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Sviluppo di tecniche analitiche HPLC per la detezione di ocratossina A (OTA) in matrici di origine animale

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Corso di Dottorato in Scienze Veterinarie: XXX Ciclo

Tesi di dottorato:


“Sviluppo di tecniche analitiche HPLC per

la detezione di ocratossina A (OTA) in

matrici di origine animale”

Supervisore: Candidato:

Dott.ssa Valentina Meucci Dott. Luci Giacomo

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Indice

ABSTRACT ... 8 RIASSUNTO ... 10 INTRODUZIONE ... 12 LE MICOTOSSINE ... 13 OCRATOSSINA A (OTA) ... 14

SVILUPPO DELL'OCRATOSSINA A ... 15

CHIMICA DELLE OCRATOSSINE ... 18

TOSSICOCINETICA DELL'OCRATOSSINA A ... 20

TOSSICODINAMICA DELL'OCRATOSSINA A ... 23

TOSSICITÀ DELL'OCRATOSSINA A ... 26

LEGISLAZIONE EUROPEA ED ITALIANA ... 30

TECNICHE ANALITICHE PER L’OCRATOSSINA A ... 32

OTA attraverso ELISA (Enzime-Linked Immunosorbent Assay) ... 32 HPLC (Cromatografia liquida ad alta pressione) ... 34 Cromatografia liquida accoppiata alla fluorimetria (HPLC-FLD) ... 36 Cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa (HPLC-MS) ... 39 Analisi elettrochimica ... 41 TECNICHE ESTRATTIVE PER OCRATOSSINA A ... 43 Estrazioni in fase liquida ... 43 Estrazioni in fase solida ... 45 Colonne C-18 (octadecil-silano) ... 46 Colonne immunoaffinità ... 47 Polimeri a stampo molecolare (MIP) ... 48 SCOPO DELLA TESI ... 53 MATERIALI E METODI ... 55 REAGENTI E STRUMENTAZIONE ... 56

METODO DI DIGESTIONE ENZIMATICA, PER LA DETERMINAZIONE DI OTA NEI CAMPIONI DI MUSCOLO, FEGATO E RENE DI SUIDI ... 57 Estrazione liquido-liquido (LLE) ... 57 Digestione enzimatica ... 58 ESTRAZIONE TRAMITE COLONNE CON POLIMERI A STAMPO MOLECOLARE IN COLONNA (MISPE) ... 59 Metodica vino ... 59 Ottimizzazione metodica tessuti ... 59 VALIDAZIONE DEI METODI ... 61

DETERMINAZIONE DELLE CONCENTRAZIONI DI OTA IN CINGHIALI DEL PARCO DI SAN ROSSORE DI PISA ... 63 Campioni ... 63 Analisi dei campioni ... 64 Analisi statistica ... 64 RISULTATI ... 65 DIGESTIONE ENZIMATICA ... 66 Confronto metodica digestione enzimatica con estrazione liquido/liquido ... 67 Validazione metodica DE ... 69

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ESTRAZIONE TRAMITE COLONNE CON POLIMERI A STAMPO MOLECOLARE IN COLONNA (MISPE) ... 71

Validazione metodica MISPE ... 74

DETERMINAZIONE DELLE CONCENTRAZIONI DI OTA IN CINGHIALI DEL PARCO DI SAN ROSSORE DI PISA ... 76

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI ... 79

BIBLIOGRAFIA ... 86

RINGRAZIAMENTI ... 108

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Abstract

Ochratoxin A (OTA) is a secondary toxic metabolite produced by Aspergillus or Penicillium species, which can contaminate various crops. The International Agency for Research on Cancer (IARC) classified OTA as a group 2B possible human carcinogen. The aims of the present thesis were 1) to develop and validate new extraction/purification methods for OTA determination in wild boar tissues and 2) to assess OTA concentrations in tissues of wild boar (Sus scrofa L.) from Tuscany (Italy). Two analytical methods for OTA extraction/purification from wild boars tissues (muscle, liver and kidney) coupled to high-performance liquid chromatography with a fluorescence detector (HPLC-FLD) have been developed and validated according to CE 657/2002. First we have developed a quantitative HPLC-FLD method based on enzymatic digestion (ED) followed by a chromatographic analysis with a single ethylacetate purification step for the detection of OTA in pig tissues. The second method consisted in the above ED method followed by a molecular imprinted solid phase extraction (MISPE) purification step. Both methods were validated taking into account the currently permitted limit of 1 µg/kg OTA in pork meat and derived products in Italy. The recovery was higher than 90%. Intra- and inter-day repeatability expressed as RSD were less than 7%. The LOD and LOQ were 0.001 and 0.002 µg/kg, respectively. Over a period of 2 years, samples of muscle, liver, and kidney from 48 wild boars were collected and concentrations of OTA were determined by (ED) coupled to high-performance liquid chromatography with a fluorescence detector (HPLC-FLD). The highest concentrations of OTA were found in the kidneys of the 48 wild

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boars analyzed. No difference in concentrations was found based on years of collection and sex while a significantly higher OTA concentration was found in the kidney of the young wild boars with respect to the adult one. Monitoring the quality of meat destined for transformation is a priority in order to decrease the possibility of toxin carry-over to humans. The present study showed that contamination of wild boar meat products by OTA represents a potential emerging source of OTA.

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Riassunto

L'ocratossina A (OTA) è un metabolita tossico secondario prodotto dalle specie Aspergillus o Penicillium, che può contaminare varie colture. L'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) ha classificato l'OTA come gruppo 2B possibile cancerogeno per l'uomo. Gli obiettivi della presente tesi erano: 1) sviluppare e convalidare nuovi metodi di estrazione/purificazione per la determinazione dell'OTA nei tessuti dei cinghiali e 2) valutare le concentrazioni di OTA nei tessuti del cinghiale (Sus scrofa L.) dalla Toscana (Italia). Due metodi analitici per l'estrazione / purificazione di OTA da tessuti di cinghiali (muscolo, fegato e reni) accoppiati a cromatografia liquida ad alte prestazioni con un rivelatore a fluorescenza (HPLC-FLD) sono stati sviluppati e validati secondo CE 657/2002. E’ stato sviluppato un metodo quantitativo HPLC-FLD basato sulla digestione enzimatica (ED) seguito da un'analisi cromatografica con una singola fase di purificazione dell'etilacetato per il rilevamento dell'OTA nei tessuti dei suini. Il secondo metodo consisteva nel suddetto metodo ED seguito da una fase di purificazione con estrazione in fase solida (MISPE) con impronta molecolare. Entrambi i metodi sono stati validati tenendo conto del limite attualmente consentito di 1 µg/kg di OTA nella carne suina e nei prodotti derivati in Italia. Il recupero è stato superiore al 90%. La ripetibilità intra e inter-day a espressa come RSD era inferiore al 7%. Il LOD e LOQ erano 0,001 e 0,002 µg/kg, rispettivamente. Per 2 anni, sono stati raccolti campioni di muscolo, fegato e rene da 48 cinghiali selvatici e le concentrazioni di OTA sono state determinate mediante (ED) accoppiata a HPLC-FLD. Le più alte concentrazioni di OTA sono state trovate nei

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reni dei 48 cinghiali analizzati. Nessuna differenza nelle concentrazioni è stata trovata sulla base dell’età e sesso, mentre una concentrazione di OTA significativamente più alta è stata trovata nel rene dei giovani cinghiali rispetto a quelli adulti. Monitorare la qualità della carne, è una priorità per ridurre la possibilità di trasferimento di tossine nell'uomo. Il presente studio ha dimostrato che la contaminazione da OTA, dei prodotti a base di carne di cinghiale, è possibile.

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Introduzione

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Le micotossine

Il problema dei residui di xenobiotici ad attività tossica negli alimenti ha assunto notevole rilievo in tema di sicurezza alimentare. In particolare, il monitoraggio di contaminanti di derivazione “naturale”, quali le micotossine, è diventato un controllo di routine per l’industria agro-alimentare (CAST, 2003).

Negli alimenti possono essere presenti funghi tossigeni, senza che sia presente la micotossina, in quanto le condizioni ambientali e i substrati ottimali possono essere differenti da quelli che portano alla formazione dei miceti. Inoltre, i metaboliti possono resistere per lungo tempo dopo crescita, morte o eliminazione del fungo, quindi il fatto che i ceppi non siano presenti negli alimenti non indica l'assenza delle micotossine.

Queste molecole rappresentano un gruppo eterogeneo di sostanze chimiche prodotte naturalmente da alcune specie di funghi che appartengono per la maggior parte, a tre generi molto diffusi (Aspergillus, Penicillium e Fusarium) (Icholson et al., 2003). Non costituiscono una classe chimica in quanto hanno tra loro strutture differenti essendo prodotte da specie o da ceppi diversi della stessa specie fungina.

