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1.5 L’adozione dei minori: i presupposti

1.5.2 Lo stato di abbandono

Presupposto essenziale per procedere all’adozione del minore è la situazione di abbandono, che ai sensi dell’articolo 8 della legge

34 Cass. 23.07.1997, n. 6899, in Famiglia e diritto 1997, 523 con nota di B. Lena,

“Adozione: diritto del minore ad essere ascoltato”, in Famiglia e diritto, 1997; nota di G. Manera “Osservazioni sulla pretesa necessità dell’audizione del minore nella

procedura di adottabilità”, in Giust. Civ. 1998, 2295. Ancora sul tema Cass.

21.03.2003 n. 4124 in Famiglia e diritto 2004 p 25 ss con nota di E. Ravot “Adozione

legittimante e audizione del minore” in Famiglia e diritto, 2004.

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Così A. e M. Finocchiaro, “Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei

minori”, Giuffrè, Milano, 1983 p. 93; L. Sacchetti “Il commentario dell’adozione e dell’affidamento”, Maggioli, Rimini, 1986 p. 101.

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In particolare la Convezione di New York del 1989 e la Convenzione di Strasburgo del 1996.

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184/1983 consiste nell’accertata mancanza di “assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi”37

. La norma allude ad un’assenza oggettiva e non transitoria di quel complesso di cure, attenzioni e attività che i genitori normalmente offrono ai figli andando così ad integrare una violazione dei doveri imposti loro dalla Costituzione e dal Codice civile38. L’abbandono costituisce l’aspetto più rilevante e più delicato dell’istituto adottivo in quanto ne rappresenta la causa e la stessa ragione giustificatrice. Sull’accertamento di questo presupposto si incentra tutta la disciplina dell’istituto adottivo; occorre quindi porvi particolare attenzione, considerati gli effetti gravi che derivano dal provvedimento di adozione, in particolare lo scioglimento dei legami con la famiglia di origine. Qualora infatti la famiglia biologica non riesca a garantire lo sviluppo armonico della personalità della prole né una crescita in un adeguato contesto familiare, dimostrandosi incapace di assolvere alle funzioni genitoriali, l’interesse del minore non può essere sacrificato a favore della tutela del legame di sangue39. Il diritto di crescere nella propria famiglia infatti è recessivo rispetto alla salvaguardia della salute psico-fisica del minore, che rimane sempre lo scopo primario da perseguire.

Il legislatore ha preferito non definire in modo rigido e preciso in cosa consista la situazione di abbandono, ma ha utilizzato una clausola

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Di “stato di abbandono” il legislatore ha parlato sin dal 1905: la legislazione assistenziale anteriore infatti si riferiva frequentemente ai minori abbandonati.

38L’Art. 30, co. 1 e 2 Cost. e l’art. 147 c.c. individuano i doveri genitoriali negli

obblighi di mantenere, istruire, educare i figli ed assisterli moralmente nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.

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Cass. Civ. sez. I, 01.02.2005, n. 1996, Mass. Giur. It. 2005 “In tema d’adottabilità di un minore, l’esigenza primaria di vita e di crescita nella famiglia d’origine, per quanto prioritaria e preferenziale ai sensi dell’art. 1 della legge n. 184 del 1983, è comunque recessiva rispetto all’obbiettivo preminente della tutela degli interessi del minore e va conseguentemente sacrificata allorquando l’entità delle cure materiali e morali che la famiglia medesima è in grado di prestargli scenda, per cause non temporanee e non emendabili – e a prescindere dalla loro imputabilità, al di sotto della soglia minima indispensabile per non compromettere in modo grave e permanente lo sviluppo psicofisico del minore.

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generale per consentire al giudice di valutare i casi sottoposti alla sua attenzione in modo più aderente alle diverse realtà e tenendo conto delle esigenze dei singoli minori e delle condizioni personali, ma anche ambientali e sociali in cui si trovano40. Sarà quindi compito dell’interprete riempire di contenuti il principio generale posto dalla legge applicandolo in modo differenziato a seconda del caso concreto, sempre in modo da tutelare il minore41.

