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L’esigenza di separare e/o determinare singoli componenti di miscele complesse, oppure estrarre analiti da matrici complesse, ha portato allo sviluppo di numerose tecniche analitiche selettive e specifiche.

Tali tecniche sfruttano ed amplificano differenze, anche minime, fra le diverse specie chimiche in modo da consentirne una determinazione efficiente.


I metodi più utilizzati per la determinazione quantitativa dell’OTA in diverse matrici, tra cui le carni suine, sono: l’ELISA, l’HPLC accoppiata alla fluorimetria e l’HPLC accoppiata alla spettrometria di massa. Negli ultimi anni sono state studiate ed utilizzate sempre piu tecniche di tipo elettrochimico.

OTA attraverso ELISA (Enzime-Linked Immunosorbent Assay)

Il kit per il test immunoenzimatico ELISA, è una delle tecniche utilizzate per la determinazione di ocratossina A.

La determinazione dell'OTA si basa su:

Saggio ELISA COMPETITIVO: Competizione diretta degli antigeni. Nella prima fase di incubazione alla fase solida adsorbita con l’anticorpo, vengono contemporaneamente aggiunti l’antigene libero e l’antigene specifico marcato con l’enzima di rilevazione (HRP, Horse Radish Peroxidase). In questa fase avviene la reazione di competizione tra l’antigene libero e l’antigene marcato con l’enzima di rilevazione: l’equilibrio di competizione sarà spostato verso la specie presente in maggior concentrazione. Attraverso una serie di lavaggi, l’ antigene non legato all’ anticorpo sul fondo viene rimosso e l’aggiunta del substrato cromogeno incolore permette la rilevazione del legame antigene – antigene marcato e anticorpo adsorbito

sul fondo: la densità ottica del segnale sarà inversamente proporzionale alla concentrazione di antigene libero presente nel pozzetto.

Un interessante sviluppo di questa metodica è stato pubblicato Zhang et al. (2015), hanno messo a punto una tecnica ELISA generando un anticorpo monoclonale da una linea cellulare hybridoma 2D8, usando gli splenociti di ratti immunizzati. Questa innovazione è stata confrontata ad un kit presente in commercio, per monitorare i livelli di ocratossina A nel mais, grano e soia. I risultati ottenuti sono stati paragonabili e il limite di detezione più basso della nuova tecnica è 1,4 µg/kg, mentre quello del kit commerciale 1,25 µg/kg.

In letteratura è riportata l’applicazione di ELISA a mangime per maiali, spezie e additivi impiegati nella produzione dei prodotti a base di carne di maiale; inoltre è stato applicato per la detezione di OTA in salsicce, tessuto muscolare e adiposo di suino. I campioni, dopo essere stati sottoposti ad estrazione, sono stati analizzati ELISA.

Il kit, sia per mangimi che prodotti a base di carne, è di tipo competitivo e il limite di determinazione del kit era di 3.5 µg/kg; I LOD dei kit per il tessuto muscolare era 0.39 µg/kg e 1.01 µg/kg per le salsicce mentre i LOQ erano 0.57 e 1.68 µg/kg rispettivamente. (Pleadin et al., 2013).

Un ulteriore applicazione di questa tecnica analitica è stata fatta su prodotti di origine suina, sia crudi che cucinati, esposti a concentrazioni sub-croniche di OTA. I campioni, dopo essere stati sottoposti ad estrazione, sono stati analizzati con i kit. I LOD e i LOQ sono differenti a seconda della matrice analizzata, in modo particolare per fegato, muscolo e rene crudi di suino, i LOD sono 2.31, 0.39, 1.59 µg/kg rispettivamente, mentre i LOQ sono 5.67, 0.57, 3.32 µg/kg (Perši et al., 2014).

