CAPITOLO II. Tucidide, Sofocle e la "peste": il fatto e il tovpo~
II.1. La "peste" e la descrizione tucididea
II.1.1. Status quaestionis
La descrizione della "peste" d'Atene del 430/429 a.C. è stata il punto di partenza quasi esclusivo per le analisi di medici e storici della medicina che ne hanno tentato l'identificazione, spesso però con una rinuncia finale, più o meno giustificata, all'impresa.
Il problema è già noto tra i medici quando il dott. Ebstein nel 1899 lo prende in considerazione per concludere che si sarebbe trattato di una "contagiöse
Infectionskrankheit"115 di incerto tipo, lasciando così il problema aperto alle disparate tesi che si susseguono dopo il suo contributo: si va dalle ipotesi di vaiolo (VON HAGEN 1938, LITTMAN-LITTMAN 1969) o morbillo (SHREWSBURY 1950) a
quelle che identificano la "peste" con un'epidemia di tifo (da CRAWFURD 1914116 e
dagli studi dell'epidemiologo Zinsser117 a SCARBOROUGH 1970) o di ergotismo
(SALWAY-DELL 1955), di peste bubbonica (WILLIAMS 1957, HOOKER 1958), di
tularemia (STUBBS-WYLIE 1983) o, ancora, con una forma antica di Ebola-virus
(SCARROW 1988, OLSON 1996) e così via118. Ha suscitato molte risposte e
rivitalizzato la "querelle" l'articolo di Holladay e Poole pubblicato su Classical
Quarterly nel 1979, in cui si passano in rassegna le varie tesi, sostenute dagli studiosi fino a quel momento, per approdare alla conclusione che la malattia descritta da Tucidide sia ormai da considerarsi estinta o comunque così cambiata nelle sue manifestazioni cliniche nel corso dei secoli da rendere inattuabile il compito di riconoscere la moderna discendente nel resoconto di Tucidide. Holladay e Poole preferiscono, dunque, non attribuire un nome alla pestilenza di cui parla Tucidide; pongono, però, l'accento su due importanti "scoperte" che sarebbero il portato della descrizione di Tucidide, a dimostrazione dell'inusitata capacità di osservazione dello storiografo: il processo di contagio119 e il fenomeno dell'acquisita immunità120.
115 EBSTEIN 1899, p. 45.
116 Cfr. CRAWFURD 1914, pp. 31-35, dove già l'ipotesi lascia spazio alla certezza, e soprattutto l'appendice alla monografia (ibi, pp. 212-222), con un'analisi dei dettagli clinici della pestilenza descritta da Tucidide.
117 ZINSSER 1934, passim.
118 L'analisi del DNA sui resti rinvenuti in una fossa comune del Ceramico, più di recente, ha portato alla conclusione che si sarebbe trattato di febbre tifoidea (PAPAGRIGORAKIS et al. 2006,
passim).
119 Già Crawfurd definisce Tucidide come "the first of extant writers to enunciate clearly the doctrine of contagion" (CRAWFURD 1914, p. 37), ma sull'argomento cfr. anche LICHTENTHAELER 1965 (pp. 97 s. e pp. 105 s.) ePIGEAUD 1989 (pp. 215-220). Negano a Tucidide una consapevolezza del fenomeno superiore alle comini convinzioni, identificabili con la teoria "miasmatica", Solomon (SOLOMON 1985, passim) e Stok, che nel suo studio sul lessico del contagio, si sofferma sulla "problematicità" dell'impiego di ajnapivmplhmi in Thuc. 2.51.4 (STOK
2000, p. 72), riconducendo le testimonianze di contagium nel mondo antico alla teoria miasmatica di derivazione ippocratica (ibi, pp. 85 s.). Per una spiegazione alternativa che riconduce tale verbo alla volontà di esprimere un "trépas déshumanisé", cfr.DECLOS 2003, pp. 102-104.
120 HOLLADAY-POOLE 1979, pp. 295-298. Una serie di altri contributi di Holladay e Poole sono conseguenza della "querelle" e della necessità di ribadire le proprie tesi contro i colleghi di diverso avviso; mi riferisco a: HOLLADAY-POOLE 1982,HOLLADAY-POOLE 1984, HOLLADAY 1987 e HOLLADAY 1988.
Inutile dire quante e quali risposte tali affermazioni abbiano suscitato, a dimostrazione della difficoltà d'identificazione del male. Facile diventa, infatti, soprattutto per uno studioso di storia della medicina, lasciarsi coinvolgere nel tentare ipotesi, delle quali anche a McNeill sembra più ragionevole diffidare in virtù della variabilità nel tempo e nello spazio dei sintomi delle infezioni121. Prendere posizione sui vari interrogativi suscitati negli anni sarebbe poco scientifica presunzione, dal momento che mancherebbe all'analisi la competenza medica che molti vi hanno profuso, facendo difetto però, da parte loro, purtroppo e troppo spesso, la competenza filologica, che bisognerebbe considerare prioritaria quando si prende in esame un'opera che non è medica ma letteraria.
