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Strappi della tortura 3) Parola d’ ignoto significato.

Mi basterà quindi aggiungere, che l’originale mano s scritto, già appartenuto al signor Cangiano, conservas

T) Infelici *) Livree.

2) Strappi della tortura 3) Parola d’ ignoto significato.

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vecchia non habitata da più di diecianni, li levarno tutti li bal­ coni di fìerro. 11 medesimo fecero alla casa del giudice civile Pietro Emilio Guaschi, però la saccheggiarno manco come quella del fiscale, ma solo se pigliamo, mobili, denari, argen­ terie, l’altro li lasciamo, che di questo poco fu la sua perdita. E mentre questi stavano in tali affari, parte restarno in detto tribunale di s. Lorenzo a sonare le campane , e parte della turba popolare andarno a s. Chiara appresso D. Malitia Ca­ rata et Duca della Castelluccia con D. Peppo Carafa, dove se fecero forti in detta Chiesa e nel campanile. Alcuni andarno di nuovo a s. Giacomo delli Spagniuoli, dove li soldati che stavano se posero a fuggire; là fecero il medesimo che anche scarcerarno li carcerati. Dopo passando avanti restarno al­ cuni per saccheggiare senz’ arme. Li Spagnuoli se unirno e uccisero sette huomini del popolo con colpi d’ archibugio. Così tornarno a s. Chiara unendosi in detto campanile il det­ to D. Malitia Carafa, Castelluccia e Capece; et a s. Lorenzo il principe di Macchia, il duca di Telesa, D. Carlo di San- gro, et il Cavaliere imperiale, sempre sonando le campane ad arme. Dove concorrenno molte quantità di huomini a sal­ varsi, et per la città uscirno tanti capitanii chi con dieci chi con otto soldati, e andavano dicendo «viva l’imperatore», scas­ sando alcune case di cittadini per trovare arme. Andarno alla casa di Pietro Polio, dove brugiarno tetti li processi e scrit­ ture che teneva in detta casa, stante ne trovarno in essa per essere sollecitator fiscale, quali tutti li stracciamo e bruciamo. Il simile a diverse case di scrivani, e chi per scritture e chi per arme andava per dette case di scrivani e gente che pote­ vano tenere arme. In questo mandarno a bandire et ordinare a tutti li capitani di giustizia del Regio, che per ordine del principe di Macchia, che sotto pena della vita ognuno di loro se conferissero con loro guardie a s. Lorenzo ben armate. Ma li suddetti capitanii che volsero dimostrare la loro fedeltà se ne andarno tutti nel Regio Castello nuovo, dove trovarno il duca di Medina Celi Viceré di questo Regno, dove ve concorse tutta la nobiltà. Li suddetti cavalieri stavano uniti con li cavalieri ribelli, che quanno poi viddero non poter riuscire se ne an-

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damo a palazzo. Il Regio in questo non fece per hora nullo movimento a causa che stavano a vedere l’andamento del ne­ mico. Il principe di Macchia aspettava li altri cavalieri che venivano in conformità dell’ albarano , che havevano firmato, ma perchè detti cavalieri se sgomentarne però andarno dal Vi­ ceré ad asserire la loro vita in servitio di S. M. Il Viceré pi­ gliando animo, e non sapendo che tutti sessantasei stavano fir­ mati, e havevano albarano tra di loro , credendosi che erano amici veri e non ribelli dell’ una e dell’altra corona. A questo il principe di Montesarchio, uno dei 66, diede animo al Viceré, dove il medesimo li concesse tutta la sua potestà, ben vero però che il signor Viceré se ne volesse andare sopra una ga­ lera; ma il detto Montesarchio et altri non volsero, dicendo che questo non era nulla, stante non vi era forza. Così con la po­ testà datali dal Viceré fece apparecchiare tutti li cavalieri a cavallo bene armati con certi soldati spagniuoli delle galere di Genova e Sicilia che qui si trovarno con tutti li soldati e ca­ pitami di giustitia, che in detto castello s’erano ricoverati con altre due compagnie di soldati a cavallo italiani. Quali uniti uscendo di palazzo, il detto Montesarchio in seggia avanti di tutti per il largo del castello, Puorto, Loggia, e Mercato, sem­ pre dicendo e facendo gridare « viva Filippo V Re della Spa- gnia». Al che tutto il popolo tanto nelle strade, così le donne per le finestre, replicando viva viva Filippo V. Così si fermorno avanti la Chiesa del Carmine, andando per il Lavinaro con molto seguito di popolo, avanti tutti gridava Filippo V, sagliendo per il vollo della Nunziata, scesero per s. Agostino, per la Sella­ ria, di nuovo per la Loggia. In questo quartiere mentre un cavaliere andava a cavallo, disse ad un pisciavinnolo, chi viva ? quello se credeva gente del popolo, e disse, viva l’imperatore, e il cavaliere li tirò una pistolettata e l’uccise senza nemme­ no potersi confessare. Così camminando per Porto andarno di nuovo al palazzo, senza nessun disturbo. Ma il principe di Macchia et altri cavalieri che stavano a san Lorenzo e a s.a Chiara, li quali sonavano le campane ad arme e stavano aspettando li cavalieri, che poi sapendo che tutti erano usciti ad inanimare il popolo, per la rabbia se rodevano, chiamandoli

