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Lo spazio urbano nel cinema

6.10 Spazi urbani nel genere Noir

Lo spazio sociale filmico nasce attraverso la postulazione delle rappresentazioni. Tali rappresentazioni fanno parte di una ipotetica realtà filmica e acquisiscono significato attraverso la loro relazione con il mondo reale dello spettatore. Ma le due realtà sono conflittuali. Durante la fine del XX secolo si è assistito al crescente dominio di differenti tipologie di spazio costituito come un non-luogo composto da esperienze e rappresentazioni, un altrove che abita il quotidiano; tale tipologia è priva di un luogo reale, si tratta di un elemento parzialmente scollato dalla realtà ma dal quale scaturisce una nuova quotidianità. Esso emerge nel momento in cui la realtà cinematografica si sovrappone alla realtà sociale produttiva. In contrasto con l’emergere di questo non- luogo vi sono momenti nei quali l’esperienza cinematica coinvolge le capacità percettive dello spettatore in altro modo. Durante questi momenti, i confini che separano la realtà filmica e la realtà vissuta dallo spettatore vengono attraversati. Tom Gunning parla come segue di questo processo: “ il

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industriale di produzione, distribuzione e esibizione. Entrambe queste fasi restano al di sopra della definizione di esperienza filmica e assieme ne definiscono i contorni” ( Gunning T. , 2011) .

Da ciò, lo spazio sociale del cinema non viene definito dalle caratteristiche del tessuto filmico, bensì sembra emergere dall’esperienza cinematica stessa. Tale spazio fluisce quindi attraverso lo scatenarsi delle contingenze del momento. La spazializzazione ha luogo nel momento in cui le rappresentazioni si estendono, allungandosi al di là di tutte le qualità fisiche delle loro costruzioni. Ciò che si palesa nell’intersezione tra realtà filmica e quotidiano, dove queste due realtà si intersecano e sembrano alimentarsi vicendevolmente, è uno spazio che ha “ strani effetti” , come Lefebvre chiarisce: “ un luogo che scatena i desideri, esso li presenta con una

trasparenza che incoraggia il loro farsi avanti nel tentativo di reclamare un campo semantico apparentemente libero. Alla vana ricerca della perfezione, i sogni devono essere costituiti di parole, costruiti attraverso la retorica del desiderio”.

All’interno del contesto sopra tratteggiato, il film noir costituisce la narrativa dello spazio sociale urbano. Certamente non tutti i film che si svolgono all’interno di città faranno parte del genere, tuttavia i codici narrativi del noir verranno a formare una persistente topografia culturale urbana. I caratteri facilmente identificabile di questo genere, costituiscono punti di riferimento che mediano, assemblano ed in generale decodificano un flusso di significati. Questi codici narrativi aiutano lo stabilirsi di significati all’interno di una consistente cornice ideologica. Essi situano la città, i suoi abitanti e gli avvenimenti,

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fungendo da testa di ponte tra il mondo sensoriale della quotidianità e la sua rappresentazione.

Il Film Noir traccia assieme il desiderio struggente e la sua distruzione o assenza. Esso postula un paradosso che sembra essere da un lato capace di reggersi da solo e dall’altro sull’orlo della disintegrazione. Il “Phillip Marlowe” di Raymond Chandler o il “ Sam Spade” di Dashiel Hammett, sono personaggi immortali perché incarnano la chiarezza in mezzo ad un mondo corruttibile nel quale le persone sono spesso evasive e ingannevoli. Questi archetipi ed i loro equivalenti sono immersi in un quadro narrativo che deriva dal cronotopo5 di un particolare raggruppamento sociale in un momento centrale nella produzione dello spazio urbano statunitense. Essi rispondono sintomaticamente ma in modo originale alla reale congiuntura durante la quale le grandi città statunitensi furono disarticolate attraverso una logica di suburbanizzazione e consumismo. Contro l’ascesa di questi due nuovi valori, il noir, anche nelle sue più estreme espressioni, pone la rappresentazione dello spazio urbano all’interno di un sistema di segni che si sforza di mantenere un aspetto coerente. Attraverso sia configurazioni iper-realistiche o nostalgiche, come ad esempio, rispettivamente in Blade Runner ( Scott, 1982) e in LA Confidential ( Hanson, 1997) , si può adottare la logica di neutralizzare la dislocazione dello spettatore. I noir presentano dunque un diverso cronotopo urbano, un punto nel quale lo spazio sociale delle città si cristallizza per formare delle rappresentazioni che protraggono la specificità del momento.

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Questo è il luogo nel quale lo spazio diventa carico e sensibile a i movimenti del tempo, della trama e della storia. Ciò che il cronotopo del noir allegorizza è la privatizzazione della vita pubblica. L’opposizione tra un pericoloso e seducente spazio commerciale e uno spazio domestico statico e compassato.

Negli anni ’60 si assiste al ribaltamento di questo cronotopo: il noir con i suoi facilmente riconoscibili archetipi e tratti narrativi della America urbana, riappare in una più ampia prospettiva sociale. La città con i suoi confini, elemento al quale si alludeva soltanto nel noir classico, diventa entità diversificata e complessa. All’interno dello spazio urbano si manifestano imbarazzanti archetipi come quello migratorio. Il genere si libera da ciò che Murphet aveva definito: “

l’inquadratura notturna di corridoi urbani che organizzano il cronotopo noir in un nuovo sistema di spazio e flusso temporale” .

Un primo esempio di questa inversione è Bullit ( Yates P. , 1968). La pellicola è ambientata a San Francisco, un tempo rappresentata come città claustrofobica, qui sfondo mutevole per la Ford Mustang di Steve McQueen. L’auto del protagonista non è semplicemente un simbolo di classe o della crescente mobilità di quegli anni, ma sembra incarnare l’incombente caos dell’emergente realtà urbana post industriale. Sebbene tale realtà si fosse evoluta attraverso una serie di emblematici spazi sociali disconnessi tra loro, adesso risulta plasmata e definita come un archetipo che si è affrancato dal mondo notturno. Il protagonista non è costretto nelle formalità del genere ne è spinto dallo stesso senso di anomia esistenziale che contraddistingue il classico anti- eroe appartenente al genere. Egli non è al di fuori del sistema ma ne fa parte e, sebbene implicitamente il sistema risulta

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corruttibile, il protagonista non lo è; egli incarna piuttosto l’attualizzazione del cowboy metropolitano del dopoguerra che ha ceduto il suo cavallo in cambio di un’auto della polizia dal marchio prestigioso.

Il motivo colorato che pervade la fotografia di Point Blank ( Boorman J. , 1967) proclama e rivela l’inversione delle convenzioni narrative del noir. L’estrema dislocazione filmica dei tradizionali motivi spaziali e temporali risultano paralleli al mondo astratto del crimine dei colletti bianchi, dove stolti e criminali sono invisibili.

Il tradizionale universo narrativo del noir, è costruito su uno spazio urbano costituito da una definita geografia sociale e da un ordine morale. La notorietà del genere si costruisce sopra questi caratteri definiti nel tempo, al fine di mantenere la funzione trasgressiva della forma. Point Blank descrive la distruzione di questi parametri e la futilità del loro rinnovo. Il genere noir incarna dunque un elemento di transizione che annuncia un nuovo ordine mondiale post industriale.

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Capitolo VII