La difficoltà di identificazione è stata, infatti, connessa da Grmek (il punto di vista è sempre quello dello storico della medicina) con la difficoltà dei termini tecnici, per la natura astratta del concetto di malattia e per il carattere in parte convenzionale della diagnostica medica122, da molti filologi, invece, con la scarsa comprensione del vero scopo della descrizione, come vedremo tra breve; costoro tendono a mettere in dubbio il contributo scientifico (nel senso moderno del termine) del resoconto tucidideo della pestilenza per sottolinearne altri aspetti.
Il livello di "scientificità" è spesso fatto coincidere con il livello di familiarità che Tucidide dimostra nei confronti degli scritti ippocratici, stabilito, nei casi migliori, attraverso analisi lessicali, come nel caso di Page. Questi interpreta la "terminologia medica" di cui farebbe impiego lo storiografo nel passo sulla pestilenza (accanto alle espressioni e alle concordanze generali con gli scritti medici) come testimonianza che questi due ambiti abbiano condiviso uno stesso spirito, stesse aspirazioni e un metodo eziologico la cui paternità spirituale egli rintraccia in Democrito123.
121 MCNEILL 1982, p. 132 n. 34. 122 GRMEK 1985, p. 8.
123 L'interpretazione sostenuta da Page del lessico impiegato nella descrizione della pestilenza è volta a dimostrarne l'ampia appartenenza al lessico standard dei medici contemporanei (PAGE 1953, passim), ponendosi in linea con le affermazioni di Nestle, che nei suoi Hippocratica dedica alcune pagine a Tucidide e ai suoi rapporti con gli scritti ippocratici(NESTLE 1938, pp. 28- 31).
Altri preferiscono individuare il nesso con la medicina ippocratica nella tecnica e nei metodi: così Cochrane124, Weidauer125 e Pugliese Carratelli126. Anche Canfora127 e Rechenauer128 individuano affinità di metodo tra i due campi129.
Contro queste tesi si pone Parry, convinto che la presunta precisione terminologica che sembrerebbe contraddistinguere la lunga descrizione della "peste" sia, in realtà, solo apparente130: il vero obiettivo di Tucidide non sarebbe la descrizione scientifica dei sintomi della pestilenza, bensì la presentazione del suo assalto "in as dramatic a form as possible"131. Anche Mittelstadt, prima di lui,
124 Già secondo Cochrane Tucidide avrebbe adattato i metodi della medicina ippocratica all'interpretazione della storia e la pestilenza rappresenterebbe il più intimo legame tra Tucidide e Ippocrate(COCHRANE 1929, pp. 27 s.). Nel suo resoconto della "peste", Tucidide seguirebbe con precisione la procedura ippocratica, applicandone gli stessi canoni all'interpretazione della storia in generale: per Tucidide l'evoluzione della società sarebbe determinata dal principio designato come "physical determinism", lo stesso principio della medicina ippocratica, con l'unica differenza che la sua analisi della società si limiterebbe a due delle parti in cui si distingue il lavoro del medico, semiologia e prognosi, giacché lo storiografo lascerebbe al filosofo politico la terapia. Da questo, e da un metodo scientifico coscientemente applicato, deriva, secondo Cochrane, la sua famosa obiettività.
125 Weidauer, negli anni '50, dimostra, sulla base di un'analisi semantica, la relazione esistente tra Tucidide e gli scritti ippocratici e come il pronostico politico tucidideo si sia a suo parere costituito sulla prognosi medica di Cos (WEIDAUER 1954, passim). Tale tesi è stata fortemente criticata da Lichtenhaeler, il quale, pur mantenendo il punto di vista di uno storico della medicina, riscontra comunque una serie di concordanze tra Tucidide e Ippocrate che lo portano a pensare a opere "gemelle" piuttosto che ad un rapporto di dipendenza (LICHTENTHAELER 1965, p. 239: "En conclusion, l'histoire de Thucydide n'est pas fille de la médicine hippocratique: ces deux chefs-d'oeuvres sont jumeaux"). Cfr. anche la risposta di Rivier a questa tesi (RIVIER 1969,
passim).
126 Pugliese Carratelli ravvisa ulteriori analogie tra i principi della ricerca di Tucidide e la dottrina ippocratica dell'indagine medica (PUGLIESE CARRATELLI 1970, passim).
127 Tucidide è definito "sintomatologo" della politica e della storia in CANFORA 1986, p. 271.
128 RECHENAUER 1991, passim.
129 Cfr. anche il contributo di Swain avente come oggetto l'influenza esercitata dal linguaggio e dal pensiero medico contemporaneo sulla concezione tucididea della natura umana (SWAIN 1994, passim), i saggi di Longrigg sulla concezione della malattia in Tucidide e nell'Atene classica (LONGRIGG 1992, passim, eLONGRIGG 2000, passim), oltre che sulla tipologia dell'influsso della medicina contemporanea su Tucidide (LONGRIGG 1980, passim), lo studio di Craik, che ha cercato di dimostrare come il legame tra il resoconto della pestilenza e gli scritti medici coinvolga anche gli aspetti "fisiologici" dello stesso in accordo con le dottrine mediche contemporanee (CRAIK 2001, passim), e quello di Schmitz (SCHMITZ 2005, in particolare pp. 61-65 sul "rational- medizinische Deutungsmuster der Seuche"). Da non dimenticare, infine, il giudizio di Jouanna che, pur studiando alcune nozioni "ippocratiche" riscontrabili nelle opere di Erodoto e Tucidide, avverte il lettore che non bisogna sempre interpretare i confronti tra generi diversi in termini semplicistici di influenza diretta (JOUANNA 2005, pp. 24 s.).
