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CAPITOLO 3: TRATTAMENTO

3.3 Tecniche chirurgiche e radiologiche

Il trattamento del varicocele può essere eseguito mediante tecniche chirurgiche (open o laparoscopiche-retroperitoneoscopiche), o tecniche radiologiche percutanee (quali la scleroembolizzazione retrograda e la sclerotizzazione anterograda secondo Tauber) [2].

Le opzioni terapeutiche sono modulate in rapporto a mono-bilateralità e primitività o recidiva del varicocele. L’intervento va condotto preferenzialmente entro i 25 anni di età, poiché entro tale periodo è accertata la più alta percentuale di miglioramento del liquido seminale.

L’attuale approccio chirurgico non può limitarsi alla semplice legatura della vena spermatica interna (che interrompe solamente il reflusso reno-spermatico), ma deve mirare a correggere tutti i tipi eziopatogenetici ( I, II, III di Coolsaet).

Tecnicamente la varicocelectomia inguinale o sub–inguinale open (che oggi rappresenta la metodica più utilizzata nella correzione del varicocele monolaterale), è caratterizzata da una legatura selettiva delle vene ectasiche intra ed extra funicolari con conservazione dei vasi arteriosi e linfatici (Lymphatic sparing microscopic varicocelectomy).

In particolare, l’accesso inguinale si propone come la via più corretta e razionale nel trattamento chirurgico del varicocele. L’isolamento del funicolo spermatico a livello del canale inguinale permette di legare e sezionare in modo selettivo non solo le vene spermatiche ma anche di valutare ed eventualmente legare sia le vene deferenziali che cremasteriche. In tal modo è possibile correggere il

varicocele che consegue al reflusso reno-spermatico e/o al reflusso iliaco- spermatico, pur mantenendo un normale deflusso venoso del testicolo, necessario per una buona spermatogenesi.

Questa tecnica permette di controllare visivamente il sistema venoso funicolare e di correggere tutti i tipi eziopatogenetici di varicocele (eseguendo una legatura selettiva intra e/o extrafunicolare delle vene ectasiche), con conseguente minore incidenza di recidive [98].

Tecniche chirurgiche

Le tecniche chirurgiche includono:

a) Tecniche mediante approccio addominali o sopra-inguinale b) Tecniche mediante approccio inguinale

c) Tecniche mediante approccio sub-inguinale d) Tecniche mediante approccio trans-scrotale

a) Tecniche mediante approccio addominale o sopra-inguinale (open e laparoscopiche)

Sono tecniche che prevedono la legatura della vena spermatica a livello addominale, possono essere chirurgiche open o laparoscopiche.

I procedimenti chirurgici tradizionali più comunemente usati sono quelli descritti da Ivanissevich e da Palomo che prevedono l’aggressione delle vene spermatiche nel retroperitoneo dopo la loro fuoriuscita dall’anello inguinale interno. A questo livello sono presenti uno o due grossi rami venosi ed è più facile riconoscere e risparmiare l’arteria.

In anestesia generale si pratica una incisione cutanea orizzontale in prossimità della spina iliaca antero-superiore di circa 3 cm. Attraverso questa incisione, dopo aver inciso la fascia del muscolo obliquo esterno, dissecato i piani muscolari della parete addominale e spostato medialmente senza aprirlo il peritoneo posterolaterale si reperta la vena spermatica nel suo tratto lombare e la si seziona dopo averla legata, risparmiando (tecnica di Ivanissevich e tecnica di Palomo modificata) o meno (tecnica di Palomo) di sezionare il ramo arterioso.

Tali tecniche trovano indicazione nei varicoceli di tipo I secondo Coolsaet, quindi correggono esclusivamente il reflusso reno-spermatico.

Gli argomenti a sfavore della via retroperitoneale sono rappresentati da un’alta incidenza di recidive dovute alla presenza di rami collaterali inguinali o cremasteriche che non sono visibili in questi accessi ed alla difficoltà di reperire e risparmiare l’arteria spermatica con conseguente sofferenza testicolare, tuttavia vengono frequentemente utilizzate [99].

Lo stesso punto di aggressione della vena spermatica è ricercato negli interventi per via laparoscopica. Già nel 1990, per opera di Winfield [100], venne proposta la legatura delle vene spermatiche per via laparoscopica. In questo caso, sempre in anestesia generale, vengono praticati tre fori nella parete addominale anteriore attraverso i quali vengono introdotti i trocar. Dopo insufflazione di aria in cavità addominale e spostamento del contenuto intestinale, il fascio vascolare spermatico viene individuato per trasparenza attraverso il peritoneo posteriore che viene inciso in prossimità dell’anello inguinale interno, le vene isolate e chiuse con clips metalliche.

