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STUDI PROTEOMICI SU BIOMARCATORI TUMORALI DELLA TIROIDE

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8. STUDI PROTEOMICI SU BIOMARCATORI TUMORALI DELLA TIROIDE

8.1 Marcatori molecolari della tiroide

La comprensione delle alterazioni genetiche (attivazione o mutazione di certi oncogeni) e dei cambiamenti molecolari è stata importante per individuare alcuni eventi della genesi e progressione tumorale di alcune forme di carcinoma tiroideo. Solo alcune delle mutazioni somatiche, per lo più riguardanti meccanismi di attivazione delle vie di trasduzione del segnale, hanno rivelato una relazione causale significativa con il fenomeno della trasformazione.

Esse coinvolgono recettori tirosin kinasici (RET/PTC e neurotrophic tyrosine receptor kinase, o NTRK), proteine di segnale (BRAF, RAS) e proteine nucleari (paired box PAX8, peroxisome proliferator-activated receptor PPAR𝛾).

Le nuove conoscenze sono state applicate per sviluppare marcatori utili alla diagnosi citologica e per studiare combinazioni di questi, con risultati non completamente soddisfacenti Kondo T,et al., 2006; Pizzolanti G. et al., 2007.

Ad esempio, la mutazione BRAF, la più comune del carcinoma papillare (PTC),è stata associata con l‟aggressività di alcune varianti ed è indicativa di PTC con un‟elevata accuratezza.

Tuttavia, data l‟elevata percentuale di campioni follicolari indeterminabili citologicamente all‟esame del FNA, il suo potenziale diagnostico è limitato Xing M, 2007; Sapio MR,et al., 2007.

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anche diversi biomarcatori mediante analisi immunoistochimica

Saggiorato E,et al., 2005; Prasad LM,et al., 2005, rappresentanti di diversi componenti cellulari, di membrana, del citoplasma o nucleari

Fischer S,et al., 2008.

Tra i più studiati si elencano galectina-3, Hector Battifora mesothelial cell antibody 14 (HBME-1), cytokeratin-19, RET, TTF-1, hTERT, telomerase, p27 e p53. La galectina-3 e HMBE-1 sono stati esaminati a lungo singolarmente, ottenendo risultati discordanti Beesley MF,et al., 2002; Faggiano A,et al.2007; Takano T,et al., 2003: sebbene alcuni studiosi sostengano che questi marcatori possano differenziare tra lesioni benigne e maligne, supportando la diagnosi per la variante classica di PTC Torregrossa, L,et al., 2007; Türköz H.K,et al., 2008; Rossi E.D,et al., 2006, altri riportano che questi marcatori non hanno la stessa valenza per le altri varianti istologiche Saggiorato E,et al., 2005.

Ciononostante, esaminati in combinazione hanno riportato un aumento di sensibilità e specificità di rivelazione in campioni tissutali o di FNA

Rossi E.D,et al., 2006; Scognamiglio T,et al.,2006.

E‟ chiaro, basandosi sui dati in letteratura, che ancora non esistono marcatori, o associazioni di questi, in grado di distinguere tra adenoma e carcinoma follicolare Baloch ZW,et al., 2002(b).

Ad oggi lo studio dei biomarcatori è in continua espansione fino ad includere il campo della proteomica Srinivas, P.R,et al., 2001.

Le ricerche più recenti hanno focalizzato la loro attenzione sull‟identificazione di biomarcatori che avessero valenza di targets terapeutici. Ad esempio, sono state studiate le glicoproteine di superficie cellulare, integrale di membrana e di secrezione, mediante LC-MS

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tandem su linee cellulari tiroidee ed è stato ottenuto un profilo glicoproteico di marcatori Arcinas A,et al.,2009.

8.2 Studi proteomici su tessuto

Gli studi proteomici su tessuto tiroideo umano sono finora piuttosto limitati.

La causa risiede nelle proprietà chimico fisiche uniche del tipo di campione.

Se le strategie proteomiche correnti forniscono solo informazioni su un sottoinsieme delle proteine presenti, l‟uso di un intero tessuto può contenere in aggiunta proteine non appartenenti ai tireociti, come albumine e globuline.

Uno tra i primi studi che ha stabilito il profilo proteomico di tessuto tiroideo ed ha identificato alcune proteine differenzialmente espresse nel confronto tra lesioni benigne e maligne, è stato segnalato nel 2002

Srisomsap C,et al., 2002.

