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Capitolo III Nota metodologica

3.3. Struttura, strumenti e metod

Come articolato nella I parte del presente lavoro, il quadro teorico entro cui la ricerca è inserita è determinato dal presupposto che nei processi di espansione delle mafie – come anche in quelli di radicamento – sia fondamentale la dimensione reticolare, e quindi la produzione di beni relazionali e capitale sociale. Tale dimensione riguarda sia le relazioni interne al gruppo, sia quelle che legano il gruppo criminale al contesto in cui opera o quelle che caratterizzano il tessuto sociale del territorio considerato. Quest’ultima è la dimensione che si è inteso indagare nel presente lavoro, con specifico riferimento all’ambito economico in quanto primario ambito di interesse per le mafie. Il nesso tra dimensione relazionale e dimensione economica è, infatti, di grande rilevanza in quanto «non riconoscere i beni relazionali, non valorizzarli, dentro e fuori le aziende, è una strategia molto rischiosa e, in momenti di crisi, può essere letale» (Donati, 2011: 134), rendendo le stesse aziende vulnerabili rispetto a possibili infiltrazioni criminali. La stessa rilevanza si ha, infatti, nel nesso tra dimensione economica e fenomeno mafioso, considerando il primario interesse per le mafie di infiltrare il sistema economico di un territorio per realizzare i propri affari.

Alla luce di quanto emerso nella I Parte del lavoro, si è deciso di articolare la ricerca in tre diverse fasi. Le prime due fasi attengono alla definizione del contesto di riferimento,

indagando la dimensione economica e criminale con riguardo alla provincia di Forlì- Cesena; la terza fase rappresenta il cuore della ricerca e presenta l’analisi empirica del tessuto socio-relazionale della provincia di Forlì-Cesena. Di seguito, vengono definiti la struttura, gli strumenti adottati e le difficoltà riscontrate.

3.3.1. Struttura e strumenti utilizzati

Riprendendo gli elementi chiamati in causa da Varese (2011), la domanda di servizi illeciti/illegali da parte degli attori locali è – al pari dell’offerta52 – determinata da una

molteplicità di fattori, tra i quali: la presenza/assenza di “protettori locali”, la dimensione della realtà locale e l’esistenza di “mercati nuovi” o “in espansione”, i livelli di fiducia e di impegno civico. La presente analisi è stata condotta assumendo i suddetti elementi come fattori chiave nell’individuare i rischi di espansione cui un territorio può essere esposto, ricollegandoli a tre diverse dimensioni: criminale (presenza protettori locali), economica (espansione mercati), sociale (fiducia e impegno civico). Sebbene sia quest’ultima a rappresentare il focus della ricerca empirica, ad ognuna delle dimensioni richiamate è stata dedicata una fase di ricerca in considerazione della sua rilevanza per una compiuta comprensione del contesto di riferimento.

In particolare, il capitolo IV è dedicato alla comprensione del territorio e alla presentazione delle prime due fasi della ricerca, attraverso l’analisi della dimensione criminale e di quella economica.

Al fine di una migliore comprensione del contesto, si propone, innanzitutto, di volgere uno sguardo al passato di questi territori. Da un lato, l’attenzione si focalizza sulla tradizione cooperativista che dal XIX secolo caratterizza la storia di questi territori. È proprio questa ad aver determinato il patrimonio locale, sia in termini di risorse sociali sia di risorse economiche, considerando come il mondo delle cooperative produca circa la metà del fatturato regionale (Cocca 2013). Al contempo, dai richiami storici che saranno presentati emerge come questi territori siano già stati interessati dal fenomeno

52 L’offerta di servizi mafiosi è invece basata legata ai processi migratori (generalizzati o criminali, volontari o non

volontari) (Varese 2011). Rispetto a quest’ultimo aspetto, nella distinzione tra fattori di migrazione intenzionali e non intenzionali, l’autore attribuisce una maggiore rilevanza a questi ultimi, non ritenendo che il trapianto possa essere una condizione desiderabile in una situazione di equilibrio criminale, ovvero in una situazione in cui il gruppo mafioso non subisca una repressione cui non riesce far fronte, sia da parte delle istituzioni che rispetto a faide interne all’organizzazione criminale.

della criminalità organizzata, nella peculiare forma delle “balle” bolognesi. Ferme restando le differenze con le mafie che verranno esplicitate nel corso del capitolo, il fallimento del fenomeno delle “balle” – conclusosi con una sorta di maxi-processo nel 1864 – aumenta l’interesse per un territorio che ha evidentemente conosciuto, e debellato, alcune peculiari forme di criminalità.