La loro formazione è subordinata alla presenza di un ceppo di muffe tossigene, anche al verificarsi di condizioni di squilibrio nutrizionale che portano a vie metaboliche secondarie (Miraglia & Brera, 1999).

I generi fungini maggiormente interessati alla produzione di tali tossine sono l’Aspergillus (produttore delle aflatossine), il Fusarium (produttore di zearalenone e dei tricoteceni), e il Penicillium (produttore di ocratossine e patulina). (Rundberget et al., 2002)

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Ocratossina A (OTA)

L'ocratossina A (OTA, figura 1) è un metabolita secondario di funghi appartenenti al genere Aspergillus e Penicillium (Kuiper-Goodman & Scott, 1989).

La produzione di questa micotossina, è differente a seconda del clima. In zone tropicali, l'OTA è prodotta soprattutto da Aspergillus ochraceus (Kozakiewicz, 1989; WHO/FAO, 2001) ed è stata individuata in molti alimenti, quali: mais (Figura 2), spezie, caffè, frutta secca, ma anche in prodotti a base di carne e pesce (WHO/FAO, 2001). Questa tossina contamina anche semi oleosi e mangimi e, in questo caso, il fungo responsabile è A. niger

var. niger oltre all' A. ochraceus. In matrici come uva o caffè macinato, la contaminazione

è dovuta a A. carbonarius. (Accensi et al., 2004; Sage et al., 2002; Cabanes et al., 2002). Nelle zone a clima freddo o temperato, l'OTA è prodotta soprattutto da Penicillium

verrucosum (Pitt & Hocking, 2009; Castella et al., 2002), presente in vai tipi di cereali e P. nordicum (Larsen et al., 2001; Castella et al., 2002), presente in prodotti a base di carne e

formaggi.

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Figura 2. Mais contaminato da Aspergillus.

Sviluppo dell'ocratossina A

L'OTA deriva dal metabolismo di funghi filamentosi microscopici, più comunemente noti come muffe.

I fattori che condizionano lo sviluppo dei funghi e delle relative tossine sono:

Temperatura: le temperature ideali per lo sviluppo di specie fungine produttrici di ocratossine sono comprese tra 20 e 30 °C. Per quanto riguarda i generi

Aspergillus e Penicillium, le tossine possono essere prodotte in range di

temperature che vanno dai 10 ai 50°C (Osweiler, 1992).

Gas atmosferici: in generale, le muffe che generano ocratossine sono aerobie, ma possono adattarsi in presenza di condizioni differenti, come ad esempio, in atmosfera modificata contenente più CO2 della norma. Paster e collaboratori (1983) hanno mostrato che A. ochraceus è tollerante a concentrazioni di CO2 superiore a quelle richieste per controllare lo stoccaggio.

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Substrato: E' stato dimostrato che l'OTA viene sintetizzata da P. verrucosum preferibilmente sui cereali, rispetto alle leguminose, come le arachidi e la soia (Madhyastha et al., 1990).

Umidità ambientale: la colonizzazione fungina degli alimenti si verifica a livelli di umidità ambientale relativa inferiore a 0,85. Le specie fungine si possono dividere in base alla differente necessità di acqua:

Idrofile: le spore germinano solo a valori di umidità ambientale superiori a 0,90 e la crescita ottimale si colloca a 1,00.

Mesofile: le spore germinano a valori compresi tra 0,80 e 0,90 di umidità ambientale e la crescita ottimale si osserva tra 0,95 e 1,00.

Xerofile: le spore germinano ad un valore di umidità ambientale inferiore a 0,80 e la crescita ottimale si osserva intorno a 0,95.

Aspergillus ochraceus produce l'OTA, quando l'umidità ambientale è superiore a

0,80 e la produzione ottimale si ha con valori che oscillano tra 0,96-0,98 (Adebajo et al., 1994; Ramos et al., 1998). Penicillium verrucosum produce OTA, quando si hanno valori di umidità tra 0,80 e 0,90 (Patterson & Darnoglou, 1986).

In alcuni casi, prodotti ben essiccati al livello di produzione, possono tornare ad inumidirsi e quindi dare origine a micotossine durante la conservazione o la commercializzazione. Per limitare la contaminazione degli alimenti, il tenore in acqua deve essere contenuto durante laconservazione e mantenuto inferiore al 8% per i semi oleosi e per il 15% per i cereali.

pH: il pH compreso tra 4 e 8 è favorevole allo sviluppo del micelio. Il genere

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Condizioni di stress della pianta: ci sono condizioni come la mancanza d'acqua oppure il danno causato dagli insetti, che portano ad uno stato di sofferenza della pianta. Questo stato di stress, può favorire contaminazione fungina, anche di Aspergillus ochraceus e Penicillium verrucosum. Altre cause possono essere: semine squilibrate, assenza di rotazioni colturali, utilizzo inadeguato dell'irrigazione o condizioni di siccità prolungata.

Errori umani: alcune interferenze umane che influiscono sulla contaminazione

fungina possono essere: la meccanizzazione dei raccolti, le improprie pratiche colturali che portano a un indebolimento e distruzione degli involucri protettivi dei cereali, favorendo la penetrazione e la germinazione di spore fungine. La raccolta a terra di paglia, fieno, insilati e la mietitura, favoriscono la contaminazione da miceti, poichè le spore fungine sono presenti nel terreno. La presenza di terra nel foraggio o negli insilati, favorisce la germinazione e la crescita del fungo.

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Chimica delle ocratossine

Le ocratossine costituiscono un gruppo di derivati dell'isocumarina, strettamente correlate tra loro, legati al gruppo amminico della L-b-fenilalanina e classificati in base alla loro origine biosintetica come pentachetidi nell'ambito del gruppo dei polichetidi (Turner, 1971). Vengono classificate come: A, B, C, α, β, 4 R/S-idrossiocratossina A, 10-idrossiocratossina A, ocratossina A aperta (OP-OTA) (Xiao et al., 1995; Xiao et al., 1996). L'ocratossina A, il 7-carbossi-5-cloro-8-idrossi-3,4-diidro-3R metilisocumarinamide della L-β-fenilalanina, è il primo composto scoperto (isolato da colture di Aspergillus

ochraceus), il più comune e quello dotato di maggior tossicità (Van der Merwe et al.,

1965; Neshiem, 1969; Ringot et al., 2006). Le ocratossine B e C (OTB e OTC) sono i derivati rispettivamente declorurato ed etilestere dell’ocratossina A. L'OTB manca del gruppo cloridrico in posizione C-5 ed è dieci volte meno tossico dell'OTA; l'OTC invece possiede una struttura ed una tossicità simile a quella dell'OTA.

Gli esteri dell’ocratossina A possiedono una tossicità simile a quella dell'OTA mentre la tossicità degli esteri dell'OTB è pressoché nulla (Ueno,1998); l'ocratossina α (OTα) ed i derivati idrossilati dell'ocratossina A (4R/S-OH-OTA) invece, non risultano essere tossici; al contrario, la forma aperta dell'OTA sembra possedere una tossicità simile a quella dell'OTA (Xiao et al. 1996).

L'OTA è una molecola molto stabile, infatti è resistente agli acidi e alle alte temperature e una volta che gli alimenti sono contaminati, è molto difficoltoso rimuoverla (El Khoury & Atoui, 2010). Questa micotossina è in grado di resistere fino a tre ore di sterilizzazione tramite vapore ad una temperatura di 121 °C (Trivedi et al., 1992) e anche a 250 °C, la sua degradazione non è completa. Alcuni condizioni di degradazione dell'OTA sono: trattamento con un eccesso di ipoclorito di sodio (NaOCl) in condizioni di bassa umidità (Castegnaro et al., 1991) e l'esposizione alla luce fluorescente (El Khoury e Atoui 2010).

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Tossicocinetica dell'Ocratossina A

Per poter comprendere meglio gli effetti tossici dell'ocratossina A, è utile conoscenerne la tossicocinetica

Assorbimento: avviene per via gastroenterica in seguito al consumo di alimenti contaminati. Negli animali, l’OTA viene assorbita passivamente dallo stomaco e dalla parte prossimale del digiuno (Galtier, 1978; Roth et al., 1988). L'assorbimento passivo è agevolato dalla grande affinità che la micotossina possiede verso le proteine del plasma. La percentuale di ocratossina assorbita, è variabile a seconda della specie animale, infatti nel maiale è del 66 %, nel ratto è del 56 % e nel coniglio è del 40 %. L’OTA raggiunge il circolo sistemico attraverso la vena porta (Ringot et al., 2006).

