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Una parte importante nella rivelazione di micotossine da mangimi e prodotti di origine animale, è composta dalla parte di trattamento del campione e estrazione dell'analita. Questa parte permette di ridurre oppure eliminare molti interferenti che potrebbero potenzialmente avere effetti negativi sui risultati dell'analisi, alzando i limiti di quantificazione e determinazione della tecnica oppure falsando la quantitativa. Per quanto riguarda le tecniche di estrazione per la determinazione di OTA, ci sono due tipi di approcci, come: le estrazioni classiche, ovvero, quelle in fase liquida e le estrazioni in fase solida

Estrazioni in fase liquida

Un'altra tecnica di estrazione e preparazione del campione analitico, specialmente da soluzioni acquose, è l’estrazione liquido - liquido (LLE). Tale tecnica si esegue portando a contatto con la soluzione in cui si trova un certo soluto, un solvente che sia praticamente immiscibile con il primo, in modo che il soluto possa distribuirsi tra i due solventi in ragione della sua e della loro natura o delle condizioni sperimentali. E' una metodica di laboratorio utilizzata per estrarre composti da fonti animali, vegetali oppure solamente a scopo purificativo. Per poterla eseguire, vengono utilizzati solventi di differenti livelli di densità, polarità e miscibilità. Quando i due liquidi vengono inseriti nell'imbuto separatore, grazie all'agitazione manuale vengono divisi in due fasi (una acquosa e una organica contenente la sostanza estratta) e raggiungono un equilibrio tra la concentrazione del soluto nel primo solvente e la concentrazione del soluto nel secondo solvente. Questo equilibrio è esprimibile grazie al coefficiente di ripartizione K dato dal rapporto tra le concentrazioni (g/l) del soluto nei due

costante ed indipendente dalla sue quantità totale, e questo è regolato dall'equazione di Nernst:

K = Ca / Cb (a Temperatura costante)

Ca = concentrazione all'equilibrio della sostanza nella fase “a” Cb = concentrazione all'equilibrio della sostanza nella fase “b”

Normalmente nelle estrazioni una fase è composta da soluzioni acquose e l'altra da una solvente organico. Più è alto il "K" e maggiore sarà l'accuratezza dell'estrazione. Nonostante l’estrazione liquido-liquido sia una delle tecniche separative più utilizzate, essa comporta alcuni svantaggi, come: impiego di grossi quantitativi di solventi spesso tossici, concentrazione di volumi elevati di solvente con relativa esaltazione delle impurità in esso contenute, probabili perdite per evaporazione.

Per questi, ed altri motivi, è nata l’esigenza di studiare nuove tecniche di estrazione (vedi MIP) , in modo da minimizzare i problemi d’analisi sopracitati ed ottenere risultati altrettanto o più affidabili. Questi comunque sono problemi potenziali, poichè, se la tecnica estrattiva è messa a punto, i suddetti problemi sono ridotti al minimo e ciò permette di ottenere una tecnica di estrazione analitica affidabile. I solventi più comuni che vengono utilizzati per questo tipo di estrazioni sono: diclorometano, cloroformio, esano, cicloesano (Turner et al., 2009) e acetone (Vinas et al., 2013). Soprattutto i solventi clorurati sono molto tossici per la salute umana e per l'ambiente, quindi negli ultimi anni sono stati sostituiti in molti casi da solventi meno tossici (es. etilacetato).

Monaci et al. (2004), applicarono l’estrazione in fase liquida, a matrici di origine animale, in modo particolare a muscolo, rene e fegato di suino, utilizzando piccole quantità di matrice e testando sia i solventi clorurati (cloroformio e diclorometano) che

etilacetato. Dalle analisi effettuate, hanno dimostrato che l’estrazione attraverso l’etilacetato è stata quella che ha permesso di ottenere i recovery più alti, applicata a rene e muscolo di suino. Per quanto riguarda il fegato, è stato necessario una purificazione ulteriore attraverso l’uso delle SPE (C18), poiché la LLE non era sufficiente per ottenere un campione pulito e facilmente quantificabile. L’estrazione LLE con etilacetato ha mostrato LOD di 0.14 e 0.15 ng/g e LOQ di 0.52 e 0.67 ng/g in rene e muscolo rispettivamente.