A seguire, l’attenzione è focalizzata sul fenomeno mafioso e sui due fattori che sono spesso addotti come fattori causali del relativo processo espansivo in aree non tradizionali: la crisi economica e il soggiorno obbligato. Partendo dallo studio della letteratura scientifica di riferimento e dei documenti ufficiali disponibili, viene proposta una riflessione sul loro effettivo ruolo e sull’effettivo impatto avuto sul contesto emiliano- romagnolo. In linea generale, viene mostrato come già negli anni Settanta vi fossero legami tra una parte dell’imprenditoria settentrionale e organizzazioni mafiose meridionali, come quella campana, dovuti proprio alla forte crescita del comparto industriale del Nord Italia. Al contempo, si evidenzia come la presenza di soggiornanti obbligati in un dato territorio – così come l’essere meta di flussi migratori – non determini di per sé l’espansione di un gruppo mafioso.

Dopo aver messo in discussione l’ineluttabilità del legame tra crisi dell’economia, migrazioni ed espansione delle mafie, l’analisi si focalizza sulla definizione del contesto territoriale di riferimento. Si passa, quindi, a delineare la dimensione economica e quella criminale della provincia di Forlì-Cesena. Rispetto alla prima dimensione, viene analizzato l’attuale stato di salute dell’economia, che presenta ancora i segni della recente crisi. La ricostruzione fatta rimanda l’immagine di una ripresa economica settoriale in quanto evidente in alcuni settori di attività piuttosto che in altri. Tra questi, il settore edile risulta essere in maggiore difficoltà rispetto agli altri comparti, soprattutto rispetto a quelli che per loro natura si rivolgono al mercato estero e non a quello locale. Le fonti utilizzate in questa fase sono i Rapporti annuali e le pubblicazioni in tema di sviluppo economico della Camera di Commercio di Forlì-Cesena e della Romagna oltre che di Unioncamere. Si tratta, quindi, di un’analisi secondaria basata su fonti di natura documentale.

Rispetto alla dimensione criminale, viene analizzata l’attuale presenza delle mafie in questi territori, le loro modalità operative e le misure di contrasto adottate dalle autorità. Questa analisi conferma come, nei territori non tradizionali, le mafie operino in maniera diversa rispetto a quelle dove sono storicamente presenti. Al di là di alcuni casi di

recrudescenza della violenza, le mafie sembrano ancora adottare una strategia della mimetizzazione, commettendo reati che destano minore allarme sociale al fine di non determinare un inasprimento delle attività di repressione. Queste, non operano però allo stesso modo tanto che per alcune il territorio emiliano-romagnolo rappresenta ancora una terra di riciclaggio e reinvestimento di proventi illeciti mentre per altre rappresenta un ulteriore luogo dove esercitare il proprio controllo. Dall’analisi svolta emerge ancora una volta come l’effettiva esposizione di un territorio al rischio di infiltrazione mafiosa – e radicamento – dipenda da una molteplicità di fattori, tra cui la vulnerabilità del tessuto socio-economico locale e le opportunità offerte dal momento contingente. Come nell’analisi della dimensione economica, anche in questo caso sono state utilizzate fonti di natura documentale tra le quali: documenti emanati dalla Direzione Investigativa Antimafia e dal Ministero dell’Interno, gli studi condotti dall'Istituto Nazionale di Statistica, dall’Osservatorio sulla Legalità promosso dal Comune di Forlì e dall'Università di Bologna, l'Osservatorio della Legalità in Emilia-Romagna promosso da Unioncamere e Universitas Mercatorum.

A completamento del quadro economico-criminale, si dà rilievo alla risposta elaborata dalle istituzioni regionali e provinciali rispetto alle vulnerabilità rilevate sia rispetto alla condizione economica che criminale. In quest’ottica vengono quindi presentati i principali interventi normativi volti sia al diretto contrasto a diverse forme di criminalità organizzata sia al sostegno dei settori economici maggiormente vulnerabili, attraverso la promozione di un’economia basata sulla legalità e sulla responsabilità civile.

