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La storia di Andromaca

Nel documento La figura di Andromaca nell'Iliade (pagine 35-72)

2. ANDROMACA NEL LIBRO VI

2.4. La storia di Andromaca

Nei vv. 394-399 l’incontro viene momentaneamente sospeso e viene tracciata brevemente la storia di Andromaca. Mentre Andromaca corre dal marito, il poeta la introduce formalmente, fornendo dettagli sulla sua vita passata e dilatando, così, lo lo spazio cronologico. Si crea così un gioco sottile di corrispondenze: mentre Ettore cercava Andromaca in casa, il poeta ci informava su dove si trovasse realmente; ora, invece:

the time of story and that of the performance match: Hector looks, while the poet tells. Andromache runs, while the poet remembers the past81.

Nel momento in cui si avvicina al marito per porgergli il suo saluto struggente, il poeta ci ricorda del loro felice passato comune. Nella struttura di questi cinque versi si intravede una ring-Komposition e si può apprezzare la tecnica di accumulazione. Riporto di seguito lo schema di Kirk82:

394 (lei) gli venne incontro 395 Andromaca, figlia di Etione 396 Etione che abitava sotto il Placo 397 a Tebe Ipoplacia, governando sui Cilici 398 sua figlia era la moglie di Ettore 399 dunque gli venne incontro

Il nome di Andromaca83 innesca una breve biografia. Si tratta della prima parte della

sua storia, che verrà ampliata ai vv. 425-428, ma è stato notato come fin da ora si noti un preciso intento da parte di Omero, ovvero inserire Andromaca all’interno delle relazioni famigliari che la definiscono84. Per ora il narratore si limita ad

81 Graziosi-Haubold 2010, 44. 82 Kirk 1987, 211.

83 Il nome proprio è posto in ‘progressive enjambement’. Il verso è grammaticalmente completo ma una frase ulteriore lo estende (Kirk 1987, 30 e Graziosi-Haubold 2010, 12). 84 Lohmann 1988, 41.

informarci sul padre, Etione, signore della gente Cilicia, che viveva sotto il Placo selvoso, probabilmente nei pressi del Monte Ida85.

I vv. 399-403 costituiscono un’ulteriore espansione, ma mentre quella dei vv. 393- 399 riguardava Etione, questa, invece, ha come soggetto Astianatte. Potremmo schematizzare anche questi versi rifacendoci alla nota di Kirk:

399 gli venne incontro, e l’ancella la accompagnava 400 tenendo il bambino al petto, ancora piccolo 401 l’Ettoride amato, uguale ad una stella

402 che Ettore chiamava Scamandrio, ma gli altri Astianatte 403 dato che Ettore era la salvezza di Troia

L’effetto patetico di questi versi è innegabile, non solo per questa struttura ad espansione e per il contrasto creato dall’enjambement del v. 402 seguito dalla chiusa del v. 403, ma anche e soprattutto per il registro lessicale utilizzato per descrivere Astianatte, che enfatizza la sua tenera età. L’affezione e l’amorevolezza che scaturiscono dai versi si confanno ad un padre e una madre, ma il passo è narrato da Omero, possiamo così apprezzare una tecnica compositiva molto raffinata, per cui il poeta adotta il linguaggio di un genitore. Questo fenomeno è la “embedded focalisation”86, che avviene quando nel corpo della narrazione viene inserita la

focalizzazione di uno dei personaggi. In altre parole, il narratore “temporaly hands over focalization (but not narration) to one of the characters”87 che in questo modo

contribuiscono a presentare la storia o l’avvenimento in questione. Per citare la definizione di De Jong:

85 Così Willcock e Kirk ad loc. I Cilici di cui si parla non sono gli abitanti della regione Cilicia, che si trova parte sud-est dell’Asia Minore, ma della Misia, dove Erodoto (7.42.1) ci informa che Tebe Ipoplacia fosse situata.

