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UNO STUDIO PRELIMINARE DEI DIFFERENZIALI DI PREZZO NELLE ESPORTAZIONI DI PRODOTTI TRADIZIONALI.

Abstract: Questo breve contributo si inserisce nel dibattito sulla specializzazione industriale italiana e sulla capacità del nostro sistema produttivo di mantenere la propria capacità competitiva. In particolare, viene proposta una metodologia di confronto fra le esportazioni italiane e cinesi basata sui prezzi unitari volta ad evidenziare la presenza o l’assenza di sovrapposizione tra le esportazioni dei due paesi. Le particolarità della specializzazione italiana

In letteratura è presente un ampio e vivo dibattito sulle peculiarità della specializzazione industriale italiana, principalmente basata su settori che le classifi cazioni internazionali (ad esempio OCSE, UNIDO, UNComtrade) defi niscono come “tradizionali” o low tech (si vedano, fra gli altri, Quinteri e Lanza 2007; Amighini et al., 2011; De Benedictis et al., 2009; Ferrarini and Scaramazzino, 2011; Prometeia, 2011).

Questa situazione sembra mettere il sistema industriale italiano in una posizione diffi cile: da una lato una competizione che appare diretta con i paesi cosiddetti emergenti, che mostrano pattern di specializzazione molto simili a quelli nazionali. E dall’altro la diffi coltà a convertire le proprie produzioni verso settori a più alto valore aggiunto e a più alto contenuto tecnologico, come mostrano di aver fatto molte delle altre economie avanzate mondiali.

La questione se l’Italia possa, in questo quadro, mantenere una posizione competitiva è controversa. Il fatto che le produzioni Made in Italy siano tuttora concentrate in settori cosiddetti tradizionali è visto da alcuni come segno di un declino dell’industria italiana. Tuttavia, a nostro parere, l’analisi sull’effettiva competitività dell’industria del nostro paese dovrebbe essere effettuata tenendo in considerazione il fatto che anche le industrie “tradizionali” possono differenziarsi per valore aggiunto e contenuto tecnologico, e che non necessariamente essere concentrati nello stesso settore merceologico signifi ca produrre gli stessi beni.

Due beni possono essere considerati simili, e quindi confrontati direttamente, se rispondono allo stesso bisogno. In realtà, questo non succede per tutti i beni che sono inclusi nella stessa categoria merceologica (anche molto specifi ca, ossia a 5 digit nelle classifi cazioni internazionali). In sostanza essi possono essere molto diversi tra loro perché soddisfano (o non soddisfano) bisogni diversi. Ad esempio, due borsette da donna soddisfano sicuramente un bisogno comune che è la necessità di avere un contenitore in cui riporre oggetti. Tuttavia ci sono borsette che soddisfano unicamente quel bisogno di base e borsette che invece soddisfano tutta una serie di altri bisogni più complessi (e spesso di carattere intangibile) che vengono espressi dal consumatore moderno, quali il bisogno di segnalare uno status sociale, il bisogno di possedere un oggetto dal design ricercato, ecc. Questo signifi ca che due beni appartenenti alla stessa categoria merceologica possono tuttavia essere fortemente differenziati orizzontalmente, ossia per qualità (Bugamelli, 2007; Lanza and Quintieri, 2007). In alcuni casi tali differenze sono talmente importanti che diventa persino ragionevole affermare che siano differenziati verticalmente. In altre parole, le differenti caratteristiche (tangibili ed intangibili) dei beni, seppur inclusi nella stessa categoria a 5 digit, li rendono in grado di rispondere a diverse domande espresse dai consumatori. Tali caratteristiche possono essere sia specifi che del prodotto ma anche fattori di carattere più generale, come la reputazione e l’immagine del territorio o del paese di origine.

Per approfondire questa tesi, abbiamo scelto di confrontare alcune selezionate produzioni italiane e cinesi, data l’attuale rilevanza politico-strategica di questo confronto. In particolare, abbiamo elaborato un indice che permetta di quantifi care quanto “diversi” i consumatori mostrano di considerare beni prodotti dai due paesi e inclusi nella stessa categoria merceologica, e che quindi solo superfi cialmente potrebbero apparire come “simili” (Di Tommaso and Rubini, 2012; Di Tommaso and Rubini 2009; Di Tommaso and Dragomirescu, 2009; Barbieri et al., 2009).

Tuttavia, si intende sottolineare che si tratta di un caso studio, e che come tale i risultati sono limitati allo stesso. Tuttavia, la metodologia che utilizziamo può facilmente essere estesa ad altri casi ed utilizzata per comparare paesi e mercati differenti.

Il differenziale relativo di prezzi unitari rivelati (DiRPUR)

Al fi ne di cercare di quantifi care le differenze qualitative tra due beni appartenenti alla stessa categoria merceologica, abbiamo elaborato un indice, il “differenziale relativo di prezzi unitari rivelati” (DiRPUR), così formulato:

L’indice assume valori che vanno da 100 a -100. Se ha valore positivo signifi ca che il prezzo italiano è superiore di quello cinese e indica quanto di più il consumatore di uno stesso mercato è disposto a pagare per un prodotto italiano rispetto ad un prodotto cinese (e viceversa se l’indice è negativo). L’ipotesi alla base dell’indice è che se un consumatore percepisce differenze qualitative in due prodotti appartenenti alla stessa categoria merceologica, queste si rifl etteranno nel maggiore (o minore) prezzo che è disposto a pagare (Quinteri and Lanza, 2007).

Il DiRPUR assume un andamento esponenziale, come indicato in fi gura:

Può assumere i seguenti valori:

- |0-25|: DiRPUR basso, indica un potenziale di sovrapposizione alto.

