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Il deficit vestibolare acuto (DVA) è una condizione clinica caratterizzata da vertigine di lunga durata, associata a nausea, vomito, instabilità e tendenza a cadere verso il lato leso, in assenza di segni e sintomi cocleari e/o del sistema nervoso centrale (Halmagyi et al. 2002; Shinichi Iwasaki et al. 2005).

Nonostante sia stata ipotizzata un’origine vascolare o virale del DVA (Baloh 2003; Michael Strupp and Brandt 2009), la sua eziologia rimane tutt’ora sconosciuta; inoltre, non è ancora chiaro se i sintomi siano causati da un danno al nervo vestibolare (VN) o agli organi del labirinto.

Attualmente i risultati dei potenziali evocati vestibolari miogenici (oVEMPs e cVEMPs) possono essere combinati con i risultati del vHIT e del test calorico (BVC) per ottenere un quadro generale dello stato della funzionalità vestibolare periferica di ciascun organo e di ciascuna branca del nervo vestiboalare (Curthoys 2012; Dlugaiczyk 2017; Taylor et al. 2016; Magliulo et al. 2015).

L’uso combinato di queste indagini strumentali ci permette la valutazione del danno a gli organi otolitici e ai canali semicircolari e, quindi, ci permette di differenziare il coinvolgimento degli organi vestibolari periferici nei pazienti con il DVA (Curthoys 2012).

Il BVC e il vHIT ci permettono di esaminare la funzionalità del CSL con un range di stimolazione che va da bassa (0,03 Hz) ad alta (5-7 Hz) frequenza; entrambi i test ci forniscono informazioni sulla funzionalità del nervo vestibolare superiore.

Le apparecchiature per il vHIT, sono anche capaci di testare la funzionalità del CSA e del CSP; un normale guadagno del VOR nel CSP ci informa di una normale funzionalità del nervo vestibolare inferiore (Curthoys 2012).

La funzionalità del sacculo e del nervo vestibolare inferiore posso essere altrimenti indagate utilizzando i cVEMPs ; per indagare la funzionalità dell’utricolo e del nervo vestibolare superiore si utilizzano invece gli oVEMPs (Curthoys 2012).

È intuibile come il grado elevato di complessità di queste problematiche e l’ancora scarsa conoscenza delle vie anatomiche di questi riflessi non facilita il processo di standardizzazione della metodica (essenzialmente per quanto concerne lo studio degli o-VEMPs da stimolo meccanico).

Nonostante l’ampio numero di studi che hanno tentato di far chiarezza sulle scarse conoscenze delle vie anatomiche utilizzate da tali riflessi, è stato adesso stabilito che questi potenziali riflettono principalmente la funzionalità dell’utricolo e del nervo vestibolare superiore. E da un punto di vista clinico, ha ormai preso il sopravvento una modalità di stimolazione meccanica basata su uno stimolo ripetitivo (tone-burst centrato sui 500 Hz) erogato in senso antero- posteriore (punto di applicazione sulla zona centrale della fronte, Fz) (Dlugaiczyk 2017).

Entrambi gli oVEMPs ed i cVEMPs, combinati con il vHIT, sono stati utilizzati nella diagnosi di casi di DVA con coinvolgimento selettivo rispettivamente del nervo vestibolare superiore ed inferiore (Taylor et al. 2016; Magliulo et al. 2015; Walther and Blödow 2013; Kim and Kim 2012; Uffer and Hegemann 2016).

Una più profonda comprensione del DVA, in accordo con le indagini strumentali, può migliorare il nostro approccio a questo tipo di patologia, in particolare, di fronte ad una migliore definizione dei diversi modelli (pattern), ne possono beneficiare il trattamento medico e l’eventuale trattamento riabilitativo.

Inoltre se ne potrebbero ricavare informazioni sull’eziopatogenesi di questa patologia.

Nel presente studio abbiamo analizzato attraverso l’utilizzo del CVT, vHIT, c-VEMPs ed o-VEMPs un ampio numero di pazienti con diagnosi di DVA. Il nostro obiettivo era di valutare la prevalenza del coinvolgimento di un recettore vestibolare nel DVA e di discutere i nostri risultati. Abbiamo inoltre cercato di definire il tempo di recupero relativo a ciascun pattern.

