LE ASSOCIAZIONI STUDIATE Cap 4.1 IL GIACIMENTO DI MONTE TONDO
UBICAZIONE DEL GIACIMENTO FOSSILIFERO DI MONTE CASTELLARO
Roveri, 2005)
Fig. 4.2.2 (Da: Roveri, 2005)
Il giacimento fossilifero di Monte Castellaro è situato a N.W. della città di Pesaro (Marche, Italia), nel puntoin cui la catena appenninica raggiunge il mare con una successione di colline terminanti con il colle Accio, oggi denominato S. Bartolo; il colle oggi dà il nome all’intera zona dichiarata Parco Naturale Regionale, con L. Regionale N° 15/28.04.1994 e con il Decr. della giunta Regionale N° 809, del 1996. Su tali colline predomina la punta di Monte Castellaro (m 181 s.l.m.), sormontata da una croce che sovrasta il giacimento fossilifero del Monte Castellaro. Il rilievo tra Gabicce e il M. Conero (Ancona), è interessato da una falesia viva dove qualsiasi tentativo di passaggio sulla costa, via terra, è sempre stato contrastato dall’attiva opera erosiva del mare. Contrariamente al coevo giacimento di Scapezzano (S.E. di Senigallia) descritto ampiamente dal Massalongo -Scarabelli nel 1858, ma distrutto per utilizzarne la marna per un cementificio, il giacimento di Monte Castellaro, non è stato utilizzato industrialmente per lo stesso fine, solo perché di quasi impossibile accesso. Il raggiungimento del giacimento di M. Castellaro è possibile, infatti, solo per tre vie (fig. 4.2.3):
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1) via mare, ma senza un approdo, ancorandosi al largo, su costa non sabbiosa. Solo un tipo di barca dal fondo completamente piatto definita localmente “batana”, ha permesso da tanto tempo un approdo per la pesca dei mitili o la raccolta materiali litici usati per costruzione.
2) scendendo lungo il ripido sentiero di N.W. ( che parte dalla strada panoramica tra Gabicce e Casteldimezzo all’altezza del“Camping Panorama”); esso è spesso dissestato dalle frane dovute alla roccia tenera, marnoso-arenacea e percorrendo qualche centinaio di metri verso Pesaro in piano sui massi e ciottoli della battigia si arriva fin sotto la croce.
3) – percorso A: calandosi lungo la falesia su un abbozzo di sentiero molto ripido (che parte dalla strada panoramica all’altezza innesto con strada che congiunge la S.S.16 con S. Marina alta) e quindi in piano per 100 - 200 metri verso Cattolica, oltre l’antico approdo di Punta degli Schiavi. I percorsi B e C conducono rispettivamente al fianco N.W. e al fianco S.E. dell’anticlinale del Castellaro. Alla fine della strada panoramica verso la Vallugola è segnalato l’affioramento secondario di Gabicce, in corrispondenza ad altra anticlinale (Bedosti N., 2008).
Fig. 4.2.3 (Da: Bedosti, 2008)
Il giacimento del Monte Castellaro (m 181 s. l. m.) affiora quasi sulla battigia ai piedi di una serie di colline di modesta elevazione, ridotte dall’azione erosiva del mare “metà di sé stessa” (PASSERI G.B.,1775, pp.25). Si tratta di una monoclinale probabilmente fagliata a mare da quella fascia di faglie attive che interessano il tratto di costa tra Ancona e Rimini, responsabile di gran parte della ben nota sismicità di questo tratto di costa. La collina è formata da depositi arenacei prevalentemente canalizzati, nati come depositi torbiditici nel Messiniano Superiore e successivamente interessati da spinte verticali anche recenti. Spostandosi dall’ asse centrale al versante appenninico esterno, l’approssimarsi dell’Adriatico è caratterizzato da fasce parallele ed alternate di terreni miocenici e
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pliocenici che degradano fino al mare,come indicato da Savelli e Wezel (1979). Tali autori riconoscono tre sequenze sedimentarie pilotate da altrettanti regimi tettonici:
1) la prima sequenza è relativa al Messiniano inferiore che, depositatasi in un sistema di depressioni allungate separate da dorsali generalmente continue (fase tafrogenica con tettonica a blocchi), presenta nelle zone marginali formazioni quali il Tripoli, il Calcare di Base e i Gessi in facies di tipo balatino e facies nodulari di “Chicken - wire”. Nelle zone centrali del bacino sedimentario si hanno, invece, marne bituminose a testimonianza della ristretta circolazione e della scarsa ossigenazione relative ad acque tranquille. (Savelli e Wezel, 1979). Al Monte Castellaro troviamo formazioni tripolacee (con rari pesci mal conservati e molte squame isolate) e strati di gessi selenite, con calcari gessosi talora volventi a gesso “Balatino”. Nel deposito di Monte Castellaro sono ben distinte le marne bituminose e le marne gessose bianche che si alternano per 20 - 25 m con spessori di pochi centimetri e sono riferite al Tortoniano. Esse, fortemente bituminose e con tantissime alghe e rari grossi ittioliti mal conservati, sono caratteristiche di un ambiente deposizionale a ristretta circolazione.