Nel confronto tra 2D gels colorati al Coomassie di lesioni neoplastiche e non, la catepsina B è stata oggetto di interesse.

La proteina, un enzima lisosomiale (cistein proteasi con attività endo ed esopeptidasica), è coinvolta nel processamento della Tg, per cui è stato suggerito un ruolo della catepsina B nei processi di invasività e metastatizzazione Kusunoki T et al., 1995.

Nello studio sono state identificate come differenzialmente espresse due distinte forme della catepsina-B, segno di possibili cambiamenti post

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traduzionali che coinvolgono la proteina in vari tipi di tumori Shuja S et al.,1999.

Tuttavia non ha la facoltà di distinguere tra adenomi (FA) e carcinomi follicolari (FTC), per cui la sua utilità clinica e terapeutica è ancora sconosciuta Srisomsap C,et al., 2002.

Oltre alla sua complessità intrinseca, il proteoma tissutale mostra un ampio range nelle concentrazioni dei costituenti, con almeno 12 ordini di grandezza tra la proteina più abbondante, (Tg, sopra i 75 mg/ml), e la meno abbondante (ILs, <1 ng/ml).

Generalmente le proteine d‟interesse, correlate alle malattie, sono presenti in quantità limitata e rischiano di non essere scoperte se non vengono utilizzate metodiche con una sensibilità elevatissima.

L‟analisi è ulteriormente complicata dalla dinamicità del proteoma e, soprattutto, dalla variazione notevole di Tg nei campioni, dovuta alla struttura follicolare del tessuto.

Inoltre, il profilo proteico è sotto l‟influenza della naturale eterogeneità esistente in un tessuto tumorale, composto da follicoli, stroma, vasi sanguigni, eritrociti, ed altro, che ostacolano la determinazione del valore soglia identificativo di una sovra o sotto regolazione di ciascuna proteina Damante G,et al., 2009.

Sono state messe a punto diverse strategie di eliminazione o limitazione della variazione del contenuto della Tg Krause K,et al., 2006.

Ad esempio è stata applicata con successo l‟elettroforesi bidimensionale differenziale (2D-DIGE), che permette il confronto tra due campioni in un singolo 2D gel, riducendo la variabilità tra campioni e rafforzando la precisione quantitativa Marouga R,et al., 2005.

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In studi comparativi su tessuto è stata applicata questa tecnica, in combinazione con MALDI-TOF-MS, per valutare differenze dei livelli d‟espressione proteica tra PTC e relativi controlli sani Brown LM,et al., 2006 o tra FTC e FA Netea-Maier RT,et al., 2008.

Per PTC sono stati identificati tre nuovi biomarcatori: S100A6 (un‟isoforma della famiglia S100), peroxiredoxin 2, heat shock protein 70 (HSP70 o BiP).

Inoltre, è stata confermata la sovraespressione di tre proteine, già individuate precedentemente: galectina-3, citokeratina-19 e catepsina-B

Brown LM,et al., 2006.

Nello studio di Netea e collaboratori (2008) è stata osservata una differenza significativa nella concentrazione di 43 proteine tra FTC e FA, 27 specie sottoespresse e 16 sovraespresse in FTC. Sono state confermate tre proteine down regolate: heat shock protein gp96 (o HSPgp96, un chaperone molecolare costitutivamente espresso appartenente alla famiglia HSP90), calreticulina e proteina disulfide isomerasi A3 (PDI-A3).

Queste tre proteine risiedono nel reticolo endoplasmatico e sono direttamente coinvolte nel sistema di controllo che regola la sintesi proteica, la maturazione e il trasporto delle proteine in altri componenti subcellulari.

In particolare, a questo livello, assistono alla maturazione della Tg, alla glicosilazione e alla piegatura dei suoi monomeri.

La calreticulina, oltre ad essere coinvolta nella sintesi delle glicoproteine, incluse le tiroperossidasi Le Fourn V et al., 2006, sembra

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possa innescare una risposta immunitaria antitumorale e migliorare l'efficienza della fagocitosi Obeid M,et al.,2007.