3.1 METODI

Abbiamo analizzato in maniera retrospettiva pazienti giunti alla nostra attenzione tra gennaio 2014 e gennaio 2018, i quali sono stati sottoposti ad un follow-up di almeno 15 mesi.

Il DVA è definito come una vertigine di lunga durata (>12 ore) che non poteva essere attribuita ad altre cause. I soggetti con Malattia di Menière, vertigine emicranica, ipoacusia improvvisa e segni e sintomi di origine centrale sono stati esclusi dallo studio.

La diagnosi differenziale tra vertigine periferica e centrale è stata fatta utilizzando il test di HINTS (Newman-Toker et al. 2013) , associato a monitoraggio clinico della

sintomatologia, ponendo particolare attenzione alla severità dell’instabilità ed alla durata della vertigine acuta; i casi dubbi sono stati sottoposti ad RM encefalo con mdc.

Sono stati arruolati nello studio solo i pazienti valutati entro 10 giorni dall’inizio della sintomatologia, con CVT, vHIT e VEMPs. I pazienti con VEMPs assenti non sono stati considerati nel presente studio.

Per ciascun paziente è stata valutata la necessità di intraprendere un percorso di riabilitazione. Questo approccio è consigliato quando un paziente lamenta un incompleto recupero e riferisce di aver difficoltà a tornare a svolgere le sue attività di vita quotidiana a 4-8 settimane dopo l’episodio di DVA (Navari, Cerchiai, and Casani 2018).

L’influenza del fattore età sulla necessità di intraprendere un percorso di rieducazione vestibolare, è stata valutata utilizzando il test t di Student per campioni indipendenti; differenze con p<0,05 sono state considerate statisticamente significative.

Il BVC è stato eseguito in accordo con la tecnica di Fitzgerald-Hallpike modificata. I condotti uditivi esterni sono stati separatamente irrigati con 125 ml di acqua calda (44°) e fredda (30°) in 30 secondi (con 7 minuti di intervallo tra un test e l’altro). Il responso è stato registrato utilizzando con sistema con maschera a infrarossi (GN Otometrics, Taastrup, Denmark); la paresi canalare è stata considerata significativa se >25%.

Il vHIT è stato eseguito utilizzando un device dedicato (ICS Impulse System ; GN Otometrics, Taastrup, Denmark).

Ai pazienti è stato chiesto di gurdare un punto fisso (punto di 3 cm di diametro, posto a 1,5 m di fronte al paziente) . Vengono poi inviati venti impulsi, di bassa ampiezza (10°-20°) ed alta velocità (150-200°/s), per ogni lato e per ogni canale semicircolare. Il software dell’apparecchio calcola automaticamente la riduzione del guadagno del VOR (MacDougall et al. 2009).

La funzionalità del sacculo e dell’utricolo sono state valutate utilizzando rispettivamente i cVEMPs per via aerea (AC) e gli oVEMPs per via ossea (BC) con punto di applicazione sulla zona centrale della fronte , Fz, utilizzando un apposito apparecchio (ICS Chartr EP 200, GN Otometrics, Taastrup, Denmark).

I cVemps sono stati registrati inviando attraverso delle cuffie uno stimolo monoaurale tone burs per via aerea ad una frequenza di 500 Hz per una durata di 4 ms ed un’intensità di 90 dB nHL.

Gli elettrodi sono stati posti simmetricamente sulla parte più prominente del mscolo SCM (elettrodo attivo), sul terzo medio della clavicola (elettrodo indifferente) e sulla parte superiore dello sterno (elettrodo di terra).

Durante la registrazione, vengono registrate le contrazioni toniche del muscolo SCM, chiedendo al paziente seduto di girare la testa dal lato opposto rispetto allo stimolo sonoro.