Distribuzione: l'ocratossina A, ha un legame pressochè totale con le

plasmaproteine, in modo particolare con l'albumina. E' una molecola che ha un'emivita piuttosto lunga, infatti nel maiale oscilla tra le 72 e le 120 ore, nell'uomo è pari a 840 ore (Hagelberg et al., 1989; WHO/FAO 2001). L’OTA subisce circolo enteroepatico, che provoca un picco secondario di micotossina nel plasma e nel contenuto intestinale e questo sembra essere dovuto ad una secrezione attraverso la bile nel digiuno a cui segue un secondo riassorbimento attraverso la parete intestinale (Ringot et al., 2006). La distribuzione nei vari tessuti e la concentrazione di OTA e dei suoi metaboliti nel sangue, variano in base alla specie animale, alla dose, alla via di somministrazione e alle condizioni di salute dell'animale. Nei maiali e nei suidi in generale (ma anche nel ratto, capra e gallina), la maggiore concentrazione di OTA si trova principalmente nei seguenti tessuti rene > fegato > muscolo > tessuto adiposo (Harwig et al., 1983;

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Ferrufino-Guardia et al., 2000). Oltre a questi tessuti, la tossina può localizzarsi anche a livello placentare nel maiale, ratto e topo (Palminger Hallen et al., 1998). Nei ruminanti invece, anche in seguito alla somministrazione di dosi molto elevate di tossina (1 mg/kg) essa non risulta riscontrabile nel liquido amniotico e nei tessuti fetali, con concentrazioni fino a 1000 volte più basse rispetto a quelle presente nel latte (Munro et al., 1973). Nella donna la concentrazione di OTA nel sangue fetale, è il doppio rispetto a quella presente nel sangue materno (Zimmerli e Dick, 1995).

Metabolismo: le biotrasformazioni sono considerate come i processi enzimatici (idrolisi, riduzione e coniugazione) che hanno come obiettivo la costituzione di metaboliti maggiormente idrosolubili e atossici. Queste fasi sono realizzate soprattutto a livello epatico (dipendente dal citocromo-P450) ma anche nel rumine e a livello gastrointestinale per azione di una microflora che ha sviluppato un'intensa attività catalitica (Galtier, 1991). I principali metaboliti derivanti dall' OTA sono: l'ocratossina α (derivato dall'idrolisi), 4-OH-OTA, 10-OH-OTA (derivati idrossilati) ed i prodotti della coniugazione con glutatione.

Eliminazione: l'ocratossina viene eliminata principalmente per via renale, fecale e attraverso il latte. L’elevato legame alle proteine plasmatiche ne riduce la filtrazione a livello glomerulare, ma subisce secrezione tubulare, attraverso dei recettori particolari, presenti a livello della membrana basolaterale delle cellule dei tubuli prossimali, i "Polipeptidi trasportatori di anioni organici" e data la sua lipofilia viene riassorbita (Gekle e Silbemagl, 1994; Groves et al., 1998) (figura 2). In modo particolare, la percentuale di OTA riassorbita è: 14,8% nel tubulo contorto prossimale, 27,4% nel tubulo retto prossimale, 13,6% branca ascendente

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(Dahlman et al., 1998). Il riassorbimento, è causa dell'accumulo di ocratossina a livello renale. Questo fenomeno, è la causa principale della nefrotossicità. (Ringot et al., 2006)

Per

quanto riguarda l'eliminazione fecale, essa è a carico dell'escrezione biliare (Kumagai e Aibara, 1982; Roth et al., 1988; Fuchs et al., 1988). Inoltre, secondo Berger et al. (2003), sembra che ci sia anche una certa eliminazione di OTA a carico della parte terminale dell'intestino. Infine, un altro mezzo di eliminazione della tossina è il latte (specie dipendente). Nel latte umano è presente la micotossina (Micco et al. 1995), mentre, ad esempio, nel latte bovino la percentuale è molto bassa a causa della degradazione della microflora ruminale (EFSA, 2004).

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Tossicodinamica dell'ocratossina A

Per tossicodinamica si intende il processo di interazione dell'OTA con siti bersaglio e le conseguenze fisiologiche e biochimiche che portano a effetti tossici.

Inibizione della sintesi proteica: l'ocratossina è in grado di inibire la sintesi proteica in colture batteriche, colture di cellule di mammifero in vitro e in animali

in vivo (Schilter et al., 2005). Tale inibizione è dovuta alla competizione dell'OTA

con la fenilalanina nella reazione catalizzata dalla fenilalanina-tRNA sintetasi (Dirheimer e Creppy, 1991); ciò porta ad un arresto dell'aminoacetilazione bloccando l'allungamento del peptide. E' stato dimostrato che aggiungendo contemporaneamente OTA e fenilalanina al mezzo di coltura si previene completamente l'inibizione della sintesi proteica (Dirheimer e Creppy, 1991).

Disfunzione mitocondriale: questa disfunzione porta alla carenza di energia all'interno della cellula e alla produzione di radicali liberi dell'ossigeno (Schilter et al., 2005). In uno studio condotto su cellule di tubulo renale trattate con OTA si è riscontrato il blocco della respirazione mitocondriale (Aleo et al., 1991).

Stress ossidativo: il potere tossico e carcinogenico di OTA è anche legato alla capacità di questa tossina di indurre lo stress ossidativo all'interno delle cellule (Schilter et al., 2005). Due possibili meccanismi che portano a questo fenomeno, possono essere: la formazione di malondialdeide, prodotto di ossidazione dei lipidi (Petrik et al., 2003), e il danneggiamento del DNA conseguente al trattamento con OTA è riconducibile alla formazione di radicali liberi dell'ossigeno (Schaaf et al., 2002; Kamp et al., 2005).

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Alterazione dell'omeostasi del calcio: questo tipo di alterazione porta ad un innalzamento della concentrazione del calcio a livello citosolico che induce un effetto tossico sulla cellula e modifica i segnali intracellulari in cui il calcio è coinvolto, come l'attivazione della proteina chinasi C. (Schilter et al., 2005). Uno studio sull'omeostasi del calcio in vivo sui ratti, ha dimostrato che con la somministrazione di ocratossina A (5mg/kg), c'è un incremento della concentrazione di calcio di circa sette volte dopo 130 minuti (Rahimtula, 1988).

Alterazione della mitogen-activated protein kinase (MAPK): la MAPK è

una proteina coinvolta nella proliferazione e nel differenziamento cellulari, nell'adattamento allo stress e nell'apoptosi. Tra le MAPKs più studiate ci sono le isoforme 1 e 2, regolate a livello extracellulare (ERK 1/2), le quali sono generalmente coinvolte nella proliferazione cellulare e nello sviluppo di tumori, incluso il carcinoma renale (Oka et al., 1995). In uno studio su linee cellulari del tubulo prossimale di ratto (OK cells, NRK-52E), OTA ha attivato la c-jun amino terminal kinase (JNK) e la proteina chinasica regolata a livello extracellulare 38 (p38) (Gekle et al., 2005), le quali agiscono nella risposta allo stress e nella apoptosi (Schilter et al., 2005).

Alterazione del meccanismo d'azione di nuclear erythroid-2-related factor

(Nrf2): Nrf2, è un fattore di trascrizione che induce espressione di enzimi ad

azione citoprotettiva, antixenobiotica e antiossidante. L’OTA è capace di alterare la via di trasduzione del segnale attivata da Nrf2 (Marin-Kuan et al., 2006; Calvin et al., 2007). Modificando questa via, inibisce la produzione di glutatione-S-transferasi e di c-glutamilcistenilsintetasi; poichè tali sostanze sono coinvolte

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nella detossificazione da OTA, si può concludere che OTA inibisce la sua stessa via di detossificazione (Boesch-Saadatmandi et al., 2009).

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Tossicità dell'ocratossina A

La presenza di OTA nel sangue, è un evenienza piuttosto frequente sia negli animali che nell'uomo (Leszkowicz & manderville, 2007), a causa del fatto che l’esposizione a questa tossina avviene prevalentemente attraverso l'ingestione di alimenti che rientrano comunemente nella nostra dieta e in quella degli animali. La maggior fonte di contaminazione, sono i cereali. Una stima di Vega e collaboratori (2009), conferma che il 50 % della quota di OTA ingerita giornalmente deriva da ingestione di alimenti a base di cereali. Negli animali questo tipo di alimentazione gioca un ruolo fondamentale, perchè i sottoprodotti dei cereali sono diretti alla produzione di mangimi, anche quando contengono livelli di OTA più concentrati rispetto ai cereali grezzi (Brera et al., 2006). La seconda fonte di esposizione ad OTA per l'uomo, è il vino che ricopre circa il 10-15% dell'intake giornaliero (Ottender e Majerus, 2000; Shepard et al., 2003).