L’estrazione liquido – liquido è più economica di un’estrazione in fase solida, anche se i cromatogrammi ottenuti presentano più picchi interferenti (Monaci et al., 2004)

Estrazioni in fase solida

L'estrazione in fase solida (SPE, solid phase extraction) rappresenta attualmente la tecnica di preparazione del campione più nota e utilizzata per le analisi chimiche, tra cui le analisi sulle micotossine. Il processo di estrazione è basato sull'interazione degli analiti da estrarre, disciolti in una fase liquida con una fase solida (adsorbente). Dopo un iniziale condizionamento dell'adsorbente, il processo di estrazione prevede generalmente una fase di caricamento del campione liquido e ritenzione degli analiti, seguita da una fase di lavaggio interferenti e eluizione con opportuno solvente. La SPE è un alternativa all'estrazione liquido-liquido (LLE), per isolare e concentrare tracce di contaminanti organici apolari da campioni acquosi. In questo tipo di estrazione, non vengono usate elevate quantità di solvente, quindi non c'è bisogno di riconcentrarli. Sfruttando le interazioni tra adsorbente e analiti, è possibile caricare volumi elevati di campione su piccole quantità di adsorbente ed infine eluire gli analiti con volumi ridotti di eluente, per ottenere una concentrazione dell' analita, una riduzione dei tempi di analisi e le possibili contaminazioni da impurezze presenti nei solventi. Le colonne

per estrazioni in fase solida più comunemente usate sono: colonne C18, colonne di immunoaffinità (IAC) e i polimeri a stampo molecolare (MIP).

Colonne C-18 (octadecil-silano)

Le interazioni non polari più importanti che possono intercorrere tra fase adsorbente e analita, sono le forze di Van der Waals (interazioni tra i gruppi C- H di analita e adsorbente). C18 (Octadecil-silano) è l’adsorbente più usato per le interazioni non-polari, non è selettivo e permette di trattenere molti composti non polari. Utilizzato per isolare composti anche molto diversi soprattutto in analisi che necessitano l’estrazione del maggior numero di composti presenti all’interno di una matrice (es. analisi ambientali).

Le interazioni non-polari e la ritenzione sono facilitate in presenza di solventi molto polari (come l’acqua). In presenza di questo tipo di solventi anche molecole che presentano gruppi funzionali polari ma che hanno una struttura non polare possono interagire con l’adsorbente non-polare. Solventi non-polari invece interferiscono con i meccanismi di ritenzione.

L’eluizione degli analiti isolati deve avvenire tramite un solvente non-polare, in grado di rompere le interazioni non-polari tra analita ed adsorbente.

In letteratura ci sono dei lavori in cui usano questi tipi di colonne per estrarre ocratossina A nei campioni di cibo come: cereali, caffè e farina di frumento addizionati e ottenendo recovery che vanno dal 67.20 % per concentrazioni di 2.50 µg/kg al 90.44 % per concentrazioni 50 µg/kg e analizzati tutti all' HPLC- FLD (Wu et al. 2011). Invece nel lavoro di Bacaloni et al. (2005), utilizzando la spettrometria di massa come sistema di detezione, l'ocratossina viene estratta da matrici liquide, come birra, vino bianco e rosso. I recovery vanno dal 74 % all' 82 % con limiti di quantificazione di 0.01 µg/kg.

Monaci e collaboratori (2004), hanno applicato una purificazione con colonne C-18 dopo l’estrazione liquido – liquido di OTA da campioni di fegato di suino. La purificazione per quanto riguarda l’OTA era efficace, infatti i recovery della tecnica erano elevati (92 %). Purtroppo, la purificazione dello standard interno utilizzato in questa analisi (Ocratossina B – OTB), non era tale da proseguirne lo studio, infatti i recovery su questa molecola erano bassi (47%).

