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Tecniche agronomiche per una gestione sostenibile degli habitat agricoli

Nel documento Informazioni legali (pagine 83-92)

4. RISPOSTE GESTIONALI

4.2 Tecniche agronomiche per una gestione sostenibile degli habitat agricoli

L’attività agricola, soprattutto se intensiva, può comportare impatti sulla biodiversità e sulle aree ad alto valore naturalistico come le Aree Natura 2000. In particolare gli effetti derivati dall’impiego di sostanze chimiche (fertilizzanti, fitofarmaci, diserbanti ecc.) sulle specie animali possono essere diretti (tossicità acuta o cronica, riduzione del successo riproduttivo, diminuzione di difese immunitarie, effetti mutageni, teratogeni e cancerogeni) o indiretti (riduzione delle fonti alimentari e dei siti di alimentazione e di rifugio per la fauna selvatica). Le principali mitigazioni a questi tipi di impatti possono derivare dall’adozione di veri e propri sistemi di produzione alternativi o dall’adozione di tecniche agricole sostenibili. Tra i sistemi più diffusi vi sono l’agricoltura biologica e l’agricoltura integrata (Genghini e Ferreti, 2010). Per questi due sistemi sono stati previsti specifici regolamenti comunitari che ne hanno favorito l’introduzione e la diffusione; tra questi ricordiamo in particolare i Reg. CEE 2092/1991 e successivi e Reg. CEE 2078/1992 e successivi. L’agricoltura biologica prevede l’impiego ridotto di prodotti chimici di sintesi, generalmente tra gli anticrittogamici, meno tossici, a base di zolfo e rame e tra gli insetticidi quelli a base di piretro. Nell’agricoltura integrata, invece, prioritariamente vengono previste delle strategie tese a ridurre sensibilmente la quantità dei prodotti fitosanitari in relazione al superamento di determinate soglie di infestazione da insetti e da patogeni. Essa si basa sul concetto di lotta guidata, ossia non sulla totale distruzione di parassiti delle piante, ma sul loro mantenimento sotto una determinata soglia di danno, utilizzando anche altri mezzi agronomici, meccanici, fisici, biologici e biotecnologici.

Vi possono essere anche altri metodi di produzione a ridotto impatto, come l’agricoltura biodinamica basata su una concezione olistica dell’azienda agricola, cioè di un’azienda che si rapporta per gradi con l’ambiente circostante, con la terra intera e infine con il cosmo, i pianeti e le costellazioni. Una visione totale della vita del pianeta consente al biodinamico di operare con gli elementi minerali, vegetali e animali in modo da inserirsi nei processi e nei fenomeni naturali in modo mirato e rispettoso. Tale tecnica risulta però poco diffusa sul territorio nazionale.

Tra le tecniche agronomiche che sono riconducibili a specifiche modificazioni nell’uso di prodotti fitosanitari ricordiamo, in particolare: l’impiego di prodotti a minore tossicità, la riduzione delle dosi di impiego, l’utilizzo di macchinari per la distribuzione che consentano dosaggi ridotti, l’astensione del trattamento dalle aree di maggior interesse per la fauna selvatica. Tra le misure di mitigazione degli impatti chimici più significative nei confronti delle specie selvatiche vi è certamente da ricordare il sistema della Conservation headland adottato inizialmente in Inghilterra dal Game Conservancy Trust e che poi si è diffuso in altri Paesi europei. Questo sistema prevede il non impiego di prodotti chimici (o di limitare l’uso di quelli più dannosi) nelle fasce di ecotono (siepi, banchine, fossi ecc.) e

negli ultimi 6-10 metri dell’appezzamento agricolo alla testata o al margine dei campi. In Italia, lo stesso metodo è stato utilizzato anche in forme diversificate prendendo in considerazione i diversi tipi di margine presenti in ogni tipico paesaggio agrario (banchine, fossi, canali, bosco, filari di alberi, zone ripariali ecc) (Genghini e Ferreti, 2010).

