Nella letteratura in materia di M&A non vi è unanime consenso relativamen- te all’impatto della distanza culturale sull’esito di fusioni e acquisizioni, siano queste domestiche o internazionali. In alcuni casi le differenze sul piano or- ganizzativo e nazionale sembrano avere un effetto positivo sulla resa dell’ope- razione, altre volte risultano deleterie e sembrano condurre al fallimento della stessa. Nonostante questo “paradosso” vi è accordo nell’assegnare un ruolo di primaria importanza al processo di integrazione, specialmente nel caso di M&A internazionali, dove la gestione dei potenziali conflitti culturali nella fase post- acquisitiva assume un ruolo centrale.
Come puntualizza Olie[73]: “Durante fusioni e acquisizioni internazionali è più probabile assistere all’incontro di persone con valori e credenze divergenti, non solo per quanto riguarda l’ambito lavorativo. In simili circostanze si rende evi-
dente l’assenza di un quadro di riferimento condiviso che fornisca meccanismi comuni di coordinamento. Inoltre, le differenze culturali che si manifestano nei comportamenti di tutti i giorni, nei linguaggi e nel modo di vestire tendono a rafforzare i confini tra i due nucleiorganizzativi, creando un “dentro” e un “fuo- ri”, un “noi” e un “loro”, ostacolando l’integrazione psicologica dei membri in un’unica organizzazione.”
Le differenze tra dimensioni culturali, se gestite in modo efficace, possono esse- re trasformate in vantaggi competitivi che, una volta radicati nella nuova orga- nizzazione, generano sinergie. Alcuni studi condotti da Weber et alii dimostrano che in M&A internazionali, contrariamente a quanto avviene in quelli domesti- ci, le differenze culturali sono in un certo senso previste e che, in virtù di queste aspettative, i manager dell’azienda acquisita tendono a resistere al cambiamen- to e alla perdita di autonomia in misura minore[81]. Il processo di integrazione, tuttavia, non consiste nella mera fusione di due culture in una sola, ma compor- ta la definizione di un nuovo modello aziendale tramite un percorso di selezio- ne, coordinamento e sviluppo dei modelli comportamentali e di pensiero dei due nuclei organizzativi; significa creare un ambiente in cui gli individui sia- no capaci e disposti a lavorare insieme, in un clima di accettazione e rispetto reciproco.
Il modello MBI: mapping, bridging, integrating
Uno dei modelli utilizzati per aumentare la produttività e la coesione di grup- pi eterogenei è il modello MBI, proposto da Lane, Maznevsk e DiStefano nel libro “International Management Behaviour[58]”. Questo modello propone del-
le misure volte a migliorare l’interazione tra individui provenienti da contesti culturali diversi, pertanto risulta particolarmente adatto nel processo di inte- grazione in casi di M&A internazionali, in cui la gestione dei conflitti cultura- li si rivela cruciale. Il modello MBI deve il suo nome alle iniziali delle tre fa- si che lo compongono: mapping (mappare), bridging (collegare), integrating (integrare).
1. Mapping: questa fase è finalizzata alla comprensione delle differenze cul- turali individuali e di gruppo ed è divisa in tre passaggi:
(a) Definizione del territorio: serve a prendere consapevolezza di quali sono e di dove si manifestano le differenze culturali e implica la di- stinzione tra quelle che potrebbero provocare tensioni e quelle che agevolerebbero l’interazione;
(b) Disegno di una mappa: i partecipanti rispondono a una serie di do- mande che affrontano temi come il rapporto con l’ambiente, l’orienta- mento temporale ecc. Durante questa fase può essere utile analizzare le dimensioni culturali avvalendosi di uno o più modelli (p.e. Hofstede, Trompenaars). Affinché questo passaggio risulti realmente efficace è necessario che nell’analisi della propria cultura tutti i partecipanti sia- no onesti e diretti, ricordando di non confondere caratteristiche cultu- rali e tratti della personalità; sulla base delle risposte fornite si procede a tracciare una mappa che deve essere accettata da tutti i partecipanti e infine discussa;
(c) Valutazione del terreno: indica il momento il cui i partecipanti, utiliz- zando la mappa, identificano le problematiche presenti e future e ne
ipotizzano le possibili soluzioni;
2. Bridging:la seconda fase ha lo scopo di stabilire una comunicazione effica- ce tra i membri delle due culture, in modo da prevenire incidenti di comu- nicazione. Il bridging è anch’esso suddiviso in tre momenti: preparazione, decentramento e ricentramento.