In letteratura, negli ultimi anni sono stati pubblicati numerosi lavori sulla contaminazione da OTA in prodotti a base di carne, (Persi et al., 2014; Pleadin et al. 2013; Vipotnik et al., 2017) a causa della lunga emivita nel sangue e della capacità di OTA di depositarsi nei vai tessuti (Wolff et al., 2000). Altri alimenti contaminati sono: caffè, spezie, legumi e grazie alla eliminazione della tossina con il latte, anche nei prodotti caseari.

L'intossicazione da OTA nell'uomo è considerata una delle possibili cause della cosiddetta "nefropatia endemica dei balcani " (BEN). Si tratta di una patologia diffusa nell'area balcanica, comprendendo stati come: Bosnia, Bulgaria, Croazia, Romania, Serbia e Montenegro. Essa causa uremia e può condurre a morte (Fuchs e Peraica, 2005). I primi segni clinici sono rappresentati da anemia e da lieve proteinuria (Plestina et al., 1991). L'azoto ematico, la creatinina e la pressione sanguigna crescono gradualmente (Plestina et al., 1992). Le lesioni istopatologiche che compaiono per prime, sono la conseguenza di processi degenerativi e rigenerativi delle cellule epiteliali dei tubuli prossimali (Vukelic et

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al., 1991). Successivamente si riducono le dimensioni dei reni e si può trovare la fibrosi della corticale, senza cellule infiammatorie. L’OTA viene considerata una delle cause di questa patologia per vari motivi. Il primo, è che i campioni alimentari prelevati nelle aree endemiche presentano una concentrazione di OTA significativamente più elevata rispetto ai controlli; inoltre è stata riscontrata una presenza considerevolmente maggiore di tossina nel plasma dei soggetti malati rispetto a quella dei soggetti sani. (Fuchus & Peraica, 2005). L'OTA è conosciuta come molecola nefrotossica, ma ha anche altri effetti, quali: neurotossicità, immunotossicità e carcinogenicità (El Khoury & Atoui, 2010).

• Neurotossicità: sembra che l'ocratossina A sia gravemente tossica nei confronti delle cellule nervose e che sia capace di raggiungere i tessuti nervosi come il cervello e la retina (Brown et al., 1976; Sava et al., 2006).

Immunotossicità: sembra che OTA giochi un ruolo importante nell'inibizione della proliferazione dei linfociti T e B e che blocchi la produzione di interleuchina 2 (IL-2) e dei suoi recettori (Lea et al., 1989). In oltre altera l'attività delle natural killer e inibisce la produzione di interferone (Pfohl-Leszkowicz et al., 1999).

Carcinogenesi: L' International Agency of Research on Cancer (IARC) ha classificato l'OTA come possibile sostanza carcinogenica per l'uomo (gruppo 2B) (IARC, 1993). Studi sperimentali confermano l'effetto carcinogenico di OTA negli animali (roditori) e affermano il possibile effetto negli umani (Leskowicz & Manderville, 2007; Peraica, 1999) soprattutto tumori a livello del tratto urinario (Castegnaro et al., 1990; Vukelic et al., 1992)

Nefrotossicità: è l'effetto studiato più comune a tutte le specie animali, compreso l'uomo. L'alta suscettibilità del rene è in parte il risultato della

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tossicocinetica dell'OTA, che causa accumulo a livello di quest'organo. Il flusso renale plasmatico in confronto al peso dell'organo è molto elevato e questo fa si che con il plasma arrivi una grande quantità di tossina in confronto a tutti gli altri organi. OTA è anche secreta nei tubuli prossimali e quasi totalmente riassorbita lungo il nefrone (Gekle e Silbernagl, 1994; Bahnemann et al., 1997; Zingerle et al., 1997). Conseguentemente a assunzione cronica di OTA, si ha una netta diminuzione del flusso plasmatico renale e un aumento della resistenza vascolare renale. In sostanza, si assiste ad una alterazione dell'emodinamica che porta ad una diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare (Glomerular Filtration Rate, GFR) (Gekle et al., 2005). Oltre a questo problema, alcuni studi hanno dimostrato che l'aumento della resistenza vascolare si ha a livello delle arteriole efferenti (Gekle et al., 1993; Gekle & Silbernagl, 1993); da questo ne consegue un incremento transitorio della pressione idrostatica dei capillari glomerulari che potrebbe portare ad un iniziale aumento della filtrazione che poi va a decrescere perchè i capillari glomerulari sono danneggiati dall'ipertensione e perchè il flusso plasmatico renale, è ridotto ad un livello che limita la filtrazione nonostante l'aumentata pressione idrostatica (Gekle et al., 2005) e inoltre l'effetto di OTA sull'emodinamica renale è probabilmente dovuto ad un aumento della secrezione di angiotensina II mediato dall'ocratossina A stessa (Kastner et al., 1984). Il sistema di trasporto degli anioni organici nei tubuli è un altro target per l'OTA. Sembra che l'inibizione del meccanismo di trasporto sia specifico per questo tipo di molecole, poichè altri meccanismi di trasporto, (riassorbimento amminoacidi e glucosio) vengono alterati poco o nulla dalla presenza di OTA (Gekle et al., 1993; Silbemagl, 1993). I carrier per gli anioni organici vengono inibiti, e ciò è molto importante per la tossicocinetica dell'OTA. La sua stessa eliminazione avviene attraverso questi sistemi di trasporto, quindi una esposizione prolungata ad OTA,

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causa un ostacolo al suo stesso meccanismo di escrezione (Gekle et al., 2005). Un

altro bersaglio sono i segmenti post-prossimali renali e questo incrementa la produzione dell'urina, calo del peso specifico e alterazione dell'escrezione degli elettroliti. Infatti, un esposizione cronica a tale tossina determina un aumento nell'escrezione di Na e K, mentre rimane alta quella del Cl (Krogh et al., 1974; Gekle et al., 1993). Inoltre, OTA agisce anche a livello della branca ascendente dell'ansa si Henle, modificando i meccanismi di concentrazione dell'urina portando a poliuria (Krogh et al., 1974; Berndt & Hayes 1979; Kuiper-Goodman & Scott, 1989).

Figura 5: Modificazioni funzionali indotte da OTA nei vari segmenti del nefrone.

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Legislazione europea ed italiana

Il problema delle micotossine in molti mangimi e prodotti destinati all'alimentazione umana, ha contribuito a sviluppare la legislazione e incrementare i prodotti sottoposti a limiti residuali. La contaminazione del mangime, porta anche il successivo problema del carry-over nelle derrate alimentari destinate all'uomo e quindi l'ingresso della tossina e dei suoi metaboliti in catena alimentare, arrivando fino al consumatore. Le norme italiane si allineano per la gran parte alle norme comunitarie europee, anche se ci sono alcune differenze per i prodotti di origine animale.

In Italia, con la circolare n.10 del 9 Giugno 1999 (G.U., n.135 del 11/6/99), è stata aggiunta la tabella 2 con limiti di ocratossina A in matrici come: Alimenti per l'infanzia (0,5 µg/kg) Caffè crudo (8 µg/kg), caffè tostato e solubile (4 µg/kg), cacao e prodotti derivati (0,5 µg/kg), cereali e prodotti derivati (3 µg/kg).

Inoltre, in questa circolare è stato imposto un MRL (Limite massimo di residuo) nelle derrate di origine animale, in modo particolare per le carni di suino e prodotti derivati, in 1 µg/kg (ppb) di OTA.

A livello europeo, questo MRL non esiste. Ci sono però dei limiti introdotti attraverso il Reg. CE 1881/2006 (G.U., L-364), per quanto riguarda prodotti destinati all'alimentazione umana, come: cereali, frutti, caffè, etc.., visibili nella tabella sottostante:

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Prodotti alimentazione umana OTA (µg/kg)

Cereali non lavorati 5 Prodotti derivati dai cereali 3 Frutti essiccati della vite 10

Alimenti per l'infanzia 0,50 Caffè torrefatto e macinato 5

Caffè solubile 10 Vino e bevande a base di mosto

d'uva 2

Liquirizia: radice e estratto 20 e 80

Tabella 1. Limiti introdotti attraverso il Reg. CE 1881/2006 (G.U., L-364), per prodotti destinati all'alimentazione umana

Sulla base di questo il Regolamento UE 105/2010 (G.U., L-35) ha apportato delle modifiche al precedente, fissando dei tenori massimi per l’OTA in quei prodotti che contribuiscono in maniera significativa all’esposizione della popolazione umana in generale. E' stato modificato il limite di noce moscata, zenzero, curcuma, pepe bianco e nero da 30 µg/kg a 15 µg/kg. Gli altri limiti sono rimasti identici al Reg. CE 1881/2006 (G.U., L-364).

