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LO SVILUPPO DELLO ZODIACO E LE ORIGINI DELL’ARIETE E DEL TORO

Nel documento LINGUAGGIO ASTRALE (pagine 22-36)

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problema intrinseco della precessione. La prima parte di questo articolo offre una visione dello zodiaco come strumento astronomico permettendo che il si-gnificato spirituale, mitologico e politico delle sue divisioni sia esplorato in un contesto appropriato. La conclusione potrebbe essere ritenuta provocatoria e controversa, ma pone quesiti che non possono essere ignorati e mette in evi-denza coincidenze che, troppo facilmente, sono state trascurate. Potrebbe es-sere che l’astrologia abbia avuto un ruolo molto più importante ed efficace nel porre le basi delle credenze religiose moderne di quanto si sia disposti ad am-mettere?

Lo sviluppo dello zodiaco

La cintura zodiacale si estende a partire dall’eclittica, il Grande Cerchio che segna il percorso del Sole attorno alla Terra.1Esso è anche il cerchio sul quale è centrato il ciclo lunare. Prende il suo nome dalle eclissi che avvengono alla

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congiunzione del Sole e della Luna sul suo percorso. Le costellazioni che giac-ciono dietro l’eclittica hanno sempre ricevuto una particolare attenzione in astrologia, sono sempre state un utile sfondo sul quale seguire i movimenti dei luminari e le posizioni dei pianeti.

Lo zodiaco che conosciamo oggi è, tuttavia, una versione raffinata e rela-tivamente recente che fece la sua apparizione intorno al VI secolo a.C. e lottò per parecchi secoli per essere accettato. Si è creduto che fosse di origine pu-ramente babilonese, poiché la maggior parte dei nomi delle costellazioni pos-sono essere rintracciati nella storia dell’antica Mesopotamia. Gli studi hanno comunque dimostrato che è il risultato di una combinazione di diverse influen-ze culturali; alcuni segni – l’Ariete, ad esempio – hanno alle spalle una lunga storia già nell’Antico Egitto, ma erano sconosciuti in Mesopotamia. Gli Assiri conquistarono l’Egitto nel 671 a.C., una data chiave in cui due grandi civiltà giunsero ad influenzarsi reciprocamente e a fondere le idee dalle quali lo zo-diaco si sviluppò. Per comprendere la spinta scientifica e le diffuse celebrazio-ni che accompagnarono questo evento, dobbiamo considerare gli antecedenti nella misurazione e suddivisione dei cieli.

Una prova immediatamente precedente del progresso umano è fornita dalle due tavolette assire, mul Apin (“stelle dell’Aratro”), che furono scoperte nella biblioteca del Re Ashurbanipal, signore dell’Assiria, tra il 669 e il 626 a.C. Costituisce un documento di grande importanza: il più antico e dettagliato catalogo delle costellazioni che abbiamo a disposizione ed, inoltre, un com-pendio delle conoscenze astronomiche dei popoli della Mesopotamia prima del VII secolo a.C. Una copia esistente è stata datata 687 a.C., sebbene sap-piamo che si tratta di una riproduzione di un testo precedente, scritto presumi-bilmente attorno al 1000 A.C.

I predecessori del mul Apin erano vari tipi di astrolabi ed elenchi di stelle, disegnati per mostrare i punti del cielo nei quali le stelle erano visibili nelle di-verse stagioni dell’anno. Gli astrolabi erano strumenti di forma circolare che posizionavano le stelle lungo tre “percorsi”, dividendo il cielo all’orizzonte orientale in tre sezioni. Il segmento centrale conteneva la porzione più ampia delle costellazioni dei Pesci, dell’Ariete, del Toro e delle Pleiadi. Il “percorso a nord” conteneva il Cancro, il Leone e l’Orsa Maggiore, quello a sud lo Scorpio-ne, il Sagittario, il Capricorno e l’Acquario. Questa “ruota” divisa in tre sezioni era ulteriormente suddivisa (come un tema astrologico) in dodici settori, per-mettendo di identificare i dodici mesi dell’anno col sorgere di particolari stelle (vedi figura). Il più antico astrolabio che ci sia rimasto, realizzato ad Assur at-torno al 1100 a.C., fornisce inoltre informazioni dettagliate sulle posizioni retive delle stelle, sul loro sorgere e tramontare e sulla loro importanza per i la-vori agricoli ed i miti.