86 De Jong 2004, cap. 4. 87 Ivi, pg. 101.

the external narrator-focalizer embeds in his narrator-text the focalization of one of the characters, who, thus, functions as an internal secondary focalizer88.

Vediamo da vicino di cosa si sostanzia questa focalizzazione. Astianatte è (1) tenuto in braccio dall’ancella, ἐπὶ κόλπῳ, è (2) ἀταλάφρονα, “tender-hearted”, termine probabilmente connesso con ἀταλός “piccolo, giocoso”, è (3) un bambino, νήπιον89,

con αὔτως che sottolinea ulteriormente questo fatto, (4) ed è amato, ἀγαπητὸν, aggettivo che nell’Iliade è affiancato ad un bambino solo in questo passo90. Il

patronimico non solo esprime il legame tra padre e figlio ma ricorda anche, in un momento di grande tenerezza, che Astianatte non perpetuerà la linea di discendenza paterna e non ci sarà più occasione di chiamarlo “Ettoride”91. E’, infine, (5) pari ad

una bella stella, ἀλίγκιον ἀστέρι καλῷ. A proposito di questa similitudine, Moulton ne ha segnalato la connotazione ominosa92. Il v. 403, infatti, può essere messo in

relazione con i vv. 293-295, dove Ecuba offriva alla dea Atena un peplo prezioso come simbolo di supplica, e questo dono rifulgeva “come una stella” ἀστὴρ δ’ ὣς ἀπέλαμπεν. Ma la preghiera che accompagna questo dono, ovvero che Atena spezzi la lancia di Diomede, non viene accolta: la dea scuote la testa in segno di diniego (ἀνένευε δὲ Παλλὰς Ἀθήνη v. 311). L’idea è, quindi, che come la preghiera di Teano, preceduta dal dono del peplo simile ad una stella, viene esplicitamente respinta, così avverrà per la preghiera che successivamente Ettore rivolgerà a Zeus, il cui diniego è reso prevedibile proprio dal reiterato paragone con la stella e riferito ad Astianatte, futura vittima innocente della guerra orrenda.

88 Ivi, pg. 37.

89 Cf. Di Benedetto 19982, 26 con n. 11 e pp. 27-32 per una dissertazione sugli usi di νήπιος. Quando l’aggettivo è usato senza determinazioni, il senso è “sciocco, inconsapevole”, nel nostro caso, invece, il senso è quello più tipico di “infante”, “bambino”, così come in V. 480, V. 688, VI. 366, XXII. 484, XXIV, 726. Tornerò su queste ultime due occorrenze quando anlizzerò i rispettivi libri, dedicando più ampio spazio ai vv. 442-44 del libro XXII, dove l’aggettivo νήπιος è riferito ad Andromaca ed è avvolto da un grande pathos.

90 Kirk 1987, 212, mentre nell’Odissea si trova quattro volte. 91 Graziosi-Haubold 2010, 192.

Hector’s prayer for him is left unanswered, but the foreshadowing of evil effected by the associated images is unmistakable93.

Rispetto ad “Ettoride”, Astianatte94 era il nome che veniva dato al figlio di Ettore

come simbolo di riconoscenza per i meriti del padre, in segno di augurio95. Ettore era

la salvezza di Troia. Il nome del figlio alludeva proprio a questo: Astianatte = ἄναξ signore della città ἄστυ. Alla luce di quello che è stato detto fino ad ora sulla previsione della morte di Ettore che costella questo libro, il verso si distingue per un’ironia sinistra, a cui contribuisce la consapevolezza che l’uditorio doveva avere sulla brevità della vita del fanciullo Astianatte.

