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Tabella 3.1: Occupati per branca di attività in Italia

Come osservato sopra, la leva dell’export ha rappresentato un elemento determinante nella dinamica del PIL nazionale del post crisi. Pur a fronte dell’impetuoso processo di terziarizzazione, l’Italia, similmente alla Germania, mantiene una vocazione manifatturiera importante, più significativa di quella che caratterizza paesi quali il Regno Unito e la Francia; e il sistema produttivo nazionale esprime una buona propensione all’export5, superiore a quella di Francia e Spagna e in costante crescita (Figura 3.5). Un’ulteriore caratteristica distintiva del mercato delle esportazioni nazionale è data dall’elevata numerosità delle sue imprese esportatrici. La struttura dell’export dell’Italia si basa su un modello “estensivo”, costituito dalla presenza di numerose piccole e medie imprese (circa il 50 per cento delle imprese esportatrici sono PMI contro rispettivamente il 18 e 20 per cento di Germania e Francia). Un’altra misura utile a fotografare questa particolarità è data dal contributo delle prime 100 imprese esportatrici sul valore totale delle esportazioni, che vale il 50,6% in Germania e il 57,4% in Francia, mentre in Italia si limita al 27,9%6.

In tutte le economie la dinamica dell’export riguarda in netta prevalenza il mercato dei beni piuttosto che quello dei servizi. Sotto questo profilo, è possibile osservare come la terziarizzazione delle economie non abbia di per sé comportato una leva all’internazionalizzazione – se non in termini di accresciuta mobilità del capitale umano – quanto piuttosto un elemento di freno. Tuttavia la propensione all’export risulta in crescita anche nel comparto dei servizi, pur mantenendosi su valori molto più contenuti di quelli che si registrano nel mercato dei beni (Figura 3.5). Come sottolinea il Rapporto ISTAT 2019 sulla competitività dei settori produttivi l’Italia, diversamente da quanto accade per il mercato dei beni, appare come un paese relativamente chiuso all’interscambio di servizi e ha beneficiato della crescita nel commercio

5 La propensione all’export è misurata come rapporto tra valore delle esportazioni e valore del PIL.

6 Fonte: ISTAT – Rapporto sulla competitività dei settori produttivi – edizione 2019, pagina 30. 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 2017 2018 Agricoltura, silvicoltura e pesca 838 849 832 833 799 812 843 884 871 872 Manifattura 4.720 4.556 4.602 4.524 4.449 4.509 4.507 4.541 4.571 4.653 Costruzioni 1.917 1.889 1.791 1.700 1.553 1.484 1.468 1.404 1.416 1.407 Servizi 15.224 15.233 15.374 15.508 15.390 15.474 15.646 15.929 16.165 16.283 Commercio, alberghi e ristoranti 4.510 4.472 4.441 4.578 4.515 4.496 4.528 4.636 4.738 4.746 Altre attività dei servizi 10.714 10.762 10.932 10.930 10.874 10.978 11.118 11.292 11.427 11.536 Totale 22.699 22.527 22.598 22.566 22.191 22.279 22.465 22.758 23.023 23.215

Osservato rio delle lib ere professi oni 43 internazionale di servizi intervenuta negli anni recenti in misura molto minore

delle altre economie dell’eurozona: nel 2018 il valore delle esportazioni di servizi era inferiore al 6% del PIL, contro l’8,3% in Germania, il 9,3% in Francia e il 10,5% in Spagna. Il divario tende inoltre ad allargarsi, poiché l’aumento rispetto al 2010 (Figura 3.5) è stato di circa il 30% in Italia, del 45% in Spagna e del 55-60% in Francia e Germania.

