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Sottoscrizioni autografe

5. Autografia

5.1 Sottoscrizioni autografe

Lo spoglio sulle portate dei cittadini del 1427 ha consentito di individuare solamente 4 sottoscrizioni autografe. Le vedove che han- no sottoscritto in prima persona il documento fiscale hanno però delegato la stesura della portata ad altre persone. In un solo caso è presente, accanto alla sottoscrizione della dichiarante, anche la sot- toscrizione dello scrivente delegato.

La prima sottoscrizione che sarà presa in esame è quella di Domenica di Francesco,127 vedova e pinzocchera.128 La stesura della

portata è stata delegata ad uno scrivente che utilizza una cancelle- resca, di livello di esecuzione grafica che definirei professionale.129

Nella parte finale della dichiarazione fiscale è presente la sottoscri- zione di Domenica, la quale impiega una scrittura di base cancelle- resca, ma di livello di esecuzione elementare. Già da un primo con- 127 Appendice: n. 540. Tavole: Fig. 14

128 Nell'incipit della portata si può leggere: «pinzocchera di quelle della vergine maria». 129 Si veda cap. 4

fronto tra le due tipologie grafiche, presenti nei documenti, è percet- tibile l'abisso grafico e culturale che intercorre tra la donna e lo scri- vente delegato. Mentre la scrittura dello scrivente delegato scorre fluida sul foglio, quella di Domenica rivela una certa pesantezza nel tracciare le singole lettere, mostra evidenti difficoltà di allineamento, e si qualifica per un uso scarso dei legamenti tra le singole lettere. Domenica è però in grado di eseguire in un solo tempo le sillabe do e de, riesce a legare la t con la vocale seguente, ma più che un gesto grafico naturale e continuo della mano nel tracciare le due lettere sembra che Domenica disegni sul foglio un segno grafico ripescato nella memoria.

Alcune parole sono incomplete, ad esempio, nello scrivere la parola chotea (chontenta). Non è chiaro se la donna si sia dimenticata di tracciare i segni abbreviativi per le nasali, oppure si tratti di un cu- mulo di errori di ortografia, considerando anche la mancanza della lettera t.

Dalla lettura del testo della portata apprendiamo che Domenica, al momento della dichiarazione, ha 58 anni e non gode di buona salu-

te;130 nonostante ciò è pur sempre stata in grado di impugnare la

penna e di sottoscrive la dichiarazione. A parte queste informazioni essenziali non sappiamo molto di più di Domenica: nella dichiara- zione non è presente alcun riferimento alla professione svolta dal 130 Tavole Fig. 14 «un braccio non lo può utilizzare». Purtroppo lo scrivente nel testo non spiega quanto possa essere grave l'infermità di Domenica, ma considerando che la donna è comunque in grado di usare la penna si può supporre che sia un'infermità temporanea.

marito, e tale mancanza rende difficile ipotizzare l'eventuale colloca- zione sociale della vedova. Sappiamo però che è un pinzocchera, os- sia una terziaria degli ordini religiosi minori. L'appartenenza a que- st'ordine, fa supporre che la donna abbia potuto rivolgersi, per la stesura della portata, a qualcuno che gravitava all'interno di que- st'organizzazione religiosa. La presenza sul territorio fiorentino di questi ordini terziari, e la partecipazione attiva di molte donne, apre uno spiraglio sulla possibilità che in tale contesto, le donne, oltre a svolgere le attività devozionali e assistenziali, potessero avere la pos- sibilità di imparare a leggere e scrivere.131