Lo Standard 5.2 è il nuovo impegno di condizionalità introdotto dal DM 27417 del 22 dicembre 2011 del MIPAAF e prevede l’introduzione delle fasce tampone lungo i corsi d’acqua. In base a quanto stabilito dall’allegato terzo del Reg. (CE) n. 73/2009, esso prevede infatti che a partire dall’1 gennaio 2012 ogni Stato membro introduca uno standard di condizionalità, che si ponga come obiettivo “la protezione dei corsi d’acqua dall’inquinamento e dal ruscellamento provocati dalle attività agricole”. A tal fine il Decreto Ministeriale prescrive la presenza, o la costituzione, di una fascia tampone lungo i corpi idrici superficiali di torrenti, fiumi o canali. Per fascia tampone s’intende una striscia di terreno mantenuta sotto copertura vegetale permanente che può essere erbacea, arbustiva od arborea. Queste fasce sono in grado di ridurre gli effetti dell’erosione idrica e di conseguenza il dilavamento di sostanze nutritive del terreno e ridurre l’inquinamento dei corsi d’acqua provocato da concimi e pesticidi. L’obbligo di introdurre le fasce tampone riguarda tutte le superfici agricole a esclusione dei terreni investiti a oliveti e a pascolo permanente. La larghezza della fascia è vincolata allo stato qualitativo dell’acqua del corpo idrico e può variare dai 3 ai 5 metri, la sua ampiezza viene misurata prendendo come riferimento il ciglio di sponda.

Habitat principalmente interessati dall’attività agricola e indicazioni gestionali

Sono state individuate a scala nazionale, mediante l’applicazione del modello concettuale, le aree a maggiore pericolosità per l’uso dei prodotti fitosanitari. Per queste ultime sono stati presi in considerazione i principali habitat agricoli che le caratterizzano e individuate misure di conservazione e gestione e tecniche agronomiche sostenibili che consentano di limitare l’utilizzo di prodotti fitosanitari e in questo modo di ridurne l’impatto.

Gli habitat sono stati distinti nelle tre seguenti classi principali, in base al contesto biogeografico di appartenenza.

Habitat degli agroecosistemi di montagna e di collina, caratterizzati dalla presenza di praterie estensive, bassa intensità di gestione e presenza di elementi lineari del paesaggio, in particolare corsi d’acqua:

• praterie montane o alpine • prati permanenti

• vegetazione lungo i corsi d’acqua;

Habitat che caratterizzano gli agroecosistemi estesi di collina, a prevalenza di colture non intensive a seminativo, colture arboree, in aree a forte eterogeneità con presenza di elementi seminaturali (siepi, incolti, aree di margine, boschetti ecc.):

• macchie di bosco • prati permanenti

• siepi, alberi frangivento e boschetti

• seminativi ritirati dalla produzione per scopi ambientali • oliveti e vigneti tradizionali;

Habitat che caratterizzano gli agroecosistemi di pianura, a permanenza di colture non intensive a seminativo frammiste a prati permanenti e a colture arboree, con presenza diffusa di corsi d’acqua, vegetazione seminaturale e di elementi lineari del paesaggio (filari, boschetti, siepi). Tra questi verranno prese in considerazione le aree ad agricoltura intensiva:

• sistemi di seminativi a rotazione • bordi campo

• seminativi ritirati dalla produzione per scopi ambientali • piccole zone umide e laghetti

• vegetazione dei canali e dei fossi.

Considerata l’eterogeneità e il numero elevato delle pratiche agronomiche, spesso sovrapponibili per i diversi habitat, si è deciso di raggruppare le misure in categorie più o meno omogenee.

Praterie montane o alpine

Sono da sempre sfruttate per il pascolo del bestiame brado grazie alla pratica dell’alpeggio. Purtroppo da decenni la tendenza è l’abbandono di tale pratica. Il mantenimento del pascolo estensivo è importante per impedire la ricrescita del bosco e dei cespuglieti al fine di conservare questi ambienti che ospitano ricche comunità di specie di uccelli, in particolare passeriformi nidificanti a terra come l’Averla e i rapaci (Aquila Reale, Falco pecchiaiolo e Biancone). Inoltre a questi ambienti sono legate specie di Lepidotteri quali l’Euphydryas aurina, l’Erebia calcaria, l’Erebia christi, che è una delle farfalle più minacciate in Italia, rettili come la Vipera ursini, mammiferi quali Chionomys nivalis e Rupicapra pyrenaica ornata. Se ben gestite sono caratterizzate da un’elevata ricchezza floristica con la presenza di diverse specie di Orchidee (Anacamptis spp., Orchis spp., Gymnadenia spp., Traunsteinera globosa), specie endemiche (soprattutto dei generi Astragalus, Campanula spp., Centaurea spp., Festuca spp., Gentiana spp., Gentianella spp., Pedicularis spp), e altre specie di notevole interesse botanico ed estetico (ad es., Crocus spp., Lilium croceum, Lilium pomponium, Nigritella nigra, Neotinea tridentata).