Negli ultimi anni sono state utilizzate due tecniche laparoscopiche: la tecnica di Palomo laparoscopica transperitoneoscopica e quella retroperitoneoscopica, le quali non mostrano differenze significative nei risultati [101].

Oltre al trattamento laparoscopico tradizionale recentemente si è iniziato ad utilizzare anche un approccio laparoscopico con singola incisione [102] [103]. Il tasso di persistenza/ricorrenza della varicocelectomia laparoscopica è nel range del 6-15%; le complicanze si hanno nel 8-12%, incluse embolizzazione, lesione dell’arteria o del nervo genito-femorale, idrocele, lesioni intestinali e peritonite [104]. Per ridurre il tasso di idrocele post intervento si può utilizzare la varicocelectomia laparoscopica con risparmio dei vasi linfatici (grazie all’iniezione nel dartos di un colorante) [105].

In considerazione della indaginosità e dei costi della procedura, essa trova una sua legittima applicazione principalmente in caso di varicocele bilaterale nei casi in cui si preferisca intervenire in un tempo unico (e non differito).

Recentemente è stata proposta anche la varicocelectomia robotica, molti gruppi hanno riportato le prime esperienze su tale tecnica [106, 107]; sicuramente questa presenta molti vantaggi rispetto alla varicocelectomia laparoscopica classica ma i costi rappresentano ad oggi uno dei suoi limiti principali.

b-c) Tecniche mediante approccio inguinale e sub-inguinale

Sono tecniche che prevedono la chiusura delle vene che stanno a monte della vena spermatica. Queste vie rappresentano quelle attualmente più utilizzate ed hanno il vantaggio di consentire l’esteriorizzazione del funicolo spermatico con tutti i suoi elementi che possono accuratamente essere individuati; è consigliato l’utilizzo di mezzi ottici di ingrandimento quali occhiali (con loupes) o raramente microscopio operatore. Consente altresì l’individuazione di vene del plesso spermatico esterno e delle vene cremasteriche attraverso le quali è possibile la persistenza del varicocele. Queste tecniche hanno inoltre il vantaggio di poter

essere praticate, nell’adulto, in anestesia locale; questo non è purtroppo possibile nel bambino per problematiche legate alla “gestione” del paziente pediatrico in sala operatoria. La chiusura delle vene avviene mediante legatura delle singole vene del plesso (legatura microchirurgica). L’introduzione delle tecniche di microchirurgia hanno ridotto significativamente i tassi di ricorrenza/persistenza (0- 2%) e la frequenza delle complicazioni (1-5%) [104]; come risulta dalla Tab.3. La via inguinale si avvale della tecnica di Dublin E Amelar che comporta l’esposizione delle vene spermatiche interne a livello del canale inguinale, i quali rivisitarono l’approccio inguinale già proposto ai primi del ‘900 da Lewis e poi ripreso e modificato da Ivanissevich, modificando la tecnica decritta da Ivanissevich e proponendo una metodica tuttora utilizzata moltissimo [108].

L’accesso avviene mediante incisione cutanea obliqua di circa 2-3 cm in corrispondenza del canale inguinale o più in basso a livello dell’anello inguinale esterno (in caso di accesso sub inguinale).

Dopo aver inciso la fascia del muscolo obliquo esterno (o soltanto delle fibre dell’anello inguinale esterno in caso di accesso sub inguinale), l’individuazione del funicolo avviene per scollamento e divaricazione dei muscoli addominali della doccia fibrosa del canale inguinale. Durante questa manovra va posta attenzione al nervo ileoinguinale le cui fibre si trovano immediatamente al di sotto dell’aponeurosi del muscolo obliquo esterno. Si isola quindi il funicolo spermatico caricandolo su una fettuccia. Una volta aperta l’esile fascia cremasterica si ha l’accesso alle vene ectasiche del plesso spermatico che vengono legate e sezionate singolarmente preservando l’arteria spermatica. Inoltre, spostando il funicolo, si evidenziano eventuali rami venosi patologici del plesso spermatico esterno che vanno anch’essi legati.

