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187Sul metodo: un’indagine laboratoriale tra design e biologia

un’indagine laboratoriale tra design e biologia

187Sul metodo: un’indagine laboratoriale tra design e biologia

Al di là di ogni supremazia gerarchica tra i saperi, Feyerabend so- steneva che “la tradizione scientifica non è un’autorità superiore a quella di altre tradizioni di pensiero, come ad esempio la filoso- fia, la metafisica,… e che, in certe occasioni, è addirittura benefico riportare in auge principi scientifici che si consideravano superati o persino assunti magico-religiosi.”6

D’altra parte, soprattutto se si ha a che fare con discipline di natura artistico-umanistiche, non si può pensare di ottenere dei risulta- ti importanti nella ricerca o delle innovazioni rilevanti, esclusiva- mente dedicandosi a un’investigazione monodisciplinare, chiusa in se stessa. “La storia della scienza non consta solo di fatti e di conclusioni tratte da fatti. Essa contiene anche idee, interpretazioni di fatti, problemi creati da interpretazioni contrastanti, errori e cosi via…”.7 Se si guarda al passato, sia le scienze esatte che le scienze

umane si sono ritrovate più volte dinnanzi a fenomeni inspiegabili e a problematiche impreviste, dove sono state ben altre le doti uti- li allo studioso per progredire nella propria ricerca. La storia della conoscenza, infatti, ci dimostra che hanno sempre avuto un ruolo molto importante anche logiche non appartenenti alla sfera della razionalità, come la serendipità, l’intuizione, la casualità, l’esperien- za diretta, l’errore. Una metodologia rigida, applicata esclusivamen- te per scompartimenti stagni, per specifici rami disciplinari, difficil- mente potrà tener conto di tutta una serie di variabili e imprevisti, che seguono percorsi diversi da quelli propriamente programmati. In questa prospettiva di apertura trasversale alle discipline, è ne- cessario che il designer esplori anche queste “zone di errore” e d’imprevedibilità, attraverso l’uso di un pensiero laterale, non sem- pre affine a una metodologia ortodossa. Riguardo quest’interse- zione tra i piani delle conoscenze, in Contro l’autonomia, Feyerabend declama il cammino comune delle scienze,8 auspicando in manie-

ra decisa il confronto tra saperi diversi, il dialogo tra gli studiosi, nonché l’uso di un’immaginazione letteraria utile a un potenzia- mento delle pratiche sperimentali e a un’elaborazione di proposte multiple. Tra le varie teorie scientifiche sul metodo, la posizione di anarchismo epistemologico sostenuta per assurdo da Mario de Caro rappresenta il punto di vista estremo nell’accettazione di tutte le possibilità sperimentali come strade percorribili e degne di essere indagate. “E se arrivassimo a sostenere che il metodo della scienza non esiste affatto?”9. Certamente è una visione radicale,

ma è sostenuta anche da parte delle teorie feyerabendiane che ci ricordano come “la linea di demarcazione tra scienza e non scienza non è ben definita, tanto che quello che oggi è scienza in un futuro prossimo potrebbe non esserlo più e viceversa”.10

5 Nussbaum M. (2011) Non per profitto. Perchè le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica. Milano, Il Mulino, p.126.

6 Feyerabend P. (2002) Contro il metodo. Milano, Feltrinelli, pp.16-17. 7 Ibidem.

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SID – Design su misura

Nella pratica del progetto, una posizione di tipo “relativista” è piuttosto frequente, in particolar modo per quanto concerne gli aspetti più sperimentali della ricerca laboratoriale. La consta- tazione che il design non sia una scienza vera e propria, ma sia considerata più che altro come una disciplina, mutevole e aperta, gli consente una grande apertura e versatilità. Diversamente dai laboratori propri delle discipline scientifiche, in un laboratorio che indaga il design in maniera transdisciplinare, non sempre vengo- no seguiti protocolli e procedure metodiche rigide.11

Questa caratteristica di maggiore elasticità, consente dunque molta più libertà di pensiero nel mettere insieme aspetti del reale lontani tra loro, creare nuove connessioni, elaborare teorie diver- genti. In quest’accezione umanistica della ricerca laboratoriale, non sorprende, dunque, che il design abbia conquistato un ruolo strategico e che sia una delle discipline più idonee a immaginare gli scenari futuri.

Design “vivente”

“Il vivente è la declinazione più forte del biologico. Ed è il miele che oggi attira irresistibilmente i designer… Il design si coniuga in forme nuove con la ricerca chimica e la bioingegneria, creando dei cortocircuiti quanto mai interessanti tra scienza, tecnologia e arte; nell’indagare le “tecniche” della natura per trasporle nell’ar- tificiale, privilegia ora l’acquisizione dei processi biochimici all’i- mitazione dei sistemi meccanici.”12

Nello scenario internazionale, a conferma di questo connubio tra design e cultura scientifica, tra i progetti più interessanti ricor- diamo le sedie di Eric Klarenbeek, i vasi di Officina Corpuscoli, i tessuti di Sonja Bäumel, le pelli artificiali di Oron Catts & Ionat Zurr, le membrane di Naja Ryde Ankarfeldt, e gli abiti della fa- shion designer Suzanne Lee.

Questi prodotti, arrivati ormai a uno stadio non più soltanto spe- rimentale, trasformano radicalmente la tradizionale nozione di oggetto verso un nuovo tipo di esperienza intellettuale. Nella dimensione investigativa del design vivente, le strutture sono costruite ad hoc per diventare impalcature in grado di ospitare organismi vivi che le alterano e ne espandono le forme. I materiali viventi vengono processati attraverso sofisticati concept e meto- dologie operative: macchine biodigitali sono assemblate per as- secondare specifici fenomeni naturali che rielaborano sottoforma di installazioni e performance collettive; batteri e organismi sono incorporati nei prodotti per la loro valenza estetica, speculativa o funzionale alla costruzione di oggetti, interazioni, esperienze so-

9 De Caro M. (2012) Quando una teoria è scientifica? in Ferraris M., Scienza. Che cosa sanno gli scienziati? Roma, La Biblioteca di Repubblica, p. 25. 10 Ivi, p.37.

11 Langella C., Ranzo P. (2007) Design Intersections. Roma, FrancoAngeli, p.114. 12 La Rocca F. (2016) Design e Delitto. Critica e Metamorfosi dell’oggetto Contemporaneo. Roma, Franco Angeli, p.130.

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