Il mul Apin rappresentò un significativo miglioramento rispetto ai prece-denti astrolabi, sebbene fosse simile nella forma e nella struttura. Esso forniva precise informazioni astronomiche sul Sole e la Luna, i periodi planetari, le co-stellazioni e la visibilità delle stelle – oltre ad elencare tecniche astronomiche e matematiche e profezie di tipo astrologico. Indicava le diciotto costellazioni sul

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percorso della Luna: le dodici attualmente in uso, più sei che furono amalga-mate in seguito alla altre, quando si sviluppò uno zodiaco diviso in parti ugua-li. Le costellazioni erano presentate come “divinità che si trovavano sul per-corso della Luna ed i cui domini la Luna attraversava ogni mese, toccandole” e sono elencate nella tavola…

Quando le tecniche astronomiche dei popoli della Mesopotamia si fecero più sofisticate, la misurazione piuttosto goffa delle posizioni dei corpi celesti sullo sfondo delle costellazioni divenne sempre più inaccettabile. Questo me-todo di osservazione presenta parecchi svantaggi: un problema non da poco è l’oscuramento delle stelle a causa della foschia e la difficoltà nel distinguere i confini tra le costellazioni. Divenne urgente la necessità di un sistema mate-matico che garantisse maggiore precisione nel registrare i movimenti planeta-ri. La soluzione fu trovata con l’introduzione dei “segni” zodiacali – in realtà, una ridefinizione delle costellazioni lungo l’eclittica.2

Diversi furono i fattori che spinsero alla scelta di uno zodiaco a dodici se-gni. Gli astrolabi dividevano da lungo tempo la sfera celeste in dodici parti, stabilendo un’associazione tra le condizioni astronomiche e i dodici mesi del-l’anno solare; per praticità, quindi, le costellazioni vennero sempre più asso-ciate alla divisione dei mesi. Suddividere la circonferenza in 360 gradi (il nu-mero divisibile più vicino al ciclo solare di 365 giorni) significava che ogni se-gno misurava esattamente 30 gradi, anche se l’estensione delle costellazioni dalle quali i segni prendevano il nome variava notevolmente.

All’inizio, lo zodiaco fu un utile strumento di misurazione celeste non lega-to all’attività astrologica. I diari astronomici babilonesi, che risalgono alla metà del VI secolo a.C., mostrano che in quel tempo esso era utilizzato per registra-re dati astronomici; tuttavia, l’osservazione dell’effetto dei pianeti a fini astro-logici continuò ad essere legata alle costellazioni visibili. A lungo, l’uso delle costellazioni visibili si sovrappose a quello dei segni zodiacali, prima che que-sti si affermassero definitivamente. Infine, però, i vantaggi astronomici dello zodiaco – una più accurata registrazione del tempo e la produzione di effeme-ridi affidabili – ne decretarono l’ampia accettazione. Dei sei testi esistenti pro-dotti in Mesopotamia, che usano lo zodiaco per scopi astrologici, il più antico risale al 263 a.C.iii

La precessione

Poiché lo zodiaco è un cerchio, non possiede un ovvio punto di inizio, perciò bisogna determinarne uno dal quale far partire le misurazioni. E’ da qui che iniziarono i problemi, in particolare perché gli astrologi cercarono di allineare lo zodiaco con i quattro punti cardinali che segnano il cambiamento delle sta-gioni: gli equinozi (che il Sole attraversa in primavera ed autunno) e i solstizi (dove il Sole è alla massima distanza dall’equatore in estate e in inverno). Nel primo periodo classico, questi punti erano considerati fissi nello spazio sebbe-ne, in realtà, sono soggetti ad un quasi impercettibile movimento precessiona-le di 50” all’anno. Ciò significa semplicemente che il Soprecessiona-le non attraversa

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quatore nello stesso punto dell’eclittica ogni anno; lo attraversa in un punto 50” ad est rispetto all’anno precedente.

Nel corso di una vita umana, il punto di intersezione in movimento, tra l’eclittica e l’equatore, si sposta così poco da risultare trascurabile, ma dopo diversi secoli si noterà che lo sfondo di stelle, una volta alle spalle del punto di intersezione, si muove verso ovest. Questo è il fenomeno della precessione, causato dalla lenta rotazione dell’asse terrestre attorno ai poli celesti. Mentre lo sfondo delle stelle fisse rimane più o meno costante nelle relazioni recipro-che tra le costellazioni, l’intersezione dell’eclittica con l’equatore slitta all’indie-tro attraverso lo zodiaco, completando l’intero percorso in circa 26.000 anni – il “Grande Anno Astrologico”. Il movimento del Punto Vernale da un segno zo-diacale a quello successivo (al momento ci spostiamo dall’era dei Pesci a quella dell’Acquario) è una suddivisione di questo ciclo che dura approssima-tivamente 2.160 anni.

