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LO STRESS OSSIDATIVO NELLE ARTICOLAZIONI

In pazienti con patologie articolari lo stress ossidativo riveste un ruolo importante sia nei meccanismi di insorgenza, come descritto precedentemente, che nella progressione della malattia stessa.

I radicali liberi sono capaci di danneggiare le componenti cellulari e sembrano avere un ruolo importante nelle malattie articolari infiammatorie e degenerative; i ROS (reactive oxigen species),così come le specie reattive dell’azoto, possono direttamente o indirettamente danneggiare l’articolazione (Blake D.R.et al., 1989).

In condizioni fisiologiche i condrociti vivono in un ambiente avascolare e povero di ossigeno; tuttavia alcune delle loro funzioni metaboliche sono dipendenti dall’ossigeno che è fornito essenzialmente dal liquido sinoviale. I condrociti sviluppano un metabolismo adatto alle condizioni di anaerobiosi.

In condizioni patologiche, la tensione dell’ossigeno nel liquido sinoviale è soggetta a fluttuazioni come conseguenza del fenomeno di ischemia- riperfusione.In risposta alla variazione della pressione (pO2) e allo stress

meccanico si ha una produzione eccessiva di specie reattive dell’ossigeno (ROS) da parte dei condrociti; di solito tali specie sono prodotte dalle cellule immunitarie come difesa del luogo (Fermor B.et al., 2001); (Henrotin Y.et al., 1993).

Recentemente è stato visto che i condrociti sono in grado di sintetizzare la mieloperossidasi e che il livello di questo enzima nell’m-RNA aumenta in caso di osteoartrite. In presenza di ferro (fe2+) e perossido di idrogeno (H2O2), i condrociti rilasciano radicali idrossilici (OH

) che reagiscono con gli acidi grassi insaturi dei lipidi di membrana ed avviano una reazione a catena, causando la formazione di altri radicali lipidici (a vita più lunga) (RO•; ROO•) (Henrotin Y.et al., 1992 ).

Lo stato ossidativo è il risultato di un equilibrio tra la produzione dei ROS e il livello di antiossidanti intracellulari; tale equilibrio viene modulato da fattori esogeni ed endogeni, come la tensione di ossigeno o le citochine.. I ROS non sono considerati solo come agenti lesivi, infatti a bassi livelli giocano un ruolo importante nella modulazione dell’espressione genica e contribuiscono al mantenimento dell’omeostasi della cartilagine.

Al contrario, in alcune situazioni patologiche, quando la capacità antiossidante cellulare è insufficiente a disintossicarsi dai ROS, può accadere che lo stress ossidativo degradi non solo le membrane cellulari e gli acidi nucleici, ma anche le componenti extracellulari compresi i proteoglicani e il collagene.

Lo stress ossidativo può anche causare la morte cellulare e il contenuto delle cellule essere rilasciato nell’ambiente extra cellulare. Complessivamente i prodotti di degradazione e le molecole ossidate rilasciate dalle cellule, contribuiscono allo sviluppo dell’infiammazione sinoviale e formano un circolo vizioso costituito da ROS e ulteriori prodotti di degradazione.

Figura 9 Meccanismo d’azione dei ROS nell’articolazione da (Henrotin Y.et al., 1992 ).

In medicina umana ci sono alcuni lavori che trattano del ruolo dei radicali liberi nelle patologie articolari; in particolare è stato studiato il ruolo dei radicali liberi nella patogenesi dell’artrite reumatoide. E’ stato visto che la degradazione dell’acido ialuronico sembra essere un processo fortemente mediato dalla presenza di radicali: in particolare radicali idrossilici (H2O2)

sarebbero i responsabili della frammentazione dell’acido ialuronico (Hadijigogos K., 2003). I radicali idrossilici inibiscono la sintesi dei proteoglicani della cartilagine interferendo nella sintesi dell’ATP. E’stato, inoltre provato che l’iniezione intraarticolare di H2O2 provochi gravi danni

articolari (Schsalkwijk J.et al., 1986). E’ stato dimostrato che la degradazione dell’acido ialuronico e dei proteoglicani, in colture di tessuto di pazienti affetti da artrite reumatoide, potrebbe essere inibita in seguito all’aggiunta di scavengers e che il tessuto sinoviale infiammato rilasci

Anche l’ossido di azoto (NO) sembra essere un importante fattore nella patogenesi dell’infiammazione nell’articolazione umana.

Alti livelli di NO nella cartilagine e nelle ossa nei soggetti affetti da artrite reumatoide sono indicativi di una significativa funzione dell’ossido di azoto in questi tessuti. I condrociti articolari producono un aumento dei livelli di ossido di azoto in risposta all’IL-1 e la sintesi dell’ossido di azoto indotta da tale interleuchina non è inibita dai glucocorticosteroidi (Stadler J.et al., 1991). Queste osservazioni hanno portato ad affermare che in pazienti affetti da artrite reumatoide l’infiammazione della sinovia e della cartilagine è prodotta dall’ossido di azoto (Wanchu A.et al., 1996).

INF-γ ed altre citochine inducono la produzione di ossido di azoto nell’osso, il quale non permette la formazione degli osteoclasti e l’attività degli osteoclasti maturi; un’elevata concentrazione di ossido di azoto agisce sulle cellule della linea degli osteoblasti inibendola. A basse concentrazioni invece, l’ossido di azoto agisce promuovendo la proliferazione degli osteoclasti e la loro funzione. (Evans D.M.et al., 1997).

