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Tab 6: dati epidemiologici di 174 pazienti dispeptici (Toro et al., 2003)

5. SUSCETTIBILITA’ GENETICA

5.1 Ruolo dell’Atopia

Le malattie allergiche dovute ad atopia hanno una distribuzione familiare e una base genetica riguardo alla quale sono stati descritti diversi markers genetici interessati : il locus HLA-DR, il recettore FcRIƐ IgE , la famiglia di citochine IL-4, e il cromosoma 5.

Per quanto riguarda l’A.simplex però la maggior parte dei pazienti non rientra all’interno della classificazione dei soggetti atopici, ma anzi , generalmente gli individui colpiti da anisakidosi allergica sono adulti di mezza età senza nessuna storia precedente di dermatiti atopiche, asma o rinite. (Umebayashi, 2001).

Secondo uno studio italiano, I soggetti atopici hanno un più basso rischio di sviluppare allergia all’Anisakis rispetto ai non –atopici e l’allergia all’A.simplex riconosce come fattore di rischio solamente il consumo di pesce crudo (in particolare alici e calamari) e l’età (Foti et al., 2006). Anche secondo uno studio su anafilassi indotte da allergeni alimentari, l’età e i livelli di IgE specifiche rappresentavano gli unici fattori di rischio associati all’allergia ad A.simplex (Audicana, 2002).

5.2 Anisakis simplex e HLA

La variabilità del modo in cui le malattie allergiche si presentano in diversi individui è considerevolmente alta, e il riconoscimento da parte del sistema immune degli allergeni è altamente influenzato dalla genetica. Il più importante fattore di controllo è il complesso maggiore di istocompatibilità (MHC), che è altamente polimorfico e controlla la risposta delle cellule T, che a loro volta controllano il repertorio anticorpale.

E’ stata effettivamente dimostrata una predisposizione genetica all’allergia di A.simplex legata alla presenza di HLA di classe II.

Studiando 46 pazienti Caucasici allergici ad A.simplex (provenienti da Cantabria, nel nord della Spagna) è stato dimostrato che l’aplotipo DRB1*1502-DQB1*0601 è associato all’allergia in modo significativo. (Sanchez-Velasco et al., 2000).

Questo aplotipo è comune nella popolazione Asiatica ed è relativamente frequente tra gli Scozzesi, i gitani Spagnoli, I rumeni, e gli Italiani, ma è raro o addirittura assente in Norvegia, Germania, Danimarca, Ungheria, Francia e Spagna.

L’aplotipo DRB1*1502 è chiamato ‘’allele Thai’’ ed è frequente in Giappone, Tailandia, Corea e Vietnam.

Anche l’aplotipo DRBI*0404 è altamente rappresentato, insieme a DRB1*1502 e DQB1*0601, nei soggetti allergici ad A.simplex, ed è proprio l’aplotipo per cui Ani s 2 ed Ani s 3 presentano motivi leganti, il che torna con l’elevata prevalenza di questo allele nella malattia allergica all’Anisakis. (Audicana e Kennedy 2008)

6. DIAGNOSI

6.1 Criteri diagnostici

La diagnosi di allergia ad A.simplex si può basare sui seguenti criteri: un’anamnesi compatibile, ovvero la presenza di sintomi quali orticaria, angioedema o anafilassi in seguito al consumo di prodotti ittici; un prick- test cutaneo positivo; la presenza di IgE specifiche anti A.simplex ; la mancanza di reattività a proteine del pesce o altre possibili cross reazioni antigeniche verso crostacei, gamberi, scarafaggi, acari della polvere o altri parassiti.

In caso di sospetta allergia ad Anisakis bisognerebbe comunque sottoporre il paziente a screening per altri allergeni alimentari compatibili con la storia clinica.

L’interpretazione dei test sierologici può essere difficile sia perché il siero dei pazienti con anisakidosi cross reagisce con antigeni di specie di nematodi correlate (per esempio Ascaris e Toxocara) e, sia perché il siero di pazienti o individui sani può contenere anticorpi specifici contro

Anisakis, creando in entrambi i casi risultati falso positivi. (Audicana

and Kennedy, 2008).

6.2 Sensibilizzazione senza sintomi allergici

Non è raro dunque trovare valori di IgE anti Anisakis positivi per soggetti che in realtà non sviluppano reazioni allergiche contro questo parassita. Questo è dovuto principalmente al fatto che i test diagnostici disponibili utilizzano antigeni non frazionati o solo parzialmente purificati, e questo porta ad una bassa specificità a causa della cross reattività con allergeni di molti altri parassiti.

In questi casi, la presenza di IgE anti parassita non solo non può essere considerato un indicatore affidabile per fare diagnosi di allergia, ma può costituire un fattore di confondimento, dato che in alcuni studi questi anticorpi sono stati trovati anche nel 25% degli individui sani del gruppo controllo (Audicana 2002, Del Pozo 1996).