Il bisogno di identificare correttamente la posizione dell’Equinozio di Pri-mavera – che vede il passaggio del Sole dall’emisfero meridionale a quello settentrionale attorno il 21 marzo – fu questione di grande importanza per le antiche culture. Il ritorno del Sole al punto dell’equinozio segnava ufficialmen-te l’inizio della primavera, un periodo di grande gioia e devozione spirituale; in-tere comunità erano impegnate nelle celebrazioni del Nuovo Anno e in ceri-monie che duravano per giorni e festeggiavano il ritorno del dominio solare sull’oscurità dell’inverno, il ritorno della vita che sconfiggeva la morte. Non vi è dubbio che l’ascesa del Sole al Punto Vernale avesse assorbito l’interesse de-gli astrologi per mide-gliaia di anni, prima che fosse elaborato uno zodiaco a set-tori uguali. Quando fu introdotto questo nuovo strumento matematico, sembrò naturale agli astrologi porre il suo punto d’inizio – almeno, dal punto di vista fi-losofico – in allineamento con l’Equinozio di Primavera.

Dovremmo ricordare che ciò non costituiva, comunque, un problema per le antiche culture – le grandi civiltà dell’Egitto e della Mesopotamia, che attri-buivano un’enorme importanza alla precisa localizzazione e datazione del “ri-torno del Sole”. Gli astrologi dell’antichità erano osservatori dei cieli, spinti da necessità religiose e sociali a stabilire correttamente l’Equinozio di Primavera per regolare i calendari e dare ordine alla società. Gli antichi abitanti dell’Egit-to e della Mesopotamia non usavano lo zodiaco tropico (non era ancora stadell’Egit-to inventato), così non sentivano il bisogno di stabilire un punto fisso di riferi-mento da cui partire. Erano, invece, interessati alla misurazione dei punti co-smici che indicavano cambiamenti stagionali e molto si affidavano agli astro-logi affinché tenessero aggiornati i loro calendari, facendo riferimento alle stel-le.

Il problema di creare un punto d’inizio fisso per lo zodiaco sorse in realtà nel periodo classico, quando gli astrologi divennero filosofi oltre che osserva-tori. Essi si affidavano più a divisioni matematiche che all’osservazione diretta delle stelle ed erano meno disposti a dedicare attenzione al cielo, riferimento imprescindibile per le più antiche tavole realizzate dai loro predecessori.

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astrologi non avevano un gran bisogno di prestare tanta attenzione a questo lento e appena percettibile ciclo di cambiamento stagionale. Un mutamento culturale spostava l’interesse dell’astrologo dall’osservazione dei movimenti celesti verso interrogativi filosofici quali: Che cosa sono le stelle? Di che cosa sono fatte? E che cosa le tiene in cielo?

Dopo che Alessandro il Grande unificò i regni d’Egitto, di Assiria e Grecia nel terzo secolo a.C., il mondo ellenistico che sorse da questa unione cercò di recuperare le antiche filosofie dell’Egitto e dell’Assiria per fonderle in un “pac-chetto” filosofico integrato, destinato a diventare parte dell’eredità culturale dell’Occidente.

Furono fondate istituzioni culturali dove si potessero studiare gli antichi manoscritti e si producessero opere secondo un nuovo standard accademico. L’astrologia ellenistica classica subì importanti modifiche – emergendo in una forma molto diversa dall’astrologia praticata in Mesopotamia o in Egitto. Le tecniche si basarono sugli standard precedenti, ma alcune idee furono espan-se e sviluppate, mentre altre andarono perdute.

