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SOLUZIONE TRACCIA 9: REATO DI INTERMEDIAZIONE ILLECITA E SFRUTTAMENTO DEL LAVORO

Cassazione penale sez. IV, 09/10/2019 (dep. 09/12/2019), n.49781

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1.II Tribunale di Milano in sede di riesame cautelare con la ordinanza impugnata confermava la ordinanza de libertate emessa dal Tribunale di Varese, ufficio GIP, con la quale veniva applicata a K.O., cittadina ucraina la misura cautelare della custodia in carcere in relazione a ipotesi associativa di cui all'art. 416 c.p. per avere partecipato ad associazione criminosa che, attraverso l'organizzazione BADANTE BRAVA Onlus, reclutava manodopera allo scopo di destinarla al lavoro di badante presso terzi in condizioni di sfruttamento e approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori, spesso irregolari nel territorio nazionale al fine di trarre illecito profitto dalla condizione degli stranieri reclutati (consistente in quota associativa e in ulteriori versamenti periodici); nonchè in relazione ai reati fine di cui all'art. 603 bis c.p. (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) e di cui al D.Lgs. n. 286 del 1996, art. 12, comma 5 per favoreggiamento della permanenza degli immigrati in territorio nazionale con finalità di ingiusto profitto.

2. Il Tribunale del Riesame nel confermare l'impianto indiziario posto a fondamento della genetica misura cautelare rappresentava, sulla scorta delle propalazioni di una delle badanti che erano state immesse nel circuito dell'assistenza domiciliare dall'organizzazione Badante Brava e sulla scorta del compendio delle intercettazioni acquisite, le modalità operative della struttura criminosa che, sotto l'egida di associazione senza finalità di lucro, promuoveva il reclutamento di manodopera e l'avviamento della stessa presso le famiglie bisognose di assistenza, approfittando della condizione di bisogno delle persone extracomunitarie, di regola sprovviste di regolare permesso di soggiorno o avendo finalità turistiche o di breve soggiorno, sottoponendole a condizioni alloggiative degradanti e percependo un corrispettivo per l'attività svolta, di regola versata anticipatamente o prelevata dagli emolumenti della manodopera avviata al lavoro.

2.1 Dopo avere tratteggiato le caratteristiche della organizzazione e la ripartizione dei ruoli e dei compiti all'interno di essa, delineando il carattere verticistico dell'ente che vedeva a capo P.S., il Tribunale evidenziava i gravi indizi di colpevolezza in capo a K.O. la quale veniva ritenuta organizzatrice e dirigente dell'organizzazione in quanto, pure intervenuta in epoca successiva, aveva assunto il ruolo di braccio destro della P. svolgendo importanti compiti di reclutamento delle aspiranti badanti e del loro avviamento al lavoro, affrontando in prima persona e in coordinamento con la responsabile dell'associazione tutta una serie di problemi organizzativi, relativi alla collocazione delle badanti, alla mobilità delle stesse, alle informazioni da fornire ai datori di lavoro e alla distribuzione della manodopera che la ponevano su un piano decisamente più elevato rispetto ad altre collaboratrici, che pure cooperavano con la P. nella gestione della manodopera e in profili

107 attuativi di minore portata decisionale.

2.2 In relazione ai reati scopo rappresentava come sussistevano gli indizi di colpevolezza in presenza di donne immigrate bisognose di lavorare, la cui collocazione determinava un lucro per l'organizzazione senza che le stesse potessero rifiutare i lavori proposti o pretendere condizioni contrattuali diverse da quelle proposte nonchè l'agevolazione della permanenza di immigrati irregolari, avviandole a prestazioni lavorative in assenza di regolare contratto, con specifica finalità di lucrare sulla intermediazione lavorativa.

2.3 In relazione alle esigenze cautelari assumeva che la misura custodiale era l'unica a preservare le molteplici esigenze cautelari relative al pericolo di recidivanza, di inquinamento probatorio e di fuga.

In particolare, poneva in rilievo i caratteri di spregiudicatezza, di imprenditorialità e di pervicacia nel crimine che costituivano segnale di una non comune inclinazione al crimine nel settore in esame. Rilevava altresì il concreto pericolo di fuga in ragione del fatto che la stessa, a fronte della severità delle pene previste per i reati contestati, avrebbe potuto agevolmente riparare all'estero potendo contare nei contatti con l'Europa dell'Est; così come era attuale il pericolo di inquinamento probatorio risultando assolutamente verosimile che la stessa avrebbe potuto avvicinare le badanti avviate al lavoro per condizionarne le dichiarazioni, risultando una tale attività di inquinamento già dalle propalazioni della L..

Neppure la misura degli arresti domiciliari poteva ritenersi adeguata in relazione al pericolo di fuga e alla possibilità di gestire, dal proprio domicilio, gli illeciti traffici concernenti l'avviamento al lavoro delle badanti, tenuto altresì conto dei contatti e dei collegamenti che poteva vantare nel settore dell'intermediazione lavorativa e delle conoscenze nel settore della manodopera proveniente dall'Est Europeo.

3. Avverso la ordinanza del Tribunale del riesame ha avanzato ricorso per cassazione K.O.

proponendo diversi profili di doglianza.

3.1 Con una prima articolazione denuncia contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione relativamente al presunto ruolo di organizzatore dell'associazione attribuito alla ricorrente, evidenziando la congetturalità e la incoerenza della interpretazione fornita dal Tribunale del Riesame al contenuto delle intercettazioni telefoniche poste a fondamento della prospettazione accusatoria, risultando al contrario la piena sovrapponibilità del ruolo rivestito dalla K. a quello rivestito dalle altre collaboratrici della P..

3.2 Con una seconda articolazione deduce difetto di motivazione in relazione alla ricorrenza della gravità indiziarla in relazione al delitto di agevolazione della permanenza nel territorio nazionale di immigrati clandestini con il fine di trarne profitto, laddove la manodopera veniva avviata ad una attività lavorativa del tutto lecita e non era stato affatto lumeggiato il contributo della K. sul punto anche in ragione del fatto che il rinvenimento di una soluzione alloggiativa era funzionale allo svolgimento dell'attività lavorativa e non allo scopo di favorire la permanenza irregolare.

Con una ulteriore articolazione lamenta difetto motivazionale in relazione alla sussistenza del reato

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di cui all'art. 603 bis c.p. in quanto mancavano gli elementi costitutivi dell'approfittamento e dello sfruttamento, risultando al contrario accertato che le badanti erano avviate al lavoro dal quale ricavavano un corrispettivo adeguato che gestivano in autonomia e venivano loro assicurate condizioni di vita dignitose ed adeguate anche dal punto di vista locativo.

Con una ultima articolazione deduce contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in merito alla sussistenza di esigenze cautelari evidenziando la mancanza dei presupposti di concretezza e di attualità delle esigenze cautelari prospettate dall'autorità giudiziaria, atteso che la ricorrente era titolare di permesso di soggiorno e di solidi vincoli affettivi e lavorativi in territorio italiano, che il pericolo di fuga risultava pertanto del tutto ipotetico e collegato esclusivamente alla cittadinanza ucraina della prevenuta. Quanto al pericolo di recidivanza escludeva la probabilità che si potesse ripresentare l'occasione a delinquere in ragione dello smantellamento dell'associazione a delinquere, della condizione di incensurata della prevenuta e della mancata indicazione di fatti concreti da cui desumere l'attuale e concreto pericolo di recidivanza, anche in ragione del contributo fornito agli inquirenti sulle eventuali responsabilità della P.. Anche in relazione alla esclusione della adeguatezza di misure cautelari meno invasive evidenziava la irragionevolezza delle argomentazioni svolte dal Tribunale del riesame sia in relazione al pericolo di recidivanza, laddove sarebbe stato sufficiente impedire alla ricorrente di comunicare con l'esterno, sia in relazione al pericolo di fuga desunto dalla mera severità della eventuale pena da infliggere.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. In relazione ai punti del ricorso che deduce vizio motivazionale della ordinanza del tribunale del riesame in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, va premesso come questa Corte abbia ripetutamente affermato che in sede di giudizio di legittimità sono rilevabili esclusivamente i vizi argomentativi che incidano sui requisiti minimi di esistenza e di logicità del discorso motivazionale svolto nel provvedimento e non sul contenuto della decisione. Il controllo di logicità deve rimanere all'interno del provvedimento impugnato e non è possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate e, nel ricorso afferente i procedimenti "de libertate", a una diversa valutazione dello spessore degli indizi e delle esigenze cautelari (fattispecie relativa a ricorso avverso misura di coercizione personale). (cfr. ex plurimisCass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino;

sez.II, 20.2.1998 n. Martorana n. 1083). In particolare è stato affermato dal giudice di legittimità in relazione alla impugnazione delle misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero che si risolvano in una giudice di merito (sez.V, 8.10.2008 n. 46124 Pagliaro; sez.VI, 8.3.2012 n. 11194).