Al v. 405 Ettore sorride, guardando il bambino, ed al suo silenzio seguono le lacrime di Andromaca, che sfiora il volto del marito ed articola il suo discorso. Questi versi si caratterizzano per la loro dolcezza e delicatezza, marcata da σιωπῆι che denota un “rare, loving silence”96. Il sorriso di Ettore non era mai comparso in tutta l’Iliade, qui

per la prima volta il suo viso si rasserena, mostrando il grande eroe nella sua mite e genuina paternità: πατρικὸν ἦθος δείκνυσιν ὁ ποιητής97. 2.5. vv. 407-432 δαιμόνιε φθίσει σε τὸ σὸν μένος, οὐδ’ ἐλεαίρεις παῖδά τε νηπίαχον καὶ ἔμ’ ἄμμορον, ἣ τάχα χήρη σεῦ ἔσομαι· τάχα γάρ σε κατακτανέουσιν Ἀχαιοὶ πάντες ἐφορμηθέντες· ἐμοὶ δέ κε κέρδιον εἴη 410 93 Ivi, p. 26.

94 La critica ha assunto diverse posizioni riguardo al nome di Astianatte. Accenno brevemente alla questione per la quale rimando ai commenti più approfonditi di Leaf 1900, 287, Cerri – Gostoli 20117, 404, Kirk 1987, 212-213. Platone (Cratyl. 392-393) spiega che Astianatte era il nome con lui lo chiamavano i Troiani, Scamandrio invece quello utilizzato dalle donne. Secondo Leaf si tratta di un’interpolazione per citare il nome di Astianatte, noto nei i Poemi del Ciclo ma non in quelli Omerici; secondo altri l’etimologia di Omero si comprende solo se ἄναξ implica l’idea di potere ma anche di protezione su ciò su cui si ha il potere. Kirk nota che il nome Scamandrio è menzionato solo qui in tutta l’Iliade, ed ipotizza che Scamandrio, piuttosto, fosse il nome informale, soprattutto per il frequentativo καλέεσκε che suggerisce l’idea di un soprannome anziché di un nome ufficiale, trovandosi anche in Il. IX.562 per Alcione, soprannome di Cleopatra.

95 Cerri 2011, 404.

96 Graziosi-Haubold 2010, 193. 97 ΣbT ad VI. 404a = Erbse 1971, 199.

σεῦ ἀφαμαρτούσῃ χθόνα δύμεναι· οὐ γὰρ ἔτ’ ἄλλη ἔσται θαλπωρὴ ἐπεὶ ἂν σύ γε πότμον ἐπίσπῃς ἀλλ’ ἄχε’· οὐδέ μοι ἔστι πατὴρ καὶ πότνια μήτηρ. ἤτοι γὰρ πατέρ’ ἁμὸν ἀπέκτανε δῖος Ἀχιλλεύς, ἐκ δὲ πόλιν πέρσεν Κιλίκων εὖ ναιετάουσαν 415 Θήβην ὑψίπυλον· κατὰ δ’ ἔκτανεν Ἠετίωνα, οὐδέ μιν ἐξενάριξε, σεβάσσατο γὰρ τό γε θυμῷ, ἀλλ’ ἄρα μιν κατέκηε σὺν ἔντεσι δαιδαλέοισιν ἠδ’ ἐπὶ σῆμ’ ἔχεεν· περὶ δὲ πτελέας ἐφύτευσαν νύμφαι ὀρεστιάδες κοῦραι Διὸς αἰγιόχοιο. 420 οἳ δέ μοι ἑπτὰ κασίγνητοι ἔσαν ἐν μεγάροισιν οἳ μὲν πάντες ἰῷ κίον ἤματι Ἄϊδος εἴσω· πάντας γὰρ κατέπεφνε ποδάρκης δῖος Ἀχιλλεὺς βουσὶν ἐπ’ εἰλιπόδεσσι καὶ ἀργεννῇς ὀΐεσσι. μητέρα δ’, ἣ βασίλευεν ὑπὸ Πλάκῳ ὑληέσσῃ, 425 τὴν ἐπεὶ ἂρ δεῦρ’ ἤγαγ’ ἅμ’ ἄλλοισι κτεάτεσσιν, ἂψ ὅ γε τὴν ἀπέλυσε λαβὼν ἀπερείσι’ ἄποινα, πατρὸς δ’ ἐν μεγάροισι βάλ’ Ἄρτεμις ἰοχέαιρα. Ἕκτορ ἀτὰρ σύ μοί ἐσσι πατὴρ καὶ πότνια μήτηρ ἠδὲ κασίγνητος, σὺ δέ μοι θαλερὸς παρακοίτης· 430 ἀλλ’ ἄγε νῦν ἐλέαιρε καὶ αὐτοῦ μίμν’ ἐπὶ πύργῳ, μὴ παῖδ’ ὀρφανικὸν θήῃς χήρην τε γυναῖκα·