Colonne immunoaffinità

L’estratto da purificare viene fatto passare attraverso tale colonna e la micotossina eventualmente presente si lega agli anticorpi specifici, venendo in tale maniera separata da tutte le altre sostanze interferenti della matrice. Quindi viene eseguito un lavaggio con soluzioni acquose che permettono di allontanare dalla colonna eventuali interferenti, infine viene effettuata una eluizione della micotossina ricercata sfruttando un solvente organico in grado di rimuovere l’antigene micotossina dall’anticorpo (Cappelli e Vannucchi 1998).

Il reagente chiave per l'immunoestrazione è l'anticorpo che è immobilizzato su un supporto. Gli anticorpi appartengono a un gruppo di proteine chiamate immunoglobuline. Perché l'anticorpo sia utile, deve rispondere all'analita, non al complesso proteico dell'analita.

In pratica questi anticorpi legheranno i composti che hanno una stretta relazione strutturale con il gruppo di interesse. Questo è noto come cross- reattività e può essere utile nell'immunoestrazione. Le forze coinvolte nell'interazione dell'antigene sono una miscela di attrazione ionica, legame

idrogeno, attrazioni idrofobiche e forze van der Waals. Anche se individualmente sono forze relativamente deboli, in combinazione si ottiene un'attrazione relativamente forte. (Stevenson, 2000).

Le colonne di immunoaffinità sono state utilizzate post estrazione liquido – liquido come passaggio di purificazione ulteriore, in campioni di fegato di suino. Questa metodica ha presentato recovery molto alti (93%) e presentando cromatogrammi molto chiari, con i picchi dell’OTA facili da determinare e quantificare. (Monaci et al., 2004)

Polimeri a stampo molecolare (MIP)

La Molecular Imprinting Technology (MIT) è un approccio sintetico per progettare robusti materiali di riconoscimento molecolare in grado di sostituire entità come anticorpi e recettori biologici (Takagishi & Klotz, 1972).

La progettazione di materiali sintetici, è diventata un'area di ricerca importante che negli anni recenti ha creato materiali con capacità di riconoscimento paragonabili ai sistemi naturali. La MIT è considerata una tecnica versatile in grado di riconoscere molecole biologiche e chimiche tra cui aminoacidi e proteine (Bossi et al., 2007; Scorano et al., 2011), derivati nucleotidi (Longo et al., 2008), inquinanti (Pichon et al., 2008; Tamayo et al., 2005), farmaci e cibo (Puoci et al., 2007; Baggiani et al., 2007).

La MIT si basa sulla formazione di un complesso tra un analita (template) e un monomero funzionale. In presenza di un grande eccesso di un agente di reticolazione, si forma una rete polimerica tridimensionale (Ramstrom et al., 1999). Dopo il processo di polimerizzazione, il template viene rimosso dal

polimero lasciando specifici siti di riconoscimento complementari di forma, dimensione e funzionalità chimica alla molecola di template (Figura 7). Di solito, le interazioni intermolecolari come i legami di idrogeno, il dipolo- dipolo e le interazioni ioniche tra la molecola analita ed i gruppi funzionali presenti nella matrice polimerica, guidano i fenomeni di riconoscimento molecolare. Così, il polimero risultante riconosce e lega selettivamente solo le molecole specifiche.

Figura 7. Schema formazione dei polimeri a stampo molecolare.

I principali vantaggi dei polimeri a stampo molecolare (MIP), sono la loro alta selettività e affinità per la molecola bersaglio utilizzata nella procedura di imprinting. I polimeri hanno resistenza alla temperatura elevata, alla pressione e all'inerzia verso acidi, basi, ioni metallici e solventi organici. Inoltre, essi sono anche meno costosi per essere sintetizzati e la durata di conservazione può essere molto elevata, mantenendo la loro capacità di riconoscimento anche per diversi anni a temperatura ambiente.