La latenza e l’ampiezza della prima risposta bifasica (p1-n1) vengono analizzate ed il sistema calcola l’asymmetry ratio (AR) dei due lati utilizzando la seguente formula: C-VEMPs AR% = [(ampiezza dx- ampiezza sin)/(ampiezza dx+ ampiezza sin)] x 100 Gli oVEMPs sono stati studiati inviando un tone brust al centro della fronte ad una frequenza di 500 Hz per via ossea, utilizzando un apposito dispositivo (Bruel and Kjaer, Naerum, Denmark).

L’elettrodo attivo è stato posizionato 1 cm sotto l’occhio, l’elettrodo indifferente 3 cm sotto l’occhio e l’elettrodo di terra è stato posizionato sulla parte superiore dello sterno.

Durante la registrazione si chiede al paziente di guardare medialmente e in alto per attivare i muscoli obliquo inferiore e retto inferiore.

La prima onda negativa (n10) viene analizzata, considerando la sua ampiezza e la sua latenza e calcolando l’AR dei due lati con la formula precedentemente indicata. Sono stati considerati patologici i VEMPs assenti dopo due ripetizioni del test consecutive o una diminuzione dell’ampiezza del complesso p1-n1 o dell’onda n10 > di due deviazioni standard (DS), o un AR patologico in accordo con i valori normali determinati precedentemente nel nostro laboratorio:

valore normale di latenza di p1 17.08 ms [DS, 0.9 ms];

valore normale dell’ampiezza del complesso p1-n1, 110.52 µV [DS, 20.39 µV ]; valore normale della latenza dell’onda n10, 10.42 ms [DS, 0.81 ms];

AR% patologico > 34% per i cVEMPs e >33% per gli oVEMPs. 3.2 RISULTATI

Abbiamo selezionato ciquantanove pazienti (31 uomini; età media 54,06 [range 24- 77]e 28 donne; età media 58,31[range 23-81]) che soddisfacessero i criteri di inclusione per il DVA.

Figura 12 Vestibular testing in DVA

Ventotto pazienti avevano un DVA destro, trentuno un DVA sinsitro.

La maggior parte dei pazienti mostravano un patologico guadagno del VOR angolare per le alte frequenze sul CSL (98%) e sul CSP (91%).

In cinque casi sono stati trovati risultati discordanti tra il BCV ed il vHIT : alcuni pazienti presentavano un esame calorico normale a fronte di un guadagno patologico del VOR sul CSL; al contrario, nessun paziente aveva un calorico patologico ed un vHIT normale.

Il secondo recettore più colpito è stato il CSA (83%), seguito dall’utricolo (72%) e dal CSP (45%), mentre il sacculo risultava danneggiato solo nel (44%) dei casi.

Figura 13

Diciannove pazienti su 59 mostravano il coinvolgimento di cinque organi periferici (32%). Tredici di 59 pazienti mostravano una compromissione del CSL, del CSA e dell’utricolo (22%); tra cui uno aveva una normale low-velocity ed una patologica high-velocity function del CSL.

I restanti pazienti mostravano un danno selettivo ad un recettore (46%).

Tra questi, 13 pazienti avevano un danno dei recettori innervati da entrambe le branche del nervo vestibolare (superiore ed inferiore) (22%), mentre solo 14 avevano un interessamento solamente della sua branca superiore (24%).

Non sono stati trovati pazienti con un danno esclusivo del sacculo e/o del CSP. Questi risultati sono riportati in Figura 14.

In 13 pazienti c’era il coinvolgimento selettivo di un solo canale (22%) e solo uno mostrava il coinvolgimento selettivo di un organo otolitico (1%).

Ventiquattro pazienti (15 donne e 9 uomini) sono stati sottoposti a riabilitazione vestibolare (VR), con un’età media di 60 anni (range 23-81).

Tra i pazienti che hanno avuto un recupero spontaneo, 14 erano donne e 21 uomini, con un’età media di 53.51 anni (range 24-77).

I due gruppi non hanno dimostrato avere differenze di età statisticamente significative (p= 0.08).

La percentuale di pazienti che hanno necessitato di riabilitazione vestibolare è riportata nella Figura 13 e nella Figura 15.