I vv. 407-28 mostrano il tentativo da parte di Andromaca di trattenere il marito, persuadendolo a non tornare in battaglia. Il suo discorso si può suddividere in tre sezioni98: (1) vv. 407-13: previsione della morte di Ettore e della sua propria

sofferenza; (2) vv. 414-29: narrazione della morte dei suoi famigliari; (3) 429-432: secondo tentativo di trattenere il marito. Queste tre parti sono concatenate da un ragionamento ben articolato: dapprima afferma di non avere né padre né madre,

spiega poi come questo sia avvenuto e conclude l’argomentazione ricordando ad Ettore che egli rappresenta tutte le sue parentele.

2.5.1. vv. 407-13.

Questi versi presentano una sintassi molto spezzata che trasmette l’infelicità e l’apprensione di Andromaca. La donna pronuncia una serie di considerazioni che sembrano prorompere dal suo animo, trasmesse con un linguaggio scelto e drammatico99. Da un punto di vista metrico, “the repeated enjambements, especially

when paired with bucolic diaresis, (vv. 407/8, 408/9, 411/12) create a forward rhytm that breaks up the natural cadences of the hexameter”100. Per quanto riguarda le

scelte lessicali, il gioco che si crea tra l’interconnessione dei pronomi ha un esito molto commovente: sembra uno strenuo tentativo da parte di Andromaca di mostrare la forza del legame col marito e l’intreccio dei loro destini, basandosi su specularità e corrispondenze nei pronomi101. Mentre Ecuba ed Elena si erano rivolte

ad Ettore chiamandolo l’una figlio e l’altra cognato, Andromaca rompe questa schema e lo definisce δαιμόνιε102. Lo scoliasta bT nota il sincero turbamento di

Andromaca, espresso proprio dall’appellativo con il quale si rivolge al marito103: οὔτε

δὲ „Ἕκτορ“(come al v. 429) οὔτε „ἆνερ“ φησίν, ἀλλὰ δαιμόνιε, ᾧ παρεμφαίνει θυμόν τε καὶ εὔνοιαν.

Prima prevede in modo generico la rovina di Ettore: “il tuo μένος ti rovinerà”. Il vocabolo μένος in questo passo si può parafrasare con una delle definizioni che fornisce Chantraine: “se dit de l’esprit qui anime le corps, mais toujours comme principe actif, peut signifier l’intention, la volonté, la passion, l’ardeuer au combat, la

99 Kirk 1987, 214.

100 Graziosi-Haubold 2010, 194.

101 σε, σὸν (407); ἔμ᾽ (408); σεῦ, σε (409); ἐμοὶ (410); σεῦ (411) σύ (412) μοι (413). Tornerò su questi particolari nell’analisi del v. 477 del libro XXII.

102 Sull’estrema difficoltà che comporta la traduzione di δαιμόνιος si esprime Schadewaldt 19654, 224, che propone le seguenti traduzioni: ‘Unglückliche! Ungestüme! – von unbergreiflicher Macht einem Dämon Getriebene!’.

