ritenersi gli esiti delle captazioni registrate nelle date del 24/07/2015, del 28/07/2015, del 03/08/2015 e del 29/04/2016, da cui non emergeva alcun contatto tra il ricorrente e le fazioni terroristiche in esame.

Si riteneva, infine, che assumesse un valore probatorio neutro l'utilizzo di strumenti di navigazione telematica, che erano stati valorizzati dai Giudici di merito in senso sfavorevole al ricorrente, atteso che tali cautele non potevano ritenersi finalizzate alla commissione delle condotte illecite di cui all'art. 270-sexies c.p..

Con il terzo motivo di ricorso, proposto in stretta correlazione con la doglianza precedente, si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento agli artt. 5, 6, 7 CEDU, artt. 13,19,21 e 25 c.p., art. 27 Cost., artt. 270-quinquies e 270-sexies c.p., artt. 192,533 e 546 c.p.p., conseguenti al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di ritenere configurato il delitto ascritto all'imputato, sotto il profilo dell'offensività dei suoi comportamenti criminosi, la cui insussistenza induceva a ritenere il giudizio di colpevolezza espresso in violazione del principio cogitationis poenam nemo patitur.

Si deduceva, in proposito, che il compendio probatorio non consentiva di ritenere dimostrata la sussistenza di una situazione di pericolo concreto collegata all'acquisizione telematica di informazioni funzionali all'addestramento militare effettuata dal ricorrente - che avevano una connotazione esclusivamente personale -, su cui la Corte di assise di appello di Catanzaro non si era soffermata, eludendo il nucleo essenziale delle doglianze sottoposte al suo vaglio. Non si era, pertanto, tenuto conto dell'assenza di collegamenti, diretti o indiretti, tra H. e gli ambienti del terrorismo islamico, che non erano desumibili dagli elementi indiziari censurati dalla difesa del ricorrente con il secondo motivo di ricorso.

Con il quarto motivo di ricorso si deducevano violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, conseguenti all'incongruità del giudizio dosimetrico formulato dalla Corte territoriale, che veniva censurato per la sua eccessività e per il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, che si imponeva tenuto conto delle modalità con cui si era concretizzata l'ipotesi di reato in contestazione e della personalità dell'imputato,

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rispetto alla quale privo di rilievo appariva il riferimento quantitativo al materiale informatico di contenuto jihadista visionato dal ricorrente.

Queste ragioni imponevano l'annullamento della sentenza impugnata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso proposto da H.M. è fondato nei termini di seguito indicati.

2. Deve ritenersi infondato il primo motivo di ricorso, con cui si deduceva la violazione di legge della sentenza impugnata, in riferimento agli artt. 270-quinquies e 270-sexies c.p., conseguente al fatto che la decisione in esame risultava sprovvista di un percorso argomentativo che desse esaustivamente conto delle ragioni che imponevano di ritenere sussistenti gli elementi costitutivi della fattispecie contestata all'imputato, senza considerare che le sue condotte erano finalizzate alla commissione di comportamenti privi di rilevanza penale e rivelatori di un'adesione esclusivamente ideologica ai principi che ispirano gli ambienti terroristici collegati all'Islamic State of Iraq and Syria.

Occorre premettere che l'art. 270-quinquies c.p., comma 1, sanziona la condotta di chiunque "al di fuori dei casi di cui all'art. 270-bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonchè di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale Il". La norma incriminatrice, inoltre, prevede l'irrogazione della stessa pena sia nei confronti della persona addestrata sia nei confronti del soggetto che "avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all'art. 270-sexies".

In questa cornice, non occorre soffermarsi preliminarmente sulle connotazioni geo-politiche dell'Islamic State of Iraq and Syria e delle organizzazioni terroristiche che vi sono collegate, su cui questa Corte si è soffermata in alcuni arresti chiarificatori, intervenuti in tema di istigazione a delinquere mediante diffusione di materiale apologetico relativo alla Jihad islamica e al martirio religioso, che ci si deve limitare a richiamare (Sez. 6, n. 13421 del 05/03/2019, Shalabi Issam Elsayed, Rv. 275983-02; Sez. 5, n. 57018 del 15/10/2018, Alali Alhussein Ahmad, Rv. 274376-01).

Si ritiene, invece, opportuno evidenziare che il punto di riferimento sistematico fondamentale per inquadrare le finalità di terrorismo sottese alle condotte poste in essere

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da H.M. è rappresentato dall'art. 270-sexies c.p. - così come introdotto dal D.L. 27 luglio 2005, n. 144, art. 15 convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 155 -, al quale rinvia l'art. 270-quinquies c.p., comma 1, che impone di ritenere connotate da tali fini eversivi quelle condotte "per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonchè le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o da altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia".

