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1. Rappresentare la rivolta Strumenti, concetti e metodi

1.4. Perché gli Studi culturali?

Fino a questo momento si è fatto riferimento in maniera tangenziale agli Studi culturali per spiegare le modalità con cui i concetti di articolazione, rappresentazione, mediazione e sottocultura verranno impiegati all'interno di questo lavoro. In questa sezione, invece, verranno offerte, in maniera più generale, le motivazioni e le ragioni per le quali questa impostazione critica può risultare produttiva per l'analisi di quei romanzi che si occupano di rivolgimenti sociali. L'accostamento tra questa tipologia di narrazioni e gli Studi culturali appare scontato in quanto questi ultimi sono stati definiti dai loro stessi fondatori come «an 'engaged' set of disciplines, addressing awkward but relevant issues about

contemporary society and culture, often without benefit of that scholarly detachment or distance

which the passage of time alone sometimes confers on other fields of study».54 Da questa

concisa definizione fornita da Stuart Hall emergono i tratti salienti di questa disciplina: lo studioso è consapevole di come lo sguardo del critico, soprattutto nell'analisi della contemporaneità, non possa mai essere imparziale e di come l'argomento trattato, per esempio un testo letterario, solleciti sempre, oltre che una risposta estetica, anche un riscontro di carattere politico. Questa convinzione può essere ricondotta alla natura dichiaratamente marxista di questa disciplina; sostenendo che «all the basic assumptions of cultural studies are Marxist», John Storey afferma:

Cultural studies assumes that capitalist industrial societies are societies divided unequally along ethnic, gender, generational and class lines. It

54 S. HALL, Cultural Studies and the Centre: Some Problematics and Problems in Culture, Media, Language, cit., pp.

contends that culture is one of the principal sites where this division is established and contested: culture is a terrain on which takes place a continual struggle over meaning, in which subordinate groups attempt to resist the imposition of meanings which bear the interests of dominant groups. It is this which makes culture ideological.55

Tenendo sempre presente Raymond Williams e la sua definizione di cultura come «whole way of life», la ricerca dei punti critici della società all'interno dei quali i conflitti di genere, razza e classe hanno luogo, sia da un punto di vista teorico sia da quello della produzione simbolica presa in considerazione, deve abbracciare rispettivamente il maggior numero possibile di discipline teoriche e di oggetti culturali. Nel primo caso gli Studi culturali devono ricorrere alle scienze storiche per ricostruire il contesto sociale e conoscere approfonditamente l'epoca in cui sono immerse le produzione artistiche che vengono analizzate. Considerando l'importanza conferita al succedersi delle forme di pensiero e al loro ruolo nel processo di formazione delle ideologie e dei regimi discorsivi, inoltre, risulteranno inevitabili anche le frequentazioni con le discipline filosofiche. Le modalità con cui i sistemi filosofici interagiscono con l'analisi della disparità tra le classi sociali proposte da Storey, in aggiunta, rende indispensabile il ricorso alle categorizzazioni e agli strumenti offerti dalla sociologia. Infine, la convinzione in base alla quale i cambiamenti sociali non vengano soltanto descritti all'interno del linguaggio, ma possano avvenire proprio attraverso di esso, impone lo studio della letteratura come la disciplina privilegiata dagli Studi culturali.56 Nel secondo caso, nonostante quanto appena detto,

l'importanza primaria della letteratura non significa affatto riporre un'attenzione esclusiva ai romanzi intesi come unità isolate e dotate autonomamente di senso; prendendo a prestito le parole di Michel Foucault si può anzi dire che

55 J. STOREY, Cultural Studies: An Introduction in What is Cultural Studies?, cit., pp. 1-13: 3. Il corsivo è mio

56 A delineare lo statuto multisciplinare degli Studi culturali è stato lo stesso fondatore del Centre for Contemporary Cultural Studies, Richard Hoggart. Nella sua lezione inaugurale del 1963 presso l'Università di Birmingham lo studioso ha affermato: «The field for possible work in Contemporary Cultural Studies can be divided into three parts: one is, roughly, historical and philosophical; another is, again roughly, sociological; the third – which will be the most important – is the literary critical». R. HOGGART, Schools of English and Contemporary Society in ID., Speaking to Each Other, II, London, Chatto &

i confini di un libro non sono mai netti né rigorosamente delimitati: al di là del titolo, delle prime righe e del punto finale, al di là della sua configurazione interna e della forma che lo rende autonomo, esso si trova preso in un sistema di rimandi ad altri libri, ad altri testi, ad altre frasi: il nodo di un reticolo. […]. È inutile che il libro si dia come oggetto che si ha sotto mano; e inutile che si rannicchi in quel piccolo parallelepipedo che lo racchiude: la sua unità è relativa e variabile.57