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ribelli e figli di puttana. Ma sempre inanimavano li soldati del popolo che stessero allegramente, che la medesima sera aspet­ tavano 500 soldati ben annati che li mandava il principe della Riccia , quali stavano pronti a Benevento , e perchè il detto principe della Riccia anco esso se teneva a due rami, trattene­ va di mandare o portare li detti 500 huom ini, ma stava ad osservare quello succedeva: questi mandando corrieri, e quello li tratteneva dicendo, che a momento se partivano. Ma detti soldati non si videro in detto giorno di venerdì, a causa che il concerto era di pigliare il castello, che quanto intese non esser riuscita la loro macchina, esso non volse mandare detti soldati. Onde di tal fatto sapendo il Viceré subito si fece chia­ mare il figlio del detto principe della Riccia, e li disse quello se dicea per la città di suo padre. Il figlio tutto negò, dicen­ do che suo padre se stava quieto e non era vero; ma che se S. E. comandava gente arm ata subito era pronto con mettere la propria vita in servitio di S. M. e di S. E. Onde il principe di Macchia, vedendo non haver agiuto di detti cavalieri, di nuovo e sempre mandava lettere al detto principe della Riccia per li suddetti promessi soldati. Così spedì una felluca per mare di­ retta al principe di Caserta e al marchese del Vasto, che anche questi havevano da mandare quantità d’arme e soldati, come se dice per la citta. Che il detto principe di Caserta stava a Fun- di con alquanti soldati et aveva mandate due barche cariche di scoppette preparate a tale effetto, che dopo sapendo di non poter succedere, le fece tornare indietro. Et alcuni dicono che fussero state pigliate dal Regio. Così si seppe che detto Ca­ serta ritenne molte felluche acciò portassero soldati in questa città. Per il che venendo il sabato sempre aspettanno detti soccorsi, mentre il soccorso non venne, il popolo credenno non esserci forza, incominciamo ad andarsene. Così disminuì la sua forza di gente, del che vedendo il Montesarchio che s’indebo­ liva rinimico, subito fece apparecchiare li medesimi cavalieri e soldati che uscirono il giorno di venerdì per la città, e con cannoni se inviamo verso s. Chiara, dove fecero alquante re­ sistenze, e perchè il Montesarchio subito fece indulto generale a tutti quelli che deponevano l’arme, fuorché li capi, per que-

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sto molti se ne andarne» e pigliamo il detto indulto, dando po­ testà a tutti li ministri di fare il detto indulto. Del che fu for­ zato il detto D. Malitia e compagni abbandonare il detto cam­ panaro di s. Chiara, dopo molta difesa, e se ne andò a s. Lo­ renzo.

