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Follia chimica

3.1 Storie e mutazion

Dal punto di vista storico la genealogia del tossicomane si intreccia strettamente con l'evoluzione dei poteri nell'occidente capitalista. Quando gli stupefacenti, con il boom degli allucinogeni e dei cannibonidi, si massificarono arrivando nelle mani dei ragazzi della middle class istruita americana, al centro del fenomeno si vi erano gli effetti delle sostanze. La grande propaganda intellettuale degli anni cinquanta e sessanta si concetrava principalmente sulla potenzialità rivoluzionaria e pacifista dei nuovi stupefacenti. Chi consumava queste sostanze aveva già in sé la voglia di cambiare la realtà.

Poi avvenne una frattura, qualcosa che all'improvviso sconvolse la modalità d'uso delle droghe e modificò totalmente i parametri di questa azione. La storia si ribaltò in un istante e dalle constestazioni giovanili, soprattutto in Italia, la rivolta si intensificò e le opposizioni dello stato divennero estremamente violente. Con gli anni di piombo anche il mercato della droga subì un'alterazione: l'arrivo massiccio dell'eroina.

I fattori che determinarono il salto di qualità furono molti. La compartecipazione di leggi e senso comune alla percezione collettiva del tossicomane penetrò nei gesti delle persone modificandone i significati. I motivi, le scelte, i percorsi, subirono delle brusche alterazioni, conformandosi al giudizio popolare che voleva questi ragazzi come delinquenti, malati, asociali. In un trasferimento di significati dalla droga come esperienza euristico-ricreativa si passò alla droga come peccato capitale. In Italia solo recentemente si è cominciato a togliere di bocca al chiacchiericcio di finti esperti il giudizio sulla tossicomania.

Il repentino cambiamento che ne segna la trasformazione in evento di massa sembra situarsi attorno al 1970 e nonostante, particolare questo che non deve sfuggire, ancora nulla fosse realmente

accaduto “nella realtà storico sociale della diffusione di droghe in Italia”. Si trattava, in sostanza, di sanzioni morali reclamate dai più contro un comportamento ritenuto illecito perché perverso, dissacratorio della rispettabilità borghese; uno stravolgimento inaccettabile della normalità quotidiana per cedere alle lusinghe di paradisi artificiali fatti di piaceri innominabili e di sessualità smodata. Indubbiamente un mondo di cattivi soggetti, ma comunque non di uomini e donne da curare e riabilitare, come sarebbe successo da lì a poco128.

Da qui in avanti il consumatore assiduo di eroina sarebbe entrato a far parte di giochi di potere tesi alla sua marginalizzazione e interdizione, passando dalle mani della legge alle viscide incursioni del sapere scientifico. Il fine era quello di rendere questa categoria di persone un catalizzatore per i conflitti sociali, una risultante di un certo percorso di vita e la prova che la ribellione era destinata a un inevitabile fallimento.

L'ingresso negli anni di piombo fa si che il mercato clandestino delle mafie trovi nel clima di tensione generale un ottimo alleato per la vendita dell'eroina: «Va considerato un salto di qualità perché il mercato clandestino delle droghe capì, da un lato, che stava probabilmente emergendo, nelle fasce giovanili, la necessità di “prendere le distanze” da qualcosa di spiacevole, dall'altro di iniziare i consumatori di stupefacenti ad una sostanza in grado di determinare una forte dipendenza, e, quindi, di legarli potenzialmente per sempre a sé»129. La strategia di fidelizzazione del

consumatore da parte delle mafie si rivelò essere vincente. I commerci del narcotraffico inaugurarono il deserto nelle fasce giovanili, prima dedite alla contestazione, ed anche in altre realtà ancora vergini che indirettamente soffrivano per il clima repressivo. I terremoti di quegli anni smuovevano alla base i valori conservatori dell'occidente e gettavano questi ragazzi in un clima contrastante tra le famiglie tradizionali e gli spazi condivisi del sociale altamente alterati. Ancora oggi le mafie, dopo anni di strategie di vendita basate sul pushering esteso dei più svariati prodotti, dalla classica eroina alle designer drugs, sta tornando su politiche di fidelizzazione del cliente, con tattiche sempre più avanzate. Il professor Gilberto Di Petta è testimone di questo evento. Ci racconta, infatti, che nell'area attorno a Napoli i pusher affiliati alla camorra vendono ai ragazzini l'erba, corretta con cristalli di metadone, in modo da riuscire ad assicurarsi il cliente fin dalla più tenera età130.