Grazie a questa prospettiva, colui che pratica la disciplina degli Studi culturali non si limita all'analisi dei romanzi, ma approfondisce da una parte gli aspetti della società che ad essi sono strettamente legati, come il funzionamento dell'industria editoriale e le politiche culturali dei governi, e dall'altra introduce nell'ambito della ricerca accademica un insieme di testi che solitamente, in virtù della loro presunta bassa qualità, raramente hanno acquisito una dignità tale da divenire oggetto di studio nei luoghi deputati alla circolazione del sapere. Proprio per questo ultimo motivo nei capitoli successivi, oltre ai romanzi, anche quelli esteticamente meno riusciti, seguendo la convinzione per la quale «cultural studies […] attempts to explain culture using whatever resources are intellectually and politically necessary and available»,58 verranno effettuati riferimenti

puntuali a film, serie televisive, canzoni e, in generale, a tutta quella serie di «neglected materials drawn from popular culture and the mass media».59

Il brano citato dall'Archeologia del sapere offre uno spunto interessante quando parla dell'unità «relativa e variabile» dei testi: questa, infatti, è sempre «relativa» in quanto basata sugli elementi che vengono articolati tra loro; l'esito dell'interpretazione sarà dato di volta in volta dal gioco combinatorio tra gli svariati fattori contestuali. Ancora più interessante risulta essere il carattere «variabile» del significato del testo: quest'ultimo, come scrive John Storey, «is not the issuing source of meaning, but a site where the articulation of meaning […] can take place»:60 ciò implica che l'interpretazione di un

prodotto culturale non può mai considerarsi definitiva. La comparsa di un nuovo testo, la scoperta di informazioni prima sconosciute su di esso e la stratificazione stessa delle sue 57 M. FOUCAULT, L'archeologia del sapere, Milano, BUR, 2006, p. 32.

58 L. GROSSBERG, The Circulation of Cultural Studies, cit., p. 180.

59 S. HALL, Cultural Studies and the Centre, cit., p. 21.

molteplici interpretazioni, infatti, riconfigurano costantemente il posizionamento critico dell'opera e originano una costellazione di significati sempre in mutazione.

È proprio per fare fronte al carattere proteiforme della contemporaneità che gli Studi culturali non ambiscono a costituirsi come una disciplina dotata di uno statuto preciso e codificato: cristallizzando i loro metodi, infatti, essi correrebbero il rischio di perdere la versatilità e l’agilità concettuali che li rendono in grado di adeguarsi caso per caso ai cambiamenti repentini che contraddistinguono il presente. Quanto è stato appena affermato, tuttavia, non deve fare pensare agli Studi culturali come a un insieme caotico di teorie, applicabili sempre e comunque senza rigore metodologico:61 uno degli aspetti più

rilevanti di questa disciplina, infatti, consiste nel suo «reflexive even self-conscious mood»,62 ovvero nella sua capacità di disporre, oltre che di un insieme di strumenti utili

per investigare il presente, anche di una serie di concetti che problematizzano se stessi, interrogano costantemente la propria validità e, qualora non fossero più produttivi dal punto di vista ermeneutico, sono disponibili a lasciare spazio a strumenti d'indagine più efficaci.

Per concludere questa sezione, il carattere autocritico degli Studi culturali è probabilmente il motivo per cui questi sono stati scelti in questa sede come metodologia interpretativa privilegiata: dato che i romanzi presi in esame raccontano di rivolgimenti sociali e di rivolte, analizzando in più occasioni gli errori, le possibilità mancate e i sogni irrealizzati degli anni Settanta, quale approccio metodologico poteva essere migliore se non quello che, in maniera simile, ha nella problematizzazione continua dei suoi metodi l'unica norma da seguire in maniera rigorosa? Come afferma uno degli esponenti più importanti degli Studi culturali in Italia, Michele Cometa, infatti, «si tratta […] di 61 Questa critica è una delle più frequenti tra quelle rivolte agli Studi culturali. Questa, oltre che da un scarsa frequentazione con i testi fondamentali della disciplina, spesso difficili da rintracciare perché pubblicati, proprio per la loro necessaria natura estemporanea, all'interno di riviste o di volumi collettanei, nasce da un fraintendimento terminologico. Come scrive Lawrence Grossberg, infatti, «the assimilation of cultural studies into the broader universe of theories of cultural interpretation […] simply ends up substituting, metonymically, cultural studies for the more ambiguous notion of critical theory; the result is that cultural studies is entirely dispersed, left without any sense of how its intellectual and political history offers a different way of engaging questions of culture and power». L. GROSSBERG, The

Circulation of Cultural Studies, cit., p. 179.

comprendere che la “cultura” è la figura di pensiero [...] che si costruisce attraverso una riflessione su se stessa (critica) e attraverso la continua messa in discussione di se stessa (crisi)».63