La calreticulina si è dimostrata il marcatore più valido, ma la combinazione dei tre biomarcatori ha conferito i migliori risultati, per cui studi prospettici sono necessari per comprovarne l‟utilità clinica. La discriminazione tra FTC e FA mediante l‟identificazione di nuovi marcatori molecolari sarà un traguardo diagnostico importante Netea- Maier RT,et al.,2008.

Un altro studio significativo è stato condotto confrontando nodulo tiroideo „freddo‟ (CTNs) e tessuto normale circostante, mediante applicazione della 2D-GE. Le proteine trovate sovraespresse nella lesione benigna appartenevano a tre differenti sistemi funzionali Krause K. et al., 2007:

1) proliferazione cellulare (esempio: proteina amiloide precursore) 2) turnover della tireoglobulina, dovuta alla insufficiente produzione

ormonale (esempio: frammenti di Tg, catepsina B, PDI, HSP90β, calreticulina)

3) detossificazione da H2O2, dovuta ad un incremento dello stress

ossidativo (esempio: peroxiredoxina 2 e 6, glutatione S-transferasi π, DJ-1)

Questo lavoro ha definito alcune caratteristiche patologiche appartenenti ai noduli tiroidei benigni: sintesi ormonale accellerata, ma funzionalmente insufficiente; aumento nella formazione di addotti al DNA (8-o-guanidina), da proliferazione cellulare avanzata, ed eccessiva produzione di H2O2, non contrastate dal contemporaneo incremento del

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caratteristiche definiscono uno stato di proliferazione attiva in un ambiente intranodulare ipotiroideo, indicativo di una condizione favorevole alla mutagenesi cellulare Krohn K,et al., 2003.

L‟overespressione di FLC, proteina DJ 1, Apo A1 e TTR è stata osservata sia in PTC che nei noduli freddi benigni, suggerendo che non vi sia collegamento con la malignità del tumore per queste proteine Krause K,et al., 2007; Brown LM,et al., 2006.

8.3 Studi proteomici su siero

Analogamente a quanto riportato per le patologie a carico di altri organi, il siero dei pazienti è stato oggetto di analisi proteomica, sebbene soffra di una limitata riproducibilità, influenzata dalle fasi di raccolta, preparazione e conservazione del campione Damante G,et al., 2009. Studi proteomici recenti hanno utilizzato la spettrometria di massa SELDI-TOF-MS, già sperimentata per ricercare particolari proteine che il tumore è capace di secernere nella circolazione sistemica Manne U,et al., 2005 e identificare marcatori sierici in altri tumori di diversa origine

Whelan LC,et al., 2008.

Con questa metodica si è cercato di rilevare un profilo caratteristico di biomarcatori, che identificasse univocamente il soggetto affetto da cancro alla tiroide.

Il primo studio su siero ha coinvolto sia individui sani che soggetti con differenti tipi di tumori tiroidei, investigando il profilo caratteristico del tumore maligno tra quattro distinte categorie Wang JX,et al., 2006:

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PTC vs soggetti sani; PTC vs noduli tiroidei benigni; vari stadi patologici di PTC; differenti sottotipi patologici di cancro alla tiroide.

Un altro studio ha utilizzato la stessa tecnologia per produrre un profilo che differenziasse PTCs dai noduli benigni, ottenendo una sensibilità del 85,7% e una specificità del 100%, grazie alla sotto espressione nei cancri del picco proteico a 11,101 kDa Moretz WH,et al., 2008.

Di recente, il range a basso peso molecolare, presente nel proteoma sierico, è centro di interesse nella ricerca di nuovi biomarcatori.

In particolare, sembra che differenti tipi tumorali possano secernere proteasi diverse, generando specifici profili peptidomici attraverso la loro attività catalitica sulle proteine del sangue. Quindi, è stato identificato un profilo di 12 peptidi in grado di distinguere in modo significativo soggetti sani da pazienti con carcinoma tiroideo metastatizzantie Villanueva J, 2006; gli stessi autori hanno sviluppato un test quantitativo per comparare le attività di determinate esopeptidasi su proteomi di due e più gruppi di campioni biologici Villanueva J, 2008.

8.4 Studi proteomici su FNA

Nell‟ambito delle patologie tiroidee, per cercare di ridurre la complessa variabilità dei campioni sierici e tissutali, si è ampliato il campo della ricerca alle linee cellulari tumorali di tiroide, come sistemi modello in studi comparativi.