La seconda sottoscrizione autografa è quella di Cilia vedova di Ruggero Carucci.132 Dalla lettura della portata è emerso che Cilia ha

un figlio, Niccolo di Ruggero Carucci con cui la donna ha alcuni beni in comune.133 Mentre dalla lettura della sottoscrizione di Cilia,

apposta in calce al documento, apprendiamo che Caterina, figlia di Cilia si è occupata di cercare uno scrivente per far scrivere la porta- 131Per quanto riguarda gli studi sugli ordini terziari presenti a Firenze si vedano i seguenti

contributi: A. BENVENUTI Frati mendicanti e pinzochere: dalla marginalità sociale a modello di santità, in Temi e problemi nella mistica femminile trecentesca, XX Convegno del Centro di Studi sulla spiritualità medievale, Todi 14-17 ottobre 1979, Todi 1983, pp.109-135, ripubblicato anche in Donna nel Medioevo. Aspetti culturali e vita quotidiana, a c. di M.C. De Matteis, Bologna, Patron, 1986, pp.275-298, in Mistiche e devote nell’Italia tardomedievale, a c. di D. Bornstein e R. Rusconi, Napoli, Liguori 1992, pp.85-106, in Women and religion in Medieval and Renaissance Italy, ed. by D. Bornstein –R. Rusconi, Chicago –London, University of Chicago Press, 1992, pp.84-103; Ead., Donne religiose nella Firenze del Due-Trecento, appunti per una ricerca in corso, in Le mouvement confraternel au moyen Age. France, Suisse, Italie, Actes de la table ronde "L'institution ecclèsiale à la fin du Moyen Age", Lausanne 9-11 mai 1985, Roma, Ecole française de Rome, (1986), pp.41-82, ripubblicato anche in Fromme Frauen oder Ketzerinnen? Leben und Verfolgung der Beginen im Mittelalter, hrg. M. Wehrli-Jons-C. Opitz, Freiburg. Basel. Wien, Herder, 1998 (Spektrum 4692)

132 ASFi, AC, Filza 17, c. 428 «io Cilia sono chontata ch'ella Cateria mia fiola e donna fu di Barto- lomeo di Giovanni de Rosi abia fatta questa scritta e con mia volontà la fatta. » Nel 1430 Cilia presenta una nuova dichiarazione fiscale, anche in questo caso la stesura della portata è stata de- legata ma in quest'occasione Cilia non sottoscrive il documento.

133 La portata di Niccolo di Ruggero Carucci è andata perduta, rimane soltato l'annotazione fatta dagli Ufficiali del Catasto sui registri. ASFi, AC, Reg. 64, c. 337.

ta. Le competenze grafiche di Cilia sono leggermente superiori a quelle di Domenica, riesce a mantenere diritta la scrittura sul rigo. La tipologia grafica utilizzata da Cilia è una cancelleresca, con un li- vello di esecuzione elementare, non sono presenti legamenti tra le lettere ad eccezione del ch, è evidente una certa difficoltà nel trac- ciare le lettere l e b, che sono eseguite in più tempi.134

Proseguendo nella descrizione delle sottoscrizioni autografe, troviamo quella di Filippa vedova di Giovanni,135 come per le prece-

denti portate anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una di- chiarazione delegata ad un altro scrivente, un certo Bartolomeo di Giovanni e poi sottoscritta dalla donna. Dalla lettura della portata apprendiamo che costei abitava con lo zio Poretto Bandi,136 il quale

però non è accatastato con lei. Poretto però è indicato nella portata come la persona che si interessa di gestire i beni di monna Filip- pa;137 infine, sempre dalla lettura della portata, sappiamo che mon-

na Filippa ha un fratello, tale Francesco Bandi, con il quale possie- de dei beni in comune.138 Filippa utilizza una cancelleresca di un li-

134 Per quanto l'autografia della sottoscrizione sia molto probabile, bisogna però dire che qualche incertezza sulla riconducibilità a Cilia della stesura permane, considerata l'età avanzata della donna. Cilia dichiara infatti di avere 75 anni, e con lei vive il nipote Zanobi, di 11 anni. Esiste sempre la possibilità che la sottoscrizione possa essere stata apposta dal nipotino sotto dettatura di Cilia: la tipologia e l'abilità grafica esibite sono infatti compatibili con quelle di un bambino ai primi livelli di apprendimento della scrittura. Questa possibilità, per quanto ammissibile, non si può sottoporre ad una controverifica, poiché nelle dichiarazioni del 1430 e del 1433, non compare nessuna sottoscrizione nelle portate di Cilia.