HPLC (Cromatografia liquida ad alta pressione)

L'HPLC in genere rappresenta la tecnica di riferimento per l'analisi delle micotossine in genere e anche per l'ocratossina A, per la versatilità, sensibilità e la specificità. L'HPLC (cromatografia in fase liquida ad alte prestazioni o ad alta pressione) è la moderna evoluzione della cromatografia liquida su colonna (LC). In questo caso si tratta però di una tecnica strumentale che presenta molti vantaggi rispetto alla tecnica convenzionale di base:

• rapidità di esecuzione

• alta efficienza che permette la separazione di miscele complesse

• alta risoluzione (cioè picchi di sostanze anche simili chimicamente, ben separati)

• Rivelazione in continuo dei componenti di una miscela, in uscita dalla colonna • Registrazione automatica in continuo del cromatogramma

• Determinazione quantitativa dei componenti della miscela

Il campione viene introdotto attraverso l'iniettore nel sistema e spinto in colonna analitica a seguito del pompaggio costante della fase mobile del serbatoio del solvente. L'eluizione con un singolo solvente di composizione costante viene detta isocratica. Nell'eluizione a gradiente invece, due o più solventi di differenti polarità, vengono mescolati in proporzioni prestabilite. Il rapporto tra i due solventi viene fatto variare durante l'eluizione a volte in modo continuo, a volte attraverso una serie di step, durante i quali la percentuale dei solventi rimane costante per un certo periodo di tempo, per poi cambiare nuovamente.

La fase mobile del solvente fa spostare gli analiti attraverso il supporto cromatografico impaccato (colonna). I singoli componenti interagiscono con la fase

stazionaria, rallentando in tal modo il loro spostamento in modo diverso, a seconda della loro affinità per questo materiale. Nel passare attraverso la colonna, ciascun componente si distribuisce tra la fase stazionaria e la fase mobile a seconda della sua solubilità e si separano tra loro.

Nell’eluizione, i componenti separati si spostano attraverso la lunghezza della colonna trascinati dalla fase mobile. Essi giungono al detector che ne rivela la concentrazione e il tempo (tempo di ritenzione) al momento in cui escono.

Riportando in grafico questa concentrazione in funzione del tempo in cui la fase mobile passato attraverso la colonna, si ottiene un cromatogramma. L’identificazione di un composto sarà basata fondamentalmente sul suo tempo di ritenzione in un certo set di condizioni (confrontare il cromatogramma di un campione ignoto con quello della sostanza pura o di una miscela a composizione nota). Infine, la quantificazione si basa sulla misura dell’area di un dato picco cromatografico (che è ovviamente proporzionale alla quantità totale di sostanza transitata davanti al rivelatore) e sul confronto con preparati contenenti quantità note del composto d’interesse (retta di taratura).

Cromatografia liquida accoppiata alla fluorimetria (HPLC-FLD)

HPLC con rilevatore fluorimetrico misura le radiazioni di fluorescenza emesse da particolari classi di sostanze quando vengono eccitate con radiazioni UV o con un laser. Un composto fluorescente assorbe un fotone ed emette un altro fotone a lunghezza d’onda maggiore.

Un rivelatore a fluorescenza è 100-1000 volte più sensibile di uno ad assorbanza. L’emissione per fluorescenza è misurata a 90° rispetto alla radiazione incidente.

Essenzialmente lo strumento è costituito da:

• Sorgente di luce: per l’eccitazione del campione, tipicamente una lampada ad arco allo Xenon che emette in tutto l’intervallo UV-visibile. • Monocromatore (o filtro): per la selezione della lunghezza d’onda di

eccitazione e uno per la selezione della lunghezza d’onda di emissione. I monocromatori sono sistemi ottici costituiti da un elemento disperdente (prisma o reticolo) che separa la radiazione nelle sue componenti e da una fenditura (slit) che permette la selezione della lunghezza d’onda desiderata. In genere i monocromatori sono controllati da un "Sistema di controllo".

• Cella: dove passa il campione in flusso continuo.

• Rivelatore con sistema di amplificazione del segnale: Tipicamente si utilizza un fotomoltiplicatore che amplifica il segnale luminoso

e lo trasforma in segnale elettrico. Il segnale elettrico ottenuto è successivamente traferito all’analizzatore che produce come output uno spettro.

Figura 6.Figura schematica di un fluorimetro per HPLC.