Fig.16. Tecnica microchirurgica inguinale per la correzione del varicocele [26]

I vantaggi di queste tecniche sono la minore invasività e la riduzione dell’incidenza delle recidive; lo svantaggio principale è che si tratta di tecniche più complesse che richiedono una maggiore esperienza professionale.

L’accesso sub inguinale ha, rispetto a quello inguinale, il vantaggio di un minore dolore post-operatorio poiché lascia indenni le strutture muscolari e fasciali ma ha lo svantaggio della presenza a tale livello di un numero maggiore di vasi da sezionare e legare.

Mediante questi accessi (inguinale o sub-inguinale) è inoltre possibile compiere la manovra di “delivery” del testicolo, ovvero l’estroflessione del testicolo attraverso l’anello inguinale esterno e la sua completa esposizione; questo permette la visualizzazione diretta e quindi l’eventuale legatura anche delle vene gubernacolari, ritenute responsabili di molti casi di recidiva di varicocele.

Il primo ad introdurre la lussazione del testicolo attraverso l’incisione inguinale per consentire anche la legatura delle vene gubernacolari è stato Goldstein [109].

Fig.17. Legatura delle vene gubernacolari e delle vene perforanti extracremasteriche

d) Tecniche mediante approccio trans-scrotale

La via trans-scrotale è una via d’accesso che era quasi caduta in disuso per la durata eccessiva dell’intervento nonché per l’alta percentuale di complicanze connesse; tuttavia è stata recentemente riproposta da Zampieri la varicocelectomia trans-scrotale eseguita con incisione scrotale con risparmio dei vasi linfatici e dall’arteria [110].

Tecniche radiologiche

Sono tecniche percutanee che prevedono l’occlusione della vena spermatica interna attraverso un acceso vascolare e con l’uso di apparecchiature radiologiche; l’introduzione dell’uso di queste metodiche è stata conseguente all’utilizzo in passato della flebografia a scopo diagnostico.

L’occlusione della vena spermatica si può ottenere per sclerotizzazione (iniettando nel lume sostanze dall’effetto tossico locale) o per embolizzazione (liberando nel

lume del vaso delle spirali metalliche). La tecnica percutanea può essere eseguita per via anterograda o per via retrograda: entrambi i trattamenti vengono comunemente effettuati in anestesia locale.

a) La tecnica per via retrograda consiste nell’inserimento nei grossi vasi venosi di un catetere angiografico, generalmente viene utilizzato come ingresso la vena femorale controlaterale al varicocele che viene punta con un apposito ago in anestesia locale. La vena viene poi incanulata con un catetere il quale viene fatto procedere sotto controllo radiologico fino all’emergenza della vena spermatica. Una volta in sede viene iniettato il mezzo di contrasto allo scopo di evidenziare il circolo venoso patologico. A questo punto possono essere eseguite le manovre di scleroembolizzazione.

Nel 2011 Fayad [111] ha condotto uno studio per valutare se l’occlusione percutanea endovascolare retrograda fosse efficace e sicura per il trattamento del varicocele nei pazienti pediatrici, concludendo che la procedura è un approccio efficace, che può essere eseguita anche su pazienti pediatrici in anestesia locale e che era stata tecnicamente fattibile nel 96% dei casi ed i pazienti liberi da varicocele dopo 6 mesi erano il 97%. Anche altri studi sostengono che tale tecnica sia efficace e che possa essere effettuata in anestesia locale, ma che abbia però dei limiti sull’applicabilità ( in 5,4% dei pazienti non è stato possibile effettuarla per la presenza di valvole continenti) e presenti un tasso di ricorrenza del 6,5% [112].

b) La tecnica per via anterograda sec.Tauber (Tauber 1988) prevede invece un accesso subinguinale di 2 cm. Qui si reperta un vaso venoso ectasico, si incide la parete e si incanula; si procede quindi a flebografia e successiva

sclerotizzazione [113]. Dalla sua introduzione molti gruppi hanno proposto questa tecnica come terapia del varicocele, anche nei pazienti pediatrici [114, 115]. Oltre all’accesso subinguinale [116, 117] frequentemente è utilizzato anche un accesso scrotale alto [118, 119]. Rispetto alla tecnica retrograda quella anterograda è associata ad un tempo operatorio minore e ad un numero più basso di pazienti non trattabili, presentando comunque un tasso di ricorrenza/persistenza del 5-9%.

Queste tecniche percutanee vengono oggi utilizzate soprattutto, ma non esclusivamente, per trattare i casi di varicocele recidivo [120].

CAPITOLO 4

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