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STORIA DEGLI OFFICIAL DEVELOPMENT ASSISTANCE (ODA)

STORIA E SVILUPPO DEGLI ODA

STORIA DEGLI OFFICIAL DEVELOPMENT ASSISTANCE (ODA)

La politica giapponese di aiuto allo sviluppo si articola in quattro fasi:

• la prima, iniziata nella prima metà degli anni Cinquanta, dopo la pace che il Giappone sottoscrisse a San Francisco nel 1951, è caratterizzata dai pagamenti di riparazione (賠償), baishō, a quei Paesi che erano stati prima occupati militarmente dal Giappone, e terminò nel marzo del 1963;

la seconda dal 1963 al 1973, in cui gli attori principali sono stati uomini politici, sōgō shōsha (総合商社), ovvero le grandi case commerciali giapponesi, ed esponenti del mondo industriale del Paese;

• la terza, che si aprì con la crisi petrolifera e che terminò alla fine degli anni Ottanta, è caratterizzata dallo sforzo di diversificazione geografica delle aree di interesse della cooperazione giapponese e vide il debutto del Medio Oriente e, in misura minore, del continente africano;

• la quarta ebbe inizio alla fine della guerra fredda ed è caratterizzata dall'esplicita volontà del Giappone di emergere sulla scena internazionale come superpotenza politica e di affermarsi come leader politico in merito alle questioni mondiali, come il sottosviluppo, l'ambiente, la demografia, il terrorismo.

I baishō furono erogati dal governo giapponese e in seguito alla sconfitta, il Giappone definiva la sua agenda politica con tre priorità: la protezione dalle aggressioni esterne, la riabilitazione dalla devastazione subita in guerra e il rientro nella società internazionale. I giapponesi si convinsero che i primi due obiettivi sarebbero stati raggiunti, il primo attraverso la protezione americana e il secondo puntando su un duro lavoro da parte del proprio popolo. Il terzo voleva essere raggiunto

attraverso la normalizzazione delle relazioni diplomatiche con i Paesi europei e nord americani e con l'instaurazione di legami diplomatici con le nazioni vicine. I pagamenti di riparazione venivano visti come prerequisiti per questo obiettivo.

Il Giappone fornì anche aiuti a dono ai Paesi dell'area asiatica che avevano rinunciato ai baishō e che avevano, invece, accettato l'assistenza tecnica ed economica. La scelta dei Paesi che avrebbero beneficiato di tali pagamenti dipese largamente anche dalla priorità in relazione alle proprie finalità politiche ed economiche. Solo le Filippine e il Vietnam fecero richiesta. Il Giappone fece dei Trattati di Riparazione e Cooperazione Economica con questi due Stati e altri due, Birmania e Indonesia, nel 1954. Tuttavia, dieci Paesi accettarono i pagamenti di riparazione e tra i beneficiari risultarono la Birmania, l'Indonesia, le Filippine e la Repubblica del Vietnam (Vietnam del Sud). Tra i beneficiari di aiuti a dono vi furono la Birmania, la Cambogia, il Laos, la Malesia, la

Repubblica di Corea (Corea del Sud), Repubblica del Vietnam, Singapore e Thailandia. I riceventi di aiuti erano concentrati in Asia, che era vista come la chiave della restaurazione e della crescita economica del Giappone. Per questo si può dire che l'obiettivo primario delle politiche di assistenza era lo sviluppo economico dello stesso Giappone.

Fornendo beni industriali attraverso tali pagamenti, il Giappone si aprì la strada al mercato delle esportazioni commerciali, e man mano che l'economia si espandeva nel corso degli anni Sessanta, la percentuale del PIL che il Paese destinava decresceva in maniera proporzionale.