Bisogna però anche prendere in considerazione l’ipotesi che la presenza di IgE specifiche nella popolazione generale possa essere dovuta a una forma subclinica o non diagnosticata di anisakidosi gastrica senza sintomi allergici, e questo potrebbe spiegare l’elevata prevalenza di IgE anti Anisakis in Spagna e in Giappone.

Altre possibilità per la positività delle IgE senza sintomi allergici, oltre alla cross-reattività con altri allergeni parassitari, includono la presenza di un ‘panallergene’ come la tropomiosina, che si ritrova nei crostacei, insetti e acari – secondo alcuni autori, la produzione di IgE può essere provocata dalla tropomiosina di tutti gli invertebrati. Ancora, potrebbero rispondere a pattern di carboidrati o fosforilcorine, o cross-reagire con glicani presenti in glicoproteine di altri nematodi, o la produzione di IgE potrebbe essere stimolata dalla presenza di enzimi biotina-dipendenti, che sono ampiamente diffusi in elminti, batteri e piante. (quest’ultima possibilità però è scarsamente supportata). ( Audicana e Kennedy 2008)

6.3 Diagnosi di anisakidosi gastro-allergica acuta

La diagnosi clinica è in genere eseguita mediante endoscopia , che risulta utile non solo per la diagnosi diretta, ma anche per l’estrazione del nematode; ultimamente però dall’esperienza clinica è emerso che

l’intervento gastroscopico è utile solo in rari casi, perché l’infezione tende spontaneamente alla guarigione. (Alonso-Gomez et al., 2004). L’anamnesi positiva per l’assunzione di pesce crudo o di prodotti ittici nelle 24 ore precedenti l’inizio della reazione allergica acuta è fondamentale, ed è il criterio più importante che porta al sospetto clinico. La probabilità di GAA aumenta se sono presenti anche sintomi addominali come dolore epigastrico, nausea o vomito che precedono o accompagnano la reazione allergica.

Lo skin prick test (SPT) con estratti di A. simplex è molto sensibile, ma la specificità dipende dalla prevalenza della sensibilizzazione nella popolazione, e inoltre il problema della cross-reattività può dare falsi positivi.

Altri metodi diagnostici sono in via di sperimentazione, e il più promettente è quello che sfrutta l’allergene maggiore Ani s7, che viene riconosciuto dal 100 % dei pazienti infettati. (Anadon et al., 2009). Non sono ancora stati trovati anticorpi che possano permettere la discriminazione tra il gruppo di pazienti infettati con o senza sintomi allergici. (Caballero and Moneo, 2002).

6.3 Diagnosi di sensibilizzazione ad Anisakis associata ad orticaria cronica

In pazienti con orticaria cronica che sono sensibilizzati contro A.simplex (diagnosticati tramite IgE specifiche positive o prick test) e che presentano IgG4 siero specifiche, è probabile che l’orticaria cronica sia dovuta a proteine parassitarie.

La responsività ad una dieta che temporaneamente escluda i prodotti ittici può essere simultaneamente diagnostica e terapeutica. Infatti, la maggior parte dei pazienti che rispondono con un miglioramento clinico ad una dieta deprivata di pesce, sono generalmente in grado di tollerare di nuovo prodotti ittici dopo un periodo di sospensione e remissione sintomatologica. (Daschner et al., 2005).

Se questa risposta non è presente, è molto probabile che l’orticaria cronica e la sensibilizzazione ad A.simplex non siano correlati.

Per quanto riguarda le IgG4 specifiche, queste sono prodotte in tutti i pazienti con GAA (Daschner etal., 2002) e la loro presenza in pazienti con orticaria cronica sensibilizzati ad A. simplex è stata attribuita ad un contatto precedente con larve vive, ma non è ancora chiaro se quando sono assenti in pazienti con orticaria cronica questo sia dovuto ad un lungo intervallo temporale dall’ultimo episodio di parassitosi, ad una diversa risposta alla parassitosi, o sia il marker di una reazione allergica a proteine di larve non vitali di A.simplex. (Daschner et al., 2005).

6.4 ImmunoCAP e WB: procedure, razionale, vantaggi e svantaggi

L’immunoCAP e il WB sono due metodiche utilizzabili per la determinazione delle IgE specifiche anti-Anisakis.

L’immunoCAP è un test strutturato come un immunodosaggio ELISA (Enzyme-Linked Immuno Sorbent Assays) eterogeneo a ”sandwich”, ovvero l’anticorpo ricercato (IgE specifiche) viene fissato tra antigene e anticorpo secondario; il termine eterogeneo indica che si svolge completamente in fase liquida ma si avvale di antigeni o anticorpi adesi alla fase solida.

L’informazione che se ne ricava, tramite la rilevazione della fluorescenza finale, è di tipo quantitativo (fig. 14).

Fig. 14: Rilevazione Ac specifici tramite immunoCAP

La tecnica è completamente automatizzata, in quanto l’apparecchio gestisce automaticamente tutte le fasi dell’analisi, dalla dispensazione

dei campioni alla misurazione della fluorescenza. Il non essere operatore-dipendente, associato alla lettura finale effettuata in doppio, le fornisce un’elevata precisione, tanto che la sensibilità si considera del 100%.