Sempre la comunità europea, con la raccomandazione CE 2016/1319 (G.U., L-208/58), ha posto i limiti nelle materie prime per i mangimi, come: cereali e prodotti a base di cereali (250 µg/kg), mangimi complementari e completi per suini (50 µg/kg), mangimi complementari e completi per pollame (100 µg/kg) e anche per cani e gatti (10 µg/kg). Le evidenze di nefrotossicità e carcinogenicità hanno portato l’EFSA (EFSA Journal, 2006) a stabilire una dose settimanale tollerabile di OTA pari a 120 ng/kg di peso corporeo.

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Tecniche analitiche per l’ocratossina A

L’esigenza di separare e/o determinare singoli componenti di miscele complesse, oppure estrarre analiti da matrici complesse, ha portato allo sviluppo di numerose tecniche analitiche selettive e specifiche.

Tali tecniche sfruttano ed amplificano differenze, anche minime, fra le diverse specie chimiche in modo da consentirne una determinazione efficiente.


I metodi più utilizzati per la determinazione quantitativa dell’OTA in diverse matrici, tra cui le carni suine, sono: l’ELISA, l’HPLC accoppiata alla fluorimetria e l’HPLC accoppiata alla spettrometria di massa. Negli ultimi anni sono state studiate ed utilizzate sempre piu tecniche di tipo elettrochimico.

OTA attraverso ELISA (Enzime-Linked Immunosorbent Assay)

Il kit per il test immunoenzimatico ELISA, è una delle tecniche utilizzate per la determinazione di ocratossina A.

La determinazione dell'OTA si basa su:

Saggio ELISA COMPETITIVO: Competizione diretta degli antigeni. Nella prima fase di incubazione alla fase solida adsorbita con l’anticorpo, vengono contemporaneamente aggiunti l’antigene libero e l’antigene specifico marcato con l’enzima di rilevazione (HRP, Horse Radish Peroxidase). In questa fase avviene la reazione di competizione tra l’antigene libero e l’antigene marcato con l’enzima di rilevazione: l’equilibrio di competizione sarà spostato verso la specie presente in maggior concentrazione. Attraverso una serie di lavaggi, l’ antigene non legato all’ anticorpo sul fondo viene rimosso e l’aggiunta del substrato cromogeno incolore permette la rilevazione del legame antigene – antigene marcato e anticorpo adsorbito

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sul fondo: la densità ottica del segnale sarà inversamente proporzionale alla concentrazione di antigene libero presente nel pozzetto.

Un interessante sviluppo di questa metodica è stato pubblicato Zhang et al. (2015), hanno messo a punto una tecnica ELISA generando un anticorpo monoclonale da una linea cellulare hybridoma 2D8, usando gli splenociti di ratti immunizzati. Questa innovazione è stata confrontata ad un kit presente in commercio, per monitorare i livelli di ocratossina A nel mais, grano e soia. I risultati ottenuti sono stati paragonabili e il limite di detezione più basso della nuova tecnica è 1,4 µg/kg, mentre quello del kit commerciale 1,25 µg/kg.

In letteratura è riportata l’applicazione di ELISA a mangime per maiali, spezie e additivi impiegati nella produzione dei prodotti a base di carne di maiale; inoltre è stato applicato per la detezione di OTA in salsicce, tessuto muscolare e adiposo di suino. I campioni, dopo essere stati sottoposti ad estrazione, sono stati analizzati ELISA.

Il kit, sia per mangimi che prodotti a base di carne, è di tipo competitivo e il limite di determinazione del kit era di 3.5 µg/kg; I LOD dei kit per il tessuto muscolare era 0.39 µg/kg e 1.01 µg/kg per le salsicce mentre i LOQ erano 0.57 e 1.68 µg/kg rispettivamente. (Pleadin et al., 2013).

Un ulteriore applicazione di questa tecnica analitica è stata fatta su prodotti di origine suina, sia crudi che cucinati, esposti a concentrazioni sub-croniche di OTA. I campioni, dopo essere stati sottoposti ad estrazione, sono stati analizzati con i kit. I LOD e i LOQ sono differenti a seconda della matrice analizzata, in modo particolare per fegato, muscolo e rene crudi di suino, i LOD sono 2.31, 0.39, 1.59 µg/kg rispettivamente, mentre i LOQ sono 5.67, 0.57, 3.32 µg/kg (Perši et al., 2014).

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HPLC (Cromatografia liquida ad alta pressione)

L'HPLC in genere rappresenta la tecnica di riferimento per l'analisi delle micotossine in genere e anche per l'ocratossina A, per la versatilità, sensibilità e la specificità. L'HPLC (cromatografia in fase liquida ad alte prestazioni o ad alta pressione) è la moderna evoluzione della cromatografia liquida su colonna (LC). In questo caso si tratta però di una tecnica strumentale che presenta molti vantaggi rispetto alla tecnica convenzionale di base:

• rapidità di esecuzione

• alta efficienza che permette la separazione di miscele complesse

• alta risoluzione (cioè picchi di sostanze anche simili chimicamente, ben separati)

• Rivelazione in continuo dei componenti di una miscela, in uscita dalla colonna • Registrazione automatica in continuo del cromatogramma

• Determinazione quantitativa dei componenti della miscela

Il campione viene introdotto attraverso l'iniettore nel sistema e spinto in colonna analitica a seguito del pompaggio costante della fase mobile del serbatoio del solvente. L'eluizione con un singolo solvente di composizione costante viene detta isocratica. Nell'eluizione a gradiente invece, due o più solventi di differenti polarità, vengono mescolati in proporzioni prestabilite. Il rapporto tra i due solventi viene fatto variare durante l'eluizione a volte in modo continuo, a volte attraverso una serie di step, durante i quali la percentuale dei solventi rimane costante per un certo periodo di tempo, per poi cambiare nuovamente.

La fase mobile del solvente fa spostare gli analiti attraverso il supporto cromatografico impaccato (colonna). I singoli componenti interagiscono con la fase

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stazionaria, rallentando in tal modo il loro spostamento in modo diverso, a seconda della loro affinità per questo materiale. Nel passare attraverso la colonna, ciascun componente si distribuisce tra la fase stazionaria e la fase mobile a seconda della sua solubilità e si separano tra loro.

Nell’eluizione, i componenti separati si spostano attraverso la lunghezza della colonna trascinati dalla fase mobile. Essi giungono al detector che ne rivela la concentrazione e il tempo (tempo di ritenzione) al momento in cui escono.

Riportando in grafico questa concentrazione in funzione del tempo in cui la fase mobile passato attraverso la colonna, si ottiene un cromatogramma. L’identificazione di un composto sarà basata fondamentalmente sul suo tempo di ritenzione in un certo set di condizioni (confrontare il cromatogramma di un campione ignoto con quello della sostanza pura o di una miscela a composizione nota). Infine, la quantificazione si basa sulla misura dell’area di un dato picco cromatografico (che è ovviamente proporzionale alla quantità totale di sostanza transitata davanti al rivelatore) e sul confronto con preparati contenenti quantità note del composto d’interesse (retta di taratura).

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Cromatografia liquida accoppiata alla fluorimetria (HPLC-FLD)

HPLC con rilevatore fluorimetrico misura le radiazioni di fluorescenza emesse da particolari classi di sostanze quando vengono eccitate con radiazioni UV o con un laser. Un composto fluorescente assorbe un fotone ed emette un altro fotone a lunghezza d’onda maggiore.

Un rivelatore a fluorescenza è 100-1000 volte più sensibile di uno ad assorbanza. L’emissione per fluorescenza è misurata a 90° rispetto alla radiazione incidente.

Essenzialmente lo strumento è costituito da:

• Sorgente di luce: per l’eccitazione del campione, tipicamente una lampada ad arco allo Xenon che emette in tutto l’intervallo UV-visibile. • Monocromatore (o filtro): per la selezione della lunghezza d’onda di

eccitazione e uno per la selezione della lunghezza d’onda di emissione. I monocromatori sono sistemi ottici costituiti da un elemento disperdente (prisma o reticolo) che separa la radiazione nelle sue componenti e da una fenditura (slit) che permette la selezione della lunghezza d’onda desiderata. In genere i monocromatori sono controllati da un "Sistema di controllo".

• Cella: dove passa il campione in flusso continuo.

• Rivelatore con sistema di amplificazione del segnale: Tipicamente si utilizza un fotomoltiplicatore che amplifica il segnale luminoso

e lo trasforma in segnale elettrico. Il segnale elettrico ottenuto è successivamente traferito all’analizzatore che produce come output uno spettro.

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Figura 6.Figura schematica di un fluorimetro per HPLC.