La giurisprudenza che si è affermata successivamente alla novella di cui alla L. n. 47 del 2015 ha evidenziato poi come la suddetta disciplina non abbia comportato un più stringente obbligo

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motivazionale, non avendo "carattere innovativo ma essendo espressione del principio generale secondo cui l'esercizio di un autonomo potere comporta il dovere di esplicitare le ragioni che giustificano la decisione (sez. VI, 22.10.2015 n. 45935, PerriccioloRv 265068), semmai costituisce la sottolineatura di un obbligo già sussistente per il giudice di manifestare all'esterno in modo percepibile il proprio convincimento, obbligo correlato ai principi di terzietà e di imparzialità della funzione giudicante" (sez.I, 21.10.2015 Calandrino Rv 265983), nè mira a introdurre un mero formalismo che imponga la riscrittura originale di ciascuna circostanza di fatto rilevante, essendo sufficiente che venga esplicitata nella ordinanza l'effettiva valutazione della vicenda da parte del giudicante" (sez.I, 15.12.2015 Cosentino, Rv 265951), essendo necessario che per ciascuna contestazione e posizione il giudice svolga un effettivo vaglio degli elementi ritenuti decisivi, senza il ricorso a formule stereotipate, spiegandone la rilevanza ai fini dell'affermazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari del caso concreto (sez.III, 17.12.2015 TinnirelloRv 265645).

2. Orbene il giudice del riesame nel corpo della motivazione ha dato conto delle ragioni che lo hanno guidato nel proprio compito, così da porle a fondamento del giudizio di gravità indiziaria previsto dall'art. 273 c.p.p., comma 1 in relazione alla ricorrenza di ipotesi associativa e alla partecipazione della K. con compiti verticistici e di coordinamento, nonchè in relazione al reato di favoreggiamento della permanenza nel territorio italiano di soggetti irregolari per finalità di lucro.

2.1 Il particolare il giudice del riesame dopo avere illustrato la origine, la composizione e la operatività della struttura organizzativa che, sotto la evocativa ragione sociale di BADANTE BRAVA Onlus, era dedita a immettere sul mercato del lavoro numerosi immigrati irregolari, provvedendo tra l'altro alla loro temporanea sistemazione, a concordare con i datori di lavoro il programma delle prestazioni, a gestirne le prime fasi di avviamento e i successivi spostamenti nell'ambito di una fisiologica mobilità in relazione alle specifiche esigenze delle famiglie che chiedevano la collaborazione e l'assistenza dei prestatori, ha indicato le ragioni poste a fondamento della cautela sia in relazione all'inserimento della K. nell'alveo dell'associazione, circostanza questa neppure contestata nel ricorso per cassazione, sia in relazione alla posizione di comando e di coordinamento della K., articolatamente desunta da una serie di elementi dichiarativi ( L.S.) e dalle intercettazioni telefoniche, da cui ha desunto l'autonomia decisionale e la posizione di sovra ordinazione rispetto alle altre collaboratrici della ricorrente, la quale si rapportava con la responsabile del sodalizio P. e dettava le direttive nei confronti delle altre collaboratrici, era riconosciuta da queste come soggetto di riferimento e di comando e si occupava altresì di preparare le badanti, di cui era nota la condizione di irregolarità, alle domande e alle obiezioni della parte datoriale e dei terzi, curando altresì le relazioni con le famiglie in cui le badanti venivano inserite.

2.2 Sotto questo profilo le censure della parte ricorrente sono in fatto e si limitano a una diversa e più favorevole interpretazione del materiale intercettivo, operando peraltro in termini decontestualizzati e senza confrontarsi con l'articolato e assolutamente logico e non contraddittorio, oltre che estremamente motivato, iter argomentativo del giudice del riesame.

3. Del tutto infondato si presenta il secondo motivo di ricorso teso a escludere la gravità indiziaria

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in relazione al favoreggiamento, con finalità di lucro, della permanenza in territorio italiano dei prestatori di lavoro in condizione di irregolarità. Risulta invero dai contributi dichiarativi e dall'ampio panorama delle intercettazioni telefoniche che la ricorrente era consapevole di favorire la permanenza in Italia in condizioni di irregolarità amministrativa di lavoratrici prive di permesso di soggiorno o in possesso di permesso di soggiorno scaduto, che la stessa avviava al lavoro e delle quali controllava la fase di inserimento nelle famiglie richiedenti. Risulta altresì evidente che la permanenza nel territorio nazionale dei lavoratori irregolari era accompagnata dalla finalità di lucro rappresentata dagli indebiti contributi versati all'associazione per l'inserimento lavorativo di soggetti privi di permesso di soggiorno (sez.I, 12.1.2012, Abdalah, Rv. 251855), a nulla rilevando che il prezzo corrisposto per esigenze alloggiative fosse o meno esorbitante rispetto ai valori di mercato, atteso che la forza contrattuale dell'associazione di cui la K. era partecipe non si esauriva nell'offerta alle aspiranti badanti di un alloggio provvisorio, ma proponeva un servizio molto più articolato, volto a procurare un lavoro, sebbene le condizioni di irregolarità delle aspiranti lavoratrici non lo consentissero e a spuntare un corrispettivo per tale indebito inserimento.