Gli effetti maggiori furono diversi. Tra questi, le maggiori industrie coinvolte, incluse quelle dell'acciaio, meccaniche e delle automobili, furono capaci di dimostrarsi competitive nel mercato mondiale e fu data loro l'occasione di mostrare la loro presenza all'estero per la prima volta. Le riparazioni continuarono fino al 1976, ammontando a circa 500 miliardi di yen in tutto. Nel 1961 fu istituito l'Overseas Economic Cooperation Fund (OECF), il cui ruolo era quello di fornire assistenza sotto forma di prestiti, e l'Overseas Technology Cooperation Agency (OTCA) nel 1962. L'OECF è governato dal Ministero del Tesoro (MOF), dal Ministero del Commercio

Internazionale e Industria (MITI), dal Ministero degli Esteri (MOFA), in aggiunta all'EPA

(Economic Planning Agency). Questi sono coinvolti nelle operazioni e nella gestione del personale. L'OTCA è supervisionata dal MOFA e dipende da altri ministeri e agenzie che hanno la conoscenza tecnica necessaria a realizzare la cooperazione tecnica. Nel 1974, invece, fu creata la Japanese International Cooperation Agency (JICA) come fusione tra l'OTCA e il Japan Emigration Service (JEMIS).

Il Giappone fu fortunato perché:

• fu obbligato a fare riparazioni solo con le sue capacità produttive; • i termini delle riparazioni furono determinati consultando i richiedenti; • i Paesi maggiori come la Cina, l'India e gli Stati Uniti non li richiesero; • gli fu permesso di fare le riparazioni con beni e servizi che voleva esportare;

• fu capace di trasformare le riparazioni in opportunità di promozione delle esportazioni.

Nel 1954 il Giappone si unì al Colombo Plan, cominciò il programma degli ODA giapponesi in forma di assistenza tecnica e iniziò a dare aiuti ai Paesi asiatici che non avevano fatto richieste in termini di riparazioni. Nel 1958 cominciò a fare prestiti all'India e poi ad altri Paesi, mentre nel 1964 si unì formalmente all'OECD (Organisation for Economic Cooperation and Development) e nel 1968 iniziò la sua assistenza finanziaria.

I principi su cui si basano gli ODA giapponesi consistono in quello di non intervento, principio che guida molti degli affari esteri giapponesi, e in quello del fare da sé, portato dal primo e considerato fondamentale dal Giappone. Il secondo porta, invece, alla politica del non intervento nell'assistenza. Gli aiuti giapponesi hanno pochi condizionamenti politici e intendono basarsi sulla richiesta,

chiedendo la partecipazione delle controparti governative.

Il volume degli ODA giapponesi fu accelerato dalla fine degli anni Settanta, quando il governo giapponese iniziò a istituire il Medium-term Goal of ODA, un target quantitativo di cinque anni per aumentare il suo volume, che sarebbe continuato fino al 1997. Questo fatto rifletteva la stabile crescita economica. Negli anni Ottanta i Paesi dell'ASEAN iniziarono a crescere e a dare

opportunità di business, così il governo giapponese decise di fornire ODA per costruire edifici e infrastrutture e, quindi, facilitare la penetrazione nel mercato asiatico. Nel 1970 l'Asia orientale riceveva il 94,7% degli ODA giapponesi.

Dal 1989, con l'eccezione di un anno, il Giappone è stato il maggior donatore al mondo. Nella fine degli anni Novanta ci fu una tendenza decrescente, per la recessione, e fu più avanti rimpiazzato dagli Stati Uniti come top donor. Nel 1990 l'Asia orientale ricevette il 59,3% degli ODA. Rispetto al 1970 la percentuale, che in quegli anni era aumentata, è diminuita, per poi tornare a crescere. Nel 2012 il 70% degli ODA andò all'Asia (il 37% al Sud-est asiatico e all'Asia orientale e il 32% al Sud asiatico e Asia centrale). Solo il 14% fu destinato all'Africa sub sahariana.

Tabella 1

Incentivi e Barriere, in "Italian Science Review", 2015, 1 (22), pp. 237-245 (disponibile su: http://www.ias- journal.org/archive/2015/january/Kovrigin.pdf).

Tabella 2

Fonte: KOVRIGIN, Evgeny B., Aiuto allo Sviluppo Giapponese Dell'Asia Pacifica Nel XXI Secolo: Nuovi Obiettivi, Incentivi e Barriere, in "Italian Science Review", 2015, 1 (22), pp. 237-245 (disponibile su: http://www.ias-

journal.org/archive/2015/january/Kovrigin.pdf).