L'HPLC accoppiata alla fluorimetria è una metodica di riferimento per quanto riguarda la quantificazione dell' ocratossina A (Songsermsakul & Razzazi-Fazeli, 2008). Molti gruppi di ricerca, hanno utilizzato questa tecnica analitica per ricercare i livelli di ocratossina A in vari alimenti. Markov et al. (2013), utilizzano questa tecnica analitica per analizzare i prodotti a base di carne, come: salsicce di cinghiali, suini, cervo, e coniglio con LOD e LOQ di 0,51 e 0,89 µg/kg rispettivamente Su questi campioni è stata fatta un estrazione su 1 g di campione con 0,5 ml di H3PO4 1 M e 3 ml di etilacetato. Dopo l'agitazione e la centrifuga, altri 3 ml di etilacetato sono stati aggiunti e combinati con 3 ml di 0,65M di NaHCO3. Poi con un’estrazione con etilacetato e una retro-estrazione con NaHCO3. Infine, dopo la centrifuga, la parte acquosa è stata scaldata a 100 °C per 3 minuti e diluito 1 a 4 (v/v) ulteriormente con acqua. L'OTA è stata quantificata anche in prodotti di carne cotta prodotta da maiali non trattati e trattati con la micotossina stessa, quantificandola con il kit ELISA ed utilizzando l' HPLC-FLD come tecnica di riferimento (Perši et al., 2014).

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La cromatografia liquida accoppiata alla fluorimetria è presente in letteratura come tecnica analitica di estratti da matrici di suino.

Bozzo e collaboratori (2012), hanno applicato questa tecnica per l’analisi di fegato, rene e vescica in un campione di 23 cinghiali. I campioni sono stati estratti con colonne di immunoaffinità e i recovery medi sono stati molto alti (96.4 %) testato con campioni aggiunti a tre concentrazioni differenti (5, 10, 50 µg/kg) e il LOD è stato di 0.03 µg/kg, mentre il LOQ di 0.10 µg/kg. Questa tecnica è stata definita come facile da usare, accurata e applicabile ai livelli di OTA considerati più bassi rispetto ai livelli massimi consentiti.

I livelli di OTA riscontrati in questo campione, sono stati maggiori nei reni (in media 1.15 µg/kg), poi nel tessuto vescicale (media: 0.6 µg/kg) e il livello più basso nei muscoli (media: 0.3 µg/kg).

In letteratura, la metodica HPLC-FLD è stata paragonata alla metodica HPLC-MS per le estrazioni da matrici di suidi, e sono state definite paragonabili ed entrambe applicabili nel monitoraggio dei livelli di OTA estratti da questi tipi di matrice complessa e anche dai mangimi (Milićević et al., 2009)

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Cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa (HPLC-MS)

La spettrometria di massa, è la tecnica analitica più sensibile per la determinazione di residui poichè in grado di determinare le tracce delle sostanze. Viene comunemente usata in combinazione con la cromatografia liquida (HPLC), ma anche con la gas cromatografia (GC) quando la sostanza in analisi è maggiormente volatile. In generale, il principio di funzionamento della spettrometria di massa è la possibilità di separare miscele di ioni in funzione del loro rapporto massa/carica generalmente tramite campi magnetici statici o oscillanti. Tale miscela è ottenuta ionizzando le molecole del campione, principalmente facendo loro attraversare un fascio di elettroni ad energia nota. Le molecole così ionizzate, sono instabili e si frammentano in ioni più leggeri secondo schemi tipici in funzione della loro struttura chimica.

Lo "spettro di massa" è un diagramma che riporta l'abbondanza di ogni ione in funzione del rapporto massa/carica, tipico di ogni composto in quanto direttamente correlato alla sua struttura chimica ed alle condizioni di ionizzazione cui è stato sottoposto.

Per quanto riguarda l'analisi di micotossine attraverso la spettrometria di massa, è molto interessante vedere come i limiti di quantificazione siano molto bassi. In letteratura sono presenti diverse pubblicazioni sulla detezione di ocratossina A in vari alimenti (i più presenti sono: latte, vino e cereali) e con diversi tipi di estrazioni. Con questo tipo di spettrometria, Andrade & Lanças in un lavoro recente (2017), hanno riportato la determinazione di OTA in campioni di vino, mostrando limiti di quantificazione di 0,05 µg/kg. Oltre al vino, un'altra matrice dalla quale viene estratto ocratossina A è il latte. Anche in questo caso i limiti di quantificazione sono molto bassi, nell'ordine del 0,003 µg/kg (Huang et al., 2014). Per quanto riguarda le estrazioni da matrici solide, come i cereali, l'analisi delle micotossine con la

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spettrometria di massa, mostra limiti maggiori rispetto alle matrici liquide, come 0,1 µg/kg (Lattanzio et al., 2011) e 1 µg/kg (Lattanzio et al., 2014).

La cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa, è stata applicata per la detezione di OTA in campioni estratti di suino, come: fegato, rene e siero. I campioni sono stati estratti con estrazioni di tipo LLE e successivamente analizzati con HPLC-MS triplo quadrupolo, qdotata di elettrospray ionization (ESI+). I limiti nel siero sono: LOD 0.20 ng/ml, LOQ 0.40 ng/ml; nel fegato e rene sono: LOD 0.25 e LOQ 0.50 ng/ml (Milićević et al., 2009).

Losito e collaboratori (2004), hanno effettuato un analisi in spettrometria di massa su fegato, rene e anche muscolo di suino. L’ estrazione, anche in questo caso, è stata liquido – liquido e i limiti di determinazione e quantificazione sono leggermente più alti, rispetto al lavoro presentato da Milićević, infatti i LOD è di 0.6 ng/kg e il LOQ di 1.5 ng/g in tutte le matrici analizzate.

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Analisi elettrochimica

La ricerca di tecniche analitiche sempre più innovative e sensibili, ha portato allo sviluppo dei biosensori elettrochimici.

Un’utile classificazione dei biosensori è quella che li suddivide in due categorie: sensori a riconoscimento diretto, nei quali l’interazione biologica è misurata direttamente, e sensori ad individuazione indiretta, che si affidano ad un elemento secondario per il rilevamento.

I sistemi di rilevazione diretta includono sistemi ottici (ad esempio la risonanza plasmonica di superficie, SPR) e sistemi meccanici come risonatori a cristalli di quarzo (piezoelettrici) (Rasooly & Herold, 2009). I sensori a rilevazione indiretta si affidano a elementi secondari per la rilevazione. Esempi di tali elementi secondari sono gli enzimi (ad esempio l’alcalino fosfatasi o la glucosio ossidasi) e gli anticorpi marcati tramite fluorescenza che permettono il rilevamento di complessi stratificati. A differenza dei sistemi diretti, i quali misurano direttamente cambiamenti indotti dall’interazione biologica e non necessitano di intermedi di riconoscimento, i sistemi indiretti necessitano di molecole di riconoscimento che si leghino al bersaglio. Un'altra tipologia di sensori a rilevazione indiretta, sono: I trasduttori elettrochimici, che misurano l’ossidazione o la riduzione di composti elettroattivi tramite un ligando secondario. Molti tipi di biosensori elettrochimici sono di comune utilizzo, come i sistemi amperometrici, che misurano correnti elettriche in funzione del tempo durante il quale il potenziale dell’elettrodo rimane costante.

Alarcón e collaboratori (2006), hanno usato anticorpi monoclonali in forma diretta e indiretta per la detezione di OTA in campioni addizionati ed estratti di grano, attraverso screen printed electrodes, utilizzando la metodica HPLC come riferimento.

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La tecnica mostra che, estraendo campioni a 5 concentrazioni diverse di OTA (0.5, 1, 4, 5, 15 µg/kg), le concentrazioni rilevate dall'immunosensore e dall'HPLC, sono molto simili e mostrando come LOD 0.10 µg/kg e 0.06 µg/kg per la determinazione elettrochimica indiretta e diretta rispettivamente. Un altra applicazione interessante presente in letteratura è quella di Lomillo e collaboratori (2010), hanno immobilizzato la perossidasi del rafano (HRP) su un elettrodo stampato, per la detezione selettiva di OTA. Hanno ottimizzato il metodo sperimentale, mettendo a punto il pH della soluzione tampone di analisi, il potenziale applicato e la concentrazione di perossido di idrogeno, infine hanno analizzato campioni di caffè e birra addizionati di ocratossina A, e il LOD è stato di 0.1 ng/ml.