135 Tavole: Fig. 24.

136 «Filippa abita al ponte insieme con Poretto Bandi suo zio et co la masserizia sua e di Francesco Bandi, suo fratello, ciò, a la casa e non altro, non na' casa la detta monna Filippa che sia sua» Ta- vole: Fig. 17.

137 «item a governare a le sue spese la ditta monna Filippa a Poretto Bandi suo zio» Tavole: Fig. 17.

138 Nell'Indice delle famiglie, è presente un unico membro della famiglia Bandi, cioè Francesco di Martino Bandi, è probabile che si tratti della stessa persona indicata nella dichiarazione fiscale di Filippa. La presenza di un unico membro di questa famiglia apre la strada a due ipotesi: la prima

vello di esecuzione elementare, e mostra di possedere un discreto controllo della penna. Filippa è in grado di mantenere lineare la scrittura sul rigo, utilizza le lettere maiuscole per i nomi propri (ad esempio Bartolomeo e Giovanni), l'unico legamento è quello st, il ductus è sostanzialmente posato, non si riscontrano veri elementi di corsività che possono far pensare ad un uso ripetuto e continuo del- la scrittura da parte di Filippa.

Allo stesso tempo però ci troviamo di fronte ad una donna che pos- siede abilità grafiche superiori rispetto a quelle possedute da mon- na Domenica. Le lettere tracciate da Filippa non esprimono fatica o pesantezza dovuta ad una scarsa confidenza con la penna e la car- ta. È, però, evidente la diversità di abilità e competenze tra Filippa e lo scrivente delegato Bartolomeo.139 È lecito chiedersi chi sia stato

ad insegnare a Filippa a scrivere. Forse ha seguito un percorso di- dattico insieme al fratello, interrotto per dare spazio ad altre attività di natura domestiche, che non richiedevano l'uso della scrittura.

quella di un cognome di formazione recente; la seconda quella di una famiglia che si sta estin- guendo, ossia di cui è rimasto un solo membro.

139 Per un confronto tra le due mani si veda Tavole: Fig. 17. Fig. 2

L'ultima sottoscrizione autografa è quella di Piera vedova di Giovanni Carucci,140 la portata è scritta dal fratello Ugolino.141 Fin

da subito, è evidente una certa vicinanza tra la tipologia grafica di Ugolino e quella di Piera, anche se in quest'ultima si nota una mino- re padronanza nell'esecuzione delle lettere. La scrittura di Ugolino si qualifica per una certa scioltezza nel tracciare le lettere, introducen- do elementi che appartengono al polo grafico della mercantesca. La somiglianza fra la scrittura di monna Piera e quella del fratello Ugo- lino, può indicarci il luogo in cui Piera ha imparato a scrivere, che fu probabilmente quello familiare. Si noti, ad esempio, come Piera tenti di imitare la scrittura del fratello, sia nell'impaginazione (con la i iniziale per la parola io fuori margine, sia nell'impiego di singolo se- gni grafici, quali il ch semplificato). Situazioni simili a quella di mon- na Piera e del fratello Ugolino, sono state individuate e indagate da altri studiosi, un esempio di quest'educazione comune tra sorelle e fratelli, che però appartiene all'area romana ed è del XVI secolo, è quella di Alessandro e Cassandra Chigi.142

140 Tavole: Fig. 17.

141 «Io ugolino di Tommaso di Ser Giovanni da Canesso o' fatto questa scritta di preghiera di Mon- na Piera mia sirocchia anno e mese di detto sopra». All'inteno della medesima filza si trova an - che la dichiarazione di Ugolino (c. 528), scritta da lui stesso e, apprendiamo che Monna Filippa ha un'altro fratello che lavora presso una bottega inoltre Ugolino ha 25 anni ed è «senz'avvia- mento»

