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1054.1–SVILUPPO DELLA MODELLAZIONE FUZZY DI UN SINGOLO FENOMENO DI ALTERAZIONE

La modellazione chimico-fisica ordinaria dei processi di degrado dei materiali da costruzione nei monumenti è attualmente in un’evidente situazione di impasse [PRICE 1996]: problemi

interpretativi tradizionali non trovano una concorde soluzione (effetti dell’espansione termica, della cristallizzazione dei sali, della formazione del ghiaccio, dell’azione dissolvente delle acque, della colonizzazione lichenica e della formazione degli ossalati o delle croste nere, ecc.) e permane non chiaro come i dati di laboratorio possano entrare nel processo decisionale che porta alla definizione del progetto di intervento.

4.1.1 – Il gelo/disgelo nei materiali porosi

Uno dei fenomeni più comuni e più frequentemente riscontrati di alterazione dei materiali in opera, è costituito dalla fratturazione, scagliatura o polverizzazione conseguente all’espansione del ghiaccio nei loro pori o discontinuità, preliminarmente saturati a vario grado e soggetti ad escursioni termiche ambientali nell’intorno di 0°C. Il fenomeno ha una rilevante incidenza economica e tecnica anche riguardo ai materiali moderni (calcestruzzi, laterizi), ed è stato perciò largamente studiato, sopratutto in nord Europa, negli Usa ed in Canada. CHATTERJI, dopo decenni di studi sul fenomeno, concludeva in recenti pubblicazioni [1999 A,

B] che:

“in spite of a large volume of work carried out on the frost damage of consolidated porous materials…the mechanism of damage remains unresolved”.

[CHATTERJI 1999 A]

Infatti, pur essendo ben chiara la termodinamica alla base del fenomeno, il numero e la complessità dei termini da considerare per valutarne la cinetica e quantificarne gli effetti macroscopici in condizioni reali di esposizione hanno sino ad ora reso impossibile la precisa modellazione teorica e l’affidabilità della simulazione di laboratorio [PENTTALA 1999;SCHERER

1999;PENTTALA &NESHAWY 2002].

La sperimentazione diretta della gelività viene fatta generalmente su provini di materiale non in opera, del quale non è possibile prelevare una quantità statisticamente adeguata, ma di un materiale soggettivamente valutato come equivalente, di forma definita, in condizioni di saturazione controllate, e quindi sottoposti a cicli temporali di gelo-disgelo tra due temperature estreme (spesso molto diverse da quelle riscontrabili in opera, es. –20°C) che accelerino (senza alterarne il meccanismo?) il fenomeno [UNI 8635-11 1984; UNI 7087 2002].

È certamente possibile definire un valore medio del numero di cicli che portano ad un prestabilito livello di degrado (valutato ad esempio dal peso dei frammenti distaccatisi o da una riduzione della resistenza meccanica o della velocità di propagazione degli ultrasuoni). Ma è evidente che le condizioni sperimentali adottate in laboratorio costituiscono una simulazione lontana dalle condizioni reali dei particolari siti.

Anche l’approccio teorico ha dei grossi difetti [UNI 8635-12 1984]. In pratica da un modello del fenomeno si calcola una pressione di cristallizzazione e la si confronta con il valore della resistenza a trazione del materiale. Su entrambe queste variabili tuttavia esistono grosse incertezze. La pressione di cristallizzazione può essere calcolata in modo diretto secondo

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l’approccio termodinamico di EVERETT [1961], ma sotto l’ipotesi di una struttura porosa

semplificata che comprende solo due classi dimensionali di pori, e anche in questo caso già BLACHERE &YOUNG [1974] contestarono alcuni dei presupposti del modello. L’estensione ad

una distribuzione dimensionale reale della porosità è stata fatta secondo procedure di media sui rispettivi volumi [FITZNER & SNETHLAGE 1982], ma ciò è di dubbio significato fisico e non

risulta del resto essere stata ampiamente utilizzata dagli stessi proponenti. Modelli molto più complessi dal punto di vista matematico vengono regolarmente proposti, ma il loro utilizzo non esce generalmente dalla cerchia dei loro Autori; a titolo di esempio, in Appendice è mostrato un approccio modellistico analitico come presentato da ZUBER &MARCHAND [2000].

Un’ultima interessante teoria è stata avanzata da ERLIN &MATHER [2005], i quali prendono

in considerazione il fenomeno della riduzione volumica del ghiaccio durante la fase di raffreddamento. Un poro capillare completamente riempito d’acqua sarebbe in un primo momento colmato dal ghiaccio che subirebbe una contrazione (fenomeno generalmente trascurato nelle teorie fino ad ora citate) all’ulteriore ridursi della temperatura, richiamando un sottile strato di acqua allo stato liquido, la quale a sua volta congelerebbe all’ulteriore abbassamento della temperatura. Il succedersi di una serie di questi cicli comporterebbe l’insorgere delle lesioni disgiungenti. Peraltro questa teoria non si è tradotta in relazioni matematiche a carattere previsionale.

La determinazione sperimentale della resistenza a trazione del tipo di materiali in opera sui siti archeologici, fragili e fortemente eterogenei, è, inoltre, molto imprecisa.

