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2   L E SCHIUME : PANORAMICA E SPERIMENTAZIONE 6

2.2   Struttura delle schiume liquide 6

Sistemi omogenei ed eterogenei

La maggior parte dei sistemi presenti in natura risulta essere costituito da miscugli, ossia da una mescolanza di sostanze diverse che mantengono la loro identità specifica. Si definiscono omogenei, caratterizzati dunque dalle medesime caratteristiche chimico-fisiche in ogni loro punto, quei miscugli costituiti da sostanze mescolate in modo uniforme, si pensi, ad esempio, all’acqua marina che contiene disciolti molti sali minerali, mentre, evidentemente, qualora la mescolanza dia luogo ad una non uniformità del sistema, essi vengono denominati eterogenei, i quali, dunque, possono presentare caratteristiche chimico-fisiche diverse da punto a punto, si pensi, stavolta, all’insieme di due liquidi non miscibili come, ad esempio, acqua e olio, oppure a rocce formate da due o più minerali.

Il primo dei due esempi appena proposti chiama in causa un caso particolare di miscuglio eterogeneo definito emulsione liquida, nella quale un liquido è disperso in altro liquido. Nel caso di dispersione di un liquido in un solido si sarebbe parlato di emulsione solida.

In base alle dimensioni delle particelle che li costituiscono, i miscugli eterogenei possono essere distinti nelle seguenti categorie:

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 sospensioni: miscugli eterogenei di particelle solide o liquide – fase dispersa –, aventi dimensioni superiori a 1000 nm e, dunque, visibili ad occhio nudo o al microscopio ottico e separabili per filtrazione, disperse in un fluido (liquido o gas che sia) – fase disperdente –;

 colloidi: miscugli eterogenei di particelle solide o liquide – fase dispersa –, aventi dimensioni comprese tra 1 e 1000 nm, visibili solo all’ultramicroscopio o, anche, illuminando con un fascio di luce trasversale il recipiente contenente il colloide ed osservandolo poi perpendicolarmente alla direzione del raggio di luce1, e separabili

per dialisi, disperse in un fluido (liquido o gas che sia) – fase disperdente –; all’interno di questa categoria può essere introdotta un’ulteriore distinzione tra:

o sol: in cui piccolissime particelle di un solido si trovano disperse in un liquido;

o gel: solitamente masse gelatinose in cui piccole particelle di liquido sono inglobate in un solido;

o aerosol: in cui piccole particelle di un solido o di un liquido sono disperse in un gas, nel primo caso (particelle solide) si parla più specificatamente di fumi, nel secondo (particelle liquide) di nebbie;

o schiume liquide: in cui piccole particelle di un gas sono disperse in un liquido;

o schiume solide: in cui piccole particelle di un gas sono disperse in un solido. Le soluzioni, d’altro canto, costituite da particelle che si distribuiscono uniformemente in tutto il volume a disposizione e caratterizzate da dimensioni inferiori ad 1 nm e, pertanto, non visibili in alcun modo e non separabili né per filtrazione, né per dialisi, appartengono alla categoria dei miscugli omogenei [2].

Quelli appena richiamati sono evidentemente i casi più semplici in quanto si può incorrere in situazioni in cui le fasi coesistenti siano più di due come accade, ad esempio, nel caso del gelato o della panna montata che rappresentano schiume in cui il gas è disperso non in un liquido, bensì in un’emulsione liquida, essendo, come detto, quest’ultima una dispersione di liquido in un altro liquido.

Si evince dalla trattazione precedente come la schiuma non sia altro che una dispersione di un gas in un mezzo liquido o solido, per cui la sua peculiarità fondamentale è quella di riuscire a disperdere una piccola quantità di liquido in un volume molto grande, riuscendo così ad ottenere dei sistemi caratterizzati da bassissime densità: la maggior parte del volume, anche fino al 95%, è infatti occupato dal gas.

1 Tale fenomeno è definito effetto Tyndall ed è dovuto al fatto che le particelle che costituiscono i sistemi

colloidali riescono a disperdere la luce avendo dimensioni dell’ordine della lunghezza d’onda della luce stessa. Tali particelle sono inoltre caratterizzate da un moto rapido e disordinato, definito moto browniano, che è dovuto ai continui urti tra le particelle colloidali e le molecole del mezzo nel quale sono disperse e in cui va ricercata la causa della stabilità del sistema colloidale: tali moti disordinati, equilibrando la forza di gravità che agisce sulle particelle stesse, consentono loro di rimanere in sospensione [2].