Buone pratiche di conservazione e gestione

- Valutazione del carico animale per unità di superficie: il pascolo estensivo prevede 0,2-0,8 unità di bestiame per ettaro, anche se il carico può variare in funzione della fertilità e del tipo di suolo e clima locale.

- Modalità di gestione degli animali e del tipo di pascolo attuato (turnato, libero, razionato ecc.). - Turni di pascolamento: definizione dei periodi di pascolamento e di integrazione degli alimenti (pascolo, bosco ecc.).

- Indicazioni sull’ubicazione dei punti di abbeveraggio presenti o previsti.

- Gestione sostenibile del prato pascolo per evitare l’imboschimento su pascoli, versanti erbosi e nelle aree con prati stabili, arbusteti e brughiere.

- Falciatura regolare: una falciatura/anno e un turno di pascolo in tarda estate-autunno. Lo sfalcio deve essere effettuato a un’altezza di circa 15 cm.

- Mantenimento a rotazione di porzioni di prato non sfalciate, anche di piccola estensione, preferibilmente dopo la metà di agosto, per permettere alle specie, in particolare gli uccelli che nidificano a terra, di terminare con successo l’allevamento dei piccoli; nel caso nel sito ci siano specie di Lepidotteri da tutelare mantenere aree non sfalciate, lasciando le piante nutrici delle specie da tutelare. In tali fasce non sfalciate è vietato l’utilizzo di erbicidi, insetticidi e altri prodotti fitosanitari (Van Swaay C. et al., 2012a ).

- Sfalciatura dal centro verso il perimetro del campo o progredendo riaffiancando per lungo lo sfalcio precedente.

- Durante i tagli con i mezzi meccanici munire le macchine di apposite barre di involo collocate proprio davanti alle rotative al fine di ridurre la mortalità della fauna selvatica che si riproduce o si rifugia per terra.

- Fermare lo sfalcio al primo segno di involo per recuperare e ricollocare uova e nidiacei. - Prevedere bassi livelli di concimazione organica.

- Decespugliamento, mediante il taglio periodico degli arbusti nelle aree dove sono presenti particolari emergenze floristiche, ed effettuare ulteriori tagli per controllare lo sviluppo della vegetazione arbustiva e impedirne la rapida ricrescita, per il recupero delle praterie, evitando il diserbo chimico.

Prati permanenti

Sono costituiti da aree gestite prevalentemente a sfalcio ma talvolta anche pascolate in modo non intensivo e situate in posizione montano-collinare.

I prati stabili (non sottoposti a lavorazioni del terreno) sostengono una ricca comunità di flora (caratterizzata in particolare dai generi Bromus, Centaurea, Rhinanthus) e fauna selvatica con molte specie di insetti (ad es., Ortotteri, Carabidi, Lepidotteri), piccoli mammiferi (ad es., Crocidura suaveolens, Crocidura leucodon, Microtus savii) e Chirotteri (ad es., Myotis myotis, Myothis blythy) che si nutrono principalmente di Artropodi erbicoli, quali gli Ortotteri e i Carabidi. La presenza di insetti e piccoli mammiferi sostiene i rapaci notturni e diurni come il Barbagianni, la Poiana e il Gheppio.

Buone pratiche di conservazione e gestione

- Per il recupero dei prati, prevedere il reimpianto di nuovo cotico erboso attraverso l’utilizzo di specie autoctone e provenienti da aree limitrofe.