- |25-50|: DiRPUR medio basso, indica una possibilità media di sovrapposizione. - |50-75|: DiRPUR medio alto, indica una potenziale sovrapposizione piuttosto bassa. - |>75|: DiRPUR molto alto, indica una potenziale sovrapposizione molto bassa.

La condizione necessaria perché a nostro avviso si possa escludere la sovrapposizione è che il DiRPUR sia alto e che rimanga alto nel tempo. Questo permette di eliminare i casi in cui il differenziale di prezzo è alto solo perché il consumatore non è pienamente consapevole delle differenze qualitative dei prodotti (ossia perché sono presenti asimmetrie informative).

Il nostro caso studio: un primo confronto Italia-Cina sul mercato Europeo

Nel caso studio qui presentato abbiamo confrontato i prodotti del cosiddetto “Made in Italy” (arredamento, abbigliamento, meccanica e agro-alimentare) a livello di 5-digit (dati UNComtrade, SITC-Rev. 3) per gli anni 2000, 2004, 2008, 2009 e 2010 venduti sul mercato europeo (EU-14). Sono stati considerati solo i settori per i quali erano disponibili dati per tutti gli anni, arrivando ad un database di 496 settori.

Di questi settori, più della metà è data da produzioni legate all’abbigliamento, seguite da arredamento (27%) e meccanica (fi g. 1).

Fig. 1 – I settori analizzati

Fonte: elaborazione degli autori su dati UNComtrade

L’analisi dei DiRPUR evidenzia come il 70% dei settori considerati abbiano un differenziale di prezzo molto positivo, ossia superiore a 50 (fi g. 2). Questo è indice del fatto che le produzioni italiane sembrano non sovrapporsi con quelle cinesi in quanto il loro prezzo è nella stragrande maggioranza dei casi molto più alto (il che implica, secondo le nostre ipotesi di partenza, che i prodotti italiani e cinesi hanno caratteristiche diverse in quando soddisfano bisogni differenti).

Fig. 2 – La distribuzione dei DiRPUR al 2010

Tuttavia, come abbiamo avuto già modo di evidenziare, perché si possa confermare l’ipotesi di non sovrapposizione è necessario che i differenziali si mantengano alti nel tempo. Un’analisi temporale dell’indice rivela che il 53% dei settori mantiene per tutto il periodo considerato un differenziale superiore a 50.

Il nostro caso studio: prospettive future di ricerca

I primi risultati derivati dalla nostra analisi sui differenziali di prezzo indica come l’ipotesi di sovrapposizione tra le produzioni italiane e cinesi sembri essere smentita. Ovviamente si tratta di un primo esercizio che richiede ulteriori approfondimenti prima di portare a suggerimenti specifi ci e indicazioni di policy.

Innanzitutto è possibile analizzare se siano presenti differenze settoriali nel comportamento dei differenziali, o differenze nelle sotto-tipologie di produzioni (ad es. tra prodotti fi niti e componenti).

Inoltre, importanti approfondimenti si possono derivare affi ancando lo studio all’analisi dell’andamento delle quote di mercato, al fi ne di capire se a differenziali di prezzo elevati sono corrisposti aumenti o diminuzioni di quote di mercato. Questo può essere portato avanti tramite un’analisi delle co-varianze, correlazioni statistiche, regressioni o cluster analisi.

Inoltre, l’ipotesi di non-sovrapposizione può essere rafforzata confrontando i risultati ottenuti applicando agli stessi settori gli indici di sovrapposizione più comunemente utilizzati in letteratura (come, ad es., l’indice di Balassa).

Questi approfondimenti suggeriti potranno permettere di uscire ulteriormente dalle semplifi cazioni (e quindi dai conseguenti suggerimenti di policy) che emergono da classifi cazioni merceologiche che non tengono conto delle differenze orizzontali tra i prodotti.

Bibliografi a

Amighini A., Leone M. and Rabellotti R. (2011), Persistence vs. change in the international specialization pattern of Italy: How much does the ‘district effect’ matter?, in «Regional Studies», 45, 3, 381-401.

Barbieri E., Di Tommaso M.R. and Rubini L. (2009), Industria contemporanea nella Cina meridionale, Roma, Carocci editore.

Bugamelli M. (2007), Prezzi delle esportazioni, qualità dei prodotti e caratteristiche di impresa: un’analisi su un campione di imprese italiane, Temi di Discussione del Servizio Studi Banca D’Italia.

De Benedictis L., Gallegati M. and Tamberi M. (2009), Overall trade specialization and economic development: countries diversify, in «Review of World Economy», 145, 1, 37-55.

Di Tommaso M.R. and Rubini L. (2012), Achieving excellence in exporting intangible-intensive

goods: measuring economic performance, in “Measuring Business Excellence”, n. 3.

Di Tommaso M.R. and Rubini L. (2009), «Made in Italy» and «Made in China». Empirical analysis

and industrial policy implications, WP c.met05, n. 2/2009.

Di Tommaso M.R. and Dragomirescu H. (2009), Measuring the intangible content of goods traded

on international markets. An exercise on the “Made in Italy” vs. the “Made in China” case, in

ROMANIAN JOURNAL OF ECONOMIC FORECASTING, pp.184- 197, Vol.10.

Ferrarini B. and Scaramozzino P. (2011), Indicators and Patterns of Specialization in International Trade, Working Paper n. 2011/10.

Prometeia (2011), Evoluzione del commercio con l’estero per aree e settori, Rapporto preparato da Prometeia per ICE.

Elisa Baroncini*

Aggregate Professor of International Law, Department of Juridical Sciences and School of Law, Università degli Studi di Bologna

Associate Research Fellow at the Leuven Centre for Global Governance Studies, Leuven, Belgium

THE WTO DISPUTE ON CHINESE EXPORT RESTRICTIONS ON RARE EARTHS: