1. Presupposti e profili di punibilità del soggetto provocato: l’incidenza della provocazione sul processo di autodeterminazione e la soluzione processuale. - 2. La responsabilità del provocato tra reato impossibile e tentativo punibile: la vicinanza alla predisposizione della forza pubblica. - 3. La funzione processuale delle operazioni sotto copertura: prevenzione e ricerca della prova: determinazione e confronto delle attribuzioni del pubblico ministero e della polizia giudiziaria nella fase delle indagini preliminari. – 4. La declinazione dei limiti all’attività sotto copertura alla luce dei principi del giusto processo – 4.1 La qualifica dell’infiltrato nel processo, forma ed utilizzabilità del materiale probatorio raccolto nel corso delle operazioni sotto copertura – 4.2 La soluzione processuale della Corte europea dei diritti umani;: riflessi sostanziali nella rinnovata simmetria tra responsabilità del provocatore e del provocato.
1. Presupposti e profili di punibilità del soggetto provocato: l’incidenza della provocazione sul processo di autodeterminazione e la soluzione processuale
Il tema della responsabilità del provocato si presenta, in astratto, un naturale riflesso delle problematiche relative alla responsabilità dell’agente provocatore. Sul piano sostanziale, potendo il provocatore intervenire sul processo di autodeterminazione ed anche sullo
svolgimento e la realizzazione dell’iter criminis della condotta posta in essere dal provocato, la punibilità di quest’ultimo dovrà essere giustificata in funzione dell’idoneità dell’azione rispetto al tentativo punibile o dell’inidoneità della stessa per reato impossibile368. Il
fondamento della soluzione processuale si può apprezzare, invece, nella più ampia prospettiva di carattere politico – criminale che guarda alla «paralisi della potestà punitiva dello Stato369» rispetto all’illegittimità
dell’utilizzo di un strumento di indagine che tradisce i rapporti tra Stato e cittadino nel ledere i diritti fondamentali della personalità umana e di autodeterminazione del soggetto agente. Le problematiche della responsabilità del provocato nascono dunque dal dubbio di legittimità dell’azione del provocatore che agisca per conto dello Stato, dal momento che «gli agenti della polizia hanno l’obbligo di perseguire reati «perpetrati», non già di suscitare, più o meno malignamente, azioni delittuose per fini cosiddetti leciti370».
Una volta affrontati i limiti alla provocazione di provenienza statale, i presupposti oggettivi e soggettivi di applicabilità delle operazioni sotto copertura, i profili di responsabilità dell’agente provocatore, sui quali si è concentrata sin da subito, storicamente, la riflessione dottrinaria, dando anzi per “scontata” la punibilità del provocato371, di seguito si procederà
ad apprezzare la declinazione degli elementi che determinano la non punibilità del provocato sul piano sostanziale e la disciplina processuale
368 M.ROMANO –G.GRASSO,Commentario sistematico al codice penale, , cit., 196.
369 C.DE MAGLIE,L’Agente provocatore. Un’indagine dommatica e politico – criminale, cit., 405.
370 G.BETTIOL,Diritto penale, cit., 527.
posta a tutela delle garanzie dell’imputato in materia di utilizzabilità degli elementi di prova raccolti dal provocatore.
Occorre aggiungere appena una premessa in merito ad alcuni “antecedenti storici” delle soluzioni di tipo sostanziale e processuale in materia di responsabilità del provocato, entrambi suscettibili, in astratto, di trovare applicazione nell’ordinamento italiano. Nell’esperienza francese, quella della contrainté morale è stata per lungo tempo la soluzione sostenuta, in dottrina e giurisprudenza, in alternativa al reato impossibile, per risolvere le problematiche relative alla responsabilità del provocato372. La costrizione morale che esercita l’agente provocatore sul
provocato è presupposto di non punibilità di quest’ultimo soltanto nell’ipotesi in cui si dimostri «irrésistible», al pari quasi di una forza fisica: «si la contrainte physique, en s’abattant sur le corps de l’individu, se répercute
directement sur sa volonté, la contrainte morale opère sur l’esprit de l’agent en
neutralisant son adhésion psychologique à l’acte illégal373». Se la soluzione
francese soffre di evidenti difficoltà di carattere probatorio, tali da portare la dottrina e la giurisprudenza ad abbandonare tanto la soluzione del reato impossibile, quanto quella della costrizione morale, a fronte anche di una certa confusione con i presupposti dello stato di necessità, la soluzione maturata agli albori della riflessione in materia di agente provocatore negli Stati Uniti risulta invece particolarmente “creativa” ed attenta sul versante processuale. Nel diritto nordamericano la provocazione da parte di pubblico ufficiale assume rilevanza giuridica come entrapment defense, uno strumento di difesa a protezione del provocato. Più propriamente, la entrapment defence potrebbe qualificarsi