- Evitare il sovra pascolamento, quindi dotarsi di piani di pascolo. Dosare l’intensità del pascolo in base all’intensità/numerosità delle mandrie, ad esempio per una gestione ottimale calcolare i capi di bestiame/ha < a 0.2-0.8 ed effettuare turni di pascolamento.

- Evitare l’impiego di concimi e favorire l’uso del letame e dei concimi organici. - Effettuare falciature regolari tenendo conto di:

 effettuare lo sfalcio nei mesi a cavallo tra autunno e inverno, una volta l’anno; il taglio deve essere effettuato a una altezza di circa 15 centimetri;

 sfalciare dal centro verso il perimetro del campo o progredendo riaffiancando per il lungo lo sfalcio precedente;

 effettuare delle ricognizioni preventive sul campo per identificare nidi, nidiate ecc.;  affiancare il mezzo con le barre con operatori a piedi per individuare nidiate o individui di

fauna selvatica;

 fermare lo sfalcio al primo segno di involo per recuperare e ricollocare uova o nidiacei. - Mantenere a rotazione porzioni di prato non sfalciate, anche di piccola estensione, per aumentare la biodiversità dei prati e, in particolare dopo la metà di agosto, per permettere alle specie (soprattutto ornitiche) che nidificano sul terreno (es. allodola, cutrettola, strillozzo, quaglia) di terminare con successo l’allevamento dei piccoli.

- Nel caso nel sito ci siano specie di Lepidotteri da tutelare, mantenere aree non sfalciate, lasciando le piante nutrici delle specie da tutelare. In tali fasce non sfalciate sarebbe opportuno non utilizzare erbicidi, insetticidi e altri prodotti fitosanitari (Van Swaay C. et al., 2012a ).

Vegetazione lungo i corsi d’acqua

I fiumi, i torrenti, gli acquitrini, i canali e le scoline che regolano il flusso di acqua nei campi ospitano una ricca varietà di specie selvatiche. In particolare specie erbacee, arbustive e arboree (Salix spp., Populus spp., Ulmus spp., Alnus spp., Juncus, Cyperus spp., Carex spp., Phragmites australis, Typha spp., ecc.) che non possono sussistere nei campi coltivati e sulle quali si concentra una ricca comunità animale (più del 50 % delle specie tutelate dall’all. II della Direttiva Habitat sono legate agli ambienti). Ad esempio, forniscono rifugio alla fauna acquatica (larve di invertebrati in particolare di Odonati, Anfibi quali Bombina spp., Pelobates fuscus insubricus, Rana lataste, Rettili come l’Emys orbicularis), a sua volta fonte di cibo per numerose specie di uccelli acquatici. Per quanto siano ambienti artificiali o semi-artificiali possono ospitare specie botaniche rare tipiche degli ambienti palustri preesistenti alle bonifiche oltre che degli ambiti fluviali.

Buone pratiche di conservazione e gestione

- La corretta valutazione del rischio ambientale dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti usati in campo consentirà di gestire tali input evitando che vadano a finire nelle acque limitrofe, vietando comunque l’utilizzo dei fitofarmaci pericolosi per l’ambiente acquatico (vedi frasi di precauzione per l’ambiente riportate in etichetta: SPe1, SPe2, Spe3 ).

- La creazione di fasce tampone adiacenti alle zone ripariali o meglio il ripristino della vegetazione perifluviale, in particolare se costituita da habitat tipici di questi ambienti acquatici (Cod. Natura 2000: 92A0, 92C0, 92D0, 91F0, 91E0*, 3240, 3230, 3220) consente di ridurre l’inquinamento per scorrimento dell’acqua e di non danneggiare la vegetazione.

- Una corretta gestione del suolo delle aree coltivate consente di ridurre lo scorrimento di sedimenti e di sostanze inquinanti verso i corpi d’acqua riceventi. In particolare:

 evitare di pulire canali e fossi nel periodo tra marzo e agosto, periodo riproduttivo della maggior parte delle specie acquatiche, ed effettuare il taglio della vegetazione in anni alterni;

 evitare l’utilizzo di erbicidi per il controllo della vegetazione dei fossi e dei loro argini;  mantenere la diversità di habitat lungo l’argine.