Figura 15

3.3 DISCUSSIONE

Ad oggi, lo sviluppo della tecnologia, ci permette di studiare in maniera specifica tutti i recettori vestibolari utilizzando i VEMPs, il BVC ed il vHIT: questi ultimi due ci permettono di studiare la funzionalità del CSL ad alte e basse frequenze di stimolo. Queste indagini strumentali rendono possibile l’identificazione del sito della lesione, causa del DVA e possono quindi aiutarci a comprendere la patologia e, a loro volta,

a migliorare la terapia, l’eventuale riabilitazione ed infine l’outcome. Sono inoltre utili a chiarire l’eziopatogenesi della malattia.

L’ipotesi dello sviluppo di un danno intralabirintico può portare ad adottare altre strategie terapeutiche, come la somministrazione di steroidi intratimpanici (Hegemann and Wenzel 2017), approccio già ampiamente utilizzato nel trattamento delle ipoacusie improvvise (Spear and Schwartz 2011).

Utilizzando questi strumenti, appare evidente che entrambe le branche del nervo vestibolare possono essere colpite, insieme o in maniera indipendente (Taylor et al. 2016; Magliulo et al. 2015; Walther and Blödow 2013; Kim and Kim 2012; Uffer and Hegemann 2016). Inoltre, sono stati riportati anche casi in cui erano coinvolti solo i canali semicircolari o gli organi otolitici (Manzari et al. 2014).

Comunque non è ancora chiaro quale sia il pattern di danno prevalente nel caso di DVA, probabilmente a causa della scarsa numerosità del campione, o della rigidità dei criteri di inclusione.

Nel nostro studio abbiamo cercato di definire la prevalenza dei diversi pattern di DVA in un campione ampio di pazienti. Per i nostri pazienti con DVA abbiamo deciso di adottare solamente criteri di inclusione clinici, per evitare di tralasciare quei casi in cui erano coinvolti solo i canali semicircolari anteriore o posteriore piuttosto che una disfunzione isolata degli organi otolitici.

I nostri dati evidenziavano che la maggior parte dei nostri pazienti mostravano una lesione coinvolgente tutti gli organi vestibolari periferici; questo dato può essere correlato ad un danno di tutto il labirinto, o più probabilmente ad un danno al nervo vestibolare coinvolgente entrambe le sue branche.

Il secondo pattern più frequente rilevato è stato il coinvolgimento della sola branca superiore del nervo vestibolare. A differenza degli altri studi (Taylor et al. 2016; Magliulo et al. 2015; Walther and Blödow 2013; Kim and Kim 2012), non abbiamo identificato casi di coinvolgimento del solo CSP e/o del sacculo.

Questo è supportato dalla letteratura, che riporta una più elevata suscettibilità a danni a carico del nervo vestibolare superiore , che può essere spiegata con un tropismo selettivo di alcuni agenti virali o da alcune differenze anatomiche nei canali ossei delle due divisioni (Gianoli et al. 2005). Studi istopatologici condotti sulle ossa temporali hanno frequentemente rilevato un modesto coinvolgimento del CSP

(Proctor et al. 1979), a conferma di quanto riportato nel nostro studio. Possiamo quindi concludere che quando siamo di fronte ad quadro di neurite vestibolare, essa normalmente coinvolge entrambe le branche del nervo.

La restante parte dei pazienti mostravano un danno selettivo a carico di uno degli organi vestibolari periferici, come suggerito in precedenza da altri Autori che descrivevano coinvolgimenti isolati del nervo dell’utricolo o del sacculo piuttosto che un isolato coinvolgimento del nervo ampollare.

Tuttavia questi risultati sembrano consistere con un pattern di lesione intralabirintica (Hegemann and Wenzel 2017).

Cinque pazienti mostravano una dissociazione tra la funzionalità del CSL studiata con il BVC (normale) e con il vHIT (funzionalità alterata), rendendo possibile la definizione di hight-velocity del CSL.

In un numero limitato di pazienti, questi risultati, potrebbero riflettere un danno selettivo ai cellule ciliate di tipo 1, al contrario di quanto già descritto nella Malattia di Menière (Cerchiai et al. 2018).

