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LE ASSOCIAZIONI STUDIATE Cap 4.1 IL GIACIMENTO DI MONTE TONDO

STUDI SUGLI ITTIOLIT

Gli studi sugli ittioliti del Castellaro sono iniziati con Gaudant (1979, 1981), Sorbini (1987) e Sorbini & Landini (1992). Tali autori concordano nel riconoscere una fauna sia di acque dolci, sia soprattutto di acque calde, basse e salate, pur non mancando esempi di esemplari di mare aperto e di acque decisamente salate. Già nel secolo scorso, tuttavia, Procaccini (1828) era a conoscenza del deposito del M. Castellaro poiché parlava degli ittioliti della Punta degli Schiavi ricordati anche dal Brocchi nel suo catalogo ragionato in cui descrive una marna bigia con gli scheletri di pesce, con sostanza animale del colore e della pellucidità dell'ambra; ed inoltre una foglia di color bruno rossiccio, che sembra appartenere a Ligustrum vulgare ", (Procaccini - Ricci,1828). Una prima ricostruzione stratigrafica del giacimento viene effettuata da Bedosti, 1972.

Nel 1980 viene attivato il museo Paleontologico di Riccione (Rimini) arricchendosi ben presto con fossili del Castellaro.

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Landini e Sorbini nel 1980 per primi danno un elenco di specie ittiche fossili riconosciuti o trovati nel giacimento di Monte Castellaro, riportando nella relativa sezione stratigrafica i generi Aphanius, Alosa, Atherina, Lepidopus, Microchirus, Mictophum, Singnanthus, Spratelloides.

Nel 1980 viene attivato il museo paleontologico di Mondaino che, assieme ai pesci fossili del locale tripoli,si arricchisce di numerosi reperti del Monte Castellaro.

Nello stesso anno viene trasferita la collezione paleontologica “Luigi Guidi” dall’Istitituto Tecnico Bramante di Pesaro all’Osservatorio Valerio attivandovi un museo scientifico che esponeva al pubblico ed alle scolaresche anche i fossili di nuovi ritrovamenti del Castellaro; oggi è chiuso al pubblico, ma ancora ha in deposito i materiali fossiliferi.

Sempre nel 1980 Sorbini e Tirapelle - Rancan tra le sequenze evaporitiche italiane considerate citano quella di Monte Castellaro (Pesaro, Italia centrale); in essa descrivono il rinvenimento dei Pachylebias crassicaudus ( il fenotipo pachiostosico di Aphanius crassicaudus) negli scisti argillosi grigio - bleu del Messiniano superiore.

Travaglini nel 1984, in un articolo divulgativo su Mondaino, presenta il deposito del Castellaro parlando anche di vari ritrovamenti relativi alla sua avifauna.

Sorbini nel 1988 elenca le specie dei pesci del Castellaro segnalandone 22: Aphanius crassicaudus , Atherina boyeri, Capros aper, Epinephelus sp., Gobius sp., Harengula sp., Lates sp., Lepidopus sp., Myctophum sp., Prolagus sp., Sardina sp., Scorpaena sp., Trichiurus sp , Zeus faber, Sarda, un Ciclidae, un Clupeidae, un Syngnathidae e Myctophidi quali Paralepis, Maurolicus, Trachurus) . La presenza di questi pesci ( di acque sia dolci che salate) sembra confermare l’ipotesi, già indicata sia da reperti botanici che geologici, secondo cui il disseccamento del bacino del Mediterraneo non sarebbe stato generalizzato.

Gaudant et al. nel 1988 presentano un’ampia nota sui giacimenti ad Aphanius nelle Marche facendo notevoli riferimenti al Castellaro e ricavandone il convincimento che l'assenza di segnalazioni di fauna marina nel Messiniano superiore non sia sufficiente a concludere che la deposizione dei Colombacci sia avvenuta in condizioni di disseccamento.

Nel 1999 la sottoscritta pubblica uno studio di popolazione eseguito su 297 esemplari di Aphanius crassicaudus, provenienti dal deposito di monte Castellaro. n particolare vengono riportati i dati sulla pachiostosi che affliggeva numerosi esemplari appartenenti a questa specie, fornendo anche delle prime ipotesi sulla eziologia della pachiostosi (Bedosti N., 1999).

