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3 LO XENON

3.5 La Neuroprotezione da xenon

3.5.1 Gli studi in vitro

Il danno eccitotossico in vitro viene prodotto dalla deprivazione di ossigeno e glucosio (OGD), che mima l’ischemia.

Il meccanismo con il quale lo xenon esercita il suo ruolo di neuroprotettore è l’inibizione dell’apoptosi. In vitro, una breve esposizione di 10 minuti di cellule corticali al glutammato determina una significativa riduzione delle cellule vitali, quando

66

Murry CE, Jennings RB, Reimer KA, Preconditioning with ischemia: a delay of lethal cell injury in ischemic myocardium, Circulation. 1986 Nov;74(5):1124-36

analizzate 24 ore dopo il danno mediante ioduro di propidio, per evidenziare le cellule necrotiche, e annessina V, per le cellule in apoptosi. L’esposizione allo xenon raddoppia il numero di cellule vitali attraverso la riduzione delle cellule apoptotiche, mentre non influisce sulla quantità di cellule necrotiche. Un simile effetto dello xenon si osserva quando il danno è prodotto da esposizione a NMDA o OGD. 67

Plested68 ha condotto uno studio su oociti di Xenopus per verificare la sensibilità del recettore AMPA allo xenon. Sebbene i risultati non siano del tutto chiari, si può dedurre che lo xenon non produce anestesia attraverso il blocco del recettore AMPA, sul quale l’attività dipende non tanto dallo xenon quanto dall’agonista utilizzato e dal fenomeno di desensitizzazione. Lo xenon infatti si dimostra capace di bloccare AMPA in presenza di kainato, agonista non fisiologico e in grado di indurre desensitizzazione, ma non lo è se si utilizza l’agonista fisiologico, cioè il glutammato. Dunque il potere anestetico dello xenon passa quasi interamente attraverso il recettore NMDA, mentre non ha influenza sulla componente rapida mediata dal recettore AMPA. I risultati restano in ogni caso contrastanti, poiché nello studio di Dinse69 lo xenon è in grado di bloccare sia AMPA sia NMDA, mentre Georgiev70 osserva la doppia inibizione nei neuroni spinali delle corna dorsali più che nei corticali. Si tratta in ogni caso di un argomento da approfondire.

Le osservazioni di Ma71 e colleghi su colture miste gliali e neuronali dimostrano un effetto concentrazione-dipendente dello xenon sul rilascio di LDH. Si confrontano due colture: una sperimentale esposta a 75% di xenon, 20% di ossigeno e 5% di CO2 per due ore e una di controllo in cui si usa il 75% di azoto, poi entrambe sottoposte dopo 24 ore a OGD per 75 minuti. L’entità del danno prodotto si misura analizzando il rilascio di

67 Preckel B, Weber NC, Sanders RD, Maze M, Schlack W, Molecular mechanisms transducing the

anesthetic, analgesic, and organ-protective actions of xenon, Anesthesiology. 2006 Jul;105(1):187-97

68 Plested AJ, Wildman SS, Lieb WR, Franks NP, Determinants of the sensitivity of AMPA receptors to

xenon, Anesthesiology. 2004 Feb;100(2):347-58

69 Dinse A, Föhr KJ, Georgieff M, Beyer C, Bulling A, Weigt HU, Xenon reduces glutamate-, AMPA-,

and kainate-induced membrane currents in corticalneurones, Br J Anaesth. 2005 Apr;94(4):479-85

70 Georgiev SK, Furue H, Baba H, Kohno T, Xenon inhibits excitatory but not inhibitory transmission in

rat spinal cord dorsal horn neurons, Mol Pain. 2010 May 5;6:25

71

Ma D, Hossain M, Pettet GK, Luo Y, Lim T, Akimov S, Sanders RD, Franks NP, Maze M, Xenon preconditioning reduces brain damage from neonatal asphyxia in rats, J Cereb Blood Flow Metab. 2006 Feb;26(2):199-208