Nel corso di questo processo, si perse la conoscenza dello spostamento del Punto Vernale. I primi astrologi del periodo classico giunsero a considerar-lo come un punto fisso e stazionario che cadeva nei primi gradi dell’Ariete. Ma vi era grande confusione e molte discussioni su quale grado dell’Ariete esatta-mente lo ospitasse. Manilio, nel primo secolo d.C., scrive su come non esistes-se accordo tra gli astrologi sull’argomento:

Alcuni attribuiscono tali poteri all’ottavo grado, altri sostengono che appartenga-no al decimo né mancava un’autorità che attribuisse al primo grado l’influenza e il controllo decisivi dei giorni.4

Siamo, inoltre, a conoscenza di fonti precedenti che ponevano il Punto Vernale al 12° o al !5° grado dell’Ariete.5 I primi astrologi classici avevano i mezzi per comprendere il problema della precessione, ma non avevano l’inte-resse filosofico, preferendo invece una concezione dei cieli poggianti su quat-tro punti di sostegno fissi e immutabili. Sebbene Ipparco (190-120 a.C. circa), al quale si attribuisce la scoperta della precessione degli equinozi, fornisse prove inconfutabili del fenomeno nella correzione di precedenti carte stellari, molti suoi contemporanei trascurarono le sue scoperte, riluttanti ad abbando-nare le credenze tradizionali. Di conseguenza, addirittura nel 77 d.C., scopria-mo che lo storico romano Plinio ignora le scoperte di Ipparco e nella sua

Sto-ria Naturale scrive che il Sole “cambia il suo corso” all’ottavo grado

dell’Arie-te, in totale disprezzo dell’opera di Ipparco.6

Spostamenti precessionali e separazioni zodiacali

Vi fu, forse, una ragione più pertinente per cui gli astrologi del primo periodo classico scelsero di ignorare la questione: nascondendo il “difetto innato” dello zodiaco, aggiravano anche un problema filosofico che aveva implicazioni più

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ampie. Durante lo sviluppo dell’astrologia ellenistica, furono stabiliti principi saldi, che dipendevano fortemente dall’accettazione dello zodiaco come perno attorno al quale l’astrologia stessa ruotava. Gli storici classici avevano l’abitu-dine di esagerare l’antichità dei loro sistemi filosofici; poiché lo zodiaco esiste-va da diversi secoli, lo considerarono subito uno strumento essenziale e im-mutabile le cui origini si perdevano nella notte dei tempi. All’interno di un tale quadro di riferimento, l’Ariete era ricordato come il segno della primavera; co-sì accadeva da migliaia di anni.

L’astrologia possedeva un chiaro potere politico in questo periodo e si ba-sava sul principio fondante che l’Ariete segnava la stagione d’ingresso di un nuovo ciclo di fertilità e di crescita. Ma fu durante l’inizio dell’era cristiana che la precessione spostò il Punto Vernale, messaggero della primavera, dall’Arie-te ai Pesci dove è rimasto. Che cosa avrebbero dovuto fare gli astrologi? Ri-scrivere la cosiddetta immutabile testimonianza delle stelle e proclamare i Pe-sci come nuovo punto d’inizio? I significati di tutti i segni si basavano forte-mente su attività stagionali ed eventi del calendario; ciò avrebbe significato una completa revisione della filosofia astrologica proprio nel momento in cui era giunta al massimo del suo potere nel mondo occidentale; inoltre, si era tanto diffusa e potente era percepita l’antichità del suo insegnamento. Ciò rap-presentò un importante dilemma. Lo zodiaco – strumento di riferimento astro-nomico nuovo e migliorato, elaborato matematicamente e così essenziale al mondo classico – si allontanava dalla sua radice simbolica e filosofica. Forte era la tentazione di ignorare tutto ciò, lasciando che qualche astrologo affron-tasse la questione in futuro quando davvero avrebbe avuto importanza.

Si afferma che il grande astronomo Tolomeo ebbe l’onere e la responsa-bilità di prendere una posizione filosofica ed offrire una soluzione. Tolomeo visse ed operò nel II secolo d.C., quando il Punto Vernale si trovava ancora per poco nell’Ariete, cadendo nel primo grado. Il problema non poteva più essere accantonato. Tolomeo sosteneva il collegamento simbolico tra i segni dello zodiaco e il ciclo delle stagioni, scrivendo nel Tetrabiblos:

…sebbene non vi sia un inizio naturale dello zodiaco, essendo una circonferenza, essi [gli astrologi antichi] ritengono che il segno che inizia con l’Equinozio di Primave-ra, l’Ariete, è il punto di partenza per tutti gli altri, facendo sì che l’eccesso di umidità della primavera coincida con la prima parte dello zodiaco come se fosse una creatura vivente e ponendo in seguito le restanti stagioni, poiché in tutte le creature la prima età, come la primavera, mostra una maggiore percentuale di umidità ed è tenera, e ancora delicata. La seconda età, fino alla maturità, eccede in calore, come l’estate; la terza, che è oltre la maturità e sull’orlo del declino, ha un eccesso di secchezza come l’autunno, e l’ultima, che si avvicina alla fine, eccede in freddo, come l’inverno.7

L’inizio dello zodiaco doveva, pertanto, essere mantenuto in corrispon-denza del mobile Punto Vernale, che lentamente indietreggiava su uno sfondo di stelle, o invece allineato in modo permanente con un più costante punto nello spazio, ad esempio una delle più importanti stelle fisse?

