Un insegnante democratico che abbraccia la prospettiva cooperativa meta-cognitiva modifica la convinzione che la principale fonte di apprendimento per gli alunni sia lui stesso e non giudica tutto ciò che viene detto dai ragazzi, per permettere a tutti di esprimere le proprie idee e opinioni, senza paura di sbagliare o di essere giudicati e censurati.
Nel progettare la sua lezione un docente di questo tipo prevede momenti di contrattazione con gli alunni, all’interno dei quali possano scegliere tra una gamma di alternative, che possono riguardare gli obiettivi, l’argomento, le modalità di lavoro, l’ordine di esecuzione, i ruoli che si intendono giocare, i criteri di verifica, le modalità del confronto e della riflessione metacognitiva, e così via. Egli pone molta attenzione alla strutturazione dell’interdipendenza positiva e ai momenti di confronto e di revisione metacognitiva: diventa im-portante che il gruppo classe rifletta su cosa ha prodotto, come ha lavorato e migliorato il proprio stile cooperativo.
In questo capitolo affronteremo il tema dello sviluppo di una pedagogia cooperativa metacognitiva per contratti, in particolare ci soffermeremo sui più comuni contratti scolastici, quali: il Progetto educativo d’istituto e il Piano dell’offerta formativa, il Progetto educativo di plesso, il Contratto formativo della classe tra insegnante, alunni e genitori, i Contratti formativi d’aula, i Contratti formativi personalizzati e i vari Regolamenti scolastici.
LE PAURE RECIPROCHE TRA INSEGNANTI E GENITORI
Spesso la collaborazione tra queste parti è difficile, faticosa e problematica.
Nella maggioranza dei casi i problemi derivano da equivoci e incompren-sioni reciproche.
Tra i genitori, ad esempio, è molto diffusa la convinzione che manifestare il proprio dissenso rispetto a quanto stabilito o programmato dai docenti, possa
causare una ricaduta negativa sul rapporto insegnante-alunni; maturano quindi l’idea che sia meglio starsene zitti (“Gli insegnanti sono vendicativi e se vengono contraddetti, si rifanno sui nostri figli”).
Comportamenti di diffidenza come questi trovano spesso origine da ansie e paure che, più o meno consapevolmente, i genitori provano verso gli inse-gnanti e che, a loro volta, gli inseinse-gnanti provano verso i genitori o verso l’ambiente in generale (es. “Sono ragazzi maleducati, non ci rispettano come fanno le loro famiglie e gli altri in generale”).
Nella tabella 5 vengono riportate alcune della paure più frequenti dei geni-tori e degli insegnanti.
Le paure reciproche tra insegnanti e genitori
PAURE DEGLI INSEGNANTI PAURE DEI GENITORI
• “Si credono migliori di me” (minac-cia alla propria autostima)
• “Vogliono farmi fare quello che vo-gliono” (minaccia alla propria indi-pendenza)
• “Credono di essere più competenti di me nella mia disciplina” (minaccia alla propria autonomia didattica)
• “Pretendono troppo da me, che sia sempre a loro disposizione” (paura di essere fagocitati dai genitori)
• “Se mi metto in opposizione, i geni-tori se la prendono con me e mi fanno la guerra” (paura del conflitto e delle ritorsioni)
• “Si credono migliori di me” (minaccia alla propria autostima)
• “Danno sempre la colpa alla famiglia”
(minaccia alla propria autostima, paura di sentirsi inadeguati)
• “Non riesce a capire mio figlio e lo giudica in modo ingiusto” (paura che il docente non comprenda i bisogni e le potenzialità del figlio”)
• “Mio figlio non mi considerà più, crede solo a quello che dice l’insegnante”
(paura di non essere più il principale punto di riferimento del figlio)
• “Non possiamo dire niente che sia in disaccordo con quanto pensa l’insegnante, altrimenti si vendica sui nostri figli” (paura del conflitto e delle ritorsioni)
Tab. 5
Di fronte a queste paure, possiamo reagire in tre modi diversi:
•
in modo aggressivo
alzando la voce, colpevolizzando l’altro e dando giudizi sulla persona (“Suo figlio è un gran maleducato”), assumendo una postura d’attacco e svalorizzando l’altra persona (“Quella non capisce niente”), attaccandola in modo diretto (“Ma lei chi si crede di essere?!?”), o mascherato (“Cosa pensa di una persona che crede di es-sere sempre dalla parte del giusto?”), manifestando atteggiamenti di indifferenza (“Di quella persona non mi può importare di meno!”), o di superiorità (“Non vale la pena di perdere il mio tempo con quello lì!”), chiamandosi fuori e addossando all’altro tutta la colpa (“Io ho fatto tutto il possibile, è suo figlio che non si applica”);•
in modo passivo