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Tecniche estrattive per ocratossina A

Una parte importante nella rivelazione di micotossine da mangimi e prodotti di origine animale, è composta dalla parte di trattamento del campione e estrazione dell'analita. Questa parte permette di ridurre oppure eliminare molti interferenti che potrebbero potenzialmente avere effetti negativi sui risultati dell'analisi, alzando i limiti di quantificazione e determinazione della tecnica oppure falsando la quantitativa. Per quanto riguarda le tecniche di estrazione per la determinazione di OTA, ci sono due tipi di approcci, come: le estrazioni classiche, ovvero, quelle in fase liquida e le estrazioni in fase solida

Estrazioni in fase liquida

Un'altra tecnica di estrazione e preparazione del campione analitico, specialmente da soluzioni acquose, è l’estrazione liquido - liquido (LLE). Tale tecnica si esegue portando a contatto con la soluzione in cui si trova un certo soluto, un solvente che sia praticamente immiscibile con il primo, in modo che il soluto possa distribuirsi tra i due solventi in ragione della sua e della loro natura o delle condizioni sperimentali. E' una metodica di laboratorio utilizzata per estrarre composti da fonti animali, vegetali oppure solamente a scopo purificativo. Per poterla eseguire, vengono utilizzati solventi di differenti livelli di densità, polarità e miscibilità. Quando i due liquidi vengono inseriti nell'imbuto separatore, grazie all'agitazione manuale vengono divisi in due fasi (una acquosa e una organica contenente la sostanza estratta) e raggiungono un equilibrio tra la concentrazione del soluto nel primo solvente e la concentrazione del soluto nel secondo solvente. Questo equilibrio è esprimibile grazie al coefficiente di ripartizione K dato dal rapporto tra le concentrazioni (g/l) del soluto nei due

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costante ed indipendente dalla sue quantità totale, e questo è regolato dall'equazione di Nernst:

K = Ca / Cb (a Temperatura costante)

Ca = concentrazione all'equilibrio della sostanza nella fase “a” Cb = concentrazione all'equilibrio della sostanza nella fase “b”

Normalmente nelle estrazioni una fase è composta da soluzioni acquose e l'altra da una solvente organico. Più è alto il "K" e maggiore sarà l'accuratezza dell'estrazione. Nonostante l’estrazione liquido-liquido sia una delle tecniche separative più utilizzate, essa comporta alcuni svantaggi, come: impiego di grossi quantitativi di solventi spesso tossici, concentrazione di volumi elevati di solvente con relativa esaltazione delle impurità in esso contenute, probabili perdite per evaporazione.

Per questi, ed altri motivi, è nata l’esigenza di studiare nuove tecniche di estrazione (vedi MIP) , in modo da minimizzare i problemi d’analisi sopracitati ed ottenere risultati altrettanto o più affidabili. Questi comunque sono problemi potenziali, poichè, se la tecnica estrattiva è messa a punto, i suddetti problemi sono ridotti al minimo e ciò permette di ottenere una tecnica di estrazione analitica affidabile. I solventi più comuni che vengono utilizzati per questo tipo di estrazioni sono: diclorometano, cloroformio, esano, cicloesano (Turner et al., 2009) e acetone (Vinas et al., 2013). Soprattutto i solventi clorurati sono molto tossici per la salute umana e per l'ambiente, quindi negli ultimi anni sono stati sostituiti in molti casi da solventi meno tossici (es. etilacetato).

Monaci et al. (2004), applicarono l’estrazione in fase liquida, a matrici di origine animale, in modo particolare a muscolo, rene e fegato di suino, utilizzando piccole quantità di matrice e testando sia i solventi clorurati (cloroformio e diclorometano) che

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etilacetato. Dalle analisi effettuate, hanno dimostrato che l’estrazione attraverso l’etilacetato è stata quella che ha permesso di ottenere i recovery più alti, applicata a rene e muscolo di suino. Per quanto riguarda il fegato, è stato necessario una purificazione ulteriore attraverso l’uso delle SPE (C18), poiché la LLE non era sufficiente per ottenere un campione pulito e facilmente quantificabile. L’estrazione LLE con etilacetato ha mostrato LOD di 0.14 e 0.15 ng/g e LOQ di 0.52 e 0.67 ng/g in rene e muscolo rispettivamente.

L’estrazione liquido – liquido è più economica di un’estrazione in fase solida, anche se i cromatogrammi ottenuti presentano più picchi interferenti (Monaci et al., 2004)

Estrazioni in fase solida

L'estrazione in fase solida (SPE, solid phase extraction) rappresenta attualmente la tecnica di preparazione del campione più nota e utilizzata per le analisi chimiche, tra cui le analisi sulle micotossine. Il processo di estrazione è basato sull'interazione degli analiti da estrarre, disciolti in una fase liquida con una fase solida (adsorbente). Dopo un iniziale condizionamento dell'adsorbente, il processo di estrazione prevede generalmente una fase di caricamento del campione liquido e ritenzione degli analiti, seguita da una fase di lavaggio interferenti e eluizione con opportuno solvente. La SPE è un alternativa all'estrazione liquido-liquido (LLE), per isolare e concentrare tracce di contaminanti organici apolari da campioni acquosi. In questo tipo di estrazione, non vengono usate elevate quantità di solvente, quindi non c'è bisogno di riconcentrarli. Sfruttando le interazioni tra adsorbente e analiti, è possibile caricare volumi elevati di campione su piccole quantità di adsorbente ed infine eluire gli analiti con volumi ridotti di eluente, per ottenere una concentrazione dell' analita, una riduzione dei tempi di analisi e le possibili contaminazioni da impurezze presenti nei solventi. Le colonne

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per estrazioni in fase solida più comunemente usate sono: colonne C18, colonne di immunoaffinità (IAC) e i polimeri a stampo molecolare (MIP).

Colonne C-18 (octadecil-silano)

Le interazioni non polari più importanti che possono intercorrere tra fase adsorbente e analita, sono le forze di Van der Waals (interazioni tra i gruppi C-H di analita e adsorbente). C18 (Octadecil-silano) è l’adsorbente più usato per le interazioni non-polari, non è selettivo e permette di trattenere molti composti non polari. Utilizzato per isolare composti anche molto diversi soprattutto in analisi che necessitano l’estrazione del maggior numero di composti presenti all’interno di una matrice (es. analisi ambientali).

Le interazioni non-polari e la ritenzione sono facilitate in presenza di solventi molto polari (come l’acqua). In presenza di questo tipo di solventi anche molecole che presentano gruppi funzionali polari ma che hanno una struttura non polare possono interagire con l’adsorbente non-polare. Solventi non-polari invece interferiscono con i meccanismi di ritenzione.

L’eluizione degli analiti isolati deve avvenire tramite un solvente non-polare, in grado di rompere le interazioni non-polari tra analita ed adsorbente.

In letteratura ci sono dei lavori in cui usano questi tipi di colonne per estrarre ocratossina A nei campioni di cibo come: cereali, caffè e farina di frumento addizionati e ottenendo recovery che vanno dal 67.20 % per concentrazioni di 2.50 µg/kg al 90.44 % per concentrazioni 50 µg/kg e analizzati tutti all' HPLC-FLD (Wu et al. 2011). Invece nel lavoro di Bacaloni et al. (2005), utilizzando la spettrometria di massa come sistema di detezione, l'ocratossina viene estratta da matrici liquide, come birra, vino bianco e rosso. I recovery vanno dal 74 % all' 82 % con limiti di quantificazione di 0.01 µg/kg.

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Monaci e collaboratori (2004), hanno applicato una purificazione con colonne C-18 dopo l’estrazione liquido – liquido di OTA da campioni di fegato di suino. La purificazione per quanto riguarda l’OTA era efficace, infatti i recovery della tecnica erano elevati (92 %). Purtroppo, la purificazione dello standard interno utilizzato in questa analisi (Ocratossina B – OTB), non era tale da proseguirne lo studio, infatti i recovery su questa molecola erano bassi (47%).

Colonne immunoaffinità

L’estratto da purificare viene fatto passare attraverso tale colonna e la micotossina eventualmente presente si lega agli anticorpi specifici, venendo in tale maniera separata da tutte le altre sostanze interferenti della matrice. Quindi viene eseguito un lavaggio con soluzioni acquose che permettono di allontanare dalla colonna eventuali interferenti, infine viene effettuata una eluizione della micotossina ricercata sfruttando un solvente organico in grado di rimuovere l’antigene micotossina dall’anticorpo (Cappelli e Vannucchi 1998).

Il reagente chiave per l'immunoestrazione è l'anticorpo che è immobilizzato su un supporto. Gli anticorpi appartengono a un gruppo di proteine chiamate immunoglobuline. Perché l'anticorpo sia utile, deve rispondere all'analita, non al complesso proteico dell'analita.

In pratica questi anticorpi legheranno i composti che hanno una stretta relazione strutturale con il gruppo di interesse. Questo è noto come cross-reattività e può essere utile nell'immunoestrazione. Le forze coinvolte nell'interazione dell'antigene sono una miscela di attrazione ionica, legame

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idrogeno, attrazioni idrofobiche e forze van der Waals. Anche se individualmente sono forze relativamente deboli, in combinazione si ottiene un'attrazione relativamente forte. (Stevenson, 2000).