Le IgE specifiche ricercate con questo metodo, però, sono rivolte verso estratti di Anisakis che contengono tutti gli antigeni presenti nel parassita, quindi sia l'antigene specifico ES Ani s 1 che gli antigeni somatici Ani s 2 e Ani s 3; a causa dell’elevata cross-reattività indotta da queste proteine, la specificità della metodica è molto bassa, e i falsi positivi numerosi.

Il Western Blot è una tecnica di immunoblot che permette di rilevare la presenza di anticorpi diretti verso specifiche proteine di Anisakis, separatesi tramite migrazione per elettroforesi.

L’informazione che fornisce è di tipo qualitativo; la reattività anticorpale verso proteine di diverso peso molecolare, a cui corrispondono antigeni noti, è evidenziata attraverso la colorazione delle bande specifiche su strisce di nitrocellulosa, confrontate con un marcatore.

Nel caso delle proteine di Anisakis, la banda da 21-25 kDa corrisponde all’antigene Ani s 1, e quindi la colorazione della banda indica la presenza di Ig specifiche anti-Anisakis nel siero del paziente; la presenza di questa banda indica un risultato positivo del test, viceversa l’assenza conferisce al WB un risultato negativo.

La banda da 37-41 kDa corrisponde ad Ani s 3, e la sua attivazione indica la presenza di anticorpi anti-tropomiosina. A causa della natura di panallergene di questo antigene, la reattività verso questa banda può indicare la presenza di anticorpi cross-reattivi anti-Ascaridi, anti- Dermatophagoides o rivolti verso altre tropomiosine con struttura fortemente conservata. A seconda dell’intensità di questa banda, posso formulare un’ipotesi sulla genesi dell’attivazione: una banda molto Marcata, infatti, depone con una probabilità più elevata per la presenza di immunoglobuline cross-reattive

La banda da 50 kDa: è una banda che si attiva in tutti i sieri di pazienti in cui si è verificato un contatto con A.Pregreffi. Probabilmente corrisponde ad un antigene non ancora caratterizzato di questa classe di Anisakide.

Recentemente, la banda da 139 kDa, che corrisponde ad Ani s 7, è stata indicata essere significativa per il rilevamento di IgG4 anti-Anisakis, e quindi la reattività verso di essa darebbe informazioni relative alla cronicizzazione dell’infezione. (Daschner, unpublished data, 2013)

L’attivazione generalizzata e diffusa delle bande di vari pesi molecolari depone poi per un sottostante stato di ipersensibilità del paziente, con IgE cross-reattive che riconoscono molti antigeni diversi. (come accade nei pazienti atopici)

Grazie alla separazione delle diverse proteine in base al loro P.M, la tecnica del WB permette di distinguere le immunoglobuline del paziente ed individuare il loro target specifico; in questo modo è possibile evidenziare la presenza di Ig anti-Ani s 1, con una specificità elevatissima quando la banda è ben delineata. Inoltre, si possono ricavare delle informazioni aggiuntive sul livello di cross-reattività delle

immunoglobuline del paziente, sia verso la tropomiosina, sia verso altri antigeni aspecifici.

Le immunoglobuline più frequentemente valutatedosate sono le IgG e le IgE, a volte singolarmente, a volte entrambe, a seconda della situazione. In questo studio, sono state dosate prima le IgG, quando non si conosceva la data del prelievo rispetto alla presentazione dei sintomi, poiché queste rimangono positive anche a distanza dall’evento acuto. Se le IgG risultavano positive, si eseguiva anche la ricerca delle IgE.

La ricerca diretta delle IgE è stata effettuata o nei casi di valori molto elevati all’immunoCAP (p4 >100) o di esordio clinico estremamente recente, perché in questi casi la probabilità che risultino positive è maggiore.

Il riscontro di IgG positive indica con sicurezza l’avvenuto contatto con Anisakis; nel caso che anche le IgE risultino positive, questo ci indica che il soggetto si è sensibilizzato, e potrebbe aver sviluppato allergia. Il paziente si definisce quindi “a rischio” di ipersensibilità ad Anisakis, specialmente se questa positività si accompagna ad elevati valori di p4 all’immunoCAP.

Se invece le IgE risultano negative, questo può voler dire o che è passato molto tempo dall’infezione, o che non si è sviluppata ipersensibilità.

Se, in caso di riscontro endoscopico di una larva di Anisakis, le IgG risultano negative, vuol dire che la larva non è penetrata nei tessuti gastrointestinali, o comunque non ha scatenato una risposta immune. Un’eventuale positività dell’immunoCAP sarà quindi da attribuire a IgE cross-reattive.

A maggior ragione in caso di IgG negative la diagnosi di anisakidosi va esclusa quando non abbiamo un’evidenza clinica di contatto con il parassita.

7. CONFRONTO TRA IMMUNOCAP E WESTERN BLOT

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