2) la seconda sequenza relativa al Messiniano medio, è già attiva con la deposizione della Formazione di S. Donato ed appare legata ad una nuova fase tettonica con ringiovanimento della morfologia attraverso sia semplici sollevamenti, che ripetuti basculamenti.
3) la terza sequenza, relativa al Messiniano superiore, è di tipo trasgressivo e vi si individua una ciclicità verticale. I ciclotemi iniziano con arenarie canalizzate appoggiate su una superficie di discontinuità e sormontate da intercalazione di calcari a “colombacci”, che segnano la nuova ingressione ripetendosi, forse, fino alle argille azzurre del Pliocene inferiore.
“Pertanto il Messiniano superiore ed il Pliocene inferiore probabilmente costituiscono le fasi oscillatorie trasgressive di un ciclo sedimentario maggiore” (Savelli e Wezel, 1979).
All’interno di questo quadro generale sulle deposizioni messiniane rinvenute al Monte Castellaro (gamba a SE dell’affioramento), in dettaglio, riconosciamo la seguente normale successione della Gessoso solfifera (Bedosti, 1975):
A) un affioramento di base di 20-25 metri di marne grigio azzurre tortoniane a fucoidi, intervallate a marne bruno scure con rari resti di pesci (di 20-30 cm di lunghezza) e rare formazioni rosacee problematiche, probabilmente ricche di molluschi solenidi.
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B) un pacchetto di strati del Messiniano inferiore di 1m di potenza, poggianti sui precedenti, per mezzo di un evidente specchio di faglia. Al suo interno si trovano pesci mal conservati e frequentissime squame cicloidi.
C) 25-30 metri di strati marnosi con abbondanti resti vegetali ed ittiolitici (intercalati a strati gessosi non fossiliferi di potenza progressivamente minore e a gesso selenitico) del Messiniano medio ed inferiore. Queste marne sono ricche di fossili e contengono molti resti di pesci, (soprattutto appartenenti al genere Aphanius, ma anche ai generi Microchiurus, Atherina, Spratelloides, Alosa, ed alla famiglia Gobidae (Sorbini, 1980), e di vegetali vari tra cui dicotiledoni e monocotiledoni. D) 100 metri circa di arenarie di base ben cementate e seguite da calcari intercalati a strati di argille da azzurro verdastre fino a bianche, di debole potenza e generalmente privi di macrofossili anche se talora, soprattutto nella parte basale, compaiono pezzi di piante legnose di varia grandezza (l’ipotesi che siano state fluitate trova conferma negli spigoli arrotondati).
Va inoltre notato che, pur prevalendo rocce di origine sedimentaria, autori come Guerrera et al., 1986, hanno documentato nei terreni del Miocene la presenza di vulcanoclastiti riconducibili ad almeno due episodi principali e la cui granulometria fa riaffiorare la tesi di vulcani forse marini, in accordo con le segnalazioni di rocce ignee fluitate (di 7-8 cm di diametro) che un tempo, erano le uniche tracce di fenomeni vulcanici miocenici nei nostri terreni. Evidenze di attività vulcanica durante il Messiniano non si rinvengono nel solo bacino marchigiano, ma sono presenti anche nell’Italia meridionale” (Guerrera et al., 1986).
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