Purtroppo sono emerse alcune difficoltà anche in questo ambito: è stata dimostrata la contaminazione di molte linee cellulari o la loro falsa

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origine tiroidea. Oltretutto, l‟analisi su linee cellulari dovrebbe essere convalidata mediante conferma sperimentale su tessuti umani Damante G. et al., 2009.

Nel nostro laboratorio è stato affrontato il problema della complessità dei campioni attraverso un approccio totalmente diverso.

Per la prima volta è stato determinato il proteoma di ago aspirato della tiroide umana, meno complesso e più indicativo della situazione “in situ” della ghiandola, che fornisce informazioni su proteine derivate direttamente dal tumore.

Infatti, i campioni di ago aspirato di nodulo tiroideo raccolgono un complesso di proteine presenti all‟interno del nodulo stesso.

Sono state applicate le tradizionali tecniche protemiche, 2D-GE in combinazione con MALDI-TOF-MS, individuando un profilo proteico caratteristico.

Tra le componenti identificate, appartenenti a vari sistemi funzionali, di particolare rilievo sono risultate le classi degli enzimi metabolici (28%), antiossidanti (11%), proapoptotiche (11%) e strutturali (11%) Giusti L,et al., 2007.

Nel proteoma di FNA tumorale sono state ritrovate alcune proteine già identificate come differenzialmente espresse rispetto ai controlli sani sia su linee cellulari che su tessuti tiroidei tumorali Brown LM,et al., 2006; Krause K,et al., 2007; Paron I,et al., 2005; Srisomsap C,et al., 2002. Ad esempio, per alcune di queste proteine (come DJ-1, transthyretin, annexin-A1, and Apo-A1 precursor) è stata confermata la sovraespressione Krause K,et al., 2007.

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Questi dati illustrano potenziali cambiamenti d‟espressione proteica riguardanti proteine coinvolte nelle principali funzioni cellulari, prima tra tutte la sintesi ormonale Giusti L et al., 2007.

In questo contesto sono strettamente correlati alla biosintesi di T3 e T4 la

presenza dello stress ossidativo nella ghiandola e l‟espressione delle proteine che presiedono al mantenimento dell‟omeostasi cellulare e al sistema di difesa antiossidativo Giusti L,et al., 2008.

È degno di nota che la presenza di uno stress ossidativo di base è caratteristica della tiroide in relazione alla propria funzione (produzione di tirosina, generazione di H2O2) Krause K,et al., 2007.

D‟altra parte, con lo stabilirsi nelle cellule tiroidee di un processo tumorale, probabilmente si assiste sia ad un‟alterazione dei normali pathways ormonali che ad un‟anormale crescita cellulare, che determinano la produzione di molti prodotti ossidativi Giusti L,et al., 2008.

In un ulteriore studio del nostro laboratorio è stata estesa l‟analisi proteomica di FNA alle varianti di carcinoma papillare, in particolare la „classica‟ (PTCs), la più frequente, e la variante „a cellule alte‟ (TCV), la più aggressiva in termini di invasività e potenziale metastatico, spesso mal diagnosticata nell‟istopatologia di routine.

Nello studio, che coinvolgeva campioni di FNA prelevati immediatamente dopo la resezione chirurgica della tiroide, sono state identificate 9 proteine sovraespresse in entrambi i tipi di PTC rispetto ai relativi controlli sani, 4 esclusive della variante classica e 4 della variante a cellule alte Giusti L,et al., 2008.

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Tra le proteine sovraespresse in entrambe le varianti di carcinoma rispetto ai controlli è stata identificata la transtiretina (TTR) i valori della quale potrebbero esprimere livelli crescenti di stress ossidativo presenti in vari tipi di tumore o risultato dell‟attività e dell‟equilibrio disturbati nel microambiente tumorale Altland K,et al., 2003; Giusti L,et al., 2008.

Altra proteina sovraespressa nelle due varianti, la galectina-3, già stata proposta come possibile biomarker del carcinoma papillare, è coinvolta in diverse funzioni biologiche, come la crescita cellulare, l‟adesione, l‟angiogenesi e l‟apoptosi Takenaka Y,et al., 2004.