8 Tipologie e struttura delle schiume liquide

Le schiume liquide, in relazione alla loro origine, possono essere suddivise in:

 schiume chimiche: originate grazie all’anidride carbonica che si sviluppa durante la reazione tra soluzioni di sali alcalini, generalmente bicarbonato di sodio, e acidi in presenza di un agente schiumogeno; questa tipologia è stata abbandonata nel corso degli ultimi anni a favore delle cosiddette schiume meccaniche, più economiche, facilmente gestibili e generabili delle prime;

 schiume meccaniche: le più comuni, come appena accennato, generate a partire da una soluzione di acqua e tensioattivo espansi con aria compressa.

Una seconda possibile classificazione è quella che distingue le schiume in base alla quantità di liquido in esse contenute [1]:

 schiume umide: per le quali la frazione volumetrica della fase liquida è generalmente compresa tra il 10% e il 20% e la forma delle bolle che le costituiscono è approssimativamente sferica, con elevata pressione interna, cf. Figura 2.1 a);

 schiume secche: caratterizzate da una frazione volumetrica della fase liquida inferiore al 10%, e da una forma approssimativamente poliedrica delle bolle che la costituiscono, cfr. Figura 2.1 b).

Figura 2.1 Classificazione delle schiume in relazione alla quantità di liquido che contengono: schiume umide

a); schiume secche [1] b)

Facendo riferimento alle schiume secche, è possibile distinguere tra “lamelle”, “Plateau border” e “nodi”, come mostrato in Figura 2.2 a) e b). In particolare, con il termine “lamelle” si individua quella specifica parte delimitata dalla superficie esterna di due bolle adiacenti, per cui, entrando più nel dettaglio, esse rappresentano la regione che circonda, comprendendole, le sottili pellicole di liquido (“thin film region”) e che è delimitata dalle due superfici interfacciali di separazione tra fase gassosa e fase liquida, presenti da ambo i lati della “thin film region”; si considerano facenti parte delle lamelle anche le zone di intersezione tra due lamelle adiacenti. I tubi di liquido in cui convergono tre lamelle vengono definiti “Plateau border”. I punti in cui si incontrano solitamente quattro Plateau border vengono invece definiti “nodi”.

Essendo le schiume caratterizzate da strutture tridimensionali, le loro rappresentazioni schematiche in due dimensioni non consentono di capire appieno e con un semplice sguardo superficiale le definizioni sopra riportate; prendendo in considerazione la Figura 2.1 b), le linee rappresentano proprio le lamelle mentre i Plateau border sono rappresentati dai punti di

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intersezione delle linee; le definizioni date risultano più chiare dall’analisi della Figura 2.2 a). Si fa inoltre notare come solo nella rappresentazione tridimensionale di Figura 2.2 b) sia possibile mettere in luce i “nodi”.

Tuttavia la consuetudine presente in letteratura di considerare che la fase gassosa sia separata dalle sottili pellicole di liquido per mezzo di una netta e ben definita superficie d’interfaccia, risulta, in realtà, essere una astrazione. Infatti, questa netta superficie di separazione non esiste e la ragione di approssimare il comportamento fisico di questa regione d’interfaccia liquido-gas con tale specifica superficie, detta superficie di Gibbs, è dettata da ragioni di convenienza matematica [3].

Figura 2.2 Struttura delle schiume secche: [3],[4] a); [4] b)

Nel XIX secolo, il fisico belga Joseph Plateau, basandosi su osservazioni sperimentali da lui condotte, ha descritto il comportamento e la struttura di lamine di acqua saponata, alla base dello studio teorico delle schiume:

 le lamine di acqua saponata si realizzano come superfici lisce;

 la curvatura media di una porzione di una lamina è costante in qualsiasi punto della stessa porzione di lamina;

 le lamine si incontrano sempre in gruppi di tre lungo un bordo, chiamato bordo di Plateau, e lo fanno con un angolo di circa 109,47°;

 I bordi di Plateau si incontrano in un vertice a quattro con un angolo pari a circa 109,47°.

Configurazioni diverse da quelle descritte dalle leggi di Plateau sono instabili e le lamine di acqua saponata tenderanno rapidamente a riorganizzarsi per conformarsi a queste leggi.

Plateau studiò anche l’interazione bidimensionale tra tre lamelle, concludendo che esse si incontrano sempre formando angoli di 120°, come riportato in Figura 2.2 a); nel caso tridimensionale di quattro lamelle, invece, si torna agli angoli tetraedrici di 109,47° e, poiché i film lineari e planari non possono soddisfare questa condizione, le lamelle devono essere curve.

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