Una review (Vasapollo et al., 2011), riporta le caratteristiche e le prospettive future delle MISPE, ma anche alcuni esempi di applicazioni, che possono

essere la fase stazionaria chirale (Sellergren et al., 2001), la elettrocromatografia capillare (Turiel et al., 2005), ma la più usata, sono le estrazioni in fase solida (SPE), (Turiel et al., 2010).

L'estrazione a fase solida (SPE) è un'area importante di applicazione nella chimica analitica (Pichon et al., 2007). Il MIP per l'estrazione in fase solida (MISPE) utilizzate come materiali assorbenti selettivi, si trovano in una cartuccia tra due supporti, e il suo utilizzo è relativamente semplice (Pichon et al., 2008). Inoltre, più solventi possono essere gestiti senza riguardo alla loro influenza sui metodi di separazione successivi.

Il principio di MISPE si basa sugli stessi quattro passi principali del classico SPE: condizionamento dell'assorbente, caricamento del campione, lavaggio delle interferenze e eluizione degli analiti target (Figura 8). Nel passaggio di caricamento, il campione viene percolato attraverso il polimero MIP. In genere, questo solvente deve avere una polarità simile a quella utilizzata nel processo di polimerizzazione, poiché aumenta il numero di interazioni tra analiti e siti specifici di legame nei MIP (Spivak et al., 1997).

MISPE è stato applicato per l'estrazione di diversi composti in differenti matrici di campioni come i campioni biologici (Suedee et al., 2006), campioni ambientali (Caro et al., 2004) e anche per l'analisi degli alimenti (Wang et al., 2004).

La prima applicazione di MISPE è stata fatta da Sellergren nel 1994 che ha preparato un'estrazione selettiva di pentamidine, un farmaco utilizzato per il trattamento di disturbi connessi con l'AIDS, nei campioni di urina. I materiali stampati con pentamidine sono stati preparati mediante polimerizzazione in situ in una colonna cromatografica accoppiata ad un semplice sistema HPLC.

Figura 8. I quattro step del processo MISPE

In letteratura sono presenti alcuni MISPE per vitamine e nucleosidi, derivati da matrici biologiche. Un MIP altamente selettivo per la 1-metiladenosina (1- MA), un nucleoside urinario usato come marcatore del cancro, è stato preparato e utilizzato come materiale assorbente in modalità SPE (Scorrano et al., 2010). Negli ultimi anni, MISPE è stato ampiamente applicato anche per la determinazione di analiti nei campioni ambientali. In particolare, i composti fenolici sono stati ampiamente studiati per la loro notevole tossicità e la loro ampia distribuzione in diversi campioni ambientali. Negli ultimi anni è stato sviluppato un nuovo assorbente selettivo della classe per SPE per pre- concentrare gli inquinanti ambientali, i composti fenolici, da campioni di acqua. (Peipei et al., 2010). Negli ultimi anni, hanno sempre più preso piede le estrazioni in fase solida dell'ocratossina A da varie matrici, come: cibi, mangimi, matrici di origine animali. Infatti in una review (Huertas-Pérez et al., 2016), sono riportate molte tecniche di estrazione OTA da varie matrici, con i polimeri a stampo molecolare MIP. Alcuni gruppi di ricerca hanno sintetizzato MIP, come Giovannoli et al. nel 2014 e Vidal et al. nel 2012 estraendo OTA da vino rosso. Ci sono anche estrazioni di ocratossina A da grano, birra, vino e

uva, in cui hanno usato le colonne MIP affinimip SPE-OTA (Giovannoli et al., 2014; Ali et al., 2010). Da questi dati ed in generale dalla letteratura, si evince che sono molto presenti estrazioni di OTA da matrici liquide e da mangimi. Questo richiede un approfondimento per quanto riguarda la ricerca nelle matrici edibili di origine animale, le quali possono presentare livelli di ocratossina A nocivi per gli animali stessi e per i consumatori, dovuti al carry over della tossina.

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