372 C.DE MAGLIE,L’Agente provocatore, cit., 33.
come uno strumento processuale incentrato sul provocato: «We are asked to protect the defendant, not because he is innocent, but because a zealous public officer exceeded his powers and held out a bait. The courts do not look to see who held put the bait, but to see who took it
374». I test di accertamento della responsabilità del provocato, secondo i
quali si articola la entrapment defence, si fondano infatti sulla predisposizione
al delitto del provocato, sulla quale si misura l’efficacia della condotta
provocatoria, tra i quali figura ad esempio lo stato di bisogno del provocato (poverty), il carattere (character o reputation of the defendant) e l’avere l’imputato posto in essere in passato condotte penalmente rilevanti375.
La particolare articolazione dei momenti di accertamento dell’entrapment
defence ha fatto dubitare della possiiblità che l’istituto fosse posto
realmente a tutela dell’imputato, quanto piuttosto al fine di perfezionare le tecniche di entrapment e di indagine della stessa polizia376.
L’esperienza italiana, sensibile alla natura di «infamia esecrabile377» della
provocazione, matura una soluzione di tipo obiettivo, attenta alla idoneità e univocità degli atti del provocato alla realizzazione del reato, ed una particolare soluzione processuale, incentrata sull’utilizzabilità del materiale probatorio raccolto dal provocatore contro il provocato. Su questa posizione, da ultimo, si è pronunciata la Corte europea dei diritti
374 Sentenza People v. Mills, Court of Appeals of the State of New York [178 N.Y. 271, 289, 70 N. E., 786, 791], 1904.
375 P.MARCUS,The Entrapment Defence, LexisNexis, 18 mar 2015, 10.
376 G. DWORKIN,The serpent beguiled me and I did eat:Entrapment and the creation of crime, in Law and Philosophy, IV, 17; R. ANDREW,Crime creation – Some Questions of Fairness in Covert Operations, in Police Journal, III, 2000, 260.
umani378, con significative conclusioni di carattere sostanziale e
processuale.
2. La responsabilità del provocato tra reato impossibile e tentativo punibile: la vicinanza della predisposizione della forza pubblica
La responsabilità del provocato risente in via generale dei profili di legittimità e liceità della condotta del provocatore, e tuttavia per ciò solo non si può ritenere che tale illiceità comporti come automatico corollario la non punibilità del provocato per la condotta da questi posta in essere379. Sembra opportuno procedere “per gradi”380 e tentare così di
comprendere le complesse dinamiche che coinvolgono gli istituti di parte generale ogniqualvolta l’azione di un soggetto arrivi ad essere determinata dalla condotta di un ufficiale di polizia giudiziaria, un suo ausiliario o interposto, in veste di agente infiltrato.
In un primo momento381, la riflessione dottrinaria in Italia si è
concentrata sui profili di responsabilità del provocatore, trascurando le ipotesi di responsabilità del provocato, salvo che nei riguardi di un
378 Si veda §4.2 di questo capitolo.
379 A.DI MARTINO,Concorso di persone, cit., 237
380 M. ROMANO .G. GRASSO, Commentario sistematico al codice penale, in Le forme di
manifestazione del reato, (a cura di) G.DE FRANCESCO, in Trattato teorico – pratico di diritto penale, (diretto da) F. PALAZZO –C.E.PALIERO, cit., 71.
381 Ne denuncia l’incompletezza d’indagine C. DE MAGLIE, L’Agente provocatore.
Un’indagine dommatica e politico-criminale, op. cit., 310, che riferisce la tendenza a
focalizzare l’attenzione sulla responsabilità del provocatore tipica della dottrina italiana e tedesca. Di contro, oltreoceano, la responsabilità dell’agente provocatore è considerata sempre insussistente, e la riflessione dottrinaria si è concentrata per lo più nei riguardi della responsabilità del provocato.