Tra le proteine apoptotiche è stata osservata l‟annexina A1, la cui disregolazione dell‟espressione è stata dimostrata in diverse cellule e tessuti cancerosi o precancerosi, anche se sono state riscontrate osservazioni controverse Shen D,et al., 2005; Mulla A,et al., 2004.

Sembra che l‟espressione di galectina e annexina A1 sia correlata con il grado di aggressività e metastatizzazione del tumore Torres-Cabala C,et al., 2006; Petrella A et al., 2006.

Inoltre, sono state identificate alcune proteine strutturali aventi un ruolo regolatorio nei confronti dell‟organizzazione del citoscheletro, ma coinvolte, in vari gradi, in molti processi cellulariWang W,et al., 2006. Queste proteine, mai state descritte in precedenza come diversamente espresse nei tumori della tiroide, potrebbero suggerire una correlazione tra l‟espressione di specie proteiche strutturali e il tipo di tumore Giusti L,et al., 2008.

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Tra gli spots esclusivi di PTCs è stata identificata S100A13, localizzata in precedenza tramite immunoistochimica nelle cellule follicolari perinucleari della tiroide Ridinger K,et al.,2000.

Non è stata osservata alterazione nei tessuti tumorali, come invece descritto nel carcinoma papillare, per altre proteine S100 (S100C e S100A6) Brown LM et al., 2006; Torres-Cabala C,et al., 2006.

E‟ stato proposto recentemente un ruolo putativo di proteina regolatrice nei processi secretori, considerando che la sua up-regolazione facilita il rilascio del fattore di crescita dei fibroblasti 1 (FGF-1) in risposta a condizioni di stress e all‟angiogenesi tumorale Ridinger K,et al.,2000; Landriscina M,et al., 2006.

Infine, l‟analisi del proteoma di FNA ha mostrato la presenza di 3 proteine, coinvolte nello stress ossidativo, espresse esclusivamente nella variante a cellule alte: catena pesante della ferritina, o FHC, perossiredossina-1 o PRX1, 6 fosfogluconato deidrogenasi o 6-PDGH. È stato osservato un aumento significativo dell‟espressione di FLC rispetto ai controlli in entrambe le varianti di carcinoma, ma la presenza esclusiva di FHC in TCV.

Le ferritine sono importanti regolatori del contenuto intracellulare di ferro ed è noto che in pazienti col cancro spesso si ritrova un aumento della ferritina sierica; allo stesso modo, la ferritina è prodotta e secreta come fattore di crescita da molte cellule tumorali in vitro Luger TA,et al., 1983; Kikyo N,et al., 1994.

Recentemente è stato dimostrato che alti livelli di FHC giocano un ruolo chiave nella regolazione dell‟apoptosi durante l‟infiammazione cronica e nel cancro, attraverso la sua capacità di sequestrare ioni ferro, di

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sopprimere l‟accumulo di specie reattive dell‟ossigeno (ROS) e di inibire l‟apoptosi cellulare Pham CG,et al., 2004.

Quindi, l‟aumento significativo di concentrazione di FLC potrebbe essere la prima risposta all‟anormale stress ossidativo tipico del processo tumorale. Viceversa, quando la differenziazione cellulare cambia in un fenotipo aggressivo, la FHC potrebbe sostenere una risposta a lungo termine allo stress ossidativo Giusti L,et al., 2008.

La produzione elevata di PRX1 da parte delle cellule tumorali della tiroide potrebbe causarne la secrezione all‟esterno, determinandone la reperibilità nei campioni di FNA. Ciononostante era già stato osservato in precedenza un alto livello di PRX1 in FA Yanagawa T,et al., 1999. In modo simile a FHC, la presenza di PRX1 potrebbe concorrere al mantenimento del sistema di regolazione cellulare contro lo stress ossidativo, inducendo un effetto antiapoptotico, risultato da una proliferazione anormale e ancor di più dalla tumorigenesi.

La terza proteina esclusiva di TCV, la 6-PDGH, è uno degli enzimi regolatori nella via dei pentosi fosfati, sistema responsabile della produzione di NADPH che, quando necessario, preserva lo stato ridotto delle cellule in risposta a condizioni di stress ossidativo.

In questo quadro di risposta allo stress ossidativo operata dalle cellule tumorali PRX1, FHC, e 6-PDGH giocano un ruolo di detossificazione e regolazione dell‟omeostasi, anche se con differenti meccanismi di azione

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