130 "The vocabulary of the description of the plague is not entirely, is not even largely, technical" (PARRY 1969, p. 113).
aveva dato un'interpretazione alternativa alla lettura tecnica e medica del lessico tucidideo della pestilenza, spiegandone l'impossibilità di identificazione proprio con l'elusività del linguaggio solo apparentemente scientifico ed individuando l'obiettivo dello storiografo nella presentazione della pestilenza come "a kind of extended metaphor on the disintegration of the body politic itself"132. Con lui, diversi studiosi hanno dato maggior rilievo all'aspetto retorico piuttosto che all'apporto "scientifico" del resoconto133, tra i quali è da annoverare Morgan, che afferma l'impossibilità, da parte dello storiografo, di sottrarsi alle diverse "risonanze" letterarie134. Ricordo infine, per la data di pubblicazione e per la posizione per alcuni aspetti molto affine a quella assunta nel presente studio, le pagine dedicate da Declos all'opera di Tucidide e al duplice influsso retorico e medico che la caratterizza135, accanto all'altrettanto recente contributo di Thomas136.
132 MITTELSTADT 1968, p. 148. Troppo semplicistica, a mio avviso, l'interpretazione della storia delle descrizioni di pestilenze nella letteratura come storia della metafora della paura di trovarsi impotenti di fronte a ciò che non si conosce (MEYER 1995, passim e pp. 170 s. per la descrizione tucididea).
133 Woodman aderisce pienamente a questa "scuola", rilevando una volontà più retorica che scientifica(WOODMAN 1988, passim); così anche Winton, che cerca di dimostrare come il fine principale di Tucidide sia di presentare la pestilenza come il negativo dell'immagine periclea di Atene nell'orazione funebre e un nemico più temibile della stessa Sparta(WINTON 1992, passim), o Bellemore e Plant, i quali insistono sul carattere letterario e retorico di diversi particolari del resoconto: "Thucydides' description of the Plague must (…) be understood in its larger literary context, and we must be careful not to accept as historical what is the creation of Thucydides the artist. His work is a carefully crafted piece of literature" (BELLEMORE-PLANT 1994, p. 400). Cfr. anche MARSHALL 1990, passim. Ricordo, infine, per dovere di completezza, la posizione piuttosto estrema di Marinatos, che reputa soprannaturale il carattere della pestilenza (MARINATOS 1981b, pp. 23 s.).
134 MORGAN 1994, pp. 205 s.
135 "Il ne s'agit donc pas d'opter pour un Thucydide rhéteur ou médecin pour mieux faire disparaître l'historien, mais de montrer comment ce dernier adopte la posture du rhéteur et du médecin, pur atteindre l'objectif qui est le sien, comment La Guerre du Péloponnèse - cette réflexion politique sur les «luttes que soutient une cité» - s'approprie les procédés, le lexique, les modes de raisonnement des deux technai qui dominent le contexte intellectuel du Ve siècle finissant. Ce que, remarquons-le, l'extraordinaire proximité de l'une et de l'autre rendait aisément réalisable" (DECLOS 2003, pp. 87 s.). Quest'affermazione trova spiegazione nel capitolo che la precede, in cui Declos mette in relazione Tucidide tanto con la retorica giudiziaria quanto con quella che definisce "rhétorique médicale" (ibi, pp. 49-66), e nell'esposizione che la segue (ibi, pp. 88-120), oltre che nel piano generale della monografia, in cui i capitoli II-V (ibi, pp. 49-143) sono finalizzati alla dimostrazione delle modalità di applicazione, in Tucidide ed Erodoto, non di un metodo scientifico nel senso moderno del termine, ma di una "retorica della legittimazione", una "strategia" al servizio di una "filosofia politica o, perlomeno, un pensiero politico" (ibi, p. 16). La capacità dimostrata da Tucidide nel conciliare una duplice propensione è già ben esemplata dall'analisi che conduce Jouanna in un intervento al "Colloque hippocratique" del 1978 sul nesso
Al termine di questa rassegna, volta a dare un'idea dell'animata "querelle" su questo tema, ci rendiamo conto di quanto sia difficile muoversi in quest'ambito ed inserirsi in una questione ancora irrisolta, nella quale, nonostante tutto, resta un punto fermo: sia in un caso che nell'altro, ormai imprescindibile e innegabile è considerato il confronto con gli scritti ippocratici e, se si avverte la necessità da più parti di chiamare in causa tali scritti, a loro volta conseguenza di una nuova sensibilità empirica, è perché una tale descrizione, oltre ad un aspetto letterario, non manca di fascino "scientifico".