accostamento peculiare, che ha visto a lungo la disciplina dell’agente provocatore affiancata all’ipotesi di predisposizione della forza pubblica. La condotta dell’agente provocatore, da doversi qui intendere come profilo “patologico” dell’azione dell’agente infiltrato, che sfoci nella sostanziale provocazione, se non vera e propria istigazione del reato, sotto le mentite spoglie della legittimità scriminante prevista dal dato legislativo, è stata storicamente associata al diverso istituto della predisposizione della forza pubblica, un connubio che risulta qui doveroso comprendere e tentare di attualizzare alla luce della persistente incompatibilità strutturale tra i due istituti382. In primo luogo occorre approfondire le ragioni che hanno
condotto ad un simile accostamento. Il previo appostamento delle forze di polizia si accompagna naturalmente alle operazioni di copertura delle quali si voglia garantire un elevato grado di efficacia al momento in cui si realizzi il fatto di reato o nel tempo immediatamente precedente, nel quale sia possibile rintracciare gli estremi del tentativo punibile, la realizzazione di atti idonei e diretti in modo non equivoco alla commissione di un delitto.
Occorre rilevare, in particolare, che se gli atti compiuti dal provocato sono di per sé idonei e diretti in modo non equivoco alla commissione del delitto, potranno dirsi esistenti gli estremi del tentativo punibile. Per entrambe le ipotesi di predisposizione della forza pubblica ed azione dell’agente infiltrato, la circostanza funzionale all’interruzione dell’iter
criminis preesiste al momento iniziale dell’attività criminosa. Nel caso
dell’atto determinato dalla condotta dell’agente provocatore, così come nell’ipotesi di predisposizione della forza pubblica possono configurarsi
382 T. PADOVANI, Diritto penale e fattispecie criminose. Introduzione alla parte speciale del diritto
un tentativo punibile o un reato impossibile. La configurazione del reato impossibile di cui all’art. 49, II c.p. è esclusa dalla giurisprudenza di legittimità, per la quale, «in tema di individuazione del reato impossibile, l’inidoneità della condotta deve essere apprezzata con un giudizio ex ante, incentrato sul momento iniziale della condotta, la quale va valutata in se stessa ed in riferimento a tutte le circostanze del caso di merito conosciute dall’agente in quel momento con esclusione, in particolare, di quelle palesate dal successivo svolgimento del fatto. Pertanto, nel caso in cui un carabiniere si finga acquirente della sostanza stupefacente, l’intervento del milite e il preordinato intervento delle forze di polizia, poiché non rientrano nel nucleo delle circostanze conosciute o preventivabili dal soggetto attivo, esulano dall’anzidetto giudizio ex ante e, pertanto, non elidono l’originaria adeguatezza della condotta inequivocabilmente diretta alla consumazione del delitto383». La Suprema
Corte ha avuto modo di pronunciarsi in tempi più recenti in materia di acquisto simulato di sostanze stupefacenti, condotta espressamente scriminata dall’art. 9 l. 146/2006 e, precedentemente, dall’art. 97 d.P.R.
383 Cass., Sez. VI, 28 gennaio 1986, in Cass. Pen., 1987, 1548; Lo stesso ancora per Cass., Sez. I, 2 aprile 1986, Giust. pen. 1987, II, 466: “Per aversi reato impossibile è necessario che l'azione in sé considerata sia per sua intrinseca natura assolutamente inidonea a produrre il risultato voluto. Quando invece l'inidoneità dell'azione sia determinata da fattori estrinseci, come nell'ipotesi dell'intervento dell'agente provocatore o della predisposizione della forza pubblica, non può parlarsi di reato impossibile perché l'azione valutata ex ante è in sé idonea a ledere l'interesse tutelato dalla norma incriminatrice”. Tentativo è stato configurato finanche di fronte a meri atti preparatori, cui siano seguiti “agguati” interrotti dall’intervento della forza pubblica, o dell’assenza della vittima perché allertata dai familiari (“è stato acclarato che gli imputati non passarono alla concreta esecuzione omicidiaria perché in due occasioni ne furono impediti dalla forza pubblica, che effettuò una perquisizione della zona una prima volta, pose in atto un posto di blocco in una seconda. In altre due evenienze l'interessato fu debitamente allertato dai familiari e dagli accoliti, onde si tenne celato prudenzialmente”).
309/1990, facendo riferimento, al fine di determinare la servibilità degli elementi di prova raccolti nel corso dell’operazione sotto copertura, per la non configurabilità di un reato impossibile, proprio all’ipotesi di predisposizione della forza pubblica:
«Reato impossibile per inidoneità dell'azione, ai sensi e per gli effetti dell'art. 49 c.p., si ha soltanto quando la condotta del soggetto agente, per la sua intrinseca natura ed in sé considerata, sia inidonea a cagionare "l'evento dannoso o pericoloso".