In questo mentre un povero huomo giovane di circa 22 anni andò a s. Lorenzo per vedere, dove li fu domandato chi viva? quello povero huomo disse, viva Re di Spagna, e subito li fu ti­ rata una arcobugiata, quale subito morse, e stiede su la nuda terra tutto il sabato. Così a Visita poveri, nella guardiola, alquanti soldati spagnioli stavano trincerati con botte avanti di quella strada vennero soldati popolani, et uno di questi importunò li spagnuoli, dicendo e chiamandoli «sarache chi viva?» e non se ne voleva andare, onde un soldato spagnolo li tirò una scoppettata, *

li colse nella bocca, e lo lasciò in terra, dove stiede tutto il giorno senza sepoltura. E perchè dicono che la congiura era da cinque mesi adietro et avevano pagati molti acciò avessero assoldata gente, chi per 50 chi per 40 huomini, e perchè tutti si pigliamo li denari e nessuno assoldò soldati, e fra l’altri nella Giodecauno chiamato Abbate Cazzillo ]), per essere huomo piccolo, quale dicendo il Principe di Macchia che l’aveva pa­ gato per 50 huomini, et esso non li aveva assoldati, scusandosi che esso 1’ aveva assoldati e quelli 1’ avevano gabbato; per il che lo fece pigliare e lo voleva impiccare in mezzo di s. Lo­ renzo, ma perchè fu pregato non far questo spettacolo, subito lo fece mettere in un fondo di fossa, dove poi pigliato dal Regio ne fu condannato alla forca come appresso si dirà. In questo mentre Saverio Panzuto vedenno le cose andar in peggio non si vidde più andar predicando per la Città, del che dicono che la notte medesima se ne fosse andato, così il detto Montesarchio con li sopradetti cavalieri, capitanij e soldati spagnoli e italiani, et a r­ rivando alli Studij,làse fecero una scaramuzzata,però senza offese nè dall’una nè dall’ altra parte. E in questo mentre li cavalieri hebbero già grande paura voltarno le spalle tanto che lasciamo li cannoni che fumo due et se tornorno in dietro più di un

b Giovanni Bosco, a lia s Abbate Cazsillo.

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quarto di miglio, che dicono se li soldati popolari erano ac­ corti guadagniarono li detti due cannoni , con dicerie per la Città che li suddetti Cavalieri havessero habandonato a posta li detti cannoni per farli andare alle mani dei nemici acciò quelli se defendessero. Onde questo non piacque a Dio, caminorno avanti senz’ altro disturbo, se avicinorno all’ Anticaglia et aco­ standosi verso s. Lorenzo, del che il popolo incominciò a dubi­ tare. Però non mancavano il Principe di Macchia e compagni ingannare alli poveri soldati dicendoli che. non dubitassero stante li detti cannoni venivano in loro aiuto , e che quanno li cava­ lieri arrivavano vicino a s. Lorenzo tutti se voltariano in loro aiuto credendosi il detto Principe che li suddetti cavalieri fa­ cevano quello per guadagnare tutto. Ma come che quelli non burlavano *ma facevano da da vero, a tiro di cannone il Prin­ cipe di Montesarchio di nuovo fece pubblicare il banno che qualunque persona che havesse deposto 1’ armi li concedeva indulto generale, et incominciarno a cannoniare verso s. Lo­ renzo. Onde il Regio si stese sino a s. Sofia, là stevano alquanti di quelli ribelli e se fecero una scaramuzzata, che dopo al quanto sparo furono necessitati ritirarsi in s. Lorenzo, et in questo mentre tutti li soldati ribelli se ne fuggivano e pigliavano in­ dulto et abandonavano il Principe di Macchia. Il quale veden­ dosi ridotto a non poter più resistere, pensò di volersene andare. Però dicono che il detto Montesarchio havesse mandato a dire al detto Macchia e compagni che 1’ aveva lasciato la porta No­ lana vacua, che però se ne andassero che non potevano più difendersi, onde così fecero se ne escirno per il forno, calorno nel Vico della Maiorana con circa 60 o 70 persone tutti armati fuggendo per Forcella, sempre dicendo viva l’ imperatore, e nel- 1’ uscire per porta Nolana li fu menato una cannonata dal tor­ rione del Carmine senza offesa di nessuno. Per il che vedendo il detto Montesarchio che dentro s. Lorenzo, benché la campana suonava, con tutto ciò non si faceva più difesa, se acostarno nel Monasterio. Entrando dentro ne pigliamo molti che stavano re- fugiati e parte per sopra i tetti che ancora non sapevano la partenza del Principe di Macchia. Li quali fumo tutti presi e legati e menatoli in Castello, dove trovarno, come se disse, quantità di