Lo stato di abbandono può sussistere sia quando il minore è sprovvisto di una famiglia (come il caso del figlio di ignoti o del minore orfano di entrambi i genitori e privo di altri parenti), sia quando una famiglia vi sia, ma questa si riveli inadeguata a soddisfare le esigenze del minore. Nel primo caso si procede senza ulteriori indagini in quando l’abbandono è evidente di per sé, mentre nel secondo caso la procedura per la dichiarazione di adottabilità sarà più complessa e la definizione di abbandono più problematica.

Per quanto riguarda il problema della definizione dello stato di abbandono una parte minoritaria della giurisprudenza, soprattutto in passato, aveva affermato che consisterebbe nell’assenza totale delle cure necessarie al figlio da parte dei genitori, situazione in cui il minore sarebbe “orfano di genitori viventi”42. Si tratta di un’interpretazione rigidamente letterale dell’articolo 8 l. ad. che difficilmente trova riscontro nella realtà e che per questo finì per non

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Sul punto A. C. Moro “L’adozione speciale”, Giuffrè, Milano, 1976; G. Alpa e P. Zatti, “Commentario breve al codice civile”, Cedam, Padova, 1995.

41 Sul carattere elastico della norma vedi M. R. Petrongari, “Il giudizio sulla

situazione di abbandono”, in Giust. Civ. 1990 I, p. 1364; M.L. De Luca “Lo stato di abbandono” in Dir. Fam. Pers. 1989, 205. Più recente M. Dogliotti e F. Piccalunga,

“L’articolo 8 della legge sull’adozione prima e dopo la riforma del 2001” in Riv.

Trim. dir. e proc. civ. 2003; F. Astiggiano “Riflessioni in tema di stato d’abbandono del minore” in Famiglia e diritto, 2013; C.M. Bianca, “Diritto civile 2, La famiglia. Le successioni”, Giuffrè, Milano, 2005; M.G. Stanzione, “Stato di abbandono e diritto del minore a rimanere presso la propria famiglia di origine” in Famiglia e diritto, 2013.

42 Espressione utilizzata dal Trib. min. Venezia nella sentenza 5.07.1971, in Giur. it.

1972 I, c. 2011. In tal senso anche Cass. 8.2.1989, n. 793 in Dir. fam. Pers. 1989, 519 ss.

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essere più utilizzata. Si passa quindi da una nozione in termini di assolutezza dello stato di abbandono a una più parziale, modificabile a seconda delle singole esigenze: una lettura questa apprezzabile ma che non offre risultati soddisfacenti, a causa della mancata univocità dei criteri di riferimento. Si richiamava infatti ciò che è “normale”, “tipico” per i fanciulli di una medesima condizione sociale, ma si tratta di criteri del tutto relativi in quanto i bisogni di ciascun minore possono essere concretamente variabili uno dall’altro.

La giurisprudenza più accorta risolve il problema lasciando la nozione di abbandono come una sorta di clausola in bianco, rimettendo la valutazione del caso concreto al prudente apprezzamento del giudice. Appariva comunque necessario individuare dei criteri orientativi alla luce dei quali il giudice potesse valutare le singole fattispecie. Soccorre qui il richiamo ai principi costituzionali, in particolare all’obbligo dei genitori di educare, istruire e mantenere i figli previsto all’articolo 30 della Costituzione e ribadito dall’articolo 147 c.c.. Sussiste dunque una situazione di abbandono quando le condizioni in cui si trova il minore sono al di sotto del minimo accettabile, considerando che l’assistenza prestata al minore deve garantire a questo la realizzazione dei diritti riconosciuti dalla Costituzione e dal Codice civile. L’articolo 8 l. ad. opera quindi come un limite al principio previsto all’articolo 1 della medesima legge secondo cui il minore ha il diritto di crescere nell’ambito della propria famiglia43

.

L’evoluzione giurisprudenziale ha evidenziato inoltre che, per sussistere una situazione di abbandono, non occorre una cosciente volontà dei genitori di non occuparsi più del figlio lasciandolo così privo di assistenza44. L’abbandono va valutato in relazione non alla

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Cass. 5.05.1989, n. 2101 in Giur. it 1989 , p. 1840 ss; Cass. 27.08.2004 n. 17110, in Guida al diritto 2004, n. 37 p. 52 ss.