Abbiamo anche ipotizzato un tempo di recupero più breve nel caso di danno alla cellule ciliate di tipo 1; comunque, finché continueremo a studiare queste cellule utilizzando rotazione della testa a velocità ridotte e non a velocità fisiologiche, queste ipotesi rimarranno poco probabili.

Tuttavia, i nostri risultati sono in accordo con report precedenti che evidenziavano con il vHIT fosse più affidabile rispetto al test calorico nella diagnosi del DVA a causa della sua più elevata sensibilità (Magliulo et al. 2012).

Quanto abbiamo rivelato nel nostro studio enfatizza ulteriormente la necessità di utilizzare entrambi questi test per studiare accuratamente la funzionalità del CSL. Questi due test non ci danno informazioni ridondanti, devono anzi essere considerati complementari.

Tre dei nostri pazienti mostravano una isolata ipofunzionalità del CSL. Strupp et al. (M. Strupp, Brandt, and Steddin 1995) e più recentemente Castellucci et al. (Castellucci et al. 2019), ci raccomandano di prestare attenzione ad una tale situazione, poiché può nascondere una forma litiasica anche in presenza di nistagmo spontaneo dato dai canalith jam. Tuttavia i nostri pazienti sono stati seguiti e non hanno mai mostrato segni di canalolitiasi.

Il guadagno del VOR del CSL, così come quello del CSP, è stato recuperato durante il follow-up, a confermare la diagnosi di DVA.

Alcuni autori hanno valutato il recupero strumentale dei pazienti dopo DVA (Taylor et al. 2016; Magliulo et al. 2015).

Magliulo et al. hanno riportato che se il recupero avviene prima a livello dell’utricolo e del sacculo e successivamente a livello delle ampolle, allora ci si può aspettare un outcome migliore.

Loro hanno altresì riportato che l’età del paziente sembra influire sul recupero dopo DVA.

Per quanto riguarda l’età, altri autori sostengono che l’età avanzata, associata alla small vessel disease , è un fattore prognostico positivo per lo sviluppo di una insufficienza cronica dopo DVA (Zaper et al. 2012).

Nel nostro studio abbiamo valutato la guarigione dei pazienti utilizzando le loro caratteristiche cliniche come misura dell’outcome e, in particolare, la necessità di essere inseriti in un programma di riabilitazione vestibolare. Non abbiamo osservato differenze di età tra i pazienti sottoposti a terapia riabilitativa e quelli che non ne hanno avuto bisogno, come già evidenziato in una precedente esperienza (Cerchiai et al. 2018).

Il danno di entrambe le branche del nervo vestibolare, piuttosto che della sua sola branca superiore, sembra rappresentare un pattern che presenta una peggiore guarigione spontanea. Comunque, poiché questi ultimi sono i più rappresentati nel nostro gruppo di pazienti, ci sarebbe bisogno di studiare un campione più numeroso per confermare la nostra ipotesi.

Una migliore comprensione di questo tipo di situazione migliorerebbe molto l’approccio riabilitativo ai pazienti con DVA (Magliulo et al. 2015). Quindi, questi pazienti con un lesione completa del nervo vestibolare, vanno seguiti più attentamente per evitare l’instaurarsi di una sintomatologia cronica dopo un DVA. Inoltre questi pazienti devono essere trattati con una terapia riabilitativa supervisionata da un esperto, al contrario dei pazienti con una lesione intralabirintica per i quali risulta sufficiente una riabilitazione domiciliare.

3.4 CONCLUSIONI

Una conoscenza più profonda del DVA può essere raggiunta attraverso una rigorosa definizione dei suoi diversi pattern utilizzando le indagini strumentali.

Più della metà dei casi di DVA appare correlato ad una lesione del nervo vestibolare, mentre la restante parte sembra correlata ad una lesione intralabirintica.

I pattern correlati ad una lesione del nervo vestibolare sembrano avere un outcome peggiore e quindi necessiterebbero di un programma di riabilitazione vestibolare.

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