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Per molti astrologi, il ragionamento simbolico di Tolomeo, che prevedeva una connessione tra le caratteristiche dei segni e i temperamenti climatici, fu decisivo. Lo “zodiaco tropico” inizia con il primo grado dell’Ariete, determinato dall’Equinozio di Primavera. I due vengono legati e, poiché il Punto Vernale si sposta lentamente verso occidente, lo stesso accade agli ipotetici segni dello zodiaco che vengono associati alla relazione Sole-Terra e conservano il simbo-lismo delle stagioni. Che il segno dell’Ariete si sovrapponga alla costellazione dei Pesci, è irrilevante; lo zodiaco immaginario e simbolico si distingue ormai dalle stelle e ne prende il posto come punto di riferimento astronomico ed

astrologico.

Lo zodiaco tropico è coerente con molti dei principi filosofici alla base dell’astrologia, specialmente se ci si concentra sulla relazione unica tra l’uomo e i cicli celesti. È, però, uno zodiaco in movimento che non ha più un rapporto diretto con le costellazioni dalle quali i segni prendono il nome. Ciò ha causato un acceso dibattito tra gli astrologi; alcuni astrologi in Occidente e la maggior parte in Oriente preferiscono uno “zodiaco siderale”, permanentemente alli-neato alle stelle e calcolato da un punto di riferimento fisso – generalmente, la stella Spica. In questo modo è garantita una stretta corrispondenza tra le co-stellazioni visibili e i segni siderali, sebbene non sia esatta perché anche lo zo-diaco siderale usa divisioni uguali, mentre le costellazioni non lo sono. Al mo-mento, i due zodiaci iniziano in punti posti a circa 24° l’uno dall’altro e, nello zodiaco siderale, l’Equinozio di Primavera avviene nei primi gradi dei Pesci.

Pochi astrologi hanno scelto di adottare un terzo metodo di divisione. Lo “zodiaco delle costellazioni” mira a mantenere il rapporto più diretto possibile con esse, riconoscendone la diversa estensione che va da solo 6° per lo Scor-pione ad addirittura 43° per la Vergine. Poiché questo zodiaco è siderale – ba-sato sulla posizione delle stelle, piuttosto che sui cicli dei luminari – la sua suddivisione in 12 gruppi stagionali è meno rilevante come principio simbolico e vi si può includere una tredicesima costellazione, quella di Ofiuco. Lo zodia-co delle zodia-costellazioni è zodia-considerato fisso ed il suo punto d’inizio si trova sulla linea astronomica che separa i Pesci dall’Ariete.8

Ritornando alla nostra citazione da Tolomeo, vi sono altri due fattori da considerare in questa sede. Il primo è una questione minore: Tolomeo, in realtà, non offrì alcuna soluzione ai problemi né prese una posizione filosofi-ca; si limitò a registrare la situazione astrologica dei suoi tempi. Le sue parole attentamente scelte non erano affatto ambigue, perché in quel periodo il Pun-to Vernale e l’inizio dello zodiaco coincidevano (il 220 d.C. fu calcolaPun-to come l’anno della corrispondenza esatta). Non vi era dubbio che le sue affermazio-ni fossero ritenute autorevoli per una soluzione del problema, dal momento che gli astrologi successivi scelsero opportunamente di interpretarle in quel modo.

Il secondo punto è più importante per la storia del simbolismo cosmico, ma generalmente trascurato dagli autori che si occupano dei misteri delle “ere” precessionali. Le ere dell’antichità sono spesso datate proiettando gli spostamenti precessionali all’indietro sullo sfondo di un sistema di segni

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cali che neanche esisteva in quei periodi. Prima del periodo classico, gli astro-logi non avevano mai incontrato il problema dello spostamento del Punto Ver-nale lungo i confini di segni calcolati matematicamente. E’ possibile che fos-sero consapevoli solo degli spostamenti precessionali quando il punto si muo-veva dalle stelle di una costellazione alla successiva. Ciò mette in dubbio la

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