44 Cass. 29.09.1999, n. 10809 in Famiglia e diritto 2000, 1, 75 ss; Cass. 10.09.1999

n. 9643 in Famiglia e diritto 1999, 6, 574 ss; Cass. 7.11.1998 n. 11241 in Dir. Fam.

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posizione dei genitori, ma esclusivamente in base a fatti gravi ed oggettivi che fanno emergere uno stato di abbandono irreversibile. Ciò che viene preso in considerazione ai fini dell’accertamento è la situazione oggettiva45 in cui versa il minore, il quale ha comunque il diritto a che siano assolti i compiti educativi e di mantenimento nei propri confronti anche in caso di incapacità della famiglia d’origine. È quindi possibile che sussista una situazione di abbandono anche quando i genitori si occupino anche in maniera inadeguata della prole, ma la loro assistenza sia talmente inadatta da non assicurare al minore un armonico sviluppo della sua personalità. Allo stesso modo non rileva la disponibilità dei genitori di porre rimedio allo stato di abbandono se alle semplici affermazioni verbali non sussistono comportamenti da parte di questi tali da tradurre le intenzioni in fatti46. Non tutti gli inadempimenti dei doveri genitoriali danno vita all’apertura di una procedura di adozione. A seconda del caso specifico e della gravità che caratterizza l’inadempimento infatti è possibile applicare una serie di misure previste dalla legge: emanare misure amministrative di sostegno alla famiglia, pronunciare affidamento familiare o ancora prevedere la limitazione o la decadenza della responsabilità genitoriale. L’istituto dell’adozione si distingue da tutti gli altri rimedi proprio per gli effetti pieni e definitivi che produce, per questo si configura come una extrema ratio da pronunciare solo in situazioni gravi e irreversibili. È principio ormai consolidato quello secondo cui la dichiarazione di adottabilità ha come presupposto

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Sulla natura oggettiva della nozione di abbandono vedi M. R. Petrongari “Il

giudizio sulla situazione di abbandono” in Giusti civ. 1990. In giurisprudenza: Cass.

7.02.2002 n. 1674 in Giust. Civ. 2003, c. 2953 ss; Cass. 27.05.1987 n. 4723 in Arch.

Civ. 1987 p. 1093 ss.

46 Significativa al riguardo la decisione Corte App. di Napoli del 10.10.2012 in

Corriere del merito, 2013, 5, 499 ss secondo cui sussiste abbandono “nonostante

l’astratta disponibilità dei genitori di volersene prendere cura, ove non supportata da elementi concreti, e comunque ove i tempi di recupero dei genitori stessi sono presumibilmente di imprevedibile e non breve durata, non compatibili con le esigenze del minore”.

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necessario la verifica dell’inidoneità dei genitori47 accompagnata dall’accertamento che tale condizione possa cagionare gravi danni alla crescita psico-fisica del minore48. Lo stato di abbandono si sostanzia dunque nella mancanza di quel minimo di cure e assistenza, morale e materiale, da parte dei genitori indispensabile per ogni minore, la cui mancanza è tale da compromettere la sua crescita e pregiudicare lo sviluppo della sua personalità49. Per inserire un minore in un diverso nucleo familiare non basta riscontrare un’inadeguatezza dell’assistenza morale e materiale fornita dai genitori, e quindi la preferibilità di una vita presso terzi, bensì occorre accertare che la vita offerta della famiglia di origine sia al di sotto della soglia del minimo indispensabile, in modo da compromettere così la crescita del minore50. Queste valutazioni devono essere effettuate facendo riferimento non alla figura astratta del minore, ma a quel determinato soggetto preso in considerazione nella fattispecie concreta, facendo attenzione alle sue caratteristiche, alla sua storia e all’ambiente sociale in cui è inserito51.

L’espressioni “assistenza morale e materiale” deve ritenersi un’endiadi52

, quindi come un concetto unitario senza operare delle rigide e meccaniche distinzioni, in quanto l’assistenza da assicurare al

47 Cfr Cass. 14.06.2012 n. 9769 in www.parsonaedanno.it; Cass. 10.08.2006 n. 18113

in Mass. Giur. it. 2006.