Infine, bisogna prendere atto che manca completamente una procedura che consenta il passaggio dai dati di laboratorio a quella che potrebbe essere definita la ‘significatività dei dati sul sito’ (è come se nell’ambito delle costruzioni moderne il progettista non sapesse come utilizzare la resistenza a compressione del calcestruzzo o quella a trazione dei ferri, determinata in laboratorio secondo procedure normalizzate, ma non certamente coincidenti con quelle in opera).

In definitiva, bisogna constatare che il carattere delle conoscenze sulla gelività è attualmente incerto, non del tutto precisabile, sfumato e che le decisioni conservative sono basate anche su dati di esperienza soggettiva che, nella redazione di un progetto e nella sua attuazione, possono risultare efficaci, ma che non essendo formalizzati difficilmente lasceranno traccia di sé nella documentazione degli interventi: siamo in una situazione intrinsecamente fuzzy.

Come detto nel capitolo I-4, una funzione che lega un numeroso gruppo di variabili può non essere esprimibile analiticamente (per ignoranza, o per incapacità di soluzione analitica o numerica, o semplicemente perché sarebbe troppo oneroso definirla e/o usarla).

La possibilità della gelività (GLVT) può assumersi ‘granulata’ in un gruppo di subsets fuzzy definiti: ‘bassa’, ‘media’ e ‘alta’ possibilità, ad esempio come riportato graficamente nella figura 4.1, nella rappresentazione del Toolbox Fuzzy di MatLab®.

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Figura 4.1. – Variabile ‘Gelività’.

L’entità assunta da questa variabile linguistica si può considerare derivare dal concorso di tre fattori (intersezione di tre insiemi). Consideriamo i tre insiemi universali, o del discorso (non fuzzy):

• N: numero delle escursioni termiche attraverso 0°C, in un anno (può essere il valore medio

tra gli anni per i quali è disponibile la rilevazione) N = {0, 1, 2, … 365 1/anno};

• U: percentuale di saturazione d’acqua congelabile del materiale per un abbassamento di

pochi °C sotto lo zero U = {0, 1, 2, …100%};

• P: distribuzione dimensionale della porosità ad esempio espressa tramite il raggio dei pori in

corrispondenza del 90° percentile della distribuzione dimensionale dei vuoti del materiale P = {0.001, … 10 µm}.

Su ciascuno di questi insiemi universali, definiamo, tramite convenienti espressioni letterali, i seguenti 9 sotto-insiemi fuzzy:

N’ = {(n, µn)}, n ∈ N e “n è poche/ medie/ molte escursioni”

U’ = {(u, µu)}, u ∈ U e “u è bassa/ media/ alta saturazione”

P’ = {(p, µp)}, p ∈ P e “p è valore molto/ mediamente/ poco critico della

dimensione media del raggio della distribuzione dei pori”

essendo µn , µu , µp i gradi di appartenenza dei vari fattori ai rispettivi insiemi fuzzy, e potendo

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Figura 4.2 – Membership functions delle 3 variabili di input.

A queste membership functions si associa un complesso di regole IF/THEN, come ad esempio mostrato in figura 4.3.

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Figura 4.3. – Regole IF/THEN della KB della ‘Gelività’.

L’inferenza per la valutazione della possibilità del degrado per gelività si ottiene quindi combinando con l’operatore OR le implicazioni di ciascuna delle rules. Operativamente si può utilizzare l’operatore min per AND e max per OR e condurre la defuzzificazione finale col metodo del baricentro [KOSKO 1994; DUBOIS & PRADE 2000; COX 2005]. Le figure 4.4-4.6

riportano 3 esempi di applicazione, implementati sul Toolbox Fuzzy di MATLAB®. Per esempio

(figura 4.4), un input, caratteristico di un dato project, costituito da 25 ciclici termici all’anno, una saturazione dell’80% ed un raggio dei pori in corrispondenza del 90° percentile del volume dei vuoti di 4 micron, g = (25, 80, 4), ha come risultato una ‘possibilità di gelività GLVT’ di 0.46. Se la soluzione progettuale in esame portasse ad un drastico controllo di anche uno solo dei termini determinanti la gelività, ad esempio si impedisse che la saturazione d’acqua del materiale si porti in campo critico, si avrebbe GLVT → 0. Viceversa, la certezza del degrado per azione del gelo si conseguirebbe solo se i gradi appartenenza fossero tutti nelle regioni di valore GLVT → 1.

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Figura 4.4 – Esempio di applicazione dell’inferenza per l’input (n° escursioni, saturazione, 90° percentile) = (25, 80, 4).

Figura 4.5 – Esempio di applicazione dell’inferenza per l’input (n° escursioni, saturazione, 90° percentile) = (30, 85, 2).

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Figura 4.6 – Esempio di applicazione dell’inferenza per l’input (n° escursioni, saturazione, 90° percentile) = (8, 90, 4).

Una comunicazione che raccoglie gli aspetti della ricerca ora illustrata è in stampa sugli «Atti del IV Congresso Nazionale AIAr. Archeometria Scienza e Beni Culturali» [ATZENI, SANNA,

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