Ancora, i dati del Rapporto ISTAT sulla competitività dei settori produttivi evidenziano come la composizione dell’export di servizi del nostro paese sia molto diversa rispetto a quella di Germania e Francia. Nello specifico le analisi dell’ISTAT (Figura 3.6) evidenziano per l’Italia e la Spagna una prevalenza dei servizi di viaggio e un contributo relativamente limitato delle attività a maggior contenuto di conoscenza quali i servizi finanziari e assicurativi, l’informatica e telecomunicazione, i proventi dell’uso della proprietà intellettuale, gli altri servizi alle imprese. Anche la quota di export riferita ai servizi a “media intensità di conoscenza” – trasporti e logistica, servizi di manutenzione e riparazione (tipicamente associati alla vendita di impianti e strutture), lavori di costruzione internazionale – appare contenuta nel confronto con Germania e Francia.

Figura 3.5: Propensione all’esportazione di beni e servizi e dinamica

esportativa nei servizi in Italia, Francia, Germania, Spagna*

Osservato rio delle lib ere professi oni 44

Passando ai dati occupazionali, è possibile osservare come la progressiva crescita dei servizi si accompagni ad altre dinamiche che intervengono a modificare in modo strutturale la domanda di lavoro. Un primo aspetto è quello che riguarda la tendenza ad una sorta di polarizzazione in atto nel mercato del lavoro, che si riscontra in generale in tutte le economie avanzate7. Come emerge dalla Tabella 3.2 la crescita occupazionale degli anni recenti riguarda prevalentemente da un lato le figure professionali a maggiore qualificazione8 – tra tutte le professioni intellettuali, che aumentano del 17% in sette anni – e dall’altro il personale non qualificato (+12%), mentre si osserva di converso un declino della domanda di lavoro riferita alle posizioni intermedie. Il calo interviene in modo marcato sul lavoro manuale specializzato del comparto produttivo e primario (artigiani, operai specializzati, agricoltori, -14%) ma si riscontra anche nel terziario, a carico delle posizioni impiegatizie (-3%). Nel

7 Si veda ad esempio il Rapporto OECD Employment Outlook 2017, Capitolo 3.

8 L’eccezione a questa dinamica è data dal gruppo dei dirigenti e imprenditori, che subiscono un calo di circa il 10% nel periodo. Si tratta tuttavia di un segmento di dimensioni limitate che risponde a logiche diverse da quelle che regolano la domanda di lavoro nel suo complesso.

Figura 3.6: Evoluzione dell’export di servizi commerciali per contenuto

tecnologico* in Italia, Francia, Germania, Spagna

44% 45% 31% 29% 18% 17% 48% 51% 15% 14% 23% 21% 26% 25% 14% 41% 40% 46% 51% 55% 58% 52% 34% 0% 20% 40% 60% 80% 100% 2010 2018 2010 2018 2010 2018 2010 2018 Italia Francia Germania Spagna

Osservato rio delle lib ere professi oni 45 commercio e servizi la crescita va a tutto vantaggio degli addetti alla vendita e

delle figure assimilate, ovvero di profili professionali a bassa qualifica.

Importante è infine la dinamica connessa alla riduzione dei tempi di lavoro, che costituisce anch’essa un riflesso delle trasformazioni indotte dalla terziarizzazione dell’economia. Come si vede dalla Tabella 3.3, la crescita occupazionale positiva è andata a tutto vantaggio degli occupati a tempo parziale (+23,6% rispetto al 2011) mentre gli occupati a tempo pieno risultano in lieve arretramento (-1,1%). Ciò implica anche che in termini di ore lavorate l’economia nazionale è ben lontana dai livelli pre-crisi, seppure il divario con il 2008 in termini di “teste” sia stato appianato. Il lavoro part-time al 2018 incide per il 18,6% sul totale dell’economia; al 2011 coinvolgeva il 15,4% degli occupati. L’incidenza del part time assume il valore più elevato nel commercio e turismo (dove interessa il 25% degli occupati) ma anche nelle altre attività del terziario (21,8%). Di converso, il fenomeno appare tutt’oggi molto limitato (7-8%) nell’industria manifatturiera e nelle costruzioni.