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Nel 2002 Gaudant, basandosi sulle annotazioni relative agli ittioliti rinvenuti al giacimento di Monte Castellaro (Sorbini, 1980), ribadisce che la specie più abbondante è l’Aphanius crassicaudus che si trova principalmente nelle marne bituminose bluastre costituenti la "Formazione gessoso-solfifera". Tuttavia egli affferma che l’ "Aphanius senza pachiostosi" che Sorbini descriveva come rinvenuto associato a Capros aper Linneo 1758 e Trichiurus sp., nel calcare di base, sarebbero stati attribuiti a Maurolicus muelleri (Gmelin, 1789), (Gaudant, 2002). L’autore aggiunge che nelle marne bituminose della "Formazione gessosso-solfifera" gli Aphanius crassicaudus sono associati ai Gobiidae (Gobius sp.) che, così come lo sono spesso gli Aphanius, sono affetti da pachiostosi. Questi livelli contengono anche alcuni pesci marini stenoalini che, come Epinephelus sp. e Zeus sp. testimoniano la vicinanza di un mare a salinità normale. Viene anche notata la presenza di molti teleostei più eurialini come Lates niloticus Cuvier & Valenciennes, 1828 (Otero e Sorbini 1999), un Cichlidae un Clupeidae (Harengula sp.), un girello (Atherina sp.) (Sorbini 1988), ai quali si dovrebbe aggiungere Arnoglossus abropteryx (Sorbini e Tirapelle Rancan 1980 e osservazione personale dell’autore), (Gaudant, 2002). Nel 2008 l’Ente Parco San Bartolo di Pesaro inaugura il Museo Paleontologico “L. Sorbini” a Fiorenzuola di Focara di Pesaro, situata sul Colle San Bartolo; esso viene interamento dedicato alle collezioni di fossili provenientio dal giacimento del Monte Castellaro, situato nel Colle stesso. Nello stesso anno viene pubblicato un quaderno di divulgazione scientifica da parte dell’Ente Parco san Bartolo, inerente la Paleontologia del giacimento di Monte Castellaro; in esso vengono descritte principalmente le collezioni paleontologiche del Museo e la pachiostosi in Aphanius crassicaudus, la sua eziologia e il collegamento al disseccamento del Mar Mediterraneo nel Messiniano (Bedosti, 2008). L’Ente Parco del San Bartolo ha individuato come Direttrice del Museo insieme alla Soprintendenza la sottoscritta. A tutt’oggi il Museo esegue visite guidate e laboratori didattici con le scolaresche, oltre a portare avanti la ricerca scientifica con le Università (scavi paleontologici di luglio 2011 e luglio 2014).

La lista sistematica delle specie di ittioliti ivi conservati è la seguente: - Famiglia Clupeidae: Alosa sp.; Harengula sp.; Sardina sp.; - Famiglia Dussumieridae: Spratelloides gracilis;

- Famiglia Myctophidae: Myctophum sp.; - Famiglia Paralepipidae: Paralepis sp.; - Famiglia Sygnathidae: Sygnathus sp.;

- Famiglia Cyprinodontidae: Aphanius crassicaudus; - Famiglia Zeidae: Zeus faber;

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- Famiglia Soleidae: Microchirus sp.; - Famiglia Atherinidae: Atherina boyeri; - Famiglia Serranidae: Epinephelus sp.; - Famiglia Carangidae: Trachurus sp.; - Famiglia Centropomidae: Lates sp.;

- Famiglia Cichlidae: Tilapinae gen. sp. indet.;

- Famiglia Trichiuridae: Trichiurus sp.; Lepidopus sp.; - Famiglia Gobiidae: Gobius sp.;

- Famiglia Scorpaenidae: Scorpaena sp. (Da: Bedosti, 2008, modificato).

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Cap. 4.2.2 - INQUADRAMENTO GEOLOGICO E STRATIGRAFICO