128 Coglitore, M., “Sulle spalle della scimmia”, op. cit., p. 53.

129 Cozzolino, E., “L'evoluzione del fenomeno della tossicodipendenza e delle dipendenze patologiche nella nostra società”, in Giglio, F., a cura di, Divertiti! Imperativo presente. Psicoanalisi, abuso di sostanze e “discorso del

capitalista”, Franco Angeli, Milano 2009, p. 58.

130 Il professor Riccardo C. Gatti, psichiatra direttore del dipartimento delle dipendenze dell'A.S.L. Di Milano e responsabile del laboratorio previsionale sul consumo di droghe Prevo.Lab., in un suo articolo di commento ai dati della relazione sulle droghe del 2011 fatta dal ministro Giovanardi, racconta di come negli ultimi anni il consumo di

Con l'intervento scientifico e l'assunzione da parte di comunità terapeutiche della cura e della punizione dei drogati, si forzò progressivamente uno spostamento del campo della devianza verso l'omologazione a una norma. Punizione e cura, devianza e perversione, sono state le voci attraverso cui venne suggerita, mai detta, la verità sulla tossicomania. All'interno di un campo che coinvolge società, economia, psichiatria, medicina generale, sanità pubblica, la tossicomania resterà velata, mascherata, lasciata uscire allo scoperto solo secondo chiavi di lettura precostituite e sempre per scopi strategici, di stigma o di carità. Il tossicomane non fu più in grado di dirsi, perché erano sempre altri a parlare per lui. Di questo abbiamo già parlato ampiamente nel primo capitolo, ma ora si tratta di vedere come questa appartenenza alla devianza abbia partecipato alla costituzione di un certo tipo di tossicomane. Come rappresentante della devianza sociale l'eroinomane si insedia da paradigma assoluto, assorbito dalla macchina del controllo nella sua più intima individualità. Egli si colloca su una strada a metà tra il malato «soggetto di un modello universalmente organizzato di

stupefacenti abbia subito una flessione. Si è passati da una costante previsione di crescita vertiginosa dei consumatori – e non dei tossicodipendenti – ad una crescità molto più stabile. I consumi di droghi sono variati incredibilmente, ma ciò che è variato di più è l'atteggiamento dei vecchi mercati dei narcos nei confronti dei cittadini. Sembra che questi mercati stiano progressivamente ripiegando sulla «grande distribuzione diffusa ad una distribuzione più contenuta e selettiva indirizzata soprattutto a un parco nascente di nuovi tossicomani». Le ragioni sono individuabili nello spostamento dei centri di vendita da luoghi con un'economia stagnante come l'Italia a paesi in via di sviluppo, che presentano condizioni per cui è più facile fare attecchire la vendita di droghe. Assieme a questo fattore vi è quello della massiccia vendita di droghe via internet che ha sottratto una buona dose di mercato alle vecchie mafie: «Se dovessi riassumere gli elementi in mio possesso e tentarne una interpretazione direi che in Italia i mercati push (quelli in cui sono i mercanti di droga a decidere i consumi … inducendoli) stanno tramontando e ripiegano (ripiegheranno) abbandonando le tecnologie da grande distribuzione per evitare la concorrenza dei nuovi mercati pull (in cui vince chi riesce velocemente ed in modo flessibile ad interpretare i sogni dei possibili consumatori realizzando prodotti ed occasioni di consumo ad hoc). Figlio della caduta dei mercati push è il disorientamento del consumatore occasionale che essenzialmente si trova ad un bivio tra una realtà ormai superata (che propone prodotti, in un certo senso obsoleti) ed un futuro prossimo che si sta ancora disegnando». C'è dunque un mutamento nel mercato della droga. Sono diminuiti i consumi delle droghe tradizionali ma sembra che vi sia una leggera crescita nel consumo occasionale, ricreativo, dovuto a un mutamento del mercato che sta assumendo una dimensione molto più di marketing – è il mercato pull – rispetto a una dimensione economicamente più classica che è quella di mercato push in cui si vende a tutti più che si può. Fattori concomitanti come la crisi, una cultura che affronta le droghe classiche in modo diverso, un mercato su internet con un offerta più ampia e alla ricerca continua della novità, stanno generando un calo nel consumo generalizzato. Per cui il mercato tradizionale sta puntanto sulla fidelizzazione dei clienti fin dall'infanzia, per renderli clienti sicuri piuttosto che semplici consumatori con variazioni imprevedibili sull'indice delle vendite. È una politica che assomiglia a quella del just in time, un just in time senza marketing perché il prodotto stesso è abbastanza accattivante da garantire che sarà rivenduto.