L'HPLC accoppiata alla fluorimetria è una metodica di riferimento per quanto riguarda la quantificazione dell' ocratossina A (Songsermsakul & Razzazi-Fazeli, 2008). Molti gruppi di ricerca, hanno utilizzato questa tecnica analitica per ricercare i livelli di ocratossina A in vari alimenti. Markov et al. (2013), utilizzano questa tecnica analitica per analizzare i prodotti a base di carne, come: salsicce di cinghiali, suini, cervo, e coniglio con LOD e LOQ di 0,51 e 0,89 µg/kg rispettivamente Su questi campioni è stata fatta un estrazione su 1 g di campione con 0,5 ml di H3PO4 1 M e 3 ml di etilacetato. Dopo l'agitazione e la centrifuga, altri 3 ml di etilacetato sono stati aggiunti e combinati con 3 ml di 0,65M di NaHCO3. Poi con un’estrazione con etilacetato e una retro-estrazione con NaHCO3. Infine, dopo la centrifuga, la parte acquosa è stata scaldata a 100 °C per 3 minuti e diluito 1 a 4 (v/v) ulteriormente con acqua. L'OTA è stata quantificata anche in prodotti di carne cotta prodotta da maiali non trattati e trattati con la micotossina stessa, quantificandola con il kit ELISA ed utilizzando l' HPLC-FLD come tecnica di riferimento (Perši et al., 2014).

La cromatografia liquida accoppiata alla fluorimetria è presente in letteratura come tecnica analitica di estratti da matrici di suino.

Bozzo e collaboratori (2012), hanno applicato questa tecnica per l’analisi di fegato, rene e vescica in un campione di 23 cinghiali. I campioni sono stati estratti con colonne di immunoaffinità e i recovery medi sono stati molto alti (96.4 %) testato con campioni aggiunti a tre concentrazioni differenti (5, 10, 50 µg/kg) e il LOD è stato di 0.03 µg/kg, mentre il LOQ di 0.10 µg/kg. Questa tecnica è stata definita come facile da usare, accurata e applicabile ai livelli di OTA considerati più bassi rispetto ai livelli massimi consentiti.

I livelli di OTA riscontrati in questo campione, sono stati maggiori nei reni (in media 1.15 µg/kg), poi nel tessuto vescicale (media: 0.6 µg/kg) e il livello più basso nei muscoli (media: 0.3 µg/kg).

In letteratura, la metodica HPLC-FLD è stata paragonata alla metodica HPLC-MS per le estrazioni da matrici di suidi, e sono state definite paragonabili ed entrambe applicabili nel monitoraggio dei livelli di OTA estratti da questi tipi di matrice complessa e anche dai mangimi (Milićević et al., 2009)

Cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa (HPLC-MS)

La spettrometria di massa, è la tecnica analitica più sensibile per la determinazione di residui poichè in grado di determinare le tracce delle sostanze. Viene comunemente usata in combinazione con la cromatografia liquida (HPLC), ma anche con la gas cromatografia (GC) quando la sostanza in analisi è maggiormente volatile. In generale, il principio di funzionamento della spettrometria di massa è la possibilità di separare miscele di ioni in funzione del loro rapporto massa/carica generalmente tramite campi magnetici statici o oscillanti. Tale miscela è ottenuta ionizzando le molecole del campione, principalmente facendo loro attraversare un fascio di elettroni ad energia nota. Le molecole così ionizzate, sono instabili e si frammentano in ioni più leggeri secondo schemi tipici in funzione della loro struttura chimica.

Lo "spettro di massa" è un diagramma che riporta l'abbondanza di ogni ione in funzione del rapporto massa/carica, tipico di ogni composto in quanto direttamente correlato alla sua struttura chimica ed alle condizioni di ionizzazione cui è stato sottoposto.

Per quanto riguarda l'analisi di micotossine attraverso la spettrometria di massa, è molto interessante vedere come i limiti di quantificazione siano molto bassi. In letteratura sono presenti diverse pubblicazioni sulla detezione di ocratossina A in vari alimenti (i più presenti sono: latte, vino e cereali) e con diversi tipi di estrazioni. Con questo tipo di spettrometria, Andrade & Lanças in un lavoro recente (2017), hanno riportato la determinazione di OTA in campioni di vino, mostrando limiti di quantificazione di 0,05 µg/kg. Oltre al vino, un'altra matrice dalla quale viene estratto ocratossina A è il latte. Anche in questo caso i limiti di quantificazione sono molto bassi, nell'ordine del 0,003 µg/kg (Huang et al., 2014). Per quanto riguarda le estrazioni da matrici solide, come i cereali, l'analisi delle micotossine con la

spettrometria di massa, mostra limiti maggiori rispetto alle matrici liquide, come 0,1 µg/kg (Lattanzio et al., 2011) e 1 µg/kg (Lattanzio et al., 2014).

La cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa, è stata applicata per la detezione di OTA in campioni estratti di suino, come: fegato, rene e siero. I campioni sono stati estratti con estrazioni di tipo LLE e successivamente analizzati con HPLC- MS triplo quadrupolo, qdotata di elettrospray ionization (ESI+). I limiti nel siero sono: LOD 0.20 ng/ml, LOQ 0.40 ng/ml; nel fegato e rene sono: LOD 0.25 e LOQ 0.50 ng/ml (Milićević et al., 2009).

Losito e collaboratori (2004), hanno effettuato un analisi in spettrometria di massa su fegato, rene e anche muscolo di suino. L’ estrazione, anche in questo caso, è stata liquido – liquido e i limiti di determinazione e quantificazione sono leggermente più alti, rispetto al lavoro presentato da Milićević, infatti i LOD è di 0.6 ng/kg e il LOQ di 1.5 ng/g in tutte le matrici analizzate.

Analisi elettrochimica

La ricerca di tecniche analitiche sempre più innovative e sensibili, ha portato allo sviluppo dei biosensori elettrochimici.

Un’utile classificazione dei biosensori è quella che li suddivide in due categorie: sensori a riconoscimento diretto, nei quali l’interazione biologica è misurata direttamente, e sensori ad individuazione indiretta, che si affidano ad un elemento secondario per il rilevamento.

I sistemi di rilevazione diretta includono sistemi ottici (ad esempio la risonanza plasmonica di superficie, SPR) e sistemi meccanici come risonatori a cristalli di quarzo (piezoelettrici) (Rasooly & Herold, 2009). I sensori a rilevazione indiretta si affidano a elementi secondari per la rilevazione. Esempi di tali elementi secondari sono gli enzimi (ad esempio l’alcalino fosfatasi o la glucosio ossidasi) e gli anticorpi marcati tramite fluorescenza che permettono il rilevamento di complessi stratificati. A differenza dei sistemi diretti, i quali misurano direttamente cambiamenti indotti dall’interazione biologica e non necessitano di intermedi di riconoscimento, i sistemi indiretti necessitano di molecole di riconoscimento che si leghino al bersaglio. Un'altra tipologia di sensori a rilevazione indiretta, sono: I trasduttori elettrochimici, che misurano l’ossidazione o la riduzione di composti elettroattivi tramite un ligando secondario. Molti tipi di biosensori elettrochimici sono di comune utilizzo, come i sistemi amperometrici, che misurano correnti elettriche in funzione del tempo durante il quale il potenziale dell’elettrodo rimane costante.

Alarcón e collaboratori (2006), hanno usato anticorpi monoclonali in forma diretta e indiretta per la detezione di OTA in campioni addizionati ed estratti di grano, attraverso screen printed electrodes, utilizzando la metodica HPLC come riferimento.

La tecnica mostra che, estraendo campioni a 5 concentrazioni diverse di OTA (0.5, 1, 4, 5, 15 µg/kg), le concentrazioni rilevate dall'immunosensore e dall'HPLC, sono molto simili e mostrando come LOD 0.10 µg/kg e 0.06 µg/kg per la determinazione elettrochimica indiretta e diretta rispettivamente. Un altra applicazione interessante presente in letteratura è quella di Lomillo e collaboratori (2010), hanno immobilizzato la perossidasi del rafano (HRP) su un elettrodo stampato, per la detezione selettiva di OTA. Hanno ottimizzato il metodo sperimentale, mettendo a punto il pH della soluzione tampone di analisi, il potenziale applicato e la concentrazione di perossido di idrogeno, infine hanno analizzato campioni di caffè e birra addizionati di ocratossina A, e il LOD è stato di 0.1 ng/ml.

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