4. Non pare invece accompagnata da una logica ed esaustiva argomentazione la motivazione della impugnata ordinanza ove ravvisa un adeguato corredo indiziario in relazione all'art. 603 bis c.p. con particolare riferimento alla emersione di profili sintomatici di sfruttamento dei lavoratori avviati al lavoro, atteso che tale requisito veniva desunto da UNA generica irregolarità del rapporto di lavoro e dalle condizioni imposte asseritamente non corrispondenti a quelle di cui ai contratti nazionali di settore, alla sicurezza e all'igiene sui luoghi di lavoro, nonchè alla sorveglianza e alle condizioni abitative degradanti. In relazione a tale giudizio il Tribunale del riesame proponeva il contenuto di una intercettazione in cui la K. affrontava la questione, sollevata da una lavoratrice, della necessità che venisse regolarizzata la sua posizione lavorativa cui seguivano, secondo la valutazione del Tribunale, mere rassicurazioni di facciata.

4.1 Orbene le conclusioni assunte dal Tribunale del riesame in punto di indici sintomatici della condizione di sfruttamento delle lavoratrici sono meramente assertive e si limitano a riprodurre il contenuto della norma che, tra l'altro, enuncia tra gli indici di sfruttamento non già la mera condizione di irregolarità dei lavoratori stranieri o l'approfittamento da parte dell'intermediario, quanto una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore desunta o dai profili contrattuali retributivi (reiterata corresponsione di retribuzioni palesemente difformi dai contratti collettivi), o dai profili normativi del rapporto di lavoro (orario di lavoro, ferie, aspettativa e congedo), o dalla violazione delle norme in tema di sicurezza e igiene sul lavoro, o dalla sottoposizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio. Fermo restando che negli spunti dichiarativi e nelle intercettazioni telefoniche i profili retributivi della prestazione delle badanti evidenziati dal Tribunale risulterebbero tutt'altro che manifestamente squilibrati rispetto al sinallagma contrattuale, rimane del tutto pretermesso un approfondimento sulle condizioni di lavoro cui venivano sottoposte le badanti ovvero sulla ricorrenza di situazioni di degrado o di violazione della disciplina sulla sicurezza sul lavoro che, nella specie, era sostanzialmente domestico. Errata in

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quanto illogica e contraddittoria appare infatti la operata parificazione tra la manifesta, reiterata e significativa violazione dei termini remunerativi, normativi e conformativi del rapporto di lavoro, così come delineati dall'art. 603 bis c.p., comma 2 per indicare gli indici sintomatici dello sfruttamento, con la condizione di irregolarità dei lavoratori sul territorio nazionale circostanza che, ai fini della integrazione del reato, non riveste alcun rilievo specifico, e non poteva pertanto essere utilizzata, di per sè sola, per concorrere a qualificare il quadro indiziario.

Si impone pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata limitatamente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza relativamente alla contestazione di cui all'art. 603 bis c.p. affermando il seguente principio di diritto: "la mera condizione di irregolarità amministrativa del cittadino extracomunitario nel territorio nazionale, pure accompagnata da una condizione di disagio e di bisogno di accedere alla prestazione lavorativa, non può di per sè costituire elemento valevole da solo ad integrare la fattispecie di cui all'art. 603 bis c.p. caratterizzata al contrario dallo sfruttamento del lavoratore, i cui indici di rilevazione ai sensi della disciplina normativa in questione attengono ad una condizione di eclatante pregiudizio e di rilevante soggezione del lavoratore, resa manifesta da profili contrattuali retributivi o da profili normativi del rapporto di lavoro, o da violazione delle norme in materia di sicurezza e di igiene sul lavoro, o da sottoposizione a umilianti o degradanti condizioni di lavoro e di alloggio".

5. Gravemente deficitaria risulta poi la motivazione dell'ordinanza impugnata in tema di valutazione del grado delle esigenze cautelari in relazione alla attualità e alla concretezza del pericolo di fuga e di reiterazione di condotte criminose della stessa specie, in particolare con riferimento ai criteri di scelta della misura sulla base dei parametri di cui all'art. 275 c.p.p..