Questa analisi documentale è stata integrata da un’analisi qualitativa attraverso la conduzione di interviste semi-strutturate ad esperti. In particolare, si è attinto alle esperienze – professionali e di vita – di docenti universitari, alti esponenti delle Forze dell’Ordine e rappresentanti di associazioni antiracket. Si è, infatti, voluto adottare una prospettiva che considerasse e coniugasse la dimensione teorica con quella operativa, propria delle istituzioni e della società civile. Infatti, l’attività professionale dei soggetti intervistati ha fatto sì che questi avessero sia una conoscenza del fenomeno mafioso sia una conoscenza del territorio emiliano-romagnolo, collegando la dimensione criminale con quella economica. In questo modo, si è inteso ricostruire un quadro generale del fenomeno mafioso nelle aree non tradizionali del Settentrione con specifico riferimento alla realtà emiliano-romagnola e a quella forlivese-cesenate.

Le interviste condotte presentavano la medesima struttura; tuttavia, considerando l’eterogeneità dei profili coinvolti, si è ritenuto opportuno calibrare le domande poste in base alle specifiche professionalità rappresentate. Tale calibratura non ha inficiato la validità delle interviste in quanto l’obiettivo posto non era quello di comparare posizioni diverse ma quello di incastrare, come in un puzzle, i diversi punti di vista in modo da ricostruire la realtà nel suo insieme. Le aree tematiche per le quali si è inteso rilevare l’opinione degli intervistati riguardano: l’attuale situazione criminale a livello locale e le dinamiche registrate negli ultimi anni, le politiche di contrasto e di prevenzione adottate a livello regionale e locale, il coinvolgimento della popolazione in progetti di sensibilizzazione civica e il conseguente livello di consapevolezza dei cittadini rispetto al fenomeno mafioso. L’adozione dello strumento qualitativo ha consentito di approfondire tali tematiche facendo emergere aspetti non scontati e non ipotizzati al momento dell’elaborazione delle stesse domande.

Dall’analisi della dimensione economica e criminale della realtà forlivese-cesenate emergono alcune peculiarità rispetto al più ampio contesto regionale. Si tratta, infatti, di una realtà di medie dimensioni, dove non vi è una attuale e acclarata presenza di protettori locali; l’economia locale presenta un panorama frammentario ma non certamente innovativo – tra settori che hanno del tutto superato la crisi economica e settori che sono ancora in una condizione di sofferenza, come quello edile. In altre parole, il territorio considerato non sembra presentare quei fattori considerati come determinanti la domanda di servizi illeciti/illegali da parte degli attori locali rispetto alle organizzazioni mafiose. Sia sul piano della dimensione economica che quella criminale, non sembra che il territorio di Forlì-Cesena sia esposto ad un concreto rischio di infiltrazioni mafiose. Dalle parole degli esperti emergono, però, alcuni spunti di riflessione riguardanti la componente civica complessivamente intesa. Si fa, infatti, riferimento alle vulnerabilità che la crisi economica può accentuare e da cui le mafie possono trarre profitto – come nel caso del gioco d’azzardo legale/illegale – e alla mancanza di consapevolezza - sia rispetto al fenomeno mafioso sia rispetto a ciò che avviene sul proprio territorio.

Sulla base di tutte le informazioni raccolte, nel capitolo V viene presentata l’analisi della terza dimensione considerata – quella socio-relazionale – che si sostanzia nell’analisi del tessuto sociale della provincia di Forlì-Cesena.

Nella distinzione fatta a inizio paragrafo, la dimensione qui considerata viene ricollegata alla fiducia e all’impegno civico. Questi possono essere considerati come proxies del più ampio concetto di capitale sociale, inserendo così la ricerca entro il quadro teorico della teoria relazionale definito nella I Parte.