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In tal senso Cass. 29.03.2011 n. 7115 CED Cassazione 2011 ; Cass. 26.01.2011, n. 1838 CED Cassazione 2011; Cass. 7.02.2002 n. 1674 in Mass. Giur. it. 2002.

49 Cass. 28.03.2002, n. 4503 in Arch. Civ. 2003, 57 ss; Cass. 4.05.2000 n. 5580 in

Famiglia e diritto, 2000, 558 ss; Cass. 12.04.2006, n. 8527 (in Famiglia e diritto,

2006, 551 ss) secondo cui “perché si realizzi lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità di un minore, devono risultare, all’esito di un rigoroso accertamento carenze materiali e affettive di tale rilevanza da integrare una situazione di pregiudizio per il minore”.

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Cass. 29.04.1998 n. 4363 Mass. Giur. it. 1998.

51 Cass. Civ. sez. I, 05.02.1988, n.1265 Mass. Giur. It. “Al fine della dichiarazione

dello stato d’adottabilità, la situazione d’abbandono del minore da parte dei genitori, da valutarsi con riferimento ad ogni circostanza del caso concreto, ivi incluse le caratteristiche affettive e psichiche del singolo soggetto”.

52 L. Sacchetti in “Il commentario dell’adozione e dell’affidamento”, Maggioli,

Rimini, 1986 rifiuta artificiose dicotomie tra aspetti morali e materiali della vita, tra assistenza morale e materiale. In giurisprudenza Cass. 21.06.1988 n. 4220, Mass.

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minore è un’attività globale di adeguata formazione della personalità del fanciullo in cui aspetti morali e materiali si intersecano e influiscono gli uni sugli altri. Si tende a favorire le situazioni in cui le carenze da parte dei genitori siano dovute soltanto alla mancanza di risorse materiali e questa non sia dovuta a comportamenti volontari dei genitori. In questi casi, presi in considerazione dall’articolo 1 comma 2 della legge sull’adozione, se lo stato di povertà non è imputabile alla colpa dei genitori e se questi dimostrano di aver costruito un rapporto affettivo forte con il minore, saranno disposti interventi solidaristici a favore della famiglia in condizioni di indigenza.

I comportamenti dei genitori che possono rilevarsi indici per l’accertamento di uno stato di abbandono possono concretizzarsi in condotte commissive o omissive. Nelle prime rientra l’ipotesi della violenza sui minori in ogni sua forma53. Tendenzialmente queste fattispecie integrano reato. Può trattarsi anche di un conflitto familiare che non riguarda direttamente il minore, bensì si tratterebbe del caso in cui i genitori provocano di riflesso un danno sulla psiche del bambino che potrebbe incidere sulla sua crescita. Oppure, ancora, può integrare una fattispecie di stato di abbandono la trasmissione al minore di valori del tutto inaccettabili, come l’esortazione al furto, all’accattonaggio o alla prostituzione. Per un verso sarà necessario uno sforzo di comprensione per le diverse realtà che contraddistinguono i vari nuclei familiari, questo però fino a quando il contesto ambientale non vada a pregiudicare in modo intollerabile la crescita del minore54.

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Si fa riferimento ad ogni tipo di violenza: fisica, sessuale, morale. Per un esempio vedi Trib. min. Perugia 3.03.1972 Dir. famiglia 1973 p. 392 ss. Cass. 28.03.1987 n. 3028 (in Mass Giur. it. 1998) da rilevanza al comportamento commissivo. In dottrina vedi A. Grasso “La violenza ai minori nell’attuale normativa giudiziaria

italiana” in Dir. famiglia 1980, p. 1170.

54 M. Dogliotti “L’adozione dei minori: presupposti e requisiti” in Filiazione,

adozione e alimenti di T.Auletta, Giappichelli, Torino, 2011 p. 431; così pure L.

Sacchetti “Il commentario dell’adozione e dell’affidamento”, Maggioli, Rimini, 1986, p. 110.