103 Vedremo che lo chiamerà “marito” a conclusione del suo ragionamento, conferendo al termine un grande rilievo.

force qui anime les membres”104. L’energia che determina l’eccellenza degli eroi,

però, può spingerli a delle punte estreme di sconsideratezza. Andromaca, dunque, teme che l’eccessivo ardore di Ettore gli provocherà la morte imminente. Ed infatti lo scolio nota proprio questo: θαυμάζει τὴν ἰσχύν, οὐκ ἐπαινεῖ δὲ τὸ θράσος105. La

donna non riesce a condividere questo slancio eroico del marito: ai suoi occhi si tratta soltanto di mancanza di compassione nei suoi confronti106.

Un’altra accusa che viene mossa ad Ettore è di non avere pietà per il figlio νηπίαχον “che ancora non parla” (sottolineando con le sue parole la fanciullezza di Astianatte, che già ai vv. 400-403 aveva trovato molto spazio), e per lei che è ἄμμορον107,

“deprived of μοῖρα”, “sventurata”, scegliendo gli aggettivi che determineranno per sempre la loro identità. Astianatte non sarà mai diverso dall’essere piccolo perché morirà, e la sua sorte di madre non si solleverà mai da questa disgrazia. L’avverbio τάχα, presto, viene utilizzato due volte a pochissima distanza, a sottolineare l’imminente sventura: lei diverrà presto vedova e lui sarà presto ucciso. Inoltre è seguito dalla particella γάρ - la prima di una sequenza di tre - incipit dell’argomentazione ben bilanciata e costruita con cui Andromaca analizza la sua sventura. Il termine χήρη compare 5 volte nel discorso di Andromaca108 e 5 sono le

volte in cui compare il termine in tutta l’Iliade. Le occorrenze sono tutte relative alla

104 Chantraine, DELG s.v. μέμονα II p. 659. Cfr. anche Snell 1963, 45: μένος è la forza che si prova nelle membra quando si sente l’impulso di darsi a un’azione. Clark 2004, 80: “the force of onrushing energy that is manifested in swift physical and mental movement”. Cfr Di Donato 2006, 61, per altre accezioni del termine.

105 ΣbT ad 407b = Erbse 1971, 200.

106 C’è un passo che ben illustra il μένος di Ettore: Il. V. 473, dove Sarpedone ricorda che Ettore si vantava di poter difendere la città da solo, senza alleati ed esercito. Il timore che pervade Andromaca rientra in un discorso più ampio che vede le donne fortemente scettiche nei confronti del coraggio incosciente dei guerrieri. Dedicherò più spazio a questa considerazione rifacendomi ad un articolo di Graziosi-Haubold del 2003 in sede di analisi di XXII. 454-459.

107 In Il. XXII. 485 e Il. XXIV. 773, Andromaca definisce lei ed Ettore δυσάμμοροι, vocabolo dal tono ancora più drammatico, per il quale cfr. Ferrari 1986, 65-6.

108 Oltre a questo occorrenza, si ritrova al v. 432, in Il. XXII. 484, 499 e Il. XXIV. 725. Non direttamente riferito ad Andromaca, infine, il termine compare in Il. II. 289: ὥς τε γὰρ ἢ παῖδες νεαροὶ χῆραί τε γυναῖκες/ἀλλήλοισιν ὀδύρονται οἶκον δὲ νέεσθαι, dove però il vocabolo è utilizzato come paragone per gli Achei che piangono. Cf. anche Taplin 1992, 125- 6 per un breve resoconto.

principessa Troiana, quindi. Qui Andromaca rende la sua previsione di morte più precisa: gli Achei gli salteranno addosso. Spiega poi che preferirebbe morire a sopravvivere senza di lui, dato che non ha altro conforto (v. 411, preceduto dal secondo γάρ, che contribuisce a delineare il ragionamento) non avendo né padre né madre (v. 413 οὐδέ μοι ἔστι πατὴρ καὶ πότνια μήτηρ): “a statement of devasting simplicity expressed in traditional language”109.

2.5.2. vv. 414-429.

Andromaca completa la storia della sua famiglia, a cui aveva accennato il narratore ai vv. 395-398; la particella γάρ, la terza della sequenza, argomenta l’angoscia di Andromaca ed innesca una digressione. Ha appena affermato di non avere genitori vivi, e come nota giustamente Kirk, la narrazione che segue è un artificio retorico per fare leva sui sentimenti di Ettore e, aggiungo, del pubblico, dal momento che suo marito “in quasi-realistic terms” doveva già sapere tutto110. Fu Achille ad annientare

Tebe ed a uccidere Etione, pur trattando con grande rispetto il suo corpo111. Se da

una parte l’ampia descrizione dell’onore riservato ad Etione si configura come ironica in vista di quello che avverrà per Ettore, dall’altra questo passo rivela l’atteggiamento di Achille prima della sua ira, mostrandolo più compassionevole e rispettoso, come sarà alla conclusione del libro XXIV, dopo aver ricevuto Priamo112.

109 Graziosi-Haubold 2010, 196. 110 Kirk 1987, 214.

111 Come Gostoli spiega nella nota al passo, la descrizione del rito funebre dedicato ad Etione riveste un’importanza fondamentale, essendo la prima nel poema omerico. Achille mise il corpo di Etione sul rogo insieme alle sue armi, mostrando un grande rispetto verso il defunto. Ciò che ha destato varie discussioni è il fatto che mentre Omero pare conoscere solo la cremazione, è noto che i Micenei praticavano anche l’inumazione. Scavi recenti però hanno mostrato che la civiltà del tardo miceneo conosceva la pratica della cremazione, ed è così che probabilmente si può spiegare la presenza di questo rito nei poemi omerici. Che Etione venga trattato come un uomo onorevole è ulteriormente enfatizzato dal fatto che Omero menziona gli olmi, alberi piantati intorno al tumulo dalle ninfe: queste figlie di Zeus presenzieranno anche al funerale di Achille in Od. XXIV. 47 (Kirk 1987, 215), testimonianza ulteriore dell’onore conferito ad Etione. Tornerò su Etione quando spiegherò il mio disaccordo rispetto ad un articolo di Pomeroy che affronta la questione del matriarcato. 112 Zarker 1965, 111.

Fu sempre il Pelide ad ucciderle i fratelli. La ripetizione a inizio dei tre versi (421-423) della loro numerosità, e di come tutti vennero annientati, sottolinea l’idea di abbandono che Andromaca cerca di trasmettere. Prima introduce il soggetto, i sette fratelli, poi lo ripete: tutti scesero nell’Ade, nello stesso giorno, ed infine li nomina come complemento oggetto della furia di Achille, che fu colui che tutti uccise. Risparmiò invece la madre, dopo averla liberata dietro un compenso molto ricco, ma che ugualmente morì, a casa del padre: la uccise Artemide, la dea che si riteneva fosse la responsabile per la morte improvvisa delle donne113. In questi pochi versi

Andromaca condensa, elencandole, tutte le sue tragedie.

La critica ha messo in luce come ogni volta che il re Etione o Tebe venissero menzionate, il pubblico potesse completare nella propria mente il racconto, collegando i brevi riferimenti dell’Iliade ai poemi epici preiliadici su Achille114.

Nell’udire la storia di Etione e il trattamento riservato ai famigliari ed agli abitanti della città, il pubblico avrebbe potuto cogliere le analogie con Troia e così prevederne il destino. Zarker esprime bene l’idea di fondo115:

Homer seems to be spinning a web of foreboding and ultimate destruction over Troy by intermittent references to Achilles’ earlier exploits at Lyrnessos and Thebe.

Come è avvenuto nel caso di Tebe, il sacco di Troia consisterà nella distruzione della famiglia regnante, dove gli uomini saranno uccisi e le donne rese schiave. Anche Anderson scrive116:

113 Kirk 1987, 216, che rinvia a passi come Il. VI. 205, Il. XIX. 59 ed Il. XXIV. 606 per la stessa immagine.

114 Zarker 1965, 110, che si rifà a Leaf 1912, 242 e Wade-Gery 1952, 85, secondo i quali esisteva un poema sull’ira di Achille, cui Leaf si riferisce come al “poem of the Great Foray”, che trattava delle imprese del Pelide presso il Monte Ida, Tebe e Lirnesso. Cfr. anche Taplin 1986, 19: “the neighbouring cities prefigure the fate of Troy. Their men, young and old, their women. And their splendid possessions have suffered the fate which is closing in on the city of Priam”.

115 Zarker 1965, 112. La prese di Tebe sarebbe la drammatica anticipazione della presa di Troia. Questo passo al libro VI costituisce un primo elemento della rete di riferimenti di cui Zarker parla. Vedi infra pg. 38.

the passage looks back upon a past which the poet have created in the image of Andromache’s future. Having suffered the loss of one family at the sack of Thebe, she will soon suffer the same at the sack fo Troy.

Nelle parole sul passato di Andromaca riusciamo ad intravvedere il suo futuro. I versi 425-428, poi, dichiarano che: la madre di Andromaca, ἣ βασίλευεν ὑπὸ Πλάκῳ ὑληέσσῃ, fu (i) portata sotto il Placo con le altre cose predate, (ii) venne rimessa in libertà dietro compenso e (iii) morì in casa del padre: il passato regale della madre è così affiancato al suo misero destino, creando un effetto molto patetico, ulteriormente trasmesso dal cambiamento di tono di Andromaca, che sembra accompagnare la decadenza dello status della madre. Il v. 425 ci offre conferma del fatto che “the captives in war, being now slaves, where on the same footing as the rest of the booty”117. Se i vinti venivano massacrati, le donne spesso cadevano nelle

mani dei vincitori118. Credo che questi passi esemplifichino la questione: in Il. II.

225ss, Tersite rimbrotta Agamennone, che non dovrebbe lamentarsi dato che ha le tende ricche di bronzo e donne scelte, che gli Achei gli donano quando espugnano una rocca. In modo simile, nel già citato passo di Il. II. 355, Nestore incita gli animi degli Achei, ricordando che nessuno deve tornare a casa senza aver prima dormito con la moglie di un troiano119. Quindi il costume non voleva che le donne di una città

depredata venissero uccise; come si è visto, o costituivano parte del premio d’onore, come Briseide per Achille, oppure potevano essere liberate dietro compenso. A questo riguardo non si può non citare poi il primo libro dell’Iliade, ed il cospicuo compenso che è pronto a pagare Crise per riavere la figlia Criseide (vv. 12-13 e 111- 112). Il compenso, nel nostro caso, fu chiaramente pagato dal padre della madre di Andromaca, dato che il marito Etione era stato ucciso. Questo mostra quanto la donna fosse sempre sottoposta alla figura maschile, infatti la madre muore nella casa di suo padre e si è potuta salvare proprio grazie al fatto che egli fosse ancora vivo.

117 Willcock 1984, 249.

118 Cfr. Garlan 1984, 32ss.

119 Altri esempi sono: Il. IX. 128-30; 139-40: qui le donne cosituiscono un bottino; XXIII. 257- 61, dove le donne possono fungere da premi di competizioni.

Ma Etione è morto, nessuno potrebbe riscattare Andromaca qualora Ettore perdesse la guerra120.

La madre di Andromaca, quindi, è funzionale a mostrare ciò che Andromaca non avrà mai. Ella, inoltre, sperimentò l’alternanza di libertà e schiavitù. La figlia, allora, tramite l’esempio della madre, aveva con ogni probabilità già fatto esperienza di cosa significasse per una donna essere una vittima di guerra121. Ettore è stato la sua

salvezza questa volta, poiché se non fosse stata sposata con lui durante la caduta di Tebe, sarebbe stata anche lei parte del bottino di guerra122. Ma se Ettore muore nel

prossimo scontro, il suo destino sarà peggiore di quello della madre.

Nel documento La figura di Andromaca nell'Iliade (pagine 35-72)

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