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Spazio a disposizione di ciascuno studente

Star bene a scuola

5) Spazio a disposizione di ciascuno studente

Una classe inclusiva ha bisogno di spazi ampi, dove la cattedra e i banchi non siano la sola situazione che si può agire in quel contesto (pensiamo all’importanza di altri spazi come ad esempio uno per la lettura, comodamen-te sdraiati su cuscini, uno per la ricerca e lo studio con i supporti informatici, uno per i lavori più manuali con tavoloni ampi e la possibilità di poterci girare intorno). Una classe troppo piccola, dove ci stanno solo i banchi e la cattedra, non permette tutte quelle attività di gruppo cooperativo metacognitivo, senza che ci si disturbi a vicenda e si inneschino quelle dinamiche aggressive di so-praffazione reciproca. L’inclusione viene favorita da un clima pacifico, in cui ciascun gruppo possa avere degli spazi vitali riservati e possa essere messo in condizione di poter rispettare anche gli spazi degli altri (oltre a volere il rispet-to dello spazio proprio). La convivenza è molrispet-to facilitata dagli spazi ampi, vi-ceversa, con spazi ridotti tutto diventa più difficile.

La colonna del quinto e ultimo indicatore riguarda il numero di metri quadrati a disposizione di ciascun ragazzo nella propria aula ed è formata da quattro livelli: il primo, partendo dal basso, comprende una disponibilità me-dia di spazio pro capite fino a 1,6 metri quadrati; il secondo livello comprende una disponibilità di spazio che va da oltre 1,6 metri quadrati fino a 2 metri quadrati; il terzo livello comprende una disponibilità di spazio che va da oltre 2 metri quadrati fino a 3 metri quadrati; infine il quarto livello comprende una disponibilità di spazio che va oltre i 3 metri quadrati.

Oltre ad avere un profilo di inclusività rispetto ai cinque indicatori della fi-gura 1, può essere comodo calcolare un valore complessivo di inclusione della classe.

In questo caso si possono semplicemente sommare i numeri relativi ai li-velli nei quali si trova la classe presa in esame: se, ad esempio, una classe si

tro-va a livello 2 del primo indicatore, a livello 1 del secondo indicatore, a livello 3 del terzo indicatore, a livello 3 del quarto indicatore e a livello 1 del quinto in-dicatore, il punteggio complessivo di inclusione sarà: 2+1+3+3+1 = 10, rispet-to ad una scala a 20 punti dove 0 corrisponde all’assenza di inclusività e il va-lore 20 alla sua presenza massima.

Il modello proposto permette, oltre ad avere un indicatore complessivo, di avere anche un profilo di inclusività della classe, nel quale si possono trovare le aree forti e quelle deboli dell’inclusione, sulle quali occorre lavorare per mi-gliorarle. Un lavoro analogo si potrebbe fare anche per avere degli indicatori di inclusione riguardanti tutta la scuola o tutto l’Istituto.

L’idea che ha sorretto questo lavoro è quella di sviluppare maggiori consa-pevolezze tra gli insegnanti e gli operatori scolastici volte a orientare l’azione educativa verso una didattica dell’inclusione.

In Italia si può dire che la fase dell’inserimento scolastico di tutti gli alunni disabili si sia conclusa con successo: nelle nostre scuole, a partire da quelle dell’infanzia, gli studenti in situazione di handicap frequentano normalmente e ormai nessuno si meraviglia più.

Questo però non vuol dire che questi ragazzi siano “normalmente” integra-ti. Gli insegnanti di sostegno hanno avuto un ruolo importantissimo nel tra-ghettare questi studenti dalle scuole speciali a quelle normali e senza di loro questa operazione probabilmente non sarebbe passata e accettata socialmente.

Ora è tempo di pensare ad una normale inclusione dei soggetti disabili nelle classi e questo non può avvenire se non con la presa in carico di questi ragazzi da parte degli insegnanti “normali” della classe. Occorre superare la figura dell’insegnante di sostegno tradizionale (l’insegnante degli handicappati) per arrivare ad una diffusione dell’insegnamento speciale all’interno del curricolo normale. L’insegnante di classe è l’insegnante di tutti i ragazzi, quindi, e in special modo, anche di quello disabile.

Non si vuole con questo togliere gli aiuti all’integrazione, ma ripensarli ri-conoscendo agli insegnanti di classe un tempo maggiore per poter progettare situazioni formative speciali. Altri aiuti agli insegnanti di classe, nei casi più gravi, possono venire da figure quali quelle degli assistenti educatori, i quali, pur non avendo la responsabilità formativa del ragazzo disabile, collaborano con l’insegnante nell’attuazione del piano educativo individualizzato. Impor-tante può risultare l’aiuto psicopedagogico di esperti, della famiglia e della

comunità locale (i comuni hanno un ruolo di primo piano nel coordinamento delle risorse a sostegno delle famiglie messe a dura prova dalla disabilità).

CONCLUSIONI

L’inclusione scolastica si fonda sulla valorizzazione di tutte le risorse uma-ne disponibili e chiama in causa i concetti di normalità e di specialità. Sono questi due concetti le coordinate della ricerca di un benessere sociale a scuola.

Uno strumento operativo per l’insegnante e per chiunque altro si interessi al funzionamento di una scuola di qualità può essere un modello di indicatori di inclusività di una classe, che facciano riferimento al numero di studenti con incarichi di volontariato, al numero di lavori cooperativi di gruppo, al numero di attività proposte dall’insegnante e negoziate con i ragazzi, al tempo che gli studenti disabili stanno in classe e allo spazio a disposizione di ciascuno stu-dente.

La nostra speranza è quella che anche strumenti del genere servano a ini-ziare una nuova stagione dell’inclusività a scuola, più rispettosa dei bisogni formativi dei ragazzi di sentirsi normali e al contempo speciali; una scuola che riesca a sviluppare i talenti di ciascuno e a non perdere nessuno per strada.

Capitolo 2