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doppie , et anco trovarno quantità di maschere che dissero la notte antecedente se le mettevano li medesimi cavalieri. Così li pigliamo, li posero sopra ad uno di quelli e li portarno a palazzo, e da là in Castello, et nell’ andare per la strada andavano gri- danno il popolo con un quatro del Re avanti, replicanno viva Filippo V.

La notte seguente trovorno nel medesimo Monasterio D. Carlo di Sangro malamente malato che dicono con travoncieflo *) ta­ gliato e rotto il filo delle rene per essere zombato da un muro per fuggire. Et anco trovorno il Conte imperiale nascosto sotto certe fascine con tradimento delli stessi padri che il priore del detto Monasterio revelò il tutto, quanno li detti Principi li derno molte quantità di denaro acciò havessero tenuti li due Cavalieri nascosti, cioè il detto D. Carlo di Sangro malato dà monaco, et detto imperiale nascosto sotto dette fascine. Ma detto priore fece tutto il contrario o per paura o perchè questo non fosse il vero. Così il detti Cavalieri adorno in Castello, et passando la Dome­ nica, il Lunedì 26 detto, il Cardinale fece una processione con la testa del glorioso s.° Gennaro protettore di questa Città con tutto il clero andando a s.° Domenico Soriano, al Gesù nuovo, et in diverse parti altari, bellissimi, dove posava il detto glorioso Santo; il tutto ad honore e gloria di detto glorioso Santo per la gratia fattaci della liberatione di questa Città da detti ribelli, per la loro uscita del sabato che fu le 21 ore di detto giorno. Che poi essendosi saputo che il detto Principe di Macchia ed alcuni compagni erano ricapitati all’incoronata di Monte Vergine, que­ sto Ecc.° Viceré subito spedì il Duca di Sarno figlio del Prin­ cipe d’Ottaiano con diversi soldati bene armati, incaminandosi verso detto luogo per le montagne di Monte Vergine. Arrivando in detto luogo però il detto Duca procurò di farneli andare, stante dicono che per la via si trattenne in diversi luoghi, et andava tanto lento acciò se ne fossero andati. Ma perchè Dio volse ca­ stigare alcuni permise di farli ritrovare in d.° luogo da certe squadre di Montefuscoli et alcuni soldati dello Stato del Prin­ cipe di Avellino/ et unitisi con detto Duca di Sarno assediorno

tutto detto luogo, con fare diverse scaramuzze con la morte di tre di detti ribelli, et vi morse anche D. Peppe Capece, e della Corte molti feriti. Del che vedendo il Principe di Macchia D. Gae­ tano Cammacorta non poter resistere, lasciò alcuni al combattere, et esso dicono che se ne fosse andato vestito da monaco con un altro. E se ne andorno con dire alli patri che sempre dices­ sero che il Principe stava dentro, così dicono essere arrivato in Salerno, et là si imbarcorno verso Vietri, e se nè andò in Roma. Et nella venuta della nova che Domenico Oliva era stato pigliato dalla Corte, però questo non si credeva da tutti stante questo era huomo che se prevaleva nella scoppetta. Questo Domenico è quel capitano di giustizia fatto dal Principe d’Ottaiano che poi per tanti intercetti Q che faceva, un giorno se scoppettiò con la Corte, e per questo stava refugiato al ponte della Madalena, che poi nella notte delli 23 di detto mese andò il detto Prin­ cipe di Macchia e se lo pigliò, che quanno poi venne legato con l’altri vivi e morti, fu compassionato da tutta la Città per essere stato huomo quieto. Poi fu portato in Castello carce­ rato del che di giorno in giorno sempre si diceva che era stato condannato alla forca. Li 30 detto di notte fu messa la testa del detto D. Peppe Capece nel torrione del Castello nuovo, il quale dicono che volle morire esso medesimo stante che stava con due pistole alle mani dicendo alla Corte, non ve accostate ma menatemi ed uccidetemi che son ben contento, altrimenti non mi pigliarete vivo, e se vi accostate ve bisognerà di morire al­ cuni di voi, del che vedendo la sua ostinatione fù necessitato alla Corte di menarli e fu ucciso. Alcuni dicono che se crede­