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Numerose sono poi le ipotesi di comportamenti omissivi. La giurisprudenza ha elaborato un elenco di situazioni tipiche in cui sicuramente sussiste lo stato di abbandono55. Patologie congenite o acquisite, come la tossicodipendenza, l’alcolismo56 o la malattia mentale57, e ancora di più le infermità fisiche dei genitori (in cui non c’è in modo assoluto una volontà di abbandonare il figlio), non sono condizioni di per sé sufficienti a far sussistere uno stato di abbandono del minore. Sarà comunque necessario verificare l’esistenza di una capacità seppur minima di organizzazione della vita per sé e per la prole con l’aiuto messo a disposizione dai servizi sociali e sanitari che si rilevano fondamentali in certi casi.

La dichiarazione di adottabilità, pronunciata a seguito dell’accertamento della situazione dei abbandono, non è uno strumento a carattere sanzionatorio pronunciato contro i familiari58, bensì un mezzo per tutelare il minore.

A conferma di ciò si prevede sempre all’articolo 8 della legge 184/1983 che lo stato di abbandono non sussiste se la mancata assistenza al minore è dovuta a forza maggiore di carattere transitorio. La nozione di forza maggiore concerne difficoltà estranee alla condotta dei genitori, fattori esterni che si impongono sulla loro volontà.

55 Possiamo elencare alcune di queste ipotesi: mancanza di cure e abitudini di vita

anomale e disordinate, tali da procurare danni gravi e irreversibili al minore; precarie condizioni igieniche (Cass. 8.1.1984 n. 5650 in Arch. Civ. 1985, c. 469 ss pronuncia lo stato di abbandono del minore in quanto egli viveva in una casa dichiarata inabitabile dall’ufficiale sanitario); l’indigenza della famiglia se non c’è la volontà dei genitori di far fronte alla situazione di povertà in cui versano.

56 App. Genova 26.01.1981 in Giur. Merito 1982, p. 302 e ss, con nota di Legnazzi;

App. L’Aquila 02.06.1998 in Giur. Merito 1998, p.601 e ss con nota di Manera. Quanto alla tossicodipendenza per giustificare una dichiarazione di adottabilità occorre che la patologia si protragga nel tempo riducendo le capacità educative dei genitori.

57Trib. min. Roma 12.04.1984, Giur. Merito 1984. In caso di malattia dei genitori,

l’abbandono sussiste solo se questa è destinata a durare a lungo e solo in mancanza totale di assistenza per il minore, in quanto non c’è una volontà di abbandonare il figlio.

58 Questo è stato più volte ribadito dalla giurisprudenza: Cass. 13.01.1988, n. 180 in

Mass. Giur. it. 1988; Cass. 5.08.1992 n. 9273 in Giur. it. 1994, I, c. 1654 ss; Trib.

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Transitorietà significa invece che tali difficoltà non devono protrarsi in maniera indefinita, in particolare non oltre determinati limiti temporali superati i quali ne deriverebbe un danno irreversibile per il minore. Devono esserci elementi che facciano presumere ragionevolmente la fine dell’evento che è causa di disagi per il minore. Nel 1998 la Cassazione59 ha affermato che lo stato di detenzione di uno dei genitori non integra un’ipotesi di forza maggiore transitoria in quanto tale

status è imputabile alla condotta criminosa volutamente posta in

essere. Sarà tuttavia necessario che il giudice valuti attentamente caso per caso. Per quanto riguarda lo stato di indigenza della famiglia, come abbiamo già visto, vengono predisposti interventi di sostegno affinché il minore possa crescere nella sua famiglia di origine. Ma si continua comunque a richiedere il requisito della temporaneità, quindi se il giudice prende atto di una situazione drastica e irreversibile, anche a causa di un’inefficienza dei servizi sociali, non potrà far altro che decidere di conseguenza.

Al comma 3 del medesimo articolo 8 si prevede che non sussiste forza maggiore quando i soggetti tenuti all’assistenza del minore rifiutino le misure di sostegno offerte dai servizi locali e tale rifiuto venga ritenuto ingiustificato dal giudice. Ciò dimostra la mancanza di fermezza e la scarsa di volontà di migliorare la propria condizione e quella del figlio.

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