LA TERAPIA STANDARD DELLA COAGULOPATIA DA TRAUMA
SUPPORTO COAGULATIVO EMPIRICO
La valutazione dello stato coagulativo del paziente deve essere iniziato il più precocemente possibile dopo l’ammissione in ospedale sia con i normali test di laboratorio che, possibilmente, con tecniche viscoelastiche come il
Tromboelastogramma (TEG).
Nelle fasi iniziali della rianimazione, cioè fino a che non sono disponibili i risultati degli esami sulla coagulazione, è necessario impostare una terapia empirica di
supporto coagulativo. Questa può prevedere diversi protocolli, ad esempio il
protocollo Early Coagulation Support (ECS) di Nardi et al.4 (vd.dopo). Tuttavia, indipendentemente dai protocolli, le linee guida consigliano sempre:
1) Somministrazione di Acido Tranexamico con dose di carico di 1g in 10 minuti seguita da una infusione di 1g in 8 ore. Questa forte raccomandazione (Grado 1A) deriva principalmente dai risultati dello studio CRASH-2 condotto in doppio cieco su più di 20.000 adulti a rischio di sanguinamento significativo post trauma che ha dimostrato una riduzione di mortalità per tutte le cause nel gruppo di pazienti che ricevevano acido tranexamico rispetto ai pazienti nel gruppo Placebo.5 Tuttavia la somministrazione non dovrebbe essere effettuata oltre le 3 ore dal trauma poiché si è evidenziato un aumento dell’1,3% della mortalità.6
2) Due strategie “trasfusionali”:
- Trasfusione di plasma fresco congelato (FFP) con un rapporto FFP-RBC (Red Blood Cells) di almeno 1:2 nei pazienti con emorragie massive. L’approccio alle trasfusioni massive è drasticamente cambiato negli ultimi 10 anni alla luce dei risultati condotti su studi in ambito militare durante la guerra in Iraq che dimostrarono un beneficio nell’uso di protocolli di trasfusione massiva con rapporti FFP-RBC-Piastrine di 1:1:1. Alla luce di questi studi ne sono stati condotti diversi in ambito civile. Tra questi lo studio PROMMT “The
Prospective, Observational, Multicenter, Major Trauma Transfusion study”7, condotto su oltre 1200 pazienti, dimostra che rapporti più elevati di plasma e piastrine nella gestione delle trasfusioni nelle prime 24 ore correla con una riduzione della mortalità a 24 ore, tuttavia nei sopravvissuti a 24 ore, l’uso di alti rapporti plasma:piastrine:RBC non correla con una variazione della mortalità a 30 giorni.
Le linee guida europee tuttavia consigliano un rapporto di almeno 1:1:2 (FFP- Piastrine- RBC) alla luce dei risultati dello studio PROPPR8 “The Pragmatic, Randomized Optimal Platelet and Plasma Ratios study” del 2015 che non ha
dimostrato nessun beneficio sulla sopravvivenza a 24 ore e a 30 giorni tra pazienti trattati con rapporto 1:1:1 (FFP:Piastrine:RBC) rispetto ai soggetti trattati con rapporto 1:1:2.
- Utilizzo di concentrati di Fibrinogeno o crioprecipitato: Il fibrinogeno difatti è il principale fattore che si riduce nella coagulopatia da trauma. Schlimp et al.9 hanno dimostrato che livelli di fibrinogeno inferiore ad 1,5 g/l si riscontrano nel 73% di pazienti con Hb inferiore a 10 g/dl e nel 63% dei pazienti con Base Excess inferiore a -6 (dovuto presumibilmente all’aumento dei lattati). Inoltre la deplezione di fibrinogeno correla con un peggioramento prognostico, mentre la sua supplementazione migliora la sopravvivenza. Dal momento che 1 litro di plasma fornisce 2 g di fibrinogeno, è stato proposto da diversi protocolli di sostituire la trasfusione di plasma con 2 g di fibrinogeno per mimare il rapporto 1:1 con RBC. Inoltre la riduzione del volume trasfuso empiricamente sembra avere importanza nel ridurre le complicanze associate, come ad esempio la TRALI (Transfusion-Related Acute Lung Injury).
Altro aspetto interessante è legato al fatto che volumi importanti di plasma contribuiscono all’emodiluizione iatrogena determinando così la richiesta di
ulteriori trasfusioni di emazie concentrate; questa criticità viene meno con una terapia “fibrinogen-based”.
- DAMAGE CONTROL SURGERY:l’idea di una damage control surgery (DCS) ha preso piede agli inizi degli anni ’80. L’idea è quella di intervenire precocemente su un paziente instabile con un intervento chirurgico che non sia definitivo, ma che sia in grado di arrestare la fonte del sanguinamento in modo da garantire un
ripristino delle funzioni vitali. Stone et al.10 nel 1983 furono tra i primi a descrivere le tre fasi della DCS addominale:
1) Laparotomia abbreviata con lo scopo di controllare la fonte di sanguinamento seguita da un packing addominale e da una chiusura addominale temporanea. 2) Stabilizzazione in Unità di Terapia Intensiva: in questa fase si dovrà procedere
anche alla valutazione del paziente con tutte le tecniche di imaging necessarie 3) Nuova esplorazione chirurgica dell’addome con correzione definitiva delle
lesioni
La DCS può essere non solo addominale ma anche toracica o neurochirurgica. In un paziente instabile, oltre alla positività ad un esame di imaging (es Eco FAST positiva), esistono altri criteri per l’attivazione di un protocollo di DCS:
- pH< 7,2 - T.Corporea <34°C
- Fallimento delle prime manovre rianimatorie1, 11
- SUPPORTO COAGULATIVO “GOAL-DIRECTED”:dopo un iniziale
approccio non standardizzato, che presenta notevoli variazioni da luogo a luogo, si applica una terapia goal-directed che corregge i difetti coagulativi sulla base dei test di laboratorio o dei risultati di valutazioni viscoelastiche.
1) FFP: la somministrazione di plasma dovrebbe essere raccomandata per
test viscoelastici.
2) Fibrinogeno e crioprecipitato: è raccomandata la somministrazione di 3-4 g di
fibrinogeno in caso di riduzione dei livelli al di sotto di 1,5-2 g/l o in caso di segni di deficit alla valutazione viscoelastica. Il fibrinogeno è un fattore fondamentale per la corretta formazione del trombo, inoltre è un fattore per il quale non esiste una riserva extra-plasmatica. Ad esempio la quota di fibrinogeno in un uomo di 80 Kg è di circa 10 g, quindi una importante deplezione dei suoi livelli comporta un
importante deficit non rimpiazzabile utilizzando riserve. Lo studio MATTERsII12, condotto in ambito militare, ha dimostrato che la somministrazione di
crioprecipitato aggiunge beneficio alla sopravvivenza dei pazienti che ricevono empiricamente Acido Tranexamico.
3) Piastrine: è raccomandata la trasfusione di concentrati piastrinici per mantenere
la conta piastrinica sopra a 50x109/l e sopra a 100x109/l in caso di persistente sanguinamento o trauma cranico. Tuttavia, nonostante le crescenti evidenze sulla disfunzione piastrinica nella TIC, non ci sono ancora indicazioni a trasfusioni indipendentemente dalla conta piastrinica.
Vi è però evidenza che trasfusioni empiriche con rapporti 1:1:1
(FFP:piastrine:RBC) siano prognosticamente vantaggiose rispetto a rapporti inferiori, confermando il ruolo cruciale delle piastrine e della loro disfunzione anche nelle fasi iniziali della TIC.7
Figura 3: Schema di trattamento secondo le linee guida europee1