L'articolo a cui si fa riferimento è Gatti, R. C., “La situazione droga in Italia”, in Droga.net, 5 luglio 2011, disponibile all'indirizzo: http://www.droga.net/.

potere»131, e colui che vuole risorgere come sano. L'uscita dal tunnel è un processo di

individualizzazione ritagliato nella cartografia del dominio, cioè coerente con una voglia di riscatto davanti ai valori dell'occidente. Egli ne esce solo accentando di essere un deviante e cercando il perdono da parte dei normali per tornare ad essere come loro, riconoscendo nello stile di vita delle masse un vivere bene in contrasto col suo modo di essere assolutamente cattivo. Come prodotto di questa differenza egli stesso incentiva il paradigma antropologico della devianza.

Vi è dunque un momento storico in cui l'essere ribelle viene assorbito dai processi istituzionali del potere. Perché fino a un certo punto “farsi” è stato ed è ancora oggi, un gesto contro, di risposta alla crisi dei valori, alla freddezza e alle deprivazioni emotive di un occidente invaso dalla cultura dei consumi e del benessere a tutti i costi. Laddove i rapporti sociali perdono profondità e la società è pervasa dall'angoscia, il tossicomane si inserisce come un folle grido disperato di resistenza allo spegnersi di un'ideale purezza umana. Da questa tendenza originaria la sua risposta viene capitalizzata e psichiatrizzata, le sue parole diventano di esclusiva sofferenza conformata a questi modelli: «Il grande affare prospera illimitatamente ed è monito per quanti abbiano anche soltanto la vaga percezione di un disagio che esprime le contraddizioni del modello capitalista. La genealogia del tossicodipendente rivela di nuovo la coesistenza di campi potere e sapere intrecciati in un groviglio di sensazioni, emozioni e corpi afferrati nella micidiale ragnatela dell'esistente»132.

Nella sua emergenza all'altezza degli anni settanta viene espressa l'intera complessità di un epoca, il decennio della fine della speranza, dell'otturazione di ogni apertura rivoluzionaria, di un travaglio sociale di cui il drogato è simulacro imperfetto. La famiglia come istituzione, matrice di civiltà, va in frantumi nelle sue fondamenta, e come ai tempi delle lettres de cachet, chiede interventi massicci contro ciò che minaccia la continuità della sua tradizione. È il cortocircuito di una civiltà che inizia a cercare nell'anestetizzazione delle coscienze il miglior mezzo per il controllo, e che punisce chi trova nel deliquio seriale delle siringhe l'apice delle sue promesse. Come si è visto nel primo capitolo, «La trasformazione del consumo di droghe da esperienza di elìte a esperienza di massa è avvenuta all'interno di pratiche discorsive prima ancora che nella realtà storica»133. Si cercò prima di

tutto di far sapere alla gente, che le sostanze, ben prima dell'eroina, erano pericolose ed emarginanti. Una serie di pratiche discorsive erano già state predisposte per far parlare del tossicodipendente.

Nel consumo di eroina si era e si è in un equilibrio precario, tra chi sfugge alle coartazioni dell'addestramento alla civiltà e chi cerca solo di provare un po' di piacere davanti a un mondo

131 Cozzolino, E., op. cit. p. 54. 132 Id., p. 55.

impossibile da sopportare, ma che allo stesso tempo cerca nella sostanza una nuova individualizzazione, un nuovo percorso identitario, anche questo in bilico tra la ribellione e l'integrazione.