- Mantenere o ripristinare, laddove le condizioni del suolo lo consentano, le pozze e gli acquitrini originariamente presenti evitando trattamenti con erbicidi e insetticidi nella zona circostante così da favorire la colonizzazione di specie di Odonati (ad es. Coenagrion mercuriale, Leucorrina pectoralis), Lepidotteri come Phengaris teleius e Lycaena dispar e di altri invertebrati che costituiscono prede per Anfibi, Rettili, Uccelli e Mammiferi.

- Evitare il trattamento con insetticidi in prossimità dei filari, in particolare lungo i fossi e i canali, in quanto costituiscono habitat di caccia per i Chirotteri (ad es. Barbastella barbastellus, Myotis emarginatus, Rhinolophus mehelyi).

- Pascolare il bordo del fosso: questa pratica ha un effetto benefico sulle piante annuali e su diversi invertebrati.

- Recintare alcune sezioni per permette lo sviluppo di vegetazione alta, di cui possono beneficiare alcune specie di Lepidotteri e di Uccelli.

- Effettuazione della potatura delle specie arboree e arbustive in un periodo in cui non si danneggia l’avifauna svernante (gennaio e febbraio).

- Effettuazione della potatura e del taglio degli alberi ogni 2 o 3 anni a rotazione. - Eliminazione delle specie aliene o invasive.

Macchie di bosco

Le macchie di bosco alternate ai campi coltivati, al pari delle siepi, diversificano il paesaggio e lo migliorano sia dal punto di vista paesaggistico che ecologico. Le macchie di bosco ospitano infatti numerose specie floristiche e faunistiche, in particolare specie ornitiche come la Tortora, il Rigogolo, il Canapino e l’Usignolo. Tali macchie possono inoltre fungere da corridoio ecologico fra gli habitat seminaturali presenti nelle aziende agricole, consentendo la nidificazione di molte specie di uccelli, nonché di Rettili (Elaphe quatorlineata e Elaphe situla) e la riproduzione di piccoli mammiferi (in particolare roditori e insettivori).

Buone pratiche di conservazione e gestione

- In caso di nuovo impianto è opportuno utilizzare specie autoctone, mentre per i boschetti già esistenti è utile mantenere la presenza di sottobosco realizzando interventi di graduale eliminazione delle specie alloctone.

- Mantenere pulito il bosco e recuperare i pascoli tenendo in considerazione i Piani di gestione dei siti, laddove esistono, o le misure minime di conservazione.

- Evitare il diradamento delle fasce arbustive e degli ontaneti.

- Pulire il sottobosco ed effettuare la sfalciatura dei prati tenendo in considerazione i Piani di gestione dei siti, laddove esistono, o le misure minime di conservazione.

- Ripristino di aree incendiate.

- Costituzione di boschi permanenti e arboricoltura produttiva.

- La pulitura del bosco è preferibilmente da effettuare nel periodo fra settembre e febbraio per non danneggiare la stagione di accoppiamento degli Uccelli e della fauna selvatica.

- Piantumare dove non avviene la rigenerazione naturale; la piantumazione deve essere effettuata nel periodo fra novembre e marzo.

- Utilizzo di specie autoctone di provenienza locale.

- Evitare di piantumare le essenze su file, ma inframezzare le specie per creare maggiore diversità e una composizione il più possibile simile alla naturale.

- Per la manutenzione successiva alla piantumazione utilizzare una pacciamatura per alcuni metri intorno a ciascuna pianta per la soppressione delle infestanti e aiutare il reintegro di sostanza organica nel suolo.

Siepi, alberi frangivento e boschetti

Negli ecosistemi agrari più intensivi di pianura e bassa collina gli elementi arborei e arbustivi rappresentano gli elementi di maggiore importanza naturalistica e faunistica creando micro-habitat semi naturali che svolgono un ruolo molto importante per il rifugio e l’alimentazione di molte specie selvatiche. Man mano che ci si sposta verso le aree collinari e montane la diffusione del cespuglieto e del bosco riducono l’importanza ambientale di questi elementi sull’agroecosistema. Nelle aree agricole più o meno intensive la conservazione, la gestione, il ripristino, o l’impianto ex novo di strutture arboree e arbustive rappresenta uno degli interventi di maggiore valenza ambientale e faunistica. In condizioni di agricoltura estensiva a basso impatto possono ospitare popolamenti di Orchidee e altre specie rare e protette e Lepidotteri come Melanargia arge, Eriogaster catax. Tali ambienti possono costituire importanti aree di caccia per Chirotteri come Rhinolophus ferumequinum e Rhinolophus hipposideros.