Tuttavia, alla luce di quanto fin qui esposto e considerando il tema trattato, si ritiene che fiducia e impegno civico non siano sufficienti di per sé. In questo senso, devono essere considerate le peculiarità del fenomeno mafioso. La mafia rappresenta una variabile interveniente capace di modificare il rapporto tra presenza di capitale sociale e stato di salute del tessuto sociale. In una realtà priva di mafia può essere sufficiente che vi siano relazioni sociali capaci di produrre capitale sociale e beni relazionali affinché il tessuto sociale possa essere considerato come sano. In una realtà dove, invece, le mafie sono presenti, il contenuto delle reti e il loro bagaglio valoriale acquista ancor più importanza. Si entra qui nel campo di quelli che possono essere definiti orientamenti valoriali delle reti, direttamente dipendenti da quelli dei loro attori, e riconducibili al modo in cui il singolo si rappresenta il mondo e il modo in cui si rivolge ad esso. Tali orientamenti sono, però, di difficile definizione e individuazione perché dipendono da una molteplicità di fattori: i valori trasmessi all’interno del nucleo familiare, dalla propria cerchia amicale o dalla propria comunità di riferimento, le personali attitudini così come le esperienze di vita esperite in modo diretto o indiretto. Indagare in modo completo ed esaustivo tutti questi elementi avrebbe richiesto tempi e risorse che non sarebbe stato possibile impiegare in questa sede. Per questo, la ricerca si è fermata ad un passo da tali orientamenti, integrando la ricerca con il richiamo a due diversi fattori. A fiducia e impegno civico, sono stati affiancati due ulteriori item quali la conoscenza del fenomeno mafioso e la consapevolezza dei rischi connessi ad una sua eventuale espansione, considerate come proxies del bagaglio valoriale di cui sopra oltre che possibili determinanti del tipo di capitale sociale che può essere prodotto da una data rete. In questo senso, si può parlare in modo più appropriato di bagaglio culturale, inteso come patrimonio in possesso del singolo frutto del proprio processo di formazione. È evidente che né la conoscenza né la consapevolezza dei rischi possano di per sé essere una garanzia in termini di reazione del singolo ad un eventuale interessamento mafioso. Si ritiene, però che elevati livelli di conoscenza e consapevolezza, insieme a elevati livelli di fiducia e

senso civico sarebbero certamente degli elementi a favore di una reazione di contrasto da parte del singolo cittadino.

Per evitare fraintendimenti, sono necessarie due precisazioni. In primo luogo, non si deve dimenticare che quella socio-relazionale, qui presentata, rappresenta solo una delle tre dimensioni chiamate in causa nei processi di espansione delle mafie in territori non tradizionali. È la combinazione tra dimensione economica, criminale e sociale a dover essere considerata e non le singole componenti. A questo si lega la seconda precisazione per cui il richiamo alla fiducia e all’impegno civico non deve essere interpretato come un mero ritorno alle teorie di Putnam. La comparsa delle mafie in determinati territori non può essere meramente ricondotta alla scarsità di impegno civico, ma si lega a ulteriori fattori di carattere sia sociale che storico e politico. Sullo stesso piano personale, la reazione alle mafie può infatti essere il frutto di una scelta egoista, determinata dal non voler piegarsi e dare ad altri quanto prodotto con il proprio lavoro. In altre parole, per essere contro le mafie non è necessario voler perseguire l’interesse della collettività. Allo stesso modo, chi manifesta un grande impegno civico, potrebbe accettare le proposte mafiose non avendo conoscenza del fenomeno o consapevolezza dei rischi che questa determina effettivamente per la collettività intera. Infine, il richiamo al bagaglio culturale dei membri di una comunità non deve essere inteso come un ritorno all’approccio culturalista nel suo complesso. Il riferimento culturale non viene qui identificato con l’insieme di saperi trasmessi all’interno della comunità di cui il singolo è portatore ma, appunto, con l’insieme di saperi/esperienze che possono avere un ruolo nel determinare gli orientamenti del singolo. Questi sono certamente influenzati dal contesto entro cui il singolo si muove ma non sono determinati una volta per tutte o immutabili nel tempo.

Lo strumento di ricerca utilizzato è quello delle interviste semi-strutturate, considerato come idoneo al fine di ricostruire il sistema di relazioni esistente tra gruppi di attori selezionati. Adottando la figura dell’imprenditore come fulcro dell’intera analisi del tessuto sociale locale, in considerazione della sua peculiare esposizione e vulnerabilità rispetto ad un’eventuale processo espansivo, si è deciso di rivolgere lo sguardo ai seguenti gruppi di attori: associazioni di categoria, associazioni antimafia e istituzioni. Il presupposto è che, affinché il tessuto socio-economico possa considerarsi resistente rispetto ad un’eventuale espansione del fenomeno mafioso, questi attori dovrebbero essere legati da relazioni capaci di produrre beni relazionali e capitale sociale, declinando

quest’ultimo con riferimento ai livelli di consapevolezza e conoscenza del fenomeno di cui si è detto.