(a) La preparazione ha come fine quello di stimolare la comunicazione e di spingere i partecipanti a credere nelle proprie capacità di risol- vere i potenziali conflitti. La preparazione è importante perché spes- so, una volta comprese le differenze culturali e i conflitti che ne pos- sono derivare, non si trova la giusta convinzione per risolverli: se il problema risulta più complesso rispetto alle aspettative, può capita- re che entrambi i gruppi perdano la fiducia e lo stimolo a trovare una soluzione;
(b) Il decentramento prevede lo spostamento del proprio punto di vista da sé stessi all’altro. I partecipanti adattano il proprio comportamen- to e il proprio modo di pensare cercando di tenere sempre a mente quello altrui. Un elemento importante per la riuscita di questa fase è la sospensione del giudizio, ossia l’astenersi dall’utilizzare le categorie della propria cultura per giudicare il comportamento altrui. Nel conte- sto di un merger il processo di decentramento risulta particolarmente problematico, specialmente qualora l’operazione di M&A non sia stata preceduta da dichiarazioni e comunicazioni dirette, dando adito alla nascita di pregiudizi e di un immaginario “altro da sé”;
(c) Il ricentramento rappresenta l’ultima tappa del bridging e ha lo scopo di definire un terreno comune che serva da nuova base per comuni- care in maniera efficace: si cerca di costruire un nuovo senso di unità sulla base di un rinnovato modo di comunicare.
3. Integrating: è la fase in cui la comprensione delle differenze (mapping) e la comunicazione (bridging) trovano un’applicazione pratica.
La finalità principale dell’integrazione è quella di creare e implementare nuove idee ottenendo il massimo dalle differenze culturali, attraverso la gestione della partecipazione, la risoluzione dei conflitti e la costruzione partendo dalle idee proposte. Il primo passaggio consiste nell’ottenere il contributo di tutti i partecipanti; avendo creato un clima di ascolto e com- prensione reciproci, tutte le persone coinvolte saranno maggiormente sti- molate a contribuire con le loro idee migliori; poiché la partecipazione por- ta inevitabilmente al confronto tra opinioni differenti, la capacità di risol- vere i conflitti - specialmente quelli non previsti da mapping e bridging - è altrettanto fondamentale per la realizzazione di sinergie; uno degli er- rori più comuni è quello di non essere in grado di intercettare per tempo la nascita di un conflitto: poiché ciascuna cultura esprime il disaccordo in modo specifico, può succedere che i primi segnali di tensione vengano mal interpretati o che non vengano colti affatto.
In conclusione, la fase di mappatura dei diversi punti di vista fornisce un’imma- gine obiettiva di quanto distanti siano le due parti, abbassa le difese e stabili- sce un punto di partenza per lo sviluppo di idee per creare nuove soluzioni. Il bridging produce atteggiamenti e comportamenti positivi che creano soluzioni
vincenti per entrambe le parti.
Anche Schweiger & Goulet[88] (2005) sostengono che differenze e potenziali conflitti culturali possono essere gestiti iniziando fin dal principio dell’integra- zione un processo di “apprendimento profondo”; il loro studio dimostra che ta- le strumento, per esempio nella forma di attività volte a stimolare curiosità e scambio tra culture, ha avuto risultati positivi per tutto il personale in termi- ni di comunicazione, di coordinamento e di fiducia nei nuovi manager. Questi risultati positivi invece non si sono verificati nei casi in cui il processo di appren- dimento sia stato saltato o sottostimato (p.e. qualora i dirigenti si siano limitati a una presentazione generale e unilaterale della nuova organizzazione e della sua nuova strategia).