LDH, che in effetti si riduce al 55% +/- 7% e al 38% +/- 6% del gruppo di controllo a concentrazioni di xenon rispettivamente di 50% e 75%. Si indaga inoltre se la sintesi proteica è coinvolta nella neuroprotezione. Le cellule vengono trattate con cicloesimide, inibitore della sintesi proteica, per due ore in vari momenti del precondizionamento: durante la somministrazione di xenon, subito dopo e a distanza di 2 o 4 ore. I dati dimostrano l’abolizione dell’effetto precondizionante quando si blocca la sintesi proteica nelle prime due ore dopo l’esposizione allo xenon, evidenziando che il precondizionamento con xenon passa attraverso la sintesi di nuove proteine che si attua nelle due ore successive all’esposizione. Si osservano analogamente colture di cellule provenienti dall’ippocampo di ratti neonati e l’effetto del precondizionamento si valuta mediante colorazione delle cellule morte con ioduro di propidio: l’intensità del PI dopo precondizionamento con xenon è 22% +/- 6%, contro il 75% +/- 6,5% del gruppo di controllo dopo OGD.

Sanders et al.72 dimostrano che anche basse concentrazioni di xenon sono in grado di ridurre il rilascio di LDH da parte di cellule neuronali sottoposte a NMDA, glutammato o OGD ( questa per 90 minuti). Ciò è confermato da studi in vivo su ratti in cui la riduzione di LDH si associa a riduzione del rilascio di glutammato, effetto in parte antagonizzato dalla chelazione del calcio intracellulare. Sebbene l’incremento del calcio intracellulare sia l’evento chiave dell’apoptosi, è anche vero che basse concentrazioni di calcio sono necessarie nelle vie di segnalazione cellulare per indurre la neuroprotezione. La somministrazione di xenon e isoflurano, agonista di GABA-A, potrebbe incrementare l’effetto neuroprotettivo.

Oltre a NMDA, la neuroprotezione da xenon si basa anche sui meccanismi calcio- dipendenti dell’ipossia-ischemia. Petzelt et al.73

hanno dimostrato il ruolo dei neuroni dopaminergici nella neuroprotezione da xenon. Cellule PC-12 (cellule di feocromocitoma differenziate da NGF) includono recettori D1 e D2 e rilasciano dopamina come risultato dell’aumentato rilascio e ridotto reuptake della dopamina dopo ipossia. Tale rilascio è correlato al danno cellulare, come evidenziato dal rilascio di

72

Sanders RD, Ma D, Maze M, Xenon: elemental anaesthesia in clinical practice, op. citata

73

Petzelt C, Blom P, Schmehl W, Müller J, Kox WJ, Xenon prevents cellular damage in differentiated PC-12 cells exposed to hypoxia, BMC Neurosci. 2004 Dec 8;5:55

lattato deidrogenasi dalle stesse cellule. Lo xenon previene il rilascio di dopamina dalle cellule PC-12 indotto da 2 ore di ipossia e questo effetto neuroprotettivo viene ridotto dopo tamponamento del calcio intracellulare tramite impiego di un chelante del calcio. L’aspetto interessante è che la neurotossicità da antagonisti di NMDA è correlata ad una eccessiva attivazione dopaminergica e lo xenon sembra prevenire questa attivazione, dimostrando infatti assenza di neurotossicità e riduzione del danno indotto da ketamina. Negli astrociti provenienti da embrioni di ratto, lo xenon blocca il ciclo in metafase e l’effetto è totalmente reversibile se si aumenta la concentrazione di calcio intracellulare. Nelle cellule endoteliali umane il blocco avviene nel passaggio G2-M e in metafase e anche qui è reversibile. In vitro lo xenon non apporta modifiche rilevanti sul sangue umano, non compromette la funzione piastrinica né l’espressione di fattori di superficie, ma aumenta la capacità fagocitica di neutrofili.

Lo xenon riduce l’espressione di selectine sulla superficie dei neutrofili, riducendo così l’interazione con l’endotelio, con possibile effetto sul reclutamento dei neutrofili nell’infiammazione. Le molecole di adesione sono coinvolte nel danno da ischemia- riperfusione: la somministrazione di xenon nella sola fase di riperfusione riduce le dimensioni dell’infarto miocardico dopo ischemia regionale nei conigli, e alla base potrebbe esserci una modulazione della funzione dei neutrofili. Le molecole di adesione sono importanti nella migrazione dei leucociti, tuttavia le molecole espresse nell’endotelio di vasi cerebrali nei topi non viene modificata dall’esposizione a xenon al 75%.74

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