La costituzione del soggetto tossicomane nel contesto sociale avveniva nel primo periodo su due livelli, il primo è quello individuale di consumatore, il secondo è quello sociale che lo rende uno dei tanti prodotti della fabbrica disciplinare del mondo capitalista. Al primo piano c'era l'incontro con

la droga. Dire perché questo incontro abbia avuto successo in alcune persone invece che in altre è stato, ed è tutt'ora, difficile. Si è già dimostrato come definire una causalità tossicomane sia pressoché impossibile, e fino ad ora si è cercato di limitare l'analisi allo sviluppo storico di alcune macroaree sociali che favorivano determinati processi di personalizzazione dell'individuo. Se si sposta l'angolo di osservazione dal soggetto costituito a quello costituente, rimane ugualmente difficile definire le ragioni che portarono certi ragazzi a trovare nelle droghe un valido alleato per le loro vite. Quel che si può dire è che ad ogni sperimentazione si aprivano necessariamente degli spazi di libera attività attraverso cui le persone contribuivano attivamente ai processi di soggettivazione. Fino agli anni ottanta il consumatore di droghe era prodotto dall'intreccio di disciplina e decadenza dei valori, di oppressione di un mondo falso e coercitivo. Quando incontra la droga si aprono davanti a lui speranze di rinascita per un mondo nuovo, un mondo piccolo e individuale che chiude presto il soggetto nel piccolo mondo del consumo di sé attraverso la droga. La strada verso la morte reale è così intrapresa.

Il nostro excursus nell'evoluzione del consumo di droghe ci porta agli anni novanta, quando la figura del tossico ribelle, eroe negativo fuori dalla società, smette di riassumere universalmente la figura del consumatore di droghe. In questo periodo inizia a dilagare il fenomeno della poliassunzione, con coktail di sballo che vanno dall'alcol all'ecstasy, passando per amfetamine e allucinogeni. Con i rave la droga torna, dopo secoli, ad avere una funzione mistica. Contro l'isolamento dell'eroinomane, questi raduni offrono la possibilità di sperimentare esperienze di alterazione di coscienza collettiva. Riemergono le logiche mistiche dei riti tribali. Anche se il vecchio eroinomane continua a primeggiare da un punto di vista statistico, col variare del mercato, anche la dimensione del drogato comincia un percorso di profonde trasformazioni. Come scrive Edoardo Cozzolino: «Era la parola stessa “tossicodipendenza ad aver perso di attualità perché non si adattava a sostanze che non determinavano dipendenza, che apparivano “gestibili” dai loro fruitori, che non deteminavano fenomeni di esclusione-marginalizzazione sociale, che non richiedevano l'uso iniettivo»134. Inizia un distacco progressivo dall'eroinomane, che epistemologicamente non

esaurisce più la categoria di drogato, ma nel contesto sociale rimane l'unico vero tossicomane, dato

che le nuove pratiche si allontanano radicalmente dai suoi simboli. Le nuove modalità di consumo iniziano a segnare un passaggio significativo interno al mondo della droga. Si iniziano ad assumere sostanze con ruoli sociali diversi, ricerche di sensazioni nuove, che da una parte estremizzano la fuga dalla realtà dell'eroina, ma dall'altra se ne allontanano in quanto tentativo di sperimentare nuove dimensioni del proprio sé. Allo stesso tempo droghe come la cocaina e psicofarmaci diventano funzionali al principio di migliorare la propria vita. La tossicomania diventa elemento di rottura per chi frequenta troppo a lungo queste nuove modalità di consumo.

In questo passaggio si registra l'inizio del cammino che porterà il drogarsi verso un conformismo con le aspettative sociali dominanti. Anche i cosiddetti “normali” cominciano a essere coinvolti nell'uso di sostanze stupefacenti. La droga si spalma su tutta la società, si integra ai valori della civiltà occidentale sfruttandoli a suo vantagggio, non risparmiando più nessuno. Inizia a prendere

forma in questo periodo la follia chimica. Tornando ad essere ricreativa, permettendo migliori performance, divenendo per molti versi un prodotto cool135, la droga trova la carta vincente per