Ne discende che la condotta terroristica ha un'autonoma rilevanza penale, che, tuttavia, quando mira al raggiungimento degli obiettivi eversivi prefigurati dall'art. 270-sexies c.p., si collega inscindibilmente al perseguimento di tali finalità illecite. Le condotte terroristiche descritte dall'art. 270-sexies c.p., così come richiamato dall'art. 270-quinquies c.p., comma 1, del resto, puntano a sovvertire con modalità violente gli ordinamenti economici o sociali di uno Stato ovvero a sopprimere il suo assetto politico e giuridico, in linea con quanto costantemente affermato da questa Corte (Sez. 6, n. 28009 del 15/05/2014, Alberto, Rv. 260076-01; Sez. 5, n. 12252 del 23/02/2012, Bortolato, Rv. 251920-01).

Occorre aggiungere, a proposito delle connotazioni delle attività ispirate da finalità terroristiche prefigurate dall'art. 270-sexies c.p., che, posto che l'aspirazione al mutamento degli assetti istituzionali di uno Stato non è, in quanto tale, vietato, a ciò ostando il dettato dell'art. 49 Cost., quello che assume rilievo decisivo ai fini della loro rilevanza penale è la natura violenta delle relative condotte, espressiva di un metodo antidemocratico.

Nè potrebbe essere diversamente, atteso che la previsione dell'art. 49 Cost. - che costituisce la norma di riferimento costituzionale per la disciplina dei diritti associativi, che costituiscono il limite esterno alla configurazione dei delitti contro la personalità dello Stato cui ci si sta riferendo - prevede che "tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale".

Nella stessa direzione, con specifico riferimento alla matrice religiosa delle organizzazioni internazionali che si ispirano al radicalismo islamico che si stanno considerando e dei limiti costituzionali esterni alla fattispecie di cui all'art. 270-quinquies c.p., occorre richiamare l'art. 18 Cost., comma 1, che stabilisce che "i cittadini hanno diritto di associarsi

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liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale"; l'art. 19 Cost., comma 1, secondo cui "tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purchè non si tratti di riti contrari al buon costume"; l'art. 20 Cost., a tenore del quale "il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, nè di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività".

In questo contesto sistematico, il terrorismo anche se qualificato come "finalità" - dagli artt. 270-bis e 280 c.p. - ovvero come "scopo" - dall'art. 289-bis c.p. - non costituisce solo un obiettivo illecito, fungendo, come detto, da strumento di pressione, da metodo di lotta, da modus operandi particolarmente efferato.

Attraverso il metodo terroristico, infatti, si diffonde il panico tra la popolazione, colpendo persone e beni non direttamente identificabili con l'avversario istituzionale, per imporre a quest'ultimo una soluzione che, in condizioni normali, non avrebbe accettato. Per queste ragioni, le fattispecie connotate da finalità terroristiche, cui si collega la previsione dell'art.

270-quinquies c.p. - correttamente contestata al ricorrente -, per effetto del richiamo dell'art. 270-sexies c.p., si caratterizzano per la loro natura giuridica di reati di pericolo concreto, per i quali si richiede l'effettività degli obiettivi eversivi, in vista dei quali opera la societas contra legem (Sez. 1, n. 47479 del 16/07/2015, Alberti, Rv. 265405-01; Sez. 1, n. 1072 dell'11/10/2006, dep. 2007, Bouyahia Maher, Rv. 235289-01).

2.1. Rispetto a tale inquadramento dell'art. 270-quinquies c.p. - che veniva effettuato dalla Corte di assise di appello di Catanzaro in termini ineccepibili - non assume rilievo decisivo il mezzo attraverso cui l'attività di H. si concretizzava e i soggetti con i quali l'imputato interagiva, non potendosi escludere che anche l'uso di strumenti telematici, accanto all'utilizzo di forme di contiguità terroristica tradizionale, sia idoneo a ledere i bene giuridici protetti dalla fattispecie che si sta considerando. Si muove, del resto, in questa direzione, la previsione dell'art. 270-quinquies c.p., comma 2, a tenore della quale: "Le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto di chi addestra o istruisce è commesso attraverso strumenti informatici o telematici".

Nè potrebbe essere diversamente, atteso che l'art. 270-quinquies c.p. prefigura un reato di pericolo concreto, sanzionando gli atti prodromici al compimento di condotte connotate da finalità terroristiche, per configurare i quali non assume un rilievo decisivo il mezzo attraverso cui si svolgono le attività di addestramento bellico, quanto, piuttosto, la certezza

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del superamento della soglia minima di punibilità richiesta dalla norma incriminatrice, che deve essere acquisita sulla base delle emergenze del caso concreto; accertamento, questo, che presuppone la corretta individuazione delle finalità terroristiche perseguite dal soggetto attivo del reato e non può mai essere disgiunto da precisi parametri soggettivi, ancorati dal dolo specifico richiesto dalla fattispecie in esame, il cui rispetto è imposto dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui: "Ai fini della configurabilità del delitto di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale, l'art.

del superamento della soglia minima di punibilità richiesta dalla norma incriminatrice, che deve essere acquisita sulla base delle emergenze del caso concreto; accertamento, questo, che presuppone la corretta individuazione delle finalità terroristiche perseguite dal soggetto attivo del reato e non può mai essere disgiunto da precisi parametri soggettivi, ancorati dal dolo specifico richiesto dalla fattispecie in esame, il cui rispetto è imposto dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui: "Ai fini della configurabilità del delitto di addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale, l'art.

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