Buone pratiche di conservazione e gestione

- Manutenzione delle macchie di bosco eliminando le specie invasive e non autoctone.

- Diradamento degli alberi per ridurre l’eccessiva densità dei nuclei di vegetazione, selezionando le specie e gli individui più idonei in fasce boscate che non presentano un interesse conservazionistico.

- Taglio a rotazione di alberi e arbusti, se necessario in modo da non danneggiare la fauna ospite.

- Nelle aree dove è permessa la ceduazione, effettuare il taglio delle parcelle su piccole porzioni per favorire la diversificazione della struttura degli alberi e degli arbusti.

- Nelle aree dove è permessa la ceduazione, effettuare il taglio nel periodo fra settembre e febbraio per non danneggiare la stagione di accoppiamento degli uccelli.

- Piantumare nuovi nuclei di bosco con essenze autoctone dove non c’è una rigenerazione naturale o dove sono richiesti rapidi risultati.

- La piantumazione deve essere effettuata nel periodo fra novembre e marzo. - Usare specie endemiche o autoctone locali.

- Non piantumare le essenze su file, ma inframmezzare le specie per creare maggiore diversità. - Gestione delle siepi esistenti senza effettuare la potatura delle essenze arboree tra gennaio e febbraio per non danneggiare l’avifauna svernante.

- Effettuare la potatura ogni due o tre anni a rotazione.

- Effettuare l’aratura del terreno coltivato tenendosi lontano dalla siepe.

- Impianto e manutenzione di siepi con fascia di rispetto di 3 mt (mantenuta inerbita, non trattata e non coltivata) piantumando piante nutrici selvatiche di Lepidotteri (ad es. il Timo e l’origano per la Maculinea arion e Juniperus oxycedrus, Rosa sempervirens, Rubus ulmifolius per la Melanargia arge e Sedum per Parnassius apollo) (Van Swaay C. et al., 2012a).

- Per il ripristino delle siepi esistenti, recuperare le piante presenti soffocate da vegetazione infestante.

- Effettuare l’aratura del terreno tenendosi lontano dalla siepe. - Impiantare specie selvatiche da frutto.

- Impiantare vegetazione arborea/arbustiva autoctona. Seminativi ritirati dalla produzione per scopi ambientali

Sono costituiti prevalentemente da aree in regime set-aside, che consiste nel ritiro dalla produzione di una determinata quota della superficie agraria utilizzata che viene lasciata a riposo per periodi più meno lunghi. Nella maggior parte dei casi, il set-aside viene gestito in rotazione; questo consente di accumulare riserve di cibo, in particolare semi, per l’avifauna. In alternativa, il set-aside viene gestito a regime fisso, consentendo in questo modo il mantenimento dell’entomofauna (Coleotteri, Ortotteri, Carabidi, Lepidotteri ecc.).

Buone pratiche di conservazione e gestione Set-aside a rotazione

- Rinuncia alla mietitura di parti di campi a cereali.

- Preferenza di colture a perdere di ortaggi, di colture a foglia larga, di colture da sovescio. - In caso di dominanza di graminacee infestanti, è preferibile non utilizzare diserbanti o comunque si dovrebbe ritardare l’uso di diserbanti fino al momento della disseminazione.

- La manutenzione di tali superfici dovrebbe essere effettuata nel periodo tra aprile e agosto, proprio per evitare la distruzione dei nidi delle specie avifaunistiche.

- Effettuare le consociazioni colturali (brassicacee, leguminose, composite, graminacee).

- In caso di semina di erba medica, falciare dopo la fioritura così da fornire habitat di alimentazione per le api e per gli impollinatori.

- Non utilizzare erbicidi e insetticidi, in particolare se a base di nicotenoidi e con frasi di

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