Per quanto riguarda l’individuazione degli attori da intervistare, la scelta è stata quasi obbligata con riguardo ad associazioni e istituzioni. In questo caso, infatti, sono state contattate tutte le rappresentanze locali e si è proceduto ad intervistare tutti coloro che hanno dato la propria disponibilità. Per quanto riguarda le associazioni antimafia, sono state coinvolte nello specifico: il presidio Libera di Forlì, il presidio Libera di Cesena, il presidio Libera di Forlimpopoli. Per quanto riguarda le istituzioni, sono state coinvolte la Procura della Repubblica, la Direzione Distrettuale Antimafia, la Prefettura di Forlì, la Regione Emilia-Romagna, declinando le domande rispetto al territorio di riferimento. Sul fronte delle associazioni di categoria la ricerca ha coinvolto tra le altre la Camera di Commercio, l’ANCE, la CNA e la ConfCooperative. Infine, per quanto riguarda gli imprenditori, l’attenzione è stata rivolta al settore edile in considerazione della sua peculiare vulnerabilità rispetto al rischio di infiltrazioni mafiose. In quest’ultimo caso, l’individuazione dei soggetti intervistati è stata più complessa e vi sarà dedicato ampio spazio nel successivo paragrafo.

Dal punto di vista contenutistico, le domande poste hanno inteso indagare le aree tematiche attinenti a livelli di fiducia, impegno civico/partecipazione – con riguardo a contenuto e forma delle reti – conoscenza e consapevolezza del fenomeno mafioso – con riguardo al loro bagaglio culturale. Anche in questo caso, le diverse interviste hanno indagato le stesse aree tematiche ma sono state calibrate in base allo specifico profilo dell’intervistato. A titolo esemplificativo, con riguardo all’area tematica dell’impegno civico/partecipazione, ai rappresentanti delle associazioni di categoria è stato chiesto se (in che modalità e con quali tempistiche) avessero organizzato incontri informativi riguardanti il tema delle mafie, mentre agli imprenditori è stato chiesto se fossero mai stati informati o avessero partecipato a incontri di questa tipologia organizzati da parte delle associazioni di categoria di riferimento. In questo senso, si è inteso indagare uno stesso aspetto considerando la differente prospettiva dell’attore considerato. In questo modo, viene al contempo indagata non la dimensione partecipativa in senso astratto (ovvero la partecipazione a/l’organizzazione di un generico incontro civico) ma la partecipazione ad un determinato tipo di incontri dalla quale è possibile evincere

l’esistenza o meno di relazioni tra gli specifici attori considerati oltre che il loro stesso contenuto.

Come sottolineato, la scelta delle diverse categorie di intervistati è stata dettata dalla volontà di integrare i punti di vista di soggetti con un diverso rischio di esposizione rispetto ad un incontro diretto con il fenomeno mafioso. Per queste ragioni si è scelto di analizzare le interviste fatte attraverso un confronto incrociato che vertesse su tre diversi elementi: mission, ruolo e tipologia di attore.

3.3.2. Selezione degli attori coinvolti e difficoltà operative

Nella fase empirica della ricerca sono stati coinvolti: 5 rappresentanti di associazioni antimafia, 5 rappresentanti delle istituzioni, 5 rappresentanti di associazioni di categoria, 6 imprenditori del settore edile.

Il limitato numero di interviste realizzate per ogni gruppo considerato è, in parte, dovuto alla limitata platea di attori presenti sul territorio: istituzioni, associazioni di categoria e associazioni antimafia sono necessariamente meno numerosi degli imprenditori attivi a livello locale; a questo si deve aggiungere come alcuni degli attori contattati non abbiano accettato di partecipare alla ricerca – dalla mancata risposta all’esplicito rifiuto.

Per quanto riguarda gli imprenditori edili, è opportuno dedicare maggiore spazio al procedimento di selezione e ai problemi riscontrati. In questo caso, pur trattandosi di una ricerca qualitativa priva quindi di ogni pretesa generalizzante, si è tentato di rilevare punti di vista di imprenditori appartenenti a diverse realtà e aventi diverse esperienze. Per