142 «Questa parità di livello tra mani di sessi diversi può sorprendere e costringere a riconsiderare il tipo d'istruzione grafica che era stato loro riservata. Probabilmente per Alessandro, come per le sorelle citate, l'apprendimento scrittorio era stato solamente domestico, senza prevedere una successiva fase di perfezionamento presso un maestro, come invece, circa un secolo prima era avvenuto – secondo un percorso tipico in una famiglia della borghesia fiorentina – per Matteo Strozzi.», in M.P. FANTINI, Lettere alla madre di Cassandra Chigi (1535-1556): grafia, espressione, messaggio, in Per lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia secoli XV-XVIII, a cura di Gabriella Zarri, Roma, 1999, p. 111-150: 123-124.

La scrittura di monna Piera è, in definitiva, una cancelleresca ad un livello di esecuzione grafica che definirei usuale. Tuttavia la penna che Piera utilizza per scrivere è mal temperata, cosicché in più punti sul foglio le aste e i tratti curvi delle lettere sono ingrossati dall'irregolare flusso dell'inchiostro, rendendo difficile la lettura. Pie- ra utilizza l'abbreviazione; così si trova la lineetta soprascritta per segnalare l'assenza della nasale, e le più comuni abbreviazioni di p (nella parola sopradetta) e di q tagliata (questo). È però difficile esprimere un giudizio completo complessivo sulle effettive compe- tenze grafiche di monna Piera, poiché la testimonianza grafica è troppo breve. Rispetto alla testimonianza grafica di monna Domeni- ca, Piera sembra introdurre qualche elemento in più come le abbre- viazioni, facendo sfoggio di un maggior controllo dello strumento grafico. Nonostante le evidenti incertezze, non si ha nel complesso l'impressione di osservare la prova grafica di una persona totalmen- te inesperta.

Un sguardo d'insieme su queste quattro espressioni grafiche femminili, sicuramente autografe, che provengono da ambienti so- ciali finora poco esplorati a causa della mancanza di documentazio- ne, ci restituisce l'immagine di un'educazione grafica femminile in qualche caso presente, ma marginale e trascurata. È evidente che per l'istruzione di queste donne, le famiglie hanno investito poco, o forse niente. Probabilmente, in questi casi l'apprendimento della scrittura è avvenuto all'interno della famiglia. C'è una sorta di “im-

barazzo” nel mettere a confronto le scritture di queste quattro donne con i modelli grafici di riferimento, al fine di per determinare le abi- lità grafiche di ciascuna di loro. Pur avendo avuto la possibilità di imparare i rudimenti della scrittura, è chiaro che per queste donne la capacità di scrivere è rimasta un'abilità poco praticata, quasi fine a se stessa.

Nel caso di Monna Filippa, che dichiara di aver fatto scrivere la portata, si può immaginare un rapporto diretto tra lei e lo scri- vente incaricato di redigere il documento fiscale. Tuttavia, dalla let- tura della portata, si deduce che i beni da lei posseduti erano gestiti dallo zio. Tutto ciò pone Filippa in una posizione subalterna, sia nel- la gestione del patrimonio, sia nella scelta della persona cui delegare l'operazione di scrittura per la dichiarazione fiscale.

In generale, rimane piuttosto oscuro il rapporto che lega queste donne con lo scrivente delegato. Solamente nel caso di Piera è possi- bile, intravedere un rapporto di parentela; inoltre, in questo caso, possediamo le portate del fratello e dello zio, il che rende possibile inserire la donna in un contesto grafico familiare. Nel caso di Piera è possibile intuire in che modo si potevano organizzare le famiglie fio- rentine quando una donna, indicata come capofamiglia, si è trovata nella necessità di presentare una scritta dei suoi beni. Nella situa- zione di Piera possiamo leggere la condizione di molte donne fioren- tine, anche dotate di una qualche disponibilità economica, ossia quella di essere continuamente rappresentate dagli uomini, familiari o appartenenti a cerchie più ampie di conoscenza, sia nella gestio- ne del patrimonio sia nell'eventuale produzione di documentazione scritta.

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