Le colonne di immunoaffinità sono state utilizzate post estrazione liquido – liquido come passaggio di purificazione ulteriore, in campioni di fegato di suino. Questa metodica ha presentato recovery molto alti (93%) e presentando cromatogrammi molto chiari, con i picchi dell’OTA facili da determinare e quantificare. (Monaci et al., 2004)

Polimeri a stampo molecolare (MIP)

La Molecular Imprinting Technology (MIT) è un approccio sintetico per progettare robusti materiali di riconoscimento molecolare in grado di sostituire entità come anticorpi e recettori biologici (Takagishi & Klotz, 1972).

La progettazione di materiali sintetici, è diventata un'area di ricerca importante che negli anni recenti ha creato materiali con capacità di riconoscimento paragonabili ai sistemi naturali. La MIT è considerata una tecnica versatile in grado di riconoscere molecole biologiche e chimiche tra cui aminoacidi e proteine (Bossi et al., 2007; Scorano et al., 2011), derivati nucleotidi (Longo et al., 2008), inquinanti (Pichon et al., 2008; Tamayo et al., 2005), farmaci e cibo (Puoci et al., 2007; Baggiani et al., 2007).

La MIT si basa sulla formazione di un complesso tra un analita (template) e un monomero funzionale. In presenza di un grande eccesso di un agente di reticolazione, si forma una rete polimerica tridimensionale (Ramstrom et al., 1999). Dopo il processo di polimerizzazione, il template viene rimosso dal

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polimero lasciando specifici siti di riconoscimento complementari di forma, dimensione e funzionalità chimica alla molecola di template (Figura 7). Di solito, le interazioni intermolecolari come i legami di idrogeno, il dipolo-dipolo e le interazioni ioniche tra la molecola analita ed i gruppi funzionali presenti nella matrice polimerica, guidano i fenomeni di riconoscimento molecolare. Così, il polimero risultante riconosce e lega selettivamente solo le molecole specifiche.

Figura 7. Schema formazione dei polimeri a stampo molecolare.

I principali vantaggi dei polimeri a stampo molecolare (MIP), sono la loro alta selettività e affinità per la molecola bersaglio utilizzata nella procedura di imprinting. I polimeri hanno resistenza alla temperatura elevata, alla pressione e all'inerzia verso acidi, basi, ioni metallici e solventi organici. Inoltre, essi sono anche meno costosi per essere sintetizzati e la durata di conservazione può essere molto elevata, mantenendo la loro capacità di riconoscimento anche per diversi anni a temperatura ambiente.

Una review (Vasapollo et al., 2011), riporta le caratteristiche e le prospettive future delle MISPE, ma anche alcuni esempi di applicazioni, che possono

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essere la fase stazionaria chirale (Sellergren et al., 2001), la elettrocromatografia capillare (Turiel et al., 2005), ma la più usata, sono le estrazioni in fase solida (SPE), (Turiel et al., 2010).

L'estrazione a fase solida (SPE) è un'area importante di applicazione nella chimica analitica (Pichon et al., 2007). Il MIP per l'estrazione in fase solida (MISPE) utilizzate come materiali assorbenti selettivi, si trovano in una cartuccia tra due supporti, e il suo utilizzo è relativamente semplice (Pichon et al., 2008). Inoltre, più solventi possono essere gestiti senza riguardo alla loro influenza sui metodi di separazione successivi.

Il principio di MISPE si basa sugli stessi quattro passi principali del classico SPE: condizionamento dell'assorbente, caricamento del campione, lavaggio delle interferenze e eluizione degli analiti target (Figura 8). Nel passaggio di caricamento, il campione viene percolato attraverso il polimero MIP. In genere, questo solvente deve avere una polarità simile a quella utilizzata nel processo di polimerizzazione, poiché aumenta il numero di interazioni tra analiti e siti specifici di legame nei MIP (Spivak et al., 1997).

MISPE è stato applicato per l'estrazione di diversi composti in differenti matrici di campioni come i campioni biologici (Suedee et al., 2006), campioni ambientali (Caro et al., 2004) e anche per l'analisi degli alimenti (Wang et al., 2004).

La prima applicazione di MISPE è stata fatta da Sellergren nel 1994 che ha preparato un'estrazione selettiva di pentamidine, un farmaco utilizzato per il trattamento di disturbi connessi con l'AIDS, nei campioni di urina. I materiali stampati con pentamidine sono stati preparati mediante polimerizzazione in situ in una colonna cromatografica accoppiata ad un semplice sistema HPLC.

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Figura 8. I quattro step del processo MISPE

In letteratura sono presenti alcuni MISPE per vitamine e nucleosidi, derivati da matrici biologiche. Un MIP altamente selettivo per la 1-metiladenosina (1-MA), un nucleoside urinario usato come marcatore del cancro, è stato preparato e utilizzato come materiale assorbente in modalità SPE (Scorrano et al., 2010). Negli ultimi anni, MISPE è stato ampiamente applicato anche per la determinazione di analiti nei campioni ambientali. In particolare, i composti fenolici sono stati ampiamente studiati per la loro notevole tossicità e la loro ampia distribuzione in diversi campioni ambientali. Negli ultimi anni è stato sviluppato un nuovo assorbente selettivo della classe per SPE per pre-concentrare gli inquinanti ambientali, i composti fenolici, da campioni di acqua. (Peipei et al., 2010). Negli ultimi anni, hanno sempre più preso piede le estrazioni in fase solida dell'ocratossina A da varie matrici, come: cibi, mangimi, matrici di origine animali. Infatti in una review (Huertas-Pérez et al., 2016), sono riportate molte tecniche di estrazione OTA da varie matrici, con i polimeri a stampo molecolare MIP. Alcuni gruppi di ricerca hanno sintetizzato MIP, come Giovannoli et al. nel 2014 e Vidal et al. nel 2012 estraendo OTA da vino rosso. Ci sono anche estrazioni di ocratossina A da grano, birra, vino e

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uva, in cui hanno usato le colonne MIP affinimip SPE-OTA (Giovannoli et al., 2014; Ali et al., 2010). Da questi dati ed in generale dalla letteratura, si evince che sono molto presenti estrazioni di OTA da matrici liquide e da mangimi. Questo richiede un approfondimento per quanto riguarda la ricerca nelle matrici edibili di origine animale, le quali possono presentare livelli di ocratossina A nocivi per gli animali stessi e per i consumatori, dovuti al carry over della tossina.

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L'OTA è una micotossina cancerogena, nefrotossica, teratogena, immunotossica e neurotossica (EFSA, 2006). Vista la sua tossicità e la sua ampia diffusione come contaminante di cereali, caffè, birra, vino e spezie (Malir et al., 2016), è stata inserita dalla International Agency for Research on Cancer (IARC), come possibile cancerogeno umano nel gruppo 2B (IARC, 1993). L’OTA è stata associata nell’uomo all’insorgenza della Nefropatia Endemica Balcanica (BEN) e di tumori del tratto urinario, in seguito al riscontro di alti livelli di OTA nei liquidi biologici dei pazienti affetti (Fuchs & Peraica, 2005; Pfohl-Leszkowicz et al., 2002). Gli animali zootecnici sono potenzialmente esposti a OTA attraverso il consumo di mangimi contaminati, che può portare alla presenza di questa micotossina in carne e derivati. Le Autorità Sanitarie di alcuni paesi hanno fissato livelli massimi di OTA in prodotti a base di carne o prodotti di origine animale, come ad essmpio la Danimarca (rene di maiale 10 µg/kg, sangue di maiale 25 µg/ml), la Romania (rene di maiale, fegato, carne e 5 µg/kg) e l'Italia (carne suina e prodotti derivati 1 ug/kg). Le tecniche analitiche convenzionali usate per la determinazione di OTA hanno come limiti costi elevati, uso di elevate quantità di solventi clorurati, necessità di personale e laboratori specializzati; da qui la necessità di sviluppare tecniche analitiche alternative. In questa tesi sono stati sviluppati metodi analitici innovativi per la determinazione di OTA in matrici (fegato, rene, muscolo) provenienti da sudi. Questa specie è stata utilizzata come bioindicatore in quanto s’inserisce a tutti gli effetti come anello di congiunzione fra le quote di contaminanti presenti nel suolo e negli alimenti di cui si ciba e l’uomo che include nella propria dieta prodotti da essi derivati.

La presente tesi è stata svolta principalmente nell’ambito del progetto PRA 2016 dal titolo “Sviluppo di metodiche innovative per la determinazione dei livelli di contaminazione da metalli pesanti e ocratossina A in campioni di suidi” .

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