vano di trovare denari sopra di esso, però l’uccisero, sia come se sia, che la sua testa guarda il baloardo del Castello nuovo. Dicesi concorsero gran quantità di popolo a vedere se era esso o no, ma per la lontananza non se potea conoscerlo, si restorno alcuni dicendo che non era la detta testa di D. Peppe Capece. Il sabato mattino primo ottobre se troncarono alcune altre te­ ste delli medesimi ribelli uccisi in detto luogo dell’Incoronata a s. Lorenzo , un’altra alle Fosse del grano, una a s. Chiara, et

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una alla Vicaria, senza conoscersi chi fussero. Il Lunedì 3 Ot­ tobre nel Largo del Castello sono stati giustitiate cinque per­ sone, quattro alla forca et uno decollato. Questo decollato li fu tronca la testa, questo è quello D. Carlo di Sangro di si no­ bile sangue di questo Regno, il quale era stato al servizio del­ l’Imperatore molti anni et in quei paesi cresciuto, che poi alla chiamata delli Cavalieri Napolitani fu destinato dall’Imperatore a venire in questo Regno per la recuperatone del detto Regno» acciò fosse premiato delle sue fatiche ne perse la testa. L’altri quattro, uno fu il cocchiero del proprio Viceré, il quale tirava paga di sei mesi a dietro, et questo non haveva da far altro che quanno la sera de’ 19 Settembre festa di s.° Gennaro havevano da uccidere il Viceré, esso cocchiere che stava inteso haveva da caminare pian piano fintanto che amazzavano il Viceré. Però degnio di tal morte uscì dal Castello nuovo strascinandosi a coda di cavallo, e poi apiccato e la sua testa a Porta Alba. Il 2° fu un giovane figlio di un sergente il quale era monitioniero del Ca­ stello nuovo, anco pigliò paga da cinque mesi, e anco trascinato et apiccato, la sua testa nella porta del medesimo Castello. Il terzo fu il scrimitore Nicola Alimente, questo è quello che do­ veva uccidere il Viceré nella sera de’ 19 di Settembre giorno di s.° Gennaro, che poi a riguardo del glorioso Santo non vol­ lero, questo tirava le sue paghe da sei mesi indietro, dove fu apiccato e strascinato, la sua testa alle Fosse del grano. Il 4.° fu quello Abbate per sopranome abbate Cazzillo, questo era scop- pettella, del Vescovato e robbe vecchie della giodeca l). Questo è quello che anco tirò paghe sei mesi, tanto per esso quanto per 50 persone che poi nelli 23 del mese di Settembre chiamandolo il Principe di Macchia e dicendoli dove erano le genti assol­ date di denaro dall’Imperatore, esso se ne scusava che quelli bhavevano gabbato. 'P er questo il detto Principe lo voleva appiccare in s. Lorenzo, che poi a preghiere di molti officiali non fece tal giustitia, bensì lo pose carcerato in una fossa di morti di detto Monasterio. Et nella partenza di detto Macchia

!) Si clava il nome di scoppettella ai birri è ai cursori armati della Curia, e di robe vecchie ai rivenditori di panni usati.

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fu trovato il medesimo in detta fossa, dove nel suo esame disse tutto, credendosi con questo scusarsi, ma il suo destino fu, con­

dannato alle medesime pene dell’altri, e la sua testa fu posta a Porta Capuana. E questi quattro fumo apiccati in detto largo del Castello in due forche, e nella morte, cioè prima di morire questo abbate Cazzillo, si intese un gridare dalli circostanti, dove