In un altro lavoro sono state prese in esame le lipoproteine a basso peso molecolare (LDL) in soggetti affetti da osteoartrite e artrite reumatoide; ed è stato notato come tali proteine siano soggette ad ossidazione da parte dei ROS (Letian D.et al., 1997). LDL sono state isolate dal liquido sinoviale e dal plasma di pazienti affetti da tali patologie e testate con immunoelettroforesi. Avvalendosi di questa tecnica, è stato visto che le LDL nel liquido sinoviale di pazienti affetti da artrite reumatoide presentano 2 picchi: uno corrispondente alla quantità di LDL nel plasma basale, l’altro in relazione a un incremento dell’attività elettroforetica associata con LDL ossidate. Coppie di campioni plasmatici contenenti

Quindi in aggiunta agli LDL basali è stato dimostrato che nel liquido sinoviale reumatoide è presente un’altra forma di LDL che è compatibile con le proprietà delle LDL ossidate (Letian D.et al., 1997).

Un lavoro pubblicato sull’Equine Veterinary Journal 2000, si prefiggeva di confrontare le proteine carboniliche contenute nel liquido sinoviale e lo stato antiossidante nel liquido sinoviale tra cavalli sani e affetti da patologie articolari. Il liquido sinoviale era stato prelevato dalle articolazioni metacarpofalangea e matatarsofalangea di quattro cavalli di età compresa tra i 2 e 5 anni. Dai risultati ottenuti si può dire che le proteine carboniliche contenute nel liquido sinoviale erano significativamente più alte (P<0,01) in soggetti affetti da patologie articolari rispetto al controllo; mentre lo stato antiossidante dei cavalli affetti da patologie articolari risultava più alto, ma non significativamente, rispetto ai controlli (P=0,0595).

In un altro lavoro, pubblicato sull’ Australian Veterinary Journal 1993, è stata misurata la produzione di specie reattive dell’ossigeno in cavalli in cui è stata indotta sperimentalmente una sinovite. E’ stata confrontata l’intensità di fluorescenza di campioni di liquido sinoviale e plasma esposti in vitro a radicali liberi con campioni prelevati da cavalli in cui è stata indotta sperimentalmente una sinovite. I risultati finali indicano che, in entrambi i casi l'intensità di fluorescenza visibile aumenta, il che suggerisce un possibile ruolo di radicali liberi nella patogenesi di malattie infiammatorie articolari nei cavalli (Auer D.E.et al., 1993).

Per quanto riguarda il cane, un lavoro pubblicato da Goranov nel 2007 valuta la quantità di un enzima antiossidante, di un marker di perossidazione lipidica e di un marker della degradazione del collagene in

I risultati ottenuti dallo studio hanno mostrato una correlazione positiva tra il marker di perossidazione lipidica e la degradazione del collagene, che risultavano entrambi aumentanti nel tempo. Questo risultato supporta l’ipotesi che lo stress ossidativo sia coinvolto nella patogenesi dell’osteoartrite in tale modello sperimentale.

Non sono stati a tutt’oggi pubblicati lavori sul liquido sinoviale che misurino lo stress ossidativo nel cane in corso di patologie articolari.

Tuttavia è ormai noto il ruolo che i radicali liberi rivestono nel perpetuarsi del danno in corso di patologie articolari.(Mortellaro C.M.et al., 2004). Per questo motivo, in relazione all’osteoartrite, la medicina veterinaria si è andata orientando verso l’adozione di un trattamento detto di “combinazione”, volto a combattere oltre ai sintomi anche i meccanismi patogenetici e le cause scatenanti (Millis D.L., 2001).

In relazione a questo hanno preso sempre più campo i cosiddetti “farmaci di fondo” mirati al riequilibrio metabolico della cartilagine (condroprotettori) all’attività combinate di tipo antidegenerativo, antiossidante e/o antinfiammatorio (sostante adiuvanti). In entrambe le classi si annoverano anche i “nutraceutici” per l’osteoartrite, sostanze somministrate come supplementi nutrizionali e dotate di attività non solo condroprotettive (es. condroitinsolfato, glucosamina), ma anche antinfiammatorie ed antiossidanti (es. quercetina, acido DL alfa-lipoico) (Kelly G.S.,1998), (Reginster J.Y.et al., 2001). Tra le sostanze adiuvanti, degne di nota ci sono alcune nuove molecole appartenenti alle classi dei tioli e dei bioflavonoidi; nel primo gruppo si annovera l’acido DL alfa- lipoico (ALA) che, in virtù della capacità di ottimizzare le riserve energetiche ed antiossidanti delle strutture mio-teno-legamentose, possiede

anche in tutte le condizioni di instabilità articolare ad evoluzione artrosica (Ferro E.et al., 2002) .

Per quanto riguarda i bioflavonoidi, l’attenzione si concentra su una sostanza priva di tossicità ed assorbita in quantità significativa per via orale sia nell’uomo che nel cane e nel ratto: la quercetina. La sua applicazione si basa sostanzialmente sulla dimostrazione delle molteplici attività di tipo antiossidante, antidegenerativo ed antinfiammatorio che la rendono capace di controllare i tratti patogenetici-condrodegenerazione e stress ossidativo- infiammatorio dell’osteoartrite. (Guardia T.et al., 2001).

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