135 Sarebbe interessante approfondire l'analisi di come un prodotto che per un secolo è stato sinonimo di emarginazione, sia stato integrato negli ultimi trent'anni all'interno dei circuti elevati della società, come la moda, la politica, lo sport, tanto da diventare quasi un must imprescindibile, della serie “o ti droghi o sei out”. Probabilmente l'analisi che meglio esplica questo spostamento è quella del capitalismo parassitario. Rosa Luxemburg considerava il capitalismo un parassita perché aveva in sé il potere di succhiare le energie della terra intera, colonizzare qualsiasi territorio e spolparlo fino all'esaurimento delle sue risorse. Come il parassita che ha la particolarità di cercare un organismo ospite e usarlo per nutrirsi, cosa che non può fare senza danneggiarlo, così il capitalismo. Questo ospite viene abbandonato non appena la sua specie diminuisce di numero o si estingue. Il capitalismo ha fatto uguale, prima coi territori geografici, poi coi territori dell'umano. Li ha sfruttati, messi al suo servizio, commercializzati, al fine del suo profitto. Secondo Antonio Negri e Michael Hardt, gli autori di Impero, il capitalismo è una forza reattiva, che si modifica a seconda delle resistenze che trova estendendo il suo potere. Di per sé il capitalismo sarebbe un sistema statico, senza necessità di evolversi o trasformarsi. I suoi movimenti sono dovuti a un assorbimento dei limiti che incontra nel perpetrare il suo dominio. Per qusto motivo dopo i movimenti rivoluzionari del sessantotto e degli anni settanta la società occidentale è mutata così a fondo. Trovandosi davanti le resistenze di studenti che volevano liberare la creatività e la sessualità, e di operai che prendevano coscienza della loro potenza rivoluzionaria, il capitalismo parassita ha pensato bene di assorbire queste richieste e, da una parte, trasformarle in merci, mentre dall'altra metteva la creatività al servizio della produzione. Sono stati messi in moto alcuni meccanismi all'interno della produzione postfordista che hanno messo in scacco tutta la potenza rivoluzionaria dei singoli individui. L'uomo si è ritrovato a essere schiavo di se stesso, delle sue proprie pulsioni, viste attraverso lo specchio nero delle merci. Un imperativo come quello del prodotto sempre nuovo non ha fatto altro che aumentare di intensità l'illusione di vivere in un mondo “creativo” e assolutamente umano. Gli operai, di contro, sono stai zittiti con la richezza, con nuove tencniche di produzione, il sistema postfordista, che qui non approfondiremo. La droga si è trovata in mezzo a questi meccanismi ed ha subito trasformazioni simili alle altre merci. Innanzitutto è stata distruita su tutta la popolazione sfruttando l'integrazione in società dell'elemento trasgressivo; allo stesso tempo è stata catalogata come merce, emancipata, e

entrare nei dispositivi di potere e sfruttarli per tornaconto personale: «Nel passato la droga era vista come un “corpo estraneo” incongruo rispetto ad una “società sana” che lo combatteva per espellerlo. Oggi la droga è uno strumento per essere più adeguati e “in linea” con i modelli vincenti. Si è innestata come un cancro nell'organismo ospite, ne utilizza i meccanismi biologici per riprodursi e rendersi inestirpabile»136. Il mercato della droga capisce prima di tutti che la società si

stava orientando in questa direzione e cambiò l'offerta: da droghe contro passa a droghe per. Il tossicomane diventa consumatore a tutti gli effetti. E dopo aver conquistato i normali, la droga comincia a insediarsi nelle stanze del potere, nella politica, nelle banche, nei centri finanziari, nelle grandi imprese, insomma, nei luoghi in cui vengono prese le decisioni che influenzano il destino del mondo. Il mercato della droga si è esteso a tal punto da poter influenzare le politiche di interi paesi, da poter ricattare gli uomini di potere, da coinvolgere, anche ai livelli più bassi del narcotraffico, persone che non la usano, ma che entrano nei suoi circuti solo per gli introiti che essa garantisce. Inseriamo, a questo punto, due tesi cardine che segnano il passaggio verso una nuova modalità sociale di essere tossico, entrambe le tesi corrispondenti a due tendenze che sintetizzano l'integrazione tra la civiltà occidentale e la tossicomania: la prima è che le tecniche e i dispositivi che plasmano l'individuo occidentale nell'età contemporanea lo costituiscono seguendo il prototipo del tossicomane, per cui il modello dell'uomo occidentale ha molto in comune con la dipendenza da droghe così come si è sviluppata nell'ultimo trentennio; la seconda tesi è che il tossicomane sia a