Non si ha, invece, reato impossibile quando l'azione sia inidonea a cagionare il risultato voluto a causa dell'incidenza di fattori esterni. E l'attività dell'agente provocatore è appunto, in tal senso, un fattore "esterno", indipendente dalla condotta tenuta dal soggetto che ha disponibilità di sostanze stupefacenti da destinare alla vendita a terzi. In altre parole, l'attività dell'agente provocatore, al pari della predisposizione della forza pubblica, costituendo fattore esterno indipendente dalla condotta del reo, non elide l'originaria idoneità dell'azione che - valutata ex ante ed in concreto - può portare a configurare la sussistenza del reato.
In fatto - e come tali inammissibili in questa sede - sono poi le considerazioni in ordine all'affermata insussistenza dell'elemento psicologico del reato contestato che il difensore ricollega al fatto, meramente asserito, che il V. avrebbe dapprima opposto un categorico rifiuto alla proposta del R., cui aveva fatto seguita una "accettazione dovuta alla pressanti insistenze dell'acquirente".
Resta da dire, anche alla luce delle considerazioni fin qui svolte, che i fatti accertati integrano il delitto di cessione di sostanze stupefacenti concepito come fattispecie consumata dal D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73384».
La sentenza in esame si colloca perfettamente nella materia d’indagine, ribadendo un parallelismo che può dirsi ancora attuale, in giurisprudenza, tra predisposizione della forza pubblica ed azione dell’agente provocatore, risolvendo l’interrogativo sulla punibilità nel configurare un tentativo idoneo. I punti della pronuncia richiamano alcune delle argomentazioni ormai consolidate in giurisprudenza in materia di responsabilità del soggetto provocato, la punibilità di atti di per sé idonei a cagionare il fatto; accanto a questo, si sono avvicendate le ragioni dell’inefficacia causale della predisposizione della forza pubblica, e la necessità di valutare l’idoneità degli atti tenendo conto delle peculiari circostanze del caso e tramite «un giudizio ex ante, dovendosi esaminare la situazione al momento in cui l'azione venne posta in essere385». L’impossibilità, da parte del provocato, di essere a conoscenza
384 Cass., Sez. IV, 14 marzo 2008, n. 16474, in Cass. pen. 2009, 6, 2545. La sentenza riporta il riferimento a Cass., Sez. VI, 27 ottobre 1985, n. 1739, in Cass. pen. 1997, 1154, la quale individua la sussistenza del reato di offerta in vendita di sostanza stupefacente “con riguardo a simulato acquirente, in realtà agente di polizia sotto copertura (invero l'attività dell'agente provocatore, costituendo una causa esterna indipendente dalla condotta dell'offerente, non incide nell'originaria idoneità degli atti compiuti, poiché essi, valutati in concreto e con giudizio ex ante, ben possono configurare la fattispecie prevista dalla norma incriminatrice)” e Cass., Sez. I, 27 maggio 1986, Palumbo, RV 174666, in cui si è ritenuto che - avendo il ricorrente consegnato all'agente presentatosi quale simulato acquirente, una bustina di eroina - si sia realizzato, in tutti i suoi elementi costitutivi, il delitto consumato preveduto dalla L. 22 dicembre 1975, n. 685, art. 72, ora del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73. 385 Cass., Sez. II, 7 giugno 1977, in Cass. pen. 1979, 338.
della forza pubblica ne caratterizza l’inefficacia causale, laddove non possa dirsi lo stesso con riferimento all’azione dell’agente provocatore, la cui condotta, al contrario, esprime un contributo tale, talvolta, come nel caso dell’acquisto simulato, da agevolare l’azione del provocato. La condotta dell’agente provocatore si colloca in un momento anteriore rispetto all’interruzione dell’iter criminis, (momento dal quale acquista rilevanza l’intervento della forza pubblica previamente disposta) arrivando a determinare l’inizio della condotta punibile e non necessariamente ad impedire la consumazione del reato. Si può ritenere che un simile rilievo di fondo possa accompagnare le perplessità che illustre dottrina ha avanzato dinanzi all’accostamento tra predisposizione della forza pubblica e intervento dell’agente provocatore386: «il
predisposto servizio di polizia potrebbe escludere l’idoneità degli atti anche solo rendendo irrisoria la possibilità che il reato si realizzi. Ed è dunque necessario chiedersi se davvero l’appostamento della forza pubblica, in quanto preesistente all’inizio dell’attività criminosa, debba sempre essere preso in considerazione nel giudizio di idoneità387». Dal
momento che l’oggetto del presente approfondimento non è appunto la predisposizione della forza pubblica, ipotesi da doversi ritenere in definitiva estranea, per quanto prossima ed affine, alla disciplina dell’agente provocatore, il requisito dell’idoneità degli atti resta, tuttavia,
386 NEPPI MODONA,Il reato impossibile, 215; G. FIANDACA –E.MUSCO,Diritto penale, 373;C.DE MAGLIE,L’agente provocatore. Un’indagine dommatica e politico – criminale, op.
cit., 245.
387 L. VIGNALE, voce Agente provocatore, in Digesto disc. Pen., Torino, 1987, I, 56. “sospende” la riflessione sulla compatibilità delle due discipline rilevando l’insufficienza definitoria di soluzioni che, basandosi esclusivamente sul giudizio di idoneità degli atti, non darebbero ad ogni modo una prospettiva definitoria completa delle circostanze in cui si svolge l’azione.
al centro di entrambe le circostanze, ed in particolare si candida a svolgere un ruolo preminente nel giudizio sull’incidenza della condotta dell’agente provocatore sulla struttura obiettiva del fatto provocato, potendosi questo collocare alle soglie del tentativo punibile o del reato impossibile388. L’idoneità degli atti è uno di tre elementi costitutivi la
fattispecie tentata, assieme all’univocità degli stessi (da doversi considerare precedente al primo “in termini logico - sistematici389”) ed
alla non verificazione dell’evento. Il giudizio d’idoneità degli atti viene formulato in un momento anteriore alla conclusione della vicenda, secondo un parametro di prognosi postuma, tale da cogliere l’offensività di un fatto che altrimenti, se la valutazione avvenisse ex post, risulterebbe del tutto inoffensivo. Nello specifico, nel caso della predisposizione della forza pubblica o dell’azione dell’agente provocatore, l’elemento che interviene sull’interruzione dell’iter criminis sussiste sin dall’inizio dell’azione criminosa, e tale collocazione temporale sarà sufficiente a farne elemento di valutazione ai fini del requisito di idoneità degli atti, alla stregua di un giudizio prognostico. La nozione di prognosi postuma (nachträgliche Prognose) nasce con la prima edizione del Lehrbuch des
Deutschen Strafrechts di Franz von Liszt nel 1881. Al dibattito dottrinario
dell’epoca non sfuggì come le celebri esemplificazioni di von Liszt (il tentativo punibile nei casi di aborto da parte di una donna non incinta e d’infanticidio di bambino nato morto) tradissero, di fatto, «una manifestazione, fatta con atti esterni, di una determinazione
388 Sono queste le due soluzioni prevalenti in dottrina, fatto salvo qualche sporadico riferimento al reato putativo ed al “reato apparente”. Per quest’ultima categoria il riferimento va a A.DE MARSICO,Il reato, 319; e FIORE,Il reato, 48.
389 G.A.DE FRANCESCO,Diritto penale. Forme di manifestazione del reato, Torino, 2013, 95.
criminosa390» che allontanava qualsivoglia aspirazione oggettivistica nel
fondamento di punibilità del tentativo.391 E’ indubbio che nella
riflessione di von Liszt la prospettiva di valutazione da cui considerare le circostanze è quella della conoscibilità da parte dell’agente, pur collocandosi, alla base del giudizio di prognosi postuma, tutte le circostanze che accompagnano la condotta, considerate nella loro concretezza e prive di astrazioni. 392 Rientra nelle prospettive
sistematiche a cui si rimetteva la teoria di Von Liszt, in primo luogo, un forte sostegno per il principio di prevenzione speciale, a scapito della funzione retributiva della pena. Un tale orientamento si giustificava in vista della natura di fenomeno sociale attribuita alle discipline penalistiche che Ottorino Vannini colse nel diffondere le teorie di Von Liszt, precisando come una simile teoria si prestasse facilmente alla “critica politica”. La formazione classica del Vannini consente di ricavare alcuni spunti di riflessione che, pur nell’entusiasta considerazione degli assunti ricavati da Von Liszt, ne colgono i punti deboli e le incongruenze legate al concetto fondamentale di pericolo, quale “situazione per la quale, date certe circostanze conoscibili al momento dell’azione o effettivamente conosciute da parte dell’agente, vi è l’elevata possibilità che ne derivi la lesione”. La validità universale del giudizio di pericolosità
390 G. B. IMPALLOMENI,Il codice penale, cit. 201.
391 Il rilievo si deve già a SCHMINDT il quale, nel curare le edizioni postume del maestro, rintracciò l’inadeguatezza della vena soggettiva che in quegli anni aveva