evitando il confronto (“Non ho nulla da dire”), o lo scontro (“Devo stare zitta”), con la fuga (“Meglio che me ne vada!”) o con la negazione delle paure (“Non è vero che c’è un problema”), e delle ansie (“Io sto bene, questo problema non mi sfiora nemmeno!”), oppure addossando tutta la colpa a se stessi (“È colpa mia, sono io che non capisco niente”), o rimanendo inerte all’aggressione del genitore o dell’insegnante;•
in modo assertivo
cercando il colloquio, il confronto, una soluzione concordata al problema, elaborando insieme le paure, raggiungendo un punto d’accordo, costruendo insieme delle programmazioni con-divise. La convinzione principale è la seguente: “Io sono capace, tu sei capace, troviamo un accordo, una collaborazione, una proposta che vada bene per entrambi”. È questo un modo per stabilire un accordo, una modalità che si può utilizzare a scuola attraverso quella che viene definita una “pedagogia per contratti”.UNA PEDAGOGIA PER CONTRATTI
In uno stile educativo democratico, cooperativo e metacognitivo non c'è posto per l'imposizione del volere dell’insegnante, né per un autoritarismo come quello di una scuola coercitiva, dove chi sceglie (sempre per il bene del-l'alunno) è l'insegnante, a volte anche in contrasto con i familiari (i quali non sono preparati, competenti e non possono capire).
L'autorevolezza dell'insegnante, invece, si misura in base alla capacità di convincimento nei confronti degli alunni, dei genitori e dei colleghi. Se una proposta didattica è ben pensata, strutturata e risponde alle esigenze formative dell'utente, può trovare l'adesione e l'appoggio di tutti i soggetti coinvolti.
Spesso sono le proposte deboli, quelle “difficili da spiegare”, che non rispon-dono ai bisogni formativi degli “utenti-clienti”, che hanno bisogno di essere imposte, non discusse e non comprese.
Diventa perciò una sfida educativa importante quella di non pretendere dagli altri la conformità e l’adesione acritica alle proprie scelte didattiche, me-todologiche, contenutistiche, ma cercare di proporle in maniera convincente, perseguendo l'appoggio e l'adesione consapevole di tutti.
Questa nuova pedagogia democratica più cooperativa (nel senso che tutto viene socializzato) e più metacognitiva (come riflessione continua sugli esiti e sui processi agiti) trova nei Contratti formativi fra le parti il fondamento della propria azione educativa.
Convincere, non imporre, diventa il nuovo slogan della scuola.
Questo tipo di contratto serve all’insegnante per realizzare una didattica democratica basata non sulla imposizione, ma sulla condivisione, che permet-ta un maggior coinvolgimento dei ragazzi, una maggior motivazione ad apprendere e a impegnarsi per il successo formativo.
Per vincere le paure che bloccano il dialogo e la collaborazione tra le parti, occorre superare gli stili di difesa, come quello aggressivo e quello passivo di esitazione, che non ci permettono di lasciarci alle spalle i nostri timori e le no-stre ansie educative. Occorre elaborare costruttivamente queste paure, cercan-do di prenderci cura delle altre persone. Prendersi cura reciprocamente signi-fica anche sentirsi parte attiva nella progettazione, nella programmazione dell’azione educativa, lavorare insieme per cercare soluzioni costruttive e il più possibile condivise.
Vuol dire inoltre riflettere sui propri ruoli e sulle responsabilità reciproche, sulla condivisione degli obiettivi, sulla loro chiarezza e importanza, sulle scelte educative condivise, sulla capacità di gestire le situazioni d’ansia e di conflitto, di individuare le risorse disponibili e costruire una rete degli aiuti educativi.
Questo ci permette di maturare una maggior consapevolezza del ruolo e di quello che ciascuno di noi può fare per facilitare il processo educativo e la cre-scita culturale e sociale dei ragazzi.
Solo un rapporto strettamente collaborativo tra insegnanti e genitori può creare tutto questo. È per questa ragione che dobbiamo uscire dalla program-mazione individualistica, per approdare a dei veri e propri Contratti formativi, che favoriscano le opportunità di dialogo e di relazione reciproca, la scelta de-gli obiettivi chiari e condivisi, dei saperi e dei ruoli, dei criteri di verifica e di valutazione. Tutto ciò nel rispetto reciproco delle proprie peculiarità e nella volontà di creare una rete di mediazione culturale.
Ciascuna parte può sottoscrivere l’accordo raggiunto con un Contratto formativo che enfatizzi gli impegni che le parti hanno concordato e sottoscrit-to.
I contratti nascono essenzialmente da tre esigenze:
a)