Come è noto, l'"attualità" dell'esigenza cautelare non costituisce un predicato della sua

"concretezza". Si tratta, infatti, di concetti

distinti, legati l'uno (la concretezza) alla capacità a delinquere del reo, l'altro (l'attualità) alla presenza di occasioni prossime al reato, la cui sussistenza, anche se desumibile dai medesimi indici rivelatori (specifiche modalità e circostanze del fatto e personalità dell'indagato o imputato), deve essere autonomamente e separatamente valutata, non risolvendosi il giudizio di concretezza in quella di attualità e viceversa (Sezione III, 18 dicembre 2015, Gattuso). Il giudice del riesame invero non ha integralmente rispettato questo principio laddove, quanto al pericolo di fuga lo stesso è stato ravvisato, sebbene la K. sia stabilmente inserita nel contesto del territorio nazionale ove ha una famiglia e un lavoro, dalla mera possibilità di potersi agevolmente spostare all'estero per non essere sottoposta alle severe pene previste per i delitti in contestazione, laddove la verifica richiesta al giudicante afferisce alla "esistenza di un effettivo e prevedibilmente prossimo pericolo di allontanamento che richieda un tempestivo intervento cautelare", verifica che deve necessariamente considerare il quadro soggettivo e personale delle relazioni della prevenuta, le sue frequentazioni, le pendenze giudiziarie e i precedenti penali, le sue condizioni di vita e gli altri specifici elementi vicini nel tempo da cui potere inferire un prevedibilmente prossimo pericolo di allontanamento (sez.IV, 4.10.2018, C., Rv.273994).

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5.1 Il giudice si è invece arrestato al dato non contestato che l'indagata è cittadina ucraina e che possiede significative relazioni all'estero per inferire che, in ragione della severità delle pene che le potranno essere applicate, la stessa ha la possibilità e l'interesse a riparare all'estero, ma tale giudizio prognostico appare assolutamente insufficiente per delineare in termini di concretezza e di attualità il periculum di fuga, il quale va agganciato a specifici elementi della personalità e dell'agito dell'indagata che costituiscano spia di un proposito di allontanamento.

5.2 Parimenti in relazione al pericolo di recidivanza il ragionamento del Tribunale del Riesame risulta fondato sulla valorizzazione di una personalità spregiudicata e incline a delinquere nello specifico settore del reclutamento e dell'avviamento di lavoratori con condizione di soggiorno irregolare, peraltro ricondotto alla specifica attività di indagine per cui è ricorso e non da ulteriori precedenti o carichi pendenti, inclinazione che risulta sedata soltanto a seguito degli sviluppi dell'attività investigativa. In realtà il ragionamento è incompleto e privo di confronto con la concreta verifica di possibili occasioni di reiterazione di condotte criminose della stessa specie, laddove i collegamenti con i vertici dell'organizzazione risultano ormai recisi e al contempo risulta cessata l'attività della organizzazione che costituiva copertura all'attività di illegittima intermediazione.

Il pericolo di reiterazione del reato di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), deve essere non solo concreto e cioè fondato su elementi reali e non ipotetici, ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell'accusato, sia dall'esame delle sue concrete condizioni di vita (sez.IV, 4.10.2018, C., Rv.273994), laddove l'attualità del pericolo di recidivanza nella specie viene ravvisato esclusivamente dalle modalità attraverso le quali la K. ha concorso con finalità di lucro alla asserita illecita attività di intermediazione e di favoreggiamento della permanenza di persone prive di regolare permesso di soggiorno nel territorio nazionale, in assenza di alcuna valutazione sulle condizioni personali, familiari e di vita della prevenuta, la quale risulta

Il pericolo di reiterazione del reato di cui all'art. 274 c.p.p., comma 1, lett. c), deve essere non solo concreto e cioè fondato su elementi reali e non ipotetici, ma anche attuale, nel senso che possa formularsi una prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell'accusato, sia dall'esame delle sue concrete condizioni di vita (sez.IV, 4.10.2018, C., Rv.273994), laddove l'attualità del pericolo di recidivanza nella specie viene ravvisato esclusivamente dalle modalità attraverso le quali la K. ha concorso con finalità di lucro alla asserita illecita attività di intermediazione e di favoreggiamento della permanenza di persone prive di regolare permesso di soggiorno nel territorio nazionale, in assenza di alcuna valutazione